CAPITOLO I. Il Barone Von Krämer

Tanagra girò la chiave ed aprì la porta della camera ov'era prigioniero il tedesco: camera piccola, quadrata, disadorna, ammobiliata con un semplice letto da campo, un tavolo ed una sedia di ferro.

Il tedesco rivolse alla fanciulla un lungo sguardo supplichevole, mentre però le sue labbra si stringevano come per odio represso.

— Se io vi libero, voi mi ubbidirete, Barone Von Krämer? – disse Tanagra.

— Yoko-Hito fu lui a pronunciare il mio nome? chiese il Barone.

— No... sembra che anche qualcuno dei miei amici vi conosca – soggiunse Tanagra.

A queste parole un rapido turbamento passò nello sguardo del tedesco.

— Vi ubbidirò – rispose il Barone volgendo gli occhi verso la rivoltella luccicante in pugno alla ragazza. – Voi possedete d'altronde un mezzo persuasivo per farvi ubbidire – soggiunse, tentando un sorriso che fallì in una smorfia dolorosa.

Quell'uomo doveva aver certo sofferto amare umiliazioni e forse anche odiose violenze durante la sopraffazione subita dal suo associato.

Il viso ne recava le tracce evidenti.

Stretto nella camicia di forza, privo del movimento delle sue braccia, il Barone Von Krämer suscitava nell'animo della fanciulla un sentimento di profonda pietà.

— Farete agire «Terror» secondo quanto vi detterò? – chiese Tanagra.

— Senza dubbio – affermò il tedesco il cui corpo sembrava vibrare nella speranza della prossima liberazione.

Pochi istanti dopo Tanagra aveva sciolti i lacci della camicia di forza.

— Precedetemi – disse.

Il Barone trasse un lungo sospiro. Un fremito di gioia lo percorse: tuttavia i suoi occhi sprizzavano, di quando in quando, rapidi lampi d'odio e di ferocia, che Tanagra spiegava come una naturale reazione alla prigionia ed alla sopraffazione del giapponese.

Il Barone uscì con passo un po' barcollante e si avviò verso il Gabinetto della trasmissione. Si fermò, improvvisamente:

— Siete certa che Yoko-Hito e Siko sono nell'impossibilità di assalirci? – chiese.

— Sono legati, Barone – rispose Tanagra. – Yoko-Hito, poi, deve ancora trovarsi svenuto.

Il tedesco entrò.

I due giapponesi giacevano al suolo, uno accanto all'altro, nell'impossibilità di muoversi; ma Yoko-Hito era ritornato in sè.

I suoi occhi si fissarono feroci sul tedesco. Il viso del servo rimase impassibile.

Il Barone Von Krämer proruppe in una stridula risata.

— Che cosa ti avevo detto, Yoko-Hito? – esclamò. – Le donne portano sventura. Tu hai voluto far debuttare «Terror» per un colpo sentimentale... Ti è presa la stupida pazzia di rapire una fidanzata su terra americana! E tutto il mondo ora sta cercando il covo di «Terror»! Hai divertito il mondo col mio modello, mentre si era stabilito di invaderlo con un esercito di Giganti terribili!... Avremmo avuto il mondo in pugno, mentre così... Quale funesto errore!

Un cocente rammarico si diffuse sul volto del tedesco.

Ma improvvisamente un'espressione di collera furiosa subentrò.

— Mi hai messo la camicia di forza! stupido malvagio – gridò. – Hai messo la camicia di forza a «Terror»! Miss Tanagra, voi dovete sparare su questi cani! – soggiunse mentre dall'angolo della bocca cadeva un po' di bava biancastra.

— Sparerò su di loro e su di voi, al minimo movimento sospetto – disse la fanciulla con energica decisione – Barone, sedete all'apparecchio e fate agire il Gigante secondo gli ordini che vi detterò man mano... Voi non dovete parlare parlerò io ai miei amici...

Il Barone volse un'occhiata ai due giapponesi come per assicurarsi di non aver nulla da temere da loro e sedette alla tastiera.

Tanagra prese posto sulla poltrona, di fianco, volgendo le spalle ai prigionieri.

— Fate agitare le braccia di «Terror», in segno di amicizia e di saluto – ordinò Tanagra, piano; poi, forte, esclamò: – Nello, mio amato cuginetto, tutto bene nel covo del Gigante... Sai, qui lo chiamano «Terror». Il Barone Von Krämer è seduto alla tastiera in attitudine molto ubbidiente, non ostante che, di quando in quando, mi lanci uno sguardo poco rassicurante... Ora ditemi, che cosa deve fare il Gigante?

— Prendermi delicatamente con due dita ed introdurmi nel confortevole salottino ove si è già accoccolato quel monello di Pepy – suonò l'allegra voce di Tom Fred al diffusore.

— Ah! lo scugnizzo si è intrufolato nel seno di «Terror»? – fece Tanagra. – Bene! Barone, avete sentito?... Forza sui tasti!

Sullo schermo si vide in primo piano il colossale braccio di «Terror» che sollevava Tom Fred in alto e lo faceva sparire in mezzo agli applausi dei naufraghi...

— Ora, lanciate il Gigante a volo verso il mare, in direzione dell'Isola... Tom Fred e Pepy saranno felici di fare un viaggio così eccezionale... In quanto a Nello, Murray e Din Gimmy, credo che ricorreranno all'idrovolante, seguendo le tracce di «Terror».

— Sì – rispose la voce di Nello, mentre Tanagra ne ammirava sullo schermo, in primo piano, il bel viso fiero e sorridente. – Andiamo a prender posto nell'apparecchio.

Si vide sullo schermo Nello Sorasio, Din Gimmy e Murray uscire dal gruppo dei naufraghi ed allontanarsi verso gli ultimi piani del quadro. Poi il quadro girò su se stesso impicciolendosi rapidamente: la foresta scomparve e si vide il vasto mare e lo sconfinato orizzonte... Gli occhi semisferici del mostro riflettevano, nel volo sull'Oceano, la cerulea immensità...

Ma un indistinto movimento si poteva scorgere al margine inferiore del quadro: erano i tre ardimentosi che prendevano posto sull'idrovolante: erano ancora i marinai dell'Edison che li salutavano...

— Fate avvicinare «Terror» all'idrovolante, per modo che io possa salutare mio cugino – ordinò Tanagra.

Il Barone Von Kramer ubbidì; dopo qualche tempo l'idrovolante riempì tutto il quadro di proiezione.

Tanagra scorse suo cugino al comando che le sorrideva:

— Buon viaggio! – gridò la fanciulla.

— Grazie, Tanagra! Attenta alle sorprese.

Il Barone continuava il suo celere lavoro di tastiera, percorrendo questa con una rapidità che mi parve sbalorditiva.

Dopo tre ore, egli si sentì stanco...

Una spiaggia deserta apparve sul quadro:

— Riposo qualche po' – disse il tedesco. E fece scendere a volo plané il Gigante su quella spiaggia: lo fece sedere su un masso.

Si vide Tom Fred uscire dal petto del Gigante e trarre fuori Pepy, facendogli eseguire un elegante salto mortale.

— Riposatevi – disse Tanagra al Barone, mentre io faccio un po' di conversazione coi miei amici...

Il Barone, stanchissimo, parve appisolarsi.

Mentre scambiava con gli amici una allegra conversazione resa amenissima dalle monellerie di Pepy, la fanciulla vide colla coda dell'occhio che un'ombra si moveva dietro di lei.

Balzò in piedi.

Siko stava per precipitarsi su Tanagra, coll'evidente intenzione di disarmarla. Il servo era riuscito a liberarsi dei suoi legami, forse, per la fretta che urgeva la fanciulla, non bene assicurati.

— Legate quest'uomo! – gridò Tanagra.

Il Barone scattò, mandando un ruggito:

— Avevo ragione di dubitare che fosse ben legato, il vigliacco! – urlò.

Protetto dalla rivoltella di Tanagra, il Barone legò solidamente Siko.

— Portateli, uno dopo l'altro, in qualche luogo sicuro... io vi seguo – ordinò la fanciulla.

— Volentieri! – fece il Barone con un lampo di gioia negli occhi – faccio a loro quel che hanno fatto a me, i miserabili!...

Von Krämer sollevò Siko ed uscì col suo fardello, seguito da Tanagra che giudicava prudente di mai abbandonare il tedesco.

Il Barone rinchiuse Siko in una cameretta vuota e ritornò al Gabinetto della trasmissione per prendere Yoko-Hito e portarlo in una seconda prigione.

— Che è successo? – chiese la voce ansiosa di Toni Fred trasmessa dall'altoparlante.

— Abbiamo messo al sicuro i due giapponesi... Stavo per essere vittima di un brutto tiro – spiegò Tanagra.

Il Barone si dispose sulla sedia per continuare il suo dormiveglia, così bruscamente interrotto.

Intanto i due viaggiatori ospitati dal Gigante, erano scomparsi. Nel quadro di proiezione non si vedeva che una radura e, all'orizzonte, il profilarsi di una foresta...

I due amici, senza dubbio, erano andati alla ricerca di qualche frutto selvatico.

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