CAPITOLO II. Gli agguati della foresta

Un urlo soffocato uscì dal diffusore: Tanagra riconobbe la voce di Pepy.

— Barone!... Svegliatevi! Cercate i miei due amici! Certo si sono inoltrati nella foresta... Uno di essi ha mandato un urlo... Si trovano certamente in grave pericolo!

Il Barone non potè celare un movimento di incresciosità: ma dovette ubbidire. Tanagra non abbandonava mai la rivoltella e sembrava fermamente decisa a farsi ubbidire senza tergiversazioni.

Von Krämer dispose le mani sulla tastiera.

Il Gigante camminava a grandi passi verso la foresta, che andava sempre più delineandosi nel quadro di televisione poi «Terror», si inoltrò nel fitto di grandi alberi di mango, sui quali si arrampicavano le liane in un intrico fittissimo.

L'urlo si ripetè, questa volta più forte e disperato.

— Avanti, Barone! Tom Fred e Pepy corrono pericolo di morte!

L'istante successivo, di tra gli interstizi del fogliame, una scena spaventosa si travedeva. Un ragazzo – ed era Pepy! – si dibatteva energicamente in mezzo a una diecina di selvaggi, di cui si udivano le grida frenetiche. I selvaggi indubbiamente trascinavano il povero ragazzo alla morte.

— Non vedo bene! Fate diradare le fronde! Fate avanzare il Gigante – comandò Tanagra in febbrile orgasmo.

Il Barone ubbidì.

Allora apparve uno spiazzo erboso in mezzo a grandi manghi...

Tanagra rabbrividì. Mentre un gruppo di selvaggi trascinava Pepy, un altro stava cercando di catturare Tom Fred ma questi, mettendo a contributo la sua agilità acrobatica, combinata colla sua destrezza pugilistica, non si lasciava prendere e mollava sui visi dei negri certi swings che risonavano alle orecchie di Tanagra. La sorte di Tom Fred non era disperata: ma quella di Pepy sarebbe stata decisa, se l'apparizione del mostro non avesse terrorizzato la tribù.

Un urlo di spavento uscì dai petti selvaggi, alla vista del Gigante: questo ne afferrò uno e lo lanciò contro un albero, mentre Tom Fred e Pepy salutavano la sua apparizione con grida di gioia... I selvaggi erano scomparsi, ululando di terrore.

— Mi volevano far la festa – disse Pepy, ravviandosi i vestiti ed i capelli e sorridendo, dallo schermo della televisione, a miss Tanagra.

— Perchè vi siete allontanati? Perchè siete usciti «fuori quadro?».

— Ci siamo recati alla ricerca di banane – fece Tom Fred. – Non ne abbiamo trovate; abbiamo invece trovato una ventina di brutti musi ai quali non siamo andati a genio. Probabilmente, questi signori rappresentanti del lucido da scarpe, sono stufi di fare i vegetariani, ed alla nostra vista si son sentita l'acquolina in bocca... Volevano, probabilmente, farci rosolare allo spiedo, oppure cuocere in salmì...

— Credo che desiderassero mangiarmi sotto forma di spezzatino – spiegò Pepy.

— Non possiamo dirne nulla, a questo proposito, perchè non conosciamo il Re dei Cuochi per i signori antropofagi – scherzò Tom Fred – ma non ci tengo a far buona figura come piatto di forza alla tavola di questi raffinati... Perciò, ho distribuito un discreto numero di pugni: mi sono sfogato. Ne avevo proprio bisogno!

Tanagra rise, e come a far eco all'argentina risata della diva, ne seguì una seconda portata dal diffusore. Ma nè Pepy nè Tom Fred dimostravano dalla loro faccia d'aver riso.

Il Barone fece voltare il capo al Gigante ed allora Tanagra assistè ad uno spettacolo per lei assolutamente nuovo.

Una grande scimmia, alta quanto un uomo, ritta su un ramo di mango, si teneva le mani pelose sul ventre rigonfio, allargando una bocca enorme in una risata lunga, clamorosa, pazzesca.

Era il Lu-vuoi, la scimmia che ride. Evidentemente la vista dell'insolito visitatore della foresta aveva suscitato la sua ilarità. Il Lu-vuoi non aveva mai veduto nulla di simile.

La curiosità dello scimmione doveva essere enorme, perchè, sempre ridendo, il Lu-vuoi scese dal ramo, si avvicinò a «Terror», danzandovi attorno... Lo toccò, cercò di graffiarlo, di morderlo, ma non avendo ottenuto alcun risultato soddisfacente nell'assaggio delle carni metalliche del Gigante, cessò dal ridere e si gettò violentemente su Tom Fred.

L'acrobata non si aspettava questo improvvisato assalto e si lasciò gettare a terra.

Ma subito si rialzò, lottando energicamente col scimmione che doveva possedere una forza prodigiosa.

Pepy raccolse un'arma da taglio abbandonata dai selvaggi nella loro fuga e si precipitò in aiuto dell'acrobata. Inferse un colpo al fianco dello scimmione che abbandonò Tom Fred, per gettarsi sul ragazzo, pronto a soffocarlo colle lunghe, villose, orribili braccia.

Il Barone pareva perfettamente indifferente dinanzi alla proiezione di questa drammatica scena ed alle urla di Tom Fred e del ragazzo.

— Che fate dunque, Barone? – gridò Tanagra, puntando su di lui la rivoltella. – Salvate il piccino!

Il Barone ubbidì, soffocando un impeto di collera.

Le sue dita corsero sui tasti che determinarono l'intervento del Gigante. Le due mani artigliate di questo strinsero il Lu-vuoi alla vita. Si udì un urlo feroce. Lo scimmione cadde riverso all'indietro, colla spina dorsale rotta, agitando le gambe e le braccia negli spasimi dell'agonia.

L'avventura aveva tramortito il monello, ma simile stato non durò che qualche istante. Pepy si inchinò, ringraziando il Gigante di avergli salvato la vita...

I due compagni fecero provvista di frutta selvatica: man mano che la raccoglievano, la gettavano nel petto del Gigante.

— Ci servirà per il viaggio – disse Pepy.

— Confesso che amerei qualcosa di più sostanzioso – osservò Tom Fred. – Per esempio, una costoletta di daino. Ne vedo di qui passare qualcuno.

— Ti senti, signor Gigante, di acchiapparci un daino? – chiese il monello.

— Via, Barone, tentate di fare un po' di caccia per questi signori... poi vi permetterò un po' di riposo, mentre essi si prepareranno le costolette di daino selvatico...

Senza grande entusiasmo, il datore della vita meccanica di «Terror» si diede a percorrere i tasti muovendo il Gigante perchè potesse cacciare un daino.

L'operazione era alquanto difficile ed il Gigante da solo non avrebbe potuto condurla a termine con buon successo: ma l'agilità di Tom Fred e di Pepy completò l'azione di «Terror». Fra tutti e tre, fecero una buona battuta, riducendo il daino selvatico in un groviglio di liane e di cespugli, dove l'arma selvaggia, abilmente maneggiata da Tom Fred, lo raggiunse e l'uccise.

Tanagra aveva seguìto con interesse le peripezie della caccia, la quale ridusse a considerevole spossatezza l'agile diteggiatore. Con pari interesse seguì la cottura del nilgò. Tom Fred lo fece arrostire su un bel fuoco che Pepy andava gioiosamente alimentando, finchè il buon profumo parve diffondersi fino alle nari di Tanagra...

Fu, non occorre dirlo, un effetto della sua immaginazione. Per quanto geniale e perfetta fosse stata l'invenzione del tedesco, la televisione e la radioaudizione non potevano ancora essere completate colla sensazione del profumo dell'arrosto a distanza!...

— Mi par di sentire di qui il profumo del vostro arrosto – disse ridendo Tanagra.

— Ci si arriverà anche a questo – osservò Tom Fred. – Sicchè tra qualche anno a New-York si potrà ammirare e gustare un piatto di spaghetti alle vongole preparato a Napoli.

— Ed a Napoli si potranno gustare i vostri orribili homards fece Tanagra. – A proposito, la vista del vostro spuntino mi ricorda che ho bisogno anch'io di mangiare, e poichè Siko è legato, debbo far io cucina anche pel Barone, che certamente gradirà di tenermi compagnia... Perciò, cari amici, dobbiamo troncare la comunicazione.

Il sole, intanto, era sparito dallo schermo: la foresta ove Tom Fred e Pepy terminavano il pasto, si oscurava: l'ora del riposo s'avvicinava. Tom Fred ed il ragazzo si dovevano preparare a dormire a fianco del Gigante, stabilendo i loro quarti di guardia, poichè il paese poteva presentare qualche pericolo.

Il Barone fece adagiare al suolo il Gigante: Tanagra augurò ai suoi amici la buona sera e si ebbe in risposta una birichina ninna-nanna cantata da Pepy.

— Ed ora, Barone, vi chiedo scusa, ma sono costretta a legarvi le mani per il tempo in cui attenderò alla cucina. Dopo cena dovrò ancora ricorrere ad una piccola precauzione: quella di rinchiudervi nella vostra camera... La nostra situazione esige questa formalità...

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