Barga

«Terra nobile e popolosa, dalla natura più che dall'arte munita, capoluogo della Garfagnana granducale, di vicariato e di comunità nella dioc. di Pisa, già di Lucca, comp. Pisano. — Risiede a mezza costa dell'Appennino che scende nella valle del Serchio, fra i torrenti Corsonna ed Ania, nel 28° 9′ long., 44° 4′ 6″ latit., 20 miglia a sett. di Lucca, 34 da Pisa, 64 a maestro di Firenze. È di figura sferoidale con un interrotto recinto di mura e tre porte, circondata da due burroni che fiancheggiano due opposti risalti del monte Romeccio, sul cui fianco meridionale essa giace».

Così, nel Dizionario della Toscana, al principio del suo articolo su Barga, il Repetti. — L'altitudine del paese è di 410 metri sul livello del mare: onde ben si comprende come abbia sedotto l'animo del nostro poeta georgico, Giovanni Pascoli, cui suggerì tante immagini e tanti motivi della vita campestre.

Io ne riassumerò più brevemente che per me si possa la storia, più ancora premendomi di ricordare le molteplici e stupende opere d'arte che Barga possiede, nuovo documento che la nostra Italia Artistica non si restringe alle raccolte di capolavori radunati nelle Gallerie e nei Musei delle grandi città, ma ha sparsi e disseminati i suoi tesori anche nei più piccoli e alpestri villaggi.

PANORAMA DI BARGA.

Per ciò che si riferisce all'antica storia di Barga (lasciando da parte la questione [102] se alla Barga di Garfagnana o ad altre del Pietrasantino si riferisca un documento del 754) basterà ricordare che nel secolo X vi signoreggiarono i già più volte nominati Rolandinghi, come appare da pergamene del tempo che si conservano nell'archivio arcivescovile di Lucca. Vi signoreggiarono, ma più che altro dal punto di vista economico, riscuotendone rendite e decime: ma giurisdizione politica vi esercitava la Repubblica di Lucca, con l'annuenza degli Imperatori o dei Marchesi di Toscana loro vicarî. — Di speciali privilegî le fece concessione la Contessa Matilde, la quale poi, col suo atto del 17 novembre 1102, ne fece, insieme cogli altri suoi possedimenti, donazione alla Chiesa. Però anche dopo la morte della Contessa, Barga continuò a dipendere dal governo lucchese, come gli annali e le cronache attestano in modo non dubbio, narrando de' suoi tentativi di emancipazione e delle punizioni che le inflisse il governo di Lucca e dell'assedio che contro questo sostenne, aiutata dai Pisani e dai Pistoiesi, quando papa Gregorio IX fulminò l'interdetto contro i Lucchesi e del successivo ritorno sotto il dominio di questi che per denari l'ottennero da Federigo II. Intanto avvenivano frequenti lotte tra Barga e i paesi circonvicini della Garfagnana, specialmente per motivi di confini, come quando nel 1298 vi fu questione tra la Vicaria di Barga e quella di Castiglione, in seguito alla quale i Lucchesi, guidati dal podestà Osimo, l'assalirono e ne smantellaron le mura.

BARGA — PANORAMA. (Fot. Jacopetti).

BARGA — PORTA REALE O MANCIANELLA (VEDUTA DALLA PARTE INTERNA).

Successe un periodo di relativa tranquillità, fino alla morte di Castruccio avvenuta nel 1328. Allora i Barghigiani reputarono di lor convenienza darsi alla Repubblica [103] fiorentina, anche per liberarsi dalle agitazioni che lor procuravano le continue lotte tra Lucchesi e Pisani: e con contratto 31 gennaio 1331, a mezzo dei loro rappresentanti Neri di Monte Garullo, Bizzarro e Natino Bizzarri, giurarono obbedienza al Comune di Firenze che vi spedì un presidio, e promisero di guerreggiare come ai Fiorentini fosse piaciuto e di non far tregua coi loro nemici e di accogliere quanti uomini a piedi o a cavallo fosse loro piaciuto mandar nel paese: di contro i Fiorentini si obbligarono a difender la terra di Barga e le sue adiacenze contro ogni aggressore e di mantenervi la pace. Ma furono vane speranze. Ben presto Simone Filippi pistoiese, [104] vicario in Lucca pel re Giovanni di Boemia, mandò ad assediare il castello di Barga, provocando un primo intervento delle milizie fiorentine al comando di Amerigo Donati. L'anno seguente (1332) i Lucchesi sfidarono nuovamente a battaglia i Barghigiani che, sprovvisti di vettovaglie, dovettero cedere. Ma nel 1341 Barga tornò sotto la signoria di Firenze per atto di compra stipulato con Mastino della Scala, allora signore di Lucca. Se non che di nuovi assedî la stringevano ora Francesco Castracane, ora le milizie di Pisa, ma senza risultati: ché i Barghigiani, fedeli a Firenze, coll'aiuto delle truppe di questa città e col concorso perfino delle proprie donne, si difendevano eroicamente e riuscivano a sgominare i nemici. Né miglior resultato ebbero alcuni successivi tentativi di toglier Barga a Firenze, tra i quali è più specialmente da rammemorare quello del famoso condottiero Nicolò Piccinino: al quale pertanto, come narra nella sua Istoria fiorentina Scipione Ammirato, i Barghigiani inflissero una tale lezione che lo costrinsero a levarsi dal campo in rotta, con vergogna e con perdita di molta sua gente.

BARGA — ESTERNO DI PORTA MACCHIAIA. (Fot. Magri).

Del valore e della fedeltà degli abitanti di Barga restano molte testimonianze, tra le quali è notevole quella che il citato storico Scipione Ammirato lasciò al proposito del pericolo corso dal paese, nel 1554, di cadere in mano dei Francesi. «Né si temeva, egli scrive, dei Barghigiani, uomini avvezzi alla guerra e soprattutto animosi e fedeli: ma questo non bastava, per esser la muraglia vecchia e debole e perché [106] essendo alcuni fuorusciti di fuori, avriano avuto caro che la sua patria si volgesse a parte francese».

BARGA — PORTA MACCHIAIA. — UNA VIA DI BARGA.(Fot. Magri).

DUOMO DI BARGA. (Fot. Magri).

Tuttavia non piegarono: e le lusinghe tentatrici del generale Foureaux non fecero presa negli animi retti e inflessibili dei Barghigiani. — Tanto che allorquando alcuni Francesi passarono di là vicino, il commissario fiorentino Pandolfo Cortinelli e quello di Barga capitano Grandi, reputandoli spie di Carlo VIII, subito dettero opera «a rinforzare Barga, scavando li fossi fatti dai rivellini, ponti levatoi, rialzare le mura e approvvigionare la terra». — Ma i Francesi si allontanarono per altre vie, come per altre vie si allontanò il bolognese Annibale Bentivoglio, pur sospettato di voler prendere Barga, come importante luogo strategico, quando da Bologna muoveva verso Pisa: e chi sa che non ne avesse intenzione e ne venisse dissuaso dai preparativi di difesa fatti immediatamente dai Barghigiani sotto la guida dei capitani Ciriaco da Borgo S. Sepolcro e Ceccone Turignoli da Barga.

Oggetto, ancora per qualche tempo, di contese tra Pisani, Fiorentini e Lucchesi, finì Barga col restare a Firenze durante la dominazione dei Medici e fu quindi annessa, nel 1847, alla Toscana, della quale seguì le ulteriori vicende fino alla unificazione del Regno d'Italia: né pochi furono i Bargei che valorosamente combatterono e perirono per la libertà della patria.

La figura del paese, posto sopra un ripiano terminante con due opposti rialti, su per giù come Fiesole, somiglia a quella di una barca; onde il nome di Barga e lo stemma del luogo, rappresentante appunto una barca sopra un monte.

[107]

BARGA — DUOMO: PARTICOLARE DELL'ARCHEGGIATURA DELLA FACCIATA. (Fot. Magri).

Le vie sono per la maggior parte irregolari, ripide e strette, come nel medio evo solevasi fare in quasi tutti i paesi, per ragioni strategiche; ad alcune peraltro recano ornamento ricchi palazzi ed altri decorosi edificî. — Meritano di essere specialmente ricordate le tre porte di Barga. — Quella principale, che serve d'ingresso al paese, si chiama Porta Reale o Porta Mancianella perché conduceva al popolo di Manciana: la coronano una bertesca e alcuni merli, opere tutte però o restaurate o totalmente rifatte. Anche vi si vede un quadro della Madonna, fattovi porre nel 1814 dalla signora Carrara-Cardosi per voto in occasione del suo primo parto: e da allora la popolazione vi tiene un lume acceso. La Porta Mancianella è annoverata tra i monumenti della Toscana, anche per ragione della sua importanza storica, pei molteplici fatti d'arme dei quali fu testimone. I bastioni che la fiancheggiavano, il baluardo e la torre che la proteggevano furono demoliti.

Porta Macchiaia, così chiamata perchè metteva alla Macchia dell'Appennino, ma detta anche Porta Latria perché conduceva nel popolo di Latriani, ebbe a sopportare nel 1437 l'assalto delle truppe milanesi e lucchesi guidate da Nicolò Piccinino: e fu in quella occasione smantellata e guasta, sebbene eroicamente difesa dai Barghigiani sostenuti dai soldati fiorentini inviati da Francesco Sforza: tanto che gli assalitori furono respinti e dovettero ritirarsi con gravi danni e con non poco disdoro. La porta fu immediatamente restaurata e affidata alla custodia di un capitano e munita di una piccola torre dalla quale veniva esercitata la vigilanza durante la notte, quando la porta era chiusa.

BARGA — DUOMO: FRAMMENTO DI ORNAMENTAZIONE ESTERNA. (Fot. Magri).

La terza porta, che occorre qui ricordare, è quella detta di Borgo che fu testimone della battaglia avvenuta l'8 febbraio 1437 fra i [109] Fiorentini e i Lucchesi guidati da Nicolò Piccinino. Questa porta aveva un'antica lunetta che fu demolita. — Pochi passi fuori di essa è il sobborgo detto delle Fornacette. Ivi i Della Robbia, si dice avessero le loro fornaci.

BARGA — DUOMO: PARTICOLARE DELL'ARCHITRAVE DELLA PORTA MAGGIORE. (Fot. Magri).

BARGA — DUOMO: PORTA DI PONENTE. FRAMMENTI DI ARCHITRAVE. (SEC. XII).

Barga possiede varie chiese notevolissime per antichità e per opere d'arte.

BARGA — IL DUOMO: LATO SUD ED OVEST CON GLI AMPLIAMENTI DEI SECC. XIII, XIV, XVII. (Fot. Magri).

Il Duomo si erge maestoso su di un vasto piazzale, detto l'Arringo, circondato da alte mura, ove in antico si radunava il Consiglio. Veramente incantevole è la veduta che di là si presenta allo sguardo: in basso il largo e verdeggiante piano di Barga: all'intorno innumerevoli e vaghi paeselli: in fondo le Alpi Apuane, colla [110] ripida Pania e col singolarissimo Monte forato. — Sul piazzale dell'Arringo vedasi l'antico Palazzo Pretorio, già residenza dei commissarî e potestà di Barga. All'esterno dell'ingresso, sorretta da un pilastro d'angolo, sporge una grande tettoia. Sui muri sono gli stemmi de' governatori di Barga, nominati a rappresentare la Signoria di Firenze.

BARGA — DUOMO: IL CAMPANILE (SECC. XIII E XVIII) E LA SCALACCIA. (Fot. Magri).

[111] Una iscrizione del 1614-15 ricorda che il potestà Fabio di Carlo Serragli, restaurò in quel tempo la pittoresca loggetta del Pretorio; ma l'edificio ebbe poi a soffrire nuovi e più gravi danni per il terremoto del 1739. Durante i varî restauri perdette in parte l'originale carattere: le porte, con archi in pietra, vennero ostruite o ridotte, e riscialbati i muri esterni, ricoprendo antichi stemmi affrescati a colori, dei quali stemmi rimane tuttavia qualche visibile traccia.

BARGA — FACCIATA DEL DUOMO (SEC. XII E PORTALE DEL XIII). (Fot. Magri).

Lo stemma scolpito più remoto è del 1396:

† ARMA VENERABILIS VIRI BARTOLOMEI
GERARDI ONORABILIS CAPITANEI
BARGE PRO COMVNI FLORENTIE ANNO
MCCCLXXXXVI DIE VIII IVNII.

Al sec. XV appartengono quelli de' Rondinelli, de' Giachi, de' De Rossi, de' Serragli; al sec. XVI altri de' Galluzzi, de' Rondinelli, de' Petrucci, degli Strozzi; al sec. XVII gli stemmi de' Gori, de' Serragli, de' Filicaja, de' Monaldi, de' Petrucci, de' Bartoli. Di Francesco Del Nero d'Empoli, potestà e commissario dal 1730 al 33, è lo stemma più moderno.

Degno di speciale menzione è quello robbiano del XVI sec. con l'arme de' Rondinelli cinta da una ghirlanda in rilievo, di fiori e frutta, sorretta dalle ali di un cherubino. Vi si legge:

[112]

RINALDO DI NOFRI
RONDINELLI P.A ET
COMESSARIO MDXXVIII.

BARGA — INTERNO DEL DUOMO: NAVATE DEI SECC. XIII E XIV E CAPPELLONE DEL SEC. XVII.

Notevole è pure lo stemma policromo di terra di Montelupo, del sec. XVI:

FAUSTUS BELTRAMINUS
NICOLAI IVR. CONS. FILI
AEQUES DIVI STEP[H]ANI
POTESTAS BARGIE MDLXXXV.

[113]

BARGA — AMBONE NEL DUOMO (SEC. XIII). (Fot. Magri).

[114] Sul prato dell'Arringo si solevano giustiziare tanto i colpevoli di delitti comuni, quanto coloro che cadevano in mano dell'Esecutore di Giustizia per reati politici: come avvenne a quel tal Marchetto da Montefegatesi, che, per aver favorito i Pisani contro i Fiorentini, fu preso e «fu impiccato lì in Aringo, al pero, a dì 4 marzo 1501», secondo narra Jacopo Manni nelle sue Cronache di Barga. Dall'Arringo discende una lunga scalinata, chiamata comunemente Scalaccia.

BARGA — DUOMO: PARTICOLARE DEL PULPITO. S. GIOV. BATTISTA (SEC. XIII). (Fot. Magri).

Ma osserviamo senz'altro il Duomo. — Questo mirabile edifizio, annoverato tra i monumenti nazionali, fu costruito a più riprese, dal secolo XII al sec. XVII, sopra una più antica chiesa. Il Muratori cita, in proposito, una pergamena del 913 in cui è fatta menzione del Duomo di Barga. Esso è in travertino ed ha sul davanti una scalinata di sei gradini. La facciata attuale, semplice e nuda, — già fianco sud della chiesa del XII sec. — non ha altra ornamentazione se non quella di una doppia serie di archetti a sesto intero (fuorché uno a sesto acuto, posteriormente sostituito all'antico) ricorrenti sotto il cornicione e aventi nei capitelli varî disegni di animali e di figure umane. Nel mezzo si apre la porta maggiore, alla quale sovrasta un arco scolpito a foglie d'acanto, con un architrave a basso rilievo recante grappoli d'uva e due uomini intenti a coglierla. La porta è fiancheggiata da due colonne: al sommo di esse si affacciano due leoni, uno dei quali rotto, l'altro recante tra le gambe una figura umana.

BARGA — DUOMO: L'ANNUNCIAZIONE E IL PRESEPIO. PARTICOLARE DELL'AMBONE (SEC. XIII). (Fot. Alinari).

BARGA — DUOMO: L'ADORAZIONE DEI MAGI. PARTICOLARE DELL'AMBONE (SEC. XIII). (Fot. Alinari).

L'interno della chiesa è a tre navate, sostenute da colonne con archi a sesto intero e diviso in due piani, uno superiore ed uno inferiore. La luce discende nel tempio da strette e lunghe finestre, per le quali filtra tenue, soave, diffondendosi con mistica [116] dolcezza all'intorno. Il Duomo di Barga contiene varie pregevoli opere d'arte. Senza soffermarmi su quelle di minore importanza, come l'affresco rappresentante santa Lucia, notevole del resto per la antichità, come il quadro dell'Annunziata, attribuito a Federico Zuccari e come altri quadri, tra' quali: una grande Crocifissione su tavola sagomata (sec. XIV), una interessante tavola del XVI sec. coi tre santi Rocco, Giuseppe e Antonio e nel fondo la veduta dell'antica Barga, una bella Deposizione di Cristo, del 1600, firmata da Giovanni di Francesco Bizzelli, pittore fiorentino, discepolo di Alessandro Allori, una Decollazione di s. Giovanni, dipinta nel 1626 da Baccio Ciarpi discepolo di Santi di Tito, il san Niccolao vescovo, il san Pietro, la Madonna del Rosario in parte dovuti pure al pennello del Ciarpi, sino alla gigantesca figura di san Cristoforo di Niccolao Landucci da Lucca — tavole e tele sparse nelle varie cappelle — ricorderò ora quelle opere che sono veramente degne di particolare menzione.

BARGA — DUOMO: VEDUTA DI BARGA ANTICA. (PARTICOLARE DI UNA TAVOLA DEL SEC. XVI).

Tra queste l'ambone in marmo che, nelle sue linee generali e nell'aspetto suo complessivo, si presenta condotto alla stessa maniera di quelli esistenti a Brancoli e a Pistoia. Le sculture per quanto primitive e rozze acquistano un carattere di rude sincerità e d'ingenua schiettezza.

Il pulpito è del secolo XIII e appartiene, senza dubbio, ad una maestranza comacina. — È sorretto da colonne di marmo rosso, due delle quali poggiano sui corpi di grossi leoni. Uno di questi ha tra le gambe un drago alato: un altro tiene fra le zampe un uomo disteso che gli pone in bocca la mano sinistra, mentre colla destra lo trafigge alla gola. Un'altra delle colonne poggia sulla schiena gibbosa di un vecchio barbuto, più che originale, grottesco. Tutte le colonne hanno capitelli lavorati: tre a foglie di acanto, uno a figure diverse di animali reali e mitologici.

Le facciate del pulpito sono adorne di bassorilievi e quella anteriore ha inoltre un leggìo sorretto dai quattro simboli degli evangelisti. — Questa facciata rappresenta, nel bassorilievo, l'Adorazione dei Magi: di essi, due sono a cavallo e procedono verso la Vergine recante in collo il Bambino: il primo è ormai giunto e presenta, inginocchiato, l'offerta. — Compiono il riquadro alcune figure di Santi.

L'altra tavola è divisa in due e suddivisa in tre distinti scompartimenti. — Uno è occupato dalla rappresentazione dell'Annunziazione fatta dall'arcangelo Gabriele a Maria: l'altro comprende, nei suoi due quadri, la figurazione della Natività del Signore. — Nel primo di questi due quadri si vede la Vergine in letto, con accanto [117] s. Giuseppe: sopra è una figura non precisabile, in veste talare, ma colle ali d'angelo, aperte: da presso è il Bambino in culla, fasciato, con accanto l'asino e il bue. — Nel secondo quadro si osserva il lavacro del Bambino compiuto dalle due donne dei vangeli apocrifi, Zelemi e Salomè, una delle quali versa acqua nell'urna. Tanto attorno a questa, quanto attorno all'altra facciata precedentemente descritta, girano alcune iscrizioni di responsorî, alle quali sovrastano i cornicioni intarsiati a fiorami.

BARGA — DUOMO: VEDUTA DI BARGA ANTICA. (PARTICOLARE DI UNA TAVOLA DEL SEC. XVI).

Tra le varie cappelle del Duomo la più importante è quella del Sacramento nella quale, oltre ad un altare di stile secentesco e ad alcune opere moderne, si ammirano due pregevoli lavori Robbiani. Uno di questi, anzi, fu attribuito da taluni allo stesso Luca, il che è discutibile. Si tratta di un ciborio incastrato nel muro, in forma di piccolo altare. Nel mezzo si apre una porticina, fiancheggiata da due angeli che, in vago atteggiamento, sostengono l'aperta cortina.

Il volto di uno di questi angeli è soavemente mesto, quello dell'altro, sorridente e grazioso: al di sopra volteggia un arco intagliato. Più in alto si vede la tazza rituale e su di essa si innalza la figura di Gesù Bambino benedicente, assistito ai lati da due angeletti preganti. — Ai lati del ciborio stanno le figure bellissime di altri due angeli coi candelabri, uno dall'aspetto pienamente virile, sebbene di giovinetto, l'altro dalle sembianze quasi femminee: gentili e dolci figure, piene di espressione e di vita. Due cornucopie, ali d'aquile e una testa di putto costituiscono l'ornamentazione della parte inferiore di questo ciborio. L'insieme rivela la maniera di Giovanni Della Robbia.

Nella stessa cappella è un altro lavoro Robbiano rappresentante la Vergine e s. Giuseppe, in adorazione di Gesù nella culla. Maria è inginocchiata, a mani giunte in atteggiamento compunto: Giuseppe, seduto, ha gli occhi rivolti verso di lei, con una espressione interrogativa, come se volesse scrutarne l'anima. Intorno al quadro gira un cerchio a fiorami.

BARGA — DUOMO: TABERNACOLO. (MANIERA DI GIOVANNI DELLA ROBBIA).

Dal piano superiore del tempio, anticamente riservato agli uomini, si entrava nel Chiostro detto degli Anelli. Ivi era una scultura notevolissima per la sua vetustà, in origine collocata sulla porta della primitiva chiesa: è opera gruamontesca del XII sec. Nel 1784 fu dall'archeologo Francesco Bertacchi, bargeo, fatta trasportare in quel chiostro affinchè, come dice l'epigrafe, il tempo edace non la consumasse. Recentemente venne accolta nell'interno del Duomo. — Rappresenta un'agape, divisa in due tavole. Nell'una si osserva un Re barbuto che sedendo in capo della [118] tavola si liscia con una mano la barba: una corona, o un berretto, gli copre la testa. Presso a lui sta una donna velata, avvolte le spalle in un manto: seguono tre altre persone, sedute alla tavola imbandita con piatti contenenti pesci, e servite da una specie di nano, recante una zuppiera: sul capo di lui posa la mano un uomo che tiene un fazzoletto nell'altra. — Subito dopo, ma vòlto in senso opposto, vedesi un altro nano servitore con somigliante zuppiera e pure accompagnato da un uomo che gli posa la mano sul capo. Questo uomo peraltro ha presso di sé una figura di donna che sembra togliergli la zuppiera di mano. — Per la sua direzione [119] parrebbe che il nano si avviasse a servir l'altra tavola, alla quale seggono cinque persone, la prima delle quali, per una specie di corona che ha in capo, sembra pure di aspetto regale. — Questi commensali però hanno, dal lato opposto, un altro nano intento a servirli, onde resta difficile definire a che cosa si appresti quello di mezzo. — La presenza, nel bassorilievo, di due campane, attribuendogli il carattere di un'agape cristiana, fa escludere l'ipotesi del Targioni che possa ravvisarvisi un banchetto del re Assuero. Né io starò ad avanzare altre ipotesi che non avrebbero più solido fondamento.

BARGA — DUOMO: PILA DELL'ACQUA SANTA. (SEC. XIII).

BARGA — DUOMO: PILA DELL'ACQUA SANTA. (SEC. XII).

Dopo aver finalmente ricordato, tra le altre opere d'arte possedute dal Duomo di Barga, il marmoreo parapetto del coro — notevole per la sua policromia resultante dalla unione dei marmi bianchi e rossi, dei diaspri e delle nere cornici e ornato di teste umane e di fronde variamente intrecciate — il battistero con vasca di marmo rosso cinta da una cancellata di ferro, il secentesco altare della Annunziata, le pilette per l'acqua santa recanti intagli e mascheroni, richiamerò per un momento l'attenzione del lettore, e del visitatore, sulla grottesca e strana figura di legno, rappresentante s. Cristoforo, che spicca dietro l'altar maggiore in fondo al coro. Il Santo, vestito di rosso (la tinta suol rinnovarsi di quando in quando) e pur vivacemente colorito nel volto, reca sulla spalla sinistra il Bambino Gesù e nella mano destra un tronco di pino. La statua, anticamente, posava sopra un gran carro: poi fu adattata nella nicchia ove si trova attualmente. Fu detto che, per tale operazione, fossero segate al Santo le gambe e si sparse da ciò la credenza che l'operaio segatore e i suoi discendenti dovessero morire di male alle estremità inferiori. Il Groppi però combatte questo asserto, osservando che se la statua avesse avuto le gambe, le sue proporzioni sarebbero divenute inverosimili, che traccie di mutilazione non si riscontrano e che i due tronchi su cui la figura riposa non hanno affatto la forma di gambe incipienti. Secondo lui, per l'adattamento, fu segato invece il carro, su cui prima poggiava la statua. Checché sia di ciò, essa apparisce evidentemente sproporzionata: se a questo s. Cristoforo non furon segate le gambe, esso è un s. Cristoforo enormemente rachitico! Ad ogni modo, la statua merita di essere osservata come curiosità e come opera risalente certo ad una remota età medievale (sec. XIII).

Le cronache narrano che questa statua, in tempo di guerra, veniva recata sopra un carro sul luogo del combattimento o sopra le mura: e pur si dice che, fino al tempo di Napoleone I, si usasse trasportarla in certe solennità sopra una delle pubbliche piazze ove i giovani sposi le giravano tre [120] volte a torno giurandosi fedeltà. Di san Cristoforo, verso il quale i Barghigiani furono sempre molto devoti, mostrando anche in questa predilezione per un Santo guerriero la fierezza del loro carattere, il Duomo conserva un dito, in un reliquiario d'argento a forma di braccio, donato, nel 1671, dal cardinale Carlo de Angeli: Abbas Carolus de Angeli, anno Domini 1671.

BARGA — DUOMO: STATUA IN LEGNO DI S. CRISTOFORO. (SEC. XII).

Di sotto la nicchia, in cui è la statua di s. Cristoforo, si può, per una porta, passare alla sagrestia ove si conservano antichi arredi preziosi, tra cui primeggiano: un calice smaltato, finissimo lavoro del celebre orafo fiorentino del XIV sec. Francesco Vanni, come rilevasi dall'iscrizione: FRANCISCHUS VANNIS DE FRORENTIA ME FECIT (Adolfo Venturi nella sua Storia dell'Arte riproduce il calice senza dirne l'autore); una grande croce d'argento del XV sec. recante il seguente ricordo: QUESTA CROCIE FECIE FARE GIOVANNI SALVUGLI OPERAIO DI SANTA MARIA DA BARGHA, FATTA NEL MILLE CCCC VIII (1408) DEL MESE DI LUGLIO; piviali e pianete di «damasco fiorato», con fregi d'oro di Cipro, del sec. XVI, istoriati con rappresentazioni del Battesimo di Cristo e della Resurrezione; sete, velluti, trine, tra le quali notevoli una trina di Fiandra a fuselli del XVII o XVIII sec. e una trina di Milano, pure a fuselli, del sec. XVIII.

Il campanile del Duomo è pure antichissimo, ma subì, nel 1478, molti restauri ed altri più tardi specie dopo che, nel 1771, fu diroccato dai fulmini. D'altra parte la sua architettura lo dimostra coevo alla chiesa: del che sono più speciale documento i due cornicioni di archetti che corrono intorno ai due piani di mezzo e che sono in tutto uguali a quelli che già abbiamo notato sulla facciata del Duomo. Dalle campane armoniose trae il suono, urtandole col suo battente, l'orologio pubblico, dal quale, per dirla col Pascoli,

il suon dell'ore viene col vento,

dal non veduto borgo montano:

suono che uguale, che blando cade,

come una voce che persuade.

Un'altra delle più importanti chiese di Barga, è quella di S. Francesco, detta [121] anche dei Cappuccini, una famiglia dei quali risiede nell'attiguo convento fondato nel 1470 da fra Ludovico Turignoli, cioè dal beato Michele da Barga di cui, nella detta chiesa, son conservate le ossa. In questa chiesa sono i tre più belli e più pregevoli lavori Robbiani, rappresentanti rispettivamente la Natività del Redentore, la Madonna della Cintola e s. Francesco che riceve le stigmate.

BARGA — DUOMO: RELIQUIARIO DI S. CRISTOFORO (SEC. XVII).

La Natività era, come ha notato il Reymond, uno dei motivi favoriti di Giovanni Della Robbia, il quale ne compose varie, tra cui quella di Bibbiena e quella della Verna assai somiglianti a questa di Barga. Ma questa, sempre secondo l'opinione del citato scrittore, rappresenta il culmine dell'arte sua, giacchè appartiene alla sua seconda maniera nella quale affermò più vivamente la propria personalità e più sembrò avvicinarsi alla grandezza del padre.

BARGA — DUOMO: CROCE D'ARGENTO (SEC. XV).

In tutte le arti si avvertono agevolmente gli stessi fenomeni: a un primo periodo di classica purezza ne succede uno di maggiore sviluppo espressivo e sentimentale nel quale già si annunziano i segni del decadimento che si manifesterà poi nel terzo periodo. Al secondo di tali periodi appartiene l'arte di Giovanni Della Robbia, il quale avviva le opere sue colla ricchezza della fantasia, col calore del sentimento, colle gradazioni e colla varietà dei coloriti, ma anche le intèsse di complicazioni e di artificî per cui vanno gradatamente allontanandosi dalla primitiva purezza dell'arte accogliendo i germi della prossima decadenza. Ad ogni modo questa Natività è veramente [122] mirabile per la intensità di sentimento e di fede che vi è trasfusa, come per la sua potenza espressiva. Riferisco, né potrei far di meglio, quanto ne scrive il Reymond. «L'opera è squisita per sentimento: la Vergine che si piega verso Gesù Bambino è un'ammirevole figura esprimente tutte le gioie dell'amor materno. I Santi che circondano la culla, s. Girolamo e s. Francesco, sono di un sentimento meno ascetico che nelle opere di Andrea, di forme meno scarne e, come la Vergine e s. Giuseppe, recano sui loro volti l'espressione del più tenero amore. La parte superiore della composizione è ornata di teste di Cherubini e di figure d'Angeli disposte con una vera intuizione del sentimento decorativo». Aggiungerò che questa parte superiore del quadro acquista qualche cosa di trascendentale e di paradisiaco dalla luminosità che ne promana riversandosi in giù verso la culla del Bambino e dalla vaporosità delle figure degli Angeli volanti al di sotto di quello che reca la scritta «Gloria in excelsis Deo», in notazione musicale quadrata. Aggiungo inoltre che nella parte inferiore del quadro è rappresentata in piccolo, la Resurrezione del Cristo con ai lati figure di donne e di frati. Ad onta del giudizio del critico francese, da altri invece la Natività, data la sua fattura e la sua invetriatura, viene attribuita a Benedetto Buglioni.

BARGA — DUOMO: CALICE DEL XIV SEC. DELL'ORAFO FIORENTINO FRANCESCO DI VANNI.

Un altro bel lavoro, della bottega di Giovanni, è La Madonna della Cintola: mirabile per la ricchezza della immaginazione e per l'armonia dell'insieme. Vi campeggia la figura della Vergine raggiante di felicità in volto, circondata da piccole teste di cherubini: da presso si vedono due splendidi gruppi di angeli [123] festosamente inneggianti colle trombe dritte e ricurve, coi liuti, coi flauti: né meno ammirevoli sono le figure di santi e di religiosi che occupano la parte inferiore e che si volgono in estasi verso l'Assunta. Al di sotto alcune figure di angeli e di frati, all'intorno un festone di foglie e di frutta compiono la decorazione della Robbiana che, per la genialità dell'invenzione, per la squisita eleganza della esecuzione, per l'effetto poderoso dell'insieme, come per la bellezza dei particolari, può ben dirsi un vero e proprio capolavoro.

Di carattere assai diverso dall'uno e dall'altro è il terzo quadro Robbiano esistente nella chiesa di S. Francesco e raffigurante, come ho già detto, il poverello d'Assisi che riceve le stigmate.

BARGA — CHIESA DI S. FRANCESCO O DEI CAPPUCCINI. LA NASCITA DI GESÙ. (BENEDETTO BUGLIONI).

Qui domina su tutte la nota del sentimento: anzi, per dir meglio, la nota di due sentimenti, quello dell'estasi dolorosa ed intensa e quello dello stupore profondo. Tali sentimenti erompono dalle due figure che campeggiano nella parte inferiore del quadro. La fisonomia di s. Francesco che, inginocchiato, presenta le mani e il costato alla miracolosa incisione, è così espressiva e così piena di angoscia rassegnata e di mistica idealità, che non si saprebbe immaginare più felice rappresentazione dell'animo suo: e piena di verità è l'altra figura, quella di Nicodemo, che, stupito pel miracolo, cade a terra pien di spavento, adoprando questa parola nel significato in cui l'usò il Petrarca nella nota canzone. Tale spavento, oltre che nella mossa di Nicodemo e in quel suo aggrapparsi alla roccia, si rivela a meraviglia negli occhi di lui, mentre, singolare contrasto, pieni di dolcezza e di estatiche visioni son gli occhi di s. Francesco, rivolti al Cristo che gli appare, crocifisso, dall'alto. Il resto del quadro vale a compier l'ambiente: figura un bosco, con casette sparse qua e là e con alcuni animali. Nel gradino inferiore si vede la Madonna col Bambino, e verso lei volgono, d'ambo i lati, angeli e devoti le mani giunte con vivo fervore. Attorno al quadro corrono una ghirlanda di alati cherubini ed una di fogliami e di frutta. È lavoro che ricorda la maniera di Santi Buglioni.

BARGA — CHIESA DI S. FRANCESCO O DEI CAPPUCCINI: MADONNA DELLA CINTOLA. (BOTTEGA DI GIOV. DELLA ROBBIA).

Nella stessa chiesa di S. Francesco, addossate al coro, sono finalmente da osservare due statue Robbiane, raffiguranti s. Andrea e s. Antonio del Tau. Sono da attribuirsi alla bottega di Giovanni. Si afferma dal Groppi che anche altri lavori [124] Robbiani si conservassero un tempo nella chiesa di S. Francesco, tra i quali un Cenacolo, che fu rubato nel 1853, e una Vergine col Bambino, pure dolosamente asportata da un quadro senza invetriate, di cui restano i santi Rocco e Sebastiano, e che è nel chiostro esterno della chiesa suddetta. Nella cappella del Sacramento, di patronato Mordini, erano pure due statuette Robbiane, della bottega di Giovanni, rappresentanti l'Angelo e l'Annunziata. Gli eredi Mordini le conservano ora presso di sé. È da augurarsi ritornino all'ammirazione degli studiosi, nelle due nicchie della cappella rimaste vuote.

[125]

BARGA — CHIESA DI S. FRANCESCO O DEI CAPPUCCINI: LE STIMMATE DI S. FRANCESCO. (MANIERA DI SANTI BUGLIONI).

In una delle più ridenti posizioni di Barga si erge un fabbricato che già fu un Convento e che oggi è un Regio Istituto adibito alla educazione delle fanciulle, sotto il nome di Conservatorio di S. Elisabetta. Anche qui sono da ammirare una finestra istoriata, con un motivo di Lorenzo di Credi, del sec. XV, e due pregevoli prodotti dell'arte Robbiana: nell'atrio un tondo, raffigurante la Madonna col Bambino, circondato di foglie e di frutta; nell'interno una grande pala, attribuita a Giovanni, o meglio, alla sua bottega, pala ove è rappresentata l'Ascensione di Maria tra schiere festose di angeli, mentre in basso pregano divotamente alcune figure di religiosi e di santi. L'ornamentazione del quadro, a testine di cherubini e a fogliami, è simile a quella che per gli altri quadri Robbiani ho descritto.

[126]

BARGA — DUOMO: PIANETA DI DAMASCO E FREGIO (SEC. XVI).

Tra le più notevoli chiese di Barga va pure annoverata quella del Crocifisso che, costruita nel secolo XIII, è la più antica. Vi dimorarono un tempo i frati Francescani di S. Bernardino di Nebbiana, passati poi nel convento di S. Francesco. La facciata ha, ai lati della porta, due statue marmoree, rappresentanti s. Giovanni e s. Caterina e, sopra una porticina che prospetta le mura, un quadro con Gesù e le Marie. Nella sagrestia è una statuetta di autore ignoto raffigurante la Pietà. Bellissimo è il coro, in legno intagliato, della seconda metà del Seicento, alla quale epoca appartiene anche l'altar maggiore, in legno intagliato e dorato, opera, credesi, del Verzoni da Barga.

Delle altre chiese è meno da dire. Quella di S. Felice ha un quadro del santo titolare, modernamente restaurato: ivi ha sede l'Arciconfraternita della Misericordia. Più bella è la chiesa della Annunziata edificata nel 1600 e fatta a croce, con due cappelle laterali. Pregevoli sono l'altar maggiore e gli altri altari, finamente lavorati in pietra bigia di Fiesole: nella chiesa sono varî quadri di santi, lavori di secondaria importanza.

BARGA — DUOMO: PIANETA CON FREGIO. LA RESURREZIONE (SEC. XVI).

BARGA — DUOMO: PIANETA CON FREGIO. IL BATTESIMO DI GESÙ (SEC. XVI).

Di fronte a questa chiesa è il soppresso convento di S. Domenico. Altra chiesa è quella di S. Fruttuoso, ove si conservano le ossa del santo racchiuse in una cassa di lavoro squisito, che fu, nel 1676, trasportata a Barga dalle catacombe di Roma per opera di Francesco Simoni e Francesco Angelo Bartolini: in questa chiesa sono [127] due affreschi, uno collo Sposalizio di Maria, l'altro colla Presentazione di Gesù bambino, pittura del Giovanmattei di Lucca.

BARGA. DUOMO: PIVIALE DI DAMASCO. (SEC. XVI).

Della chiesa e convento di S. Agostino, basterà fare il nome. Ed ora passiamo ai palazzi, di cui non è, a Barga, penuria. E soffermiamoci innanzi tutto al palazzo Menchi, sulla piazza del mercato, per ammirare, dalla terrazza del Caffè, apertovi nel 1896, la meravigliosa veduta e per leggere l'epigrafe che, dettata da Giovanni Pascoli, vi fu apposta a ricordo dell'impressione di meraviglia che a quella vista provarono, trovandosi insieme, due nobili patriotti italiani, Antonio Mordini e Matteo Renato Imbriani. Dice l'epigrafe:

Da questa terrazza il 3 d'agosto del 1897 Antonio Mordini e Matteo Renato Imbriani contemplarono il tramonto e il sole illuminando le fronti severe e serene dei due apostoli dell'ideale sembrava ricingere d'un fulgor di gloria le due forti generazioni che fecero l'italia. Sole che quando tramonti non fai che promettere l'alba sia dell'italica idea, sia della gloria così!

BARGA — DUOMO: TRINA DI MILANO A FUSELLI (SEC. XVIII).

[128] I Menchi erano di nobile famiglia fiorentina ed ebbero uomini notevoli nelle scienze e nei commerci, oltre che nelle armi.

BARGA — CHIESA DI S. FRANCESCO O DEI CAPPUCCINI. S. ANDREA. — S. ANTONIO. (BOTTEGA DI GIOV. DELLA ROBBIA). (Fot. Alinari).

Uno dei più antichi palazzi di Barga è quello Barghigiani ove dicesi che verso il 1310 nascesse Bolognino di Barghesano, onde il cognome della famiglia spentasi al principio del secolo XIX. Sulla porta della casa è lo stemma gentilizio, somigliantissimo a quello del Comune, non essendovi altra diversità che l'avere nella barca, invece dell'albero colla vela, una querce circondata da cinque stelle.

[129] Di aspetto assai più imponente e grandioso è poi il palazzo Bertacchi in via XX Settembre, costruito sui ruderi di un'antica torre di cui si vedono anc'oggi gli avanzi. Questo palazzo era la residenza dei granduchi di Toscana allorchè si recavano a Barga.

BARGA — CONSERVATORIO DI SANT'ELISABETTA.

Per antichità e per bellezza di architettura merita di essere ricordato il palazzo Micheluccini che vuolsi costruito innanzi al 1300. Specialmente sono ammirevoli le finestre di stile gotico, che si aprono, parte a ponente e parte a mezzogiorno: come dal lato della curiosità storica giova ricordare che la facciata meridionale reca tuttora (sebbene intonacati) i segni impressivi dalle palle di cannoni e di spingarde sparate contro la casa nel 1553 quando vi era rinchiuso il rivoluzionario Capitano Galletto, assediato dalle armi Medicee.

BARGA — CHIESA DI SANT'ELISABETTA. MADONNA CON GESÙ.

Anche la casa Ricci è di antica origine e mostra tuttora i resti della torre su cui fu edificata e che venne abbattuta verso il 1169. La casa è costruita in pietra serena e ha due portoni con elegantissimi archi a sesto intero; altri archi furono chiusi per ridurre certi locali a bottega e varrebbe la pena di ritornarli alla luce. Di stile assai somigliante è la casa Groppi, in Piazza Angelio, pur con portoni sormontati da grandi archi e con finestre ben lavorate in pietra serena. Il sig. Groppi proprietario, autore di alcuni scritti su Barga dei quali assai mi sono giovato, aggiunge [130] che i portoni della sua casa mettevano anticamente ad un grande Loggiato ove i passanti si riparavano dalla pioggia e i soldati pernottavano e cuocevano vivande.

Se nelle case or ricordate è caratteristico l'arco a sesto intero, per lo contrario l'arco a sesto acuto trionfa nel palazzo Tallinucci (oggi Cola) in Piazza Angelio. Quei quattro archi che sono sulla facciata formano una specie di Loggia, restaurata e restituita alla primitiva architettura dal proprietario attuale. In questa casa tennero nel secolo XVIII adunanze letterarie alcuni studiosi barghigiani che poi vi fondarono un'Accademia intitolata al Bargèo. Alla nobile famiglia dei Tallinucci appartennero quel Pietro che fu celebrato chirurgo e quel Roberto che si segnalò come prode soldato sui campi lombardi nel 1848 e cadde eroicamente nell'11 maggio del 1849 alla difesa di Livorno.

BARGA — CHIESA DI SANT'ELISABETTA. LA MADONNA E S. GIUSEPPE CHE ADORANO GESÙ. (VETRO DIPINTO).

Nella stessa piazza è il palazzo Angeli, di antica costruzione, adorno di archi e di stemmi e dell'arma Medicea, degno soprattutto di essere ricordato per gli illustri uomini che vi videro la luce, dei quali farò cenno tra breve. Meritevoli per varie ragioni di essere osservati sono anche i palazzi Nardi, Salvi, Carlini, Falconi, Galgano Carrara, Orlandi, Mordini, Pistoja, Pieracchi, Lugani ed altri ancora, che attestano l'antica floridezza del luogo e delle cospicue famiglie che vi ebbero e, in parte, vi hanno anc'oggi dimora.

Ho lasciato per ultimo, tra i palazzi, quello detto di Piazza, ove oggi risiede il Municipio, perché merita speciale menzione. Edificato dalla nobile famiglia Pancrazi di Barga, ha una facciata di singolare eleganza con pietre scalpellinate a bozze piramidali, intorno al portone e alle finestre del primo piano. Nell'ingresso è lo stemma di casa Pancrazi; nella cantonata verso la piazza quello Mediceo, al disotto del quale fu collocato il busto al Bargèo colla seguente iscrizione:

All'insigne poeta Pietro Angelio Bargeo i cittadini xx settembre 1896.

Anche un'altra lapide ricorda il famoso Umanista ed è posta sulla facciata del palazzo ed ha questa epigrafe:

[131]

A Pietro Angeli Bargeo insigne letterato del secolo xvi lesse con gran plauso nello studio pisano e coi poemi la «siriade» e il «cinegetico» fece immortale il suo nome crebbe decoro all'italia il decimo anno dello statuto il municipio.

BARGA — CHIESA DI SANT'ELISABETTA: ALTARE DELLA MADONNA. L'ASCENSIONE DI MARIA. (GIOVANNI DELLA ROBBIA).

Altre lapidi ricordano il Padre della Patria, il Re buono, i prodi bargèi morti per l'indipendenza d'Italia. Il Palazzo del Municipio racchiude un importantissimo archivio.

[132] Non lontano dal busto dell'Angelio si vede quello di Salvo Salvi, spiccante dalla targa in bronzo, opera di Raffaello Romanelli. In Salvo Salvi i concittadini vollero onorare il garibaldino ardimentoso che seguì il Gran Capitano fin presso Trento, il giureconsulto sapiente e il provvido amministratore.

Né, come era naturale, obliarono i Barghigiani di erigere un monumento all'Eroe dei due mondi: e una statua di lui fu posta nella piazza che ora ne reca il nome glorioso.

BARGA — CHIESA DEL CROCIFISSO: CORO IN LEGNO SCOLPITO (SEC. XVII).

Giova finalmente ricordare altri due monumenti: quello a Pietro Tallinucci, il chirurgo insigne già nominato, capitano medico con Garibaldi nel 1866, iniziatore, dicesi, degli studî sull'operazione cesarea; e quello ad Antonio Mordini, ben collocato in fondo alla piazza Vittorio Emanuele, sull'alto di un'erbosa gradinata, protetto da un immenso e rigogliosissimo cedro del Libano. Così Barga a quelli tra i suoi figli che più le resero onore ha nobilmente e giustamente reso onore.

Oltre alle due piazze, Vittorio Emanuele e Garibaldi, già ricordate, e alle altre non poche che Barga possiede, sono più specialmente notevoli quella del Mercato e quella intitolata all'Angelio.

[133]

BARGA — PALAZZO MUNICIPALE E BUSTO A PIETRO ANGELIO.

La prima si chiamava anticamente Piazza del Leone, da quello che sta sulla colonna della loggia e che è il Marzocco, simbolo della dominazione fiorentina. La colonna è in pietra serena, ha forma cilindrica e poggia su di un piedestallo, mentre reca in alto lo stemma Mediceo. Questa colonna fu eretta dai Barghigiani nel 1598 in onore del Duca Cosimo I ed è opera di maestro Battista da Settignano. La loggia fu adibita, nel 1554, al mercato delle granaglie e di altri generi, che si effettuava sotto la vigilanza di cinque birri, delegati a ciò dal Comune, mentre uno speciale incaricato sorvegliava all'esatta osservanza delle misure e dei pesi. Molteplici [134] decreti ducali e prefettizî andarono via via disciplinando le norme da seguirsi nel pubblico mercato e i privilegî dei mercatanti che vi tenevan botteghe.

BARGA — TARGA-RICORDO IN BRONZO A SALVO SALVI. (SCULT. R. ROMANELLI).

Quanto alla Piazza Angelio, essa è la principale del paese ed oggi vi si trovano gli ufficî postale e telegrafico, i primarî negozî, caffè, farmacie ecc. ecc. Vi era una volta il convento di S. Agostino ed esiste tuttora parte della chiesa annessa al convento. La piazza si chiamava prima Ajaccia, poi, sotto il governo di Firenze, fu detta di S. Maria Novella: finalmente prese il nome del più illustre cittadino bargèo. A compiere questa rapida descrizione dei più notevoli edifizî di Barga, non resta altro che ricordare il teatro, detto dei Differenti, la costruzione del quale fu promossa, nel 1689, da un'Accademia letteraria fondatasi in Barga l'anno innanzi e che si esercitava, oltre che in gare poetiche, nello studio della recitazione. Poco più di un secolo dopo il teatro apparve troppo ristretto ai cresciuti bisogni della cittadinanza e, nel 1792, fu ampliato e ridotto nella forma e nelle proporzioni attuali.

Protetta dall'ultimo Granduca mediceo, Gian Gastone, l'Accademia dei Differenti aveva per stemma un'Iride sorgente da due corsi d'acqua congiuntisi insieme, col motto «Ad unum». Il teatro dei Differenti si apre a pubblici spettacoli di prosa e di musica, durante la stagione della villeggiatura.

Nella guida pratica e storica di Barga, compilata dal sig. Pietro Groppi, è una assai lunga lista degli uomini illustri che ivi ebbero i loro natali: ed è certo singolare che l'alpestre villaggio abbia prodotto, in ogni età, tanti uomini insigni.

Tra i più antichi si fa menzione di un Simone da Barga, diplomatico profondo, al quale fu dovuta la conclusione della pace tra i Lucchesi, i Fiorentini e i Pisani, nel 1384. Molti antichi Barghigiani salirono in fama per le loro virtù religiose e tra essi Ludovico Turignoli, santificato sotto il nome di beato Michele da Barga: egli visse nella prima metà del quattrocento.

Nelle armi si segnalò sopra gli altri quel Galletto o Galeotto da Barga che già abbiamo nominato e che fu, nel 1527, comandante delle fortificazioni di Livorno e grande difensore della libertà barghigiana contro Cosimo I. Di lui parla anche il Varchi nelle sue Istorie e a lui la patria deve grato ricordo per l'opera spesa a prò della sua indipendenza contro le sopraffazioni Medicee.

[135] Nelle vicende politiche del '500 ebbe anche parte importante il barghigiano Agostino Bigiolotti, seguace del lucchese Francesco Burlamacchi, che congiurò contro i Doria e uccise Giannettino figlio di Andrea, combattendo per la libertà genovese. Pur nelle armi acquistò fama Francesco Turignoli, difensore di Barga nel 1495, capo delle milizie barghigiane nel 1533, difensore, in quell'anno, della fiorentina Porta a Prato nella guerra contro Siena e vincitore delle schiere nemiche.

BARGA — MONUMENTO AD ANTONIO MORDINI. (SCULT. R. ROMANELLI).

Non come guerriero, ma come architetto militare si rese poi illustre Raffaello da Barga che, tra l'altro, nel 1570 fortificò Famagosta nell'Isola di Cipro, con Marcantonio Bragadino. Antonio Menchi, Giulio Balduini e altri ancora, furono, nel '600, valorosi capitani e di cose militari espertissimi.

Le Belle Arti ebbero pure, tra i Barghigiani, non pochi valorosi cultori, tra cui primeggia Baccio Ciarpi pittore, vissuto nella prima metà del seicento e allievo reputatissimo di Santi di Tito.

[136] La medicina vanta alcuni insigni scienziati bargèi, varî dei quali appartenenti alla famiglia Angeli, come Michelangelo, professore dell'Ateneo pisano, precursore del Redi nello studio delle acque minerali, autore di varî trattati, uno dei quali trovasi manoscritto alla Biblioteca Riccardiana in Firenze, vivamente elogiato dal Fabroni; come anche Giulio, egli pure insegnante a Pisa, chiamato a curare Francesco de' Medici che sospettavasi avvelenato, medico di Corte, passato poi a Roma ove resse l'Ospedale di S. Spirito ed ebbe in cura il pontefice Clemente VIII; come finalmente Ferdinando, lodato dal gran Cesalpino. Pur nella medicina, come insegnanti e come esercenti, acquistarono ai tempi loro non piccola fama Gaetano, Cristofano, Francesco e Nicola Verzani, Michele Guidi e altri ancora.

BARGA — LOGGIA DEL PODESTÀ.

La stessa famiglia Angeli dette agli studî legali giureconsulti di fama, come Jacopo vissuto all'alba del '600, lettore nell'Ateneo pisano, adoperato da Francesco de' Medici in negoziati importanti, oratore facondo e cultore elegante delle lettere greche e latine; come Giovanni e Francesco, dotti legisti e pregiati insegnanti. Nella Giurisprudenza acquistarono inoltre meritata rinomanza Matteo Carrara e G. B. Balduini. Finalmente la Letteratura vanta tra i Barghigiani non pochi illustri cultori, quasi tutti appartenenti alla già ricordata famiglia Angeli, che dette alle lettere un Antonio, autore di epistole in versi latini e di rime in volgare, un Cristofano, valente grammatico e letterato del sec. XVI e, sopra tutti, il celebre Pietro.

[137]

BARGA — STEMMA ROBBIANO DEI RONDINELLI.

BARGA — STEMMA DI TERRA DI MONTELUPO. (SEC. XVI).

Questi nacque il 22 aprile 1517 e mostrò, fin dalla prima età, attitudine singolare agli studî, tanto che a dieci anni era già versatissimo nelle lingue greca e latina. Ma la morte dei genitori e la necessità di procurarsi di che vivere lo costrinsero a lasciare i libri per le armi e ad arruolarsi collo zio Francesco Turignoli capitano delle milizie di Barga. Però, inviato a Bologna, trovò modo di tornare a' suoi cari studî letterarî, per quanto studiasse Legge presso quell'antica Università. Una avventura amorosa e la pubblicazione di certi versi satirici contro un rivale lo costrinsero a fuggire e a riparare a Venezia. Fece poi lunghi viaggi a Costantinopoli e nell'Asia Minore: e certa volta, trovato sopra una galera un francese che in sua presenza insultò gli Italiani, prima lo schiaffeggiò e poi l'uccise; onde a stento poté salvarsi dall'ira dei connazionali del morto e recarsi prima a Genova, poi a Milano presso il Marchese del Vasto che onorevolmente l'accolse. Dopo aver riveduto la Toscana, fu nel 1546 lettore di greco a Reggio ove stette tre anni: quindi passò professore di lettere a Pisa ove rimase 17 anni, insegnando anche l'Etica. E quando Piero Strozzi assediò quella città, egli, chiamati a raccolta gli scolari, la difese strenuamente, ponendo in opera le antiche sue virtù militari. Successivamente il cardinale Ferdinando de' Medici lo chiamò a Roma e largheggiò con lui in ricompense e in onori: si narra che per la dedica fattagli delle sue poesie, gli regalasse duemila fiorini d'oro.

[138] L'Angelio trascorse a Pisa gli ultimi anni della sua vita, spentasi il 29 febbraio 1596, ed ebbe quivi onorevole sepoltura nel monumentale Camposanto di Piazza del Duomo.

LA PIEVE DI LOPPIA.

Molteplici e di genere vario sono le opere da lui lasciate, in parte pubblicate e in parte inedite ancora. Ma più che le orazioni, più che gli studî su romani argomenti, più che le poesie italiane e le lettere, dettero a lui rinomanza i versi latini e, tra questi, più specialmente i due poemi Cynegeticon e La Siriade. Del primo dice il Flamini che «appare anche a noi di squisita fattura e tale da assicurare all'autore un bel posto fra quanti in Italia e fuori verseggiarono durante i secoli XV e XVI nell'idioma di Virgilio». Coll'altro volle l'Angelio tentare il genere epico trattando un argomento simile a quello che, quasi contemporaneamente, era stato scelto dal Tasso: vi fu anzi disputa tra gli storici della letteratura sulla priorità della scelta e vi fu anche chi affermò avere il Tasso preso l'idea dal poema del Bargèo, a lui già noto. Checché sia di ciò, è certo che tale stima fece di lui il cantor di Goffredo che lo incaricò di rivedere e correggere la sua Gerusalemme, insieme con Scipione Gonzaga, collo Speroni, col De Nobili e con Silvio Antoniano.

Ben a ragione, dunque, Barga va superba di questo illustre suo cittadino.

* * *

LA PIEVE DI LOPPIA.

I villaggi che si trovano compresi nel Comune di Barga, fatta astrazione da qualche minore aggregato di case, sono Loppia, Tiglio, Sommocolonia, Albiano, [140] S. Pietro in campo e Castelvecchio: e anch'essi meritano, qual più qual meno, di essere visitati, o per la bellezza della natural posizione o per qualche opera d'arte.

BARGA (DINTORNI) — TIGLIO DI SOPRA.

Intanto, Loppia — alla quale chi dai Bagni di Lucca move verso Barga giunge dopo aver passato il borgo del Ponte all'Ania, ricco di opificî e di fabbriche, e quello delle Fornaci, dal nome abbastanza significativo — è di origine così antica che si trova ricordata in documenti anteriori al mille, quando vi dominava la famiglia longobardo-lucchese dei Rolandinghi.

Al X sec. deve assegnarsi la interessantissima Pieve di Loppia: uno de' documenti architettonici più sconosciuti e preziosi che possa vantare la diocesi pisana, alla quale Loppia venne aggregata nel XVIII sec. In quelle mura possiamo ancora nettamente distinguere i ricordi di tre diverse epoche. Il periodo della fondazione è il più interessante. Ad esso appartiene la parte inferiore della facciata, costruita con immensi lastroni rettangolari e spartita da un colonnato cieco, con residuo di capitelli ravennati. Le mezze colonne aggettanti, invece delle solite lesene, spartivano anche i fianchi; ma per potere intonacare la facciata a sud — che tuttavia mostra una originale finestra a feritoia — vennero subbiate.

PIEVE DI LOPPIA — PARTICOLARE DELL'ABSIDE.

Ne' primi decennii del XIII sec. i Lucchesi posero a sacco, con altre chiese, la Pieve di Loppia: — profanaverunt, scriveva Gregorio IX all'arcivescovo di Pisa, fulminando la scomunica a Lucca, diruerunt ecclesias et altaria suffuderunt, e menando prigione il mio diletto figlio, il pievano di Loppia, lo hanno serrato in carcere.

Da questa prima rovina la Pieve risorse rapidamente. Sono della fine del 1200 la parte superiore della facciata, la navata mediana, i transetti e parte dell'abside. Fu il momento del maggior fiore. Dalla Pieve di Loppia dipendevano 28 chiese e tra le altre S. Cristoforo di Barga. [141] Ma verso il 1340 nuove incursioni e nuovi saccheggi distruggono castello, pieve e paese. In un documento di Giovanni, vescovo di Lucca, del 23 gennaio 1390, col quale si concede la riunione della Pieve di Loppia alla chiesa di S. Cristoforo di Barga, è detto come le mura della Pieve e le case a questa appartenenti, nonchè quelle de' parrocchiani, da oltre 50 anni fossero oramai disabitate e ridotte per i malefici e il flagello della guerra ad un mucchio di rovine.

MADONNA E ANGELO (SEC. XIV) NELLA CHIESA DI TIGLIO DI SOPRA.

E con accenti di dolore e di rimpianto disperato, tali da ricordare l'Ecclesiaste, il detto Vescovo così si esprimeva: et factus est locus ille solitudinis et vasti, nec est spes aliqua quod diebus viventium [142] instauretur. Non per nulla qualche secolo più tardi si scolpivano sulla facciata della Pieve queste parole:

VA: VA: ET

OM: VA.

Vanitas vanitatum et omnia vanitas!

Nel sec. XVI, per la pietà di alcuni fedeli, la Pieve risorse ancora dalla sua rovina e venne di nuovo uffiziata e riebbe parte degli antichi privilegî. Devesi a questo tempo la costruzione del campanile addossato all'esterno della Pieve, in angolo, fra il transetto di sinistra e la facciata nord. È rettangolare con tre ordini di celle campanarie, con finestroni divisi da colonne sormontate da capitelli dorici, ionici e corinzii. Un ordine architettonico per ogni ripiano di celle.

BARGA (DINTORNI) — TIGLIO DI SOTTO.

L'interno è a forma di croce e a tre navate, con sei archi e sei colonne per ogni navata: le finestre sono a feritoia. Sull'altar maggiore è un quadro dell'Assunzione: notevole, nell'altare del Sacramento, il ciborio in legno dorato, di squisito lavoro.

Si vede pure, nella chiesa, il gruppo di una Pietà, in gesso, finamente modellato, opera moderna di paesani residenti a Chicago donde lo mandarono in dono al paese nativo, documento dell'arte e del memore affetto dei figurinai verso la patria lontana.

Tiglio è formato di due borgate: Tiglio di sopra e Tiglio di sotto, fra i torrenti Loppora ed Ania. Esisteva fin dal secolo X e fu soggetto a varie traversie politiche, prima sottoponendosi al Duca d'Atene, poi cadendo in mano di Francesco Castracane. In Tiglio di sopra era l'antico castello ed ivi è la chiesa di S. Giusto, in forma di croce, con otto colonne di materiale ed una vasta cupola dipinta. Se assai goffe e [143] primitive sono le due statue in legno che si vedono sull'altar maggiore, rappresentanti s. Giusto e s. Antonio, bellissime invece sono quelle in marmo rappresentanti la Vergine e l'Arcangelo Gabriele, che gli intendenti dicono di ottima scuola. Accanto alla chiesa è il campanile formato coll'antica torre, di bellissime pietre. In Tiglio di sotto è l'Oratorio di S. Andrea di Seggio, notevole soprattutto perchè di costruzione antichissima, e quello di S. Rocco con un bassorilievo Robbiano: un tabernacolo centinato, cinto da fiori e frutta, e sorretto da un cherubino ad ali spiegate. Nel centro la Vergine, in piedi, col Bambino.

BARGA (DINTORNI) — SOMMOCOLONIA.

Anche il paese di Sommocolonia era un feudo dei soliti Rolandinghi; la struttura delle sue vie, dei suoi fabbricati, delle sue mura, dice ben chiaramente ch'era esso pure un castello, non posteriore al secolo X. Giace sul monte, a destra del torrente Corsonna e ha, dinanzi a sé, una vista magnifica. La sua storia si identifica con quella di Barga, di cui subì le vicende, essendo spesso teatro di guerre e di assedî. Al visitatore piacerà osservare le mura cingenti il castello, la chiesa di S. Frediano, sebbene barbaramente intonacata nelle pareti che erano di pietra scalpellinata, la piazzetta a levante della chiesa stessa, detta, come quella di Barga, l'Arringo, il bel campanile, la chiesina di S. Rocco e i resti dell'antica rôcca, alla [144] quale, come a tanti altri edifizî o monumenti di questi luoghi, la tradizione riconnette il nome della Contessa Matilde.

BARGA (DINTORNI) — ALBIANO.

Albiano risiede sopra un poggio, alla destra del torrente Corsalone e fu castello che i Lucchesi munirono di fortificazioni al tempo della guerra contro Federico I. Ma della sua chiesa, dedicata a s. Michele, si trova menzione perfino in una pergamena del 774, che si conserva nell'Archivio arcivescovile di Lucca. Null'altro di importante potrei aggiungere intorno a questo piccolo borgo che si nasconde, quasi pudicamente, in mezzo alla lussureggiante vegetazione che da ogni parte lo ravvolge e lo attornia.

Né molto è da dire, non volendosi estendere in particolari che sarebbero qui fuor di luogo, intorno al paese di S. Piero in campo. Ivi era un antico monastero di donne, anteriore al 1256, del quale, in seguito a scavi, si rinvennero alcuni muramenti. La chiesa attuale è recente e nulla ha di notevole.

ALBIANO — VILLA MORDINI.

Ho lasciato per ultimo Castelvecchio, perché questo villaggio ha acquistato notorietà da quando divenne residenza preferita di Giovanni Pascoli. Anche Castelvecchio, come Tiglio, si divide in due frazioni: Castelvecchio di sopra e Castelvecchio di sotto. Nel primo si vede ancora un'antica torre quadrata, con feritoie e altissime [145] porte, oggi chiuse. Anche di altri fortilizî si incontrano qua e là alcuni resti. La chiesa non ha grande importanza, sebbene l'architettura non sia di cattivo stile. Castelvecchio di sotto non ha invece alcuna traccia di opere militari e sembra che, anche nei tempi passati, fosse, più che altro, centro di fiorenti commerci.

BARGA (DINTORNI) — CASTELVECCHIO.

Chi, traversando castagneti rigogliosissimi e praterie fiorite e ubertosi vigneti, salga pei ripidi viottoli che menano su a Castelvecchio, vede, dal basso, biancheggiare al sole una casa che, a mano a mano va perdendosi tra il folto degli alberi, per poi scomparire del tutto, divisa dalla via per mezzo di un orto e circondata da case coloniche. È quella la villa ove abitava il poeta che cercava in quei monti, in quelle [147] selve, in quei viottoli, le sue ispirazioni e che tendendo di lassù l'orecchio al lontano e misterioso rumoreggiare del Serchio, cantava:

O Serchio nostro, fiume del popolo!

Tu vai sereno, come un gran popolo,

Lasciate le placide cune,

Muove all'officina comune.

. . . . . . . . . . . . . . .

Lavoratore lieto, coi giovani

Figli, Ania, Lima, Fraga, le Tùrriti,

Gigante coi figli giganti

Tra il lungo lavoro tu canti.

Anch'egli, il poeta che lamentiamo anzi tempo scomparso, cantava tra il lungo lavoro e illustrava coi Canti di Castelvecchio l'alpestre suo romitaggio ove ora abita eterno.

CASTELVECCHIO — LA CASA DI GIOVANNI PASCOLI.

NOTA

Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, così come le grafie alternative (terrecotte/terre-cotte, bargeo/bargèo, perché/perchè, pro/prò e simili), correggendo senza annotazione minimi errori tipografici.

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