CAPITOLO X. Dite la vostra...

All'indomani tutti i giornali del mondo riportavano la notizia ritelegrafata dall'«Hollywood News» ed una grande speranza si accese nel cuore di ognuno.

Il transatlantico inglese «Imperator» faceva rotta per Sidney. Sul ponte, la piccola Mary ed il piccolo Bob, figli dell'armatore Strong, stavano lanciando dei minuscoli «boomerang», giocattoli che riproducevano abbastanza bene la famosa arma degli indigeni australiani.

Come si sa, il boomerang, lanciato in avanti, dopo aver compiuto una certa traiettoria, in virtù della sua sagoma leggermente elicoidale verso l'impugnatura, ritorna indietro.

Naturalmente, non ritorna indietro se tale è il capriccio del boomerang, oppure se è stato mal lanciato, o se incontra qualche ostacolo.

I boomerang lanciati dai due ragazzi di Sidney avevano sempre, finora, compiuto il loro doveroso ritorno: ma un boomerang lanciato da Mary, rasentando l'acqua si era ribellato al viaggio di ritorno, poichè aveva incontrato un ostacolo. La natura di quest'ostacolo fu subito specificata dalla governante Dolly, munita di un potente Zeiss.

— È un flacone d'acqua di Colonia – disse Dolly. – Il vostro boomerang vi si è urtato contro, ed ecco perchè non si è restituito all'ovile.

Dolly rise per la sua spiritosità. Ma questa non fu apprezzata dai ragazzi, resi seri dalla presenza di una bottiglia d'acqua di Colonia in pieno oceano.

— Bisogna pescare quell'oggetto! – propose Bob.

— Come fare? – chiese Mary.

— Lo diciamo al babbo.

— Babbo, bisogna pescare quel flacone! – disse Mary correndo presso il babbo, che sdraiato su una rocking-chair sonnecchiava. Dopo reiterati assalti dei suoi figliuoli il signor Strong si arrese e pregò l'ufficiale in seconda di ordinare il salvataggio del flacone di Colonia.

L'ufficiale in seconda, che si era da molti anni imposto come un imperativo categorico di raccogliere tutte le bottiglie che galleggiavano sul mare e sotto tutti i climi, fece scendere un canotto ed il flacone venne pescato.

Per i passeggeri dell' «Imperator» l'apertura del flacone fu un avvenimento che rimarrà impresso per tutta la vita nella loro memoria.

Il capitano, vecchio lupo di mare, non potè trattenere una lagrima.

Egli aveva tolto dal flacone un pezzo di tela, su cui erano vergate poche parole, l'ultima delle quali era: Tanagra.

I passeggeri da due giorni non facevano altro che parlare di Tanagra, poichè la radio di tutto il mondo si era specializzata nel compito di non parlare d'altro che del rapimento di Tanagra.

Il messaggio, evidentemente scritto col sangue, conteneva poche parole, ma queste erano sufficienti per riempire tutto l'universo.

Ecco il testo rinvenuto nel flacone d'acqua di Colonia, della famosa marca "1830" che aveva impedito al boomerang di Mary di «far ritorno all'ovile», secondo la spiritosa espressione della governante Dolly.

«Il Gigante mi porta in capo al mondo... da un piccolo oblò scorgo il mare... minuscola cabina ove sto coricata di sbieco... alle Pareti flaconi di liquori e Profumi... sandwiches... telefono... una voce mi dice: non spaventatevi, miss Tanagra... isola di Granata non è lontana... Affido il pezzo di tela al flacone... scrivo volgendo il dorso, perchè il Gigante mi vede dall'isola di Granata... Tanagra».

I commenti che seguirono la lettura di questo singolare messaggio furono infiniti tra i passeggeri dell'«Imperator».

Qualche signora piangeva: qualche scettico non si peritò di proclamare uno stupido scherzo quel quadratino di tela...

Comunque, il messaggio fu radiotelegrafato.

Hollywood si impossessò delle parole di Tanagra per dedurne mille congetture.

Anzitutto si ritenne palese la forza d'animo di Tanagra.

Tanagra non era impazzita vedendosi portar via dall'automobile con quel mezzo poco cavalleresco. Aveva conservato la sua serenità. Il sommario schizzo che ella faceva della minuscola cabina in cui viaggiava, fu trovato delizioso: liquori, profumi, sandwiches, telefono: tutto un comfortable che ad Hollywood non si sospettava potersi contenere nel seno del Gigante dell'Apocalisse...

Tanagra comunicava al mondo attonito, per mezzo di un flacone d'acqua di Colonia, che il Gigante alato la portava verso l'isola di Granata!

Tutta la scienza geografica delle stelle, dei divi e degli inscenatori, venne messa a contributo per conoscere la posizione dell'Isola di Granata. Ma se non fu estremamente difficile trovare la città di Granata, fu impossibile trovare sugli Atlanti e sui dizionari geografici un'Isola di Granata.

I giornali stessi non erano riusciti, nonostante i lumi telefonicamente chiesti a tutti i competenti, a scovare un'isola di questo nome.

Sam Woller aveva accolto in casa sua il fior fiore del divismo hollywoodiano nella speranza che qualche fotogenico illuminasse quest'isola di Granata, in modo da rendere possibile almeno la fede nella sua esistenza.

Joan Crawford, della «Metro Goldwyn Mayer» disse che Granata poteva benissimo esistere come isola, dal momento che esisteva come città: Collen Moore opinò che forse Tanagra aveva udito male al telefono della sua cabina il nome profferito dal misterioso rapitore. William Haines emise l'opinione che il rapitore avesse burlato Tanagra.

Marcellina Day scrollò le spalle e disse che, dopo tutto, l'avventura della consorella, non era poi così terribile come era apparso a prima vista.

Charlot si ostinava a dire che era perfettamente ozioso fare del cinematografo, visto che la vita da qualche giorno gli faceva concorrenza con le situazioni più inverosimili. In quanto a lui, se ne infischiava della geografia. Del resto, l'uomo che aveva saputo creare il Gigante alato, poteva benissimo creare un'isola all'insaputa dei geografi.

Rex Ingram ammise che l'avventura di Tanagra lo rendeva incapace di ragionare; del resto egli non si stupiva più di nulla, dal giorno che fu possibile la morte di Valentino.

Ramon Novarro compianse l'inscenatore Brenon per il suo crudele destino che gli impediva di terminare il più grande film del mondo: ma non volle dire se esisteva o no un'isola di Granata, anche perchè non lo sapeva.

Comunque, la notizia che Tanagra non si disperava, aveva dato alla conversazione una tendenza allo scherzo.

Ad un tratto Tom Fred si diede un formidabile swing.

— Asino

— Approvato! – fu il coro dei suoi colleghi.

— Asini tutti! – gridò Tom Fred.

— Non diffamare Hollywood

— Sapete fare un anagramma con la parola Granata? – domandò l'acrobata.

— Io sì! – rispose Gaston Wing. – Granata - Tanagra.

— Precisamente – fece Tom Fred. – Per isola di Granata, leggi isola di Tanagra. Mi ricordo ora di un particolare che non ho comunicato ai ventisette Sherlock-Holmes radunati a casa mia per importanti comunicazioni, – soggiunse rivolto a Nello Sorasio. – Il giapponese aveva detto in quella sera famosa in cui lo ridussi alla ragione: «Io vi posso regalare un regno, Tanagra» . Il regno a cui alludeva Yoko-Hito è l'Isola di Granata. Non troveremo mai sugli atlanti l'isola con questo nome: ma noi dovremo trovare l'isola dove è stata condotta Tanagra. Intanto sappiamo che Tanagra vive e che forse fa una discreta consumazione dei sandwiches della sua piccola cabina. È un peccato che ella non si sia diffusa di più nel suo messaggio: ma poverina, bisogna compatirla ha fatto fin troppo, perchè non deve essere comodo scrivere in quella posizione.

Mister Nello e caro Din Gimmy, raduniamoci a consiglio per i preparativi della nostra spedizione. Lasciamo questi signori discutere sul messaggio fino alla consumazione di tutto il cocktail di Sam Woller.

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