CONCLUSIONE

Il fenomeno dell’ascetismo anacoretico e cenobitico appare come una delle conseguenze più rilevanti e più caratteristiche del riconoscimento giuridico del cristianesimo e della trasformazione religiosa dell’Impero Romano, per opera di Costantino e dei suoi immediati successori. Ma non è possibile lusingarsi di comprendere nei suoi coefficienti e nei suoi reali valori l’ascetismo organizzato del quarto secolo, senza risalire alle manifestazioni ascetiche, così profane come cristiane, nell’epoca precostantiniana, e senza risolvere il problema preliminare dei rapporti fra esperienza cristiana e idealità ascetica.

Sulle orme pertanto di tutti i moderni studiosi dell’ascetismo, noi siamo saliti ad esplorare le prime manifestazioni di organismi ascetici nelle tradizioni religiose precristiane, ma contigue al cristianesimo, e nelle correnti filosofiche dell’epoca ellenistica. Dal Serapeo di Menfi alla comunità dei terapeuti alle porte di Alessandria; dagli spunti ascetici dello stoicismo, del neopitagorismo e del neoplatonismo, alle forme di vita dell’essenismo, noi abbiamo passato in rassegna le principali orientazioni spirituali che al declinare del mondo antico professavano concordemente l’ideale della rinuncia al mondo sensibile e politico, con tutti i suoi valori e le sue preoccupazioni, per il conseguimento di una più intensa vita spirituale e per l’esercizio di una più alta virtù, nella contemplazione del divino. Una rassegna di questo genere doveva condurci necessariamente al problema che dall’epoca della Riforma non ha cessato di preoccupare le polemiche confessionali: il cristianesimo è esso stesso ascetico nei suoi elementi costitutivi o non più tosto l’ascetismo rappresenta nella tradizione cristiana una corrente avventizia, derivatale da movimenti e da attitudini spirituali extracristiane? Indagato da un punto di vista strettamente storico simile problema non consente che una soluzione. Questa. Il vocabolo come il concetto dell’ascesi, considerata come un autoprocesso di allenamento e di purificazione interiore, con l’implicita nozione di un dualismo antropologico superabile solo attraverso una serie laboriosa di sforzi e di rinnegamenti, sono estranei all’orizzonte delle esperienze neotestamentarie. La «metanoia» evangelica, come l’«anacainosis» paolina si realizzano in un istante e non sono affatto il risultato di un lento e penoso tirocinio. La grazia dello Spirito le genera subitamente nello spirito del credente. Ma d’altro canto la subitanea trasfigurazione di chi si avvicina alla buona novella del Regno implica ed integra tutte quelle rinunce che nell’ascetismo delle scuole filosofiche appaiono come il compito inevitabile di chi aspiri ad affrancarsi dai vincoli onerosi della materia. Però in virtù di un vero paradosso psicologico le rinunce imposte dall’ascesi filosofica conducono all’annullamento di ogni vita emozionale, alla impassibilità olimpica, mentre le rinunce chieste dal messaggio evangelico non fanno che aguzzare e moltiplicare le capacità della gioia. Finchè il cristianesimo aveva rappresentato una professione religiosa in rotta con le autorità terrene, una divisa quindi che esponeva al ludibrio e alla morte, il programma di rinuncia che era alla base dei suoi ideali e della sua concezione cosmico-etica non aveva avuto motivo di tradursi in particolari fogge di vita. Ma quando la società cristiana, lusingata dal favore di Cesare, venne a patto con l’organizzazione politica, e si allontanò dalla purezza ideale delle sue origini, era storicamente fatale che al precetto della metánoia interiore subentrasse quello della apotagé, e che, sui margini della Chiesa ufficiale, venissero a costituirsi, ricettacolo del suo più puro entusiasmo, le organizzazioni degli asceti. Alle quali avevano preparato la via quelle concezioni della antropologia e della mistica alessandrina di Clemente e di Origene, nelle quali il meglio dello spiritualismo ellenistico si era fuso con le prime interpretazioni gnostiche del messaggio cristiano. Sicchè può dirsi che l’organizzazione ascetica del quarto secolo cristiano rappresenta l’epilogo e lo sbocco di una lenta elaborazione spirituale e sociale, cui il momento storico offrì il modo di concretarsi in un tipo etico, che è divenuto essenziale allo sviluppo e alla economia della vita cristiana nella storia.

Ogni reviviscenza carismatica nel cristianesimo è stata da allora il tentativo più o meno riuscito, di risuscitare la esperienza immediata della métanoia al posto della disciplina dell’áscèsis.

Il monachismo, il vero monachismo, è stato da allora il mezzo di segnalazione e di registrazione dell’entusiasmo evangelico nella chiesa.

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