La sospensione “a divinis” di D. Romolo Murri.

Quasi contemporaneamente, sebbene l'annuncio al pubblico ne fosse dato più tardi, d. Romolo Murri era sospeso “a divinis” per ordine diretto di S. S. Pio X, con lettera a Mons. Arcivescovo di Fermo in data 15 aprile. Causa di questo provvedimento erano «i colloqui di d. Murri concessi ai giornalisti e non mai smentiti; le corrispondenze spedite a giornali con giudizi sventati e punto edificanti, e finalmente non poche pubblicazioni comparse nella Rivista di Cultura ed in altri periodici col suo nome».

Le interviste degli ultimi tempi erano: quella data al Matin di Parigi sulla fine del gennaio 1907 e quella apparsa sul Giornale d'Italiadell'8 febbraio, e il resoconto – esatto nella sostanza – di un colloquio dal Murri avuto con un corrispondente del Matin.

Le corrispondenze erano quelle inviate da Parigi al Corriere della Sera sulla crisi religiosa in Francia; corrispondenze le quali, a dire il vero, furono notate soprattutto per la nessuna loro affinità con quanto sulle corse di Francia andavano scrivendo tutti i giornali clericali italiani ed anche i non clericali.

Gli articoli erano: quello della Nuova Antologia del 1° gennaio sul centro cattolico al parlamento italiano, i due comparsi nei numeri di gennaio e di marzo del Rinnovamento di Milano sul programma del partito radicale e, forse, qualche articolo della Rivista di Cultura riguardante questioni di metodo nello studio del cattolicismo.

Questa fase dell'attività intellettuale di d. Murri era stata – conviene notarlo – sopratutto, diremo anzi essenzialmente, politica. Dall'articolo del 1° gennaio sul nuovo partito parlamentare, sino all'ultimo accenno all'Accademia dei nobili ecclesiastici, l'oggetto costante e la preoccupazione assidua di questi articoli, corrispondenze, interviste, erano l'accordo politico stretto in Francia e in Italia fra la Chiesa ed i partiti della reazione politica, le ragioni, le manifestazioni, i probabili effetti di questo accordo. Nessuno avrebbe potuto trovare in tutti questi scritti cosa che riguardasse altro che questa politica clericale o che potesse direttamente interessare la dottrina cattolica e la disciplina interna della Chiesa.

Era dunque il pensiero politico, l'atteggiamento politico di d. Romolo Murri che la Santa Sede aveva voluto colpire, perchè quel pensiero politico e quell’atteggiamento politico non erano in accordo, ma erano anzi in opposizione con la politica che molti cattolici facevano in Francia e in Italia, pretestando le direzioni e gli incoraggiamenti della Santa Sede, e erano stati quindi giudicati irrispettosi verso la Santa Sede medesima, sulle cui direzioni politiche cadeva, in parte almeno, la critica dello studioso e dell'uomo di azione.

D. Murri interrogato dal Corriere della Sera sulle sue intenzioni, rispose, telegraficamente: «Non ho nulla da dire: sacerdote sono, sacerdote resto, rispettoso dell'autorità, fedele a tutti i miei doveri. Ho sacrificato lunghi anni dolorosi all'amore della verità e della Chiesa, mi spiego l'acuto conflitto in quest'ora di crisi profonda del cattolicismo, ritengo sempre – salvo mie possibili particolari deficienze – che i criterii i quali ispirarono la critica e l'azione mia assicureranno alla società religiosa rinnovato vigore e più feconda efficacia civile; chieggo tacita simpatia alle anime libere e credenti».

Ad alcuni giornalisti recatisi sino a Gualdo per intervistarlo, egli disse che non desiderava parlare, ma aveva bisogno di raccogliersi a vedere che cosa avrebbe dovuto all'autorità e che cosa alla libertà di studio e di azione.

Come i nostri lettori vedono, non si trattava, come nel caso Loisy, dei rapporti fra la critica e la teologia, nè, come nel caso Tyrrell, il quale era già senza messa perchè non aveva accettato di sottoporre a revisione la sua corrispondenza privata, dei limiti dell'autorità, dinanzi alla quale sta, nei suoi diritti nativi ed inalienabili, l'individuo umano; ma si trattava della competenza dell'autorità ecclesiastica in materia politica e sociale e quindi di definire fin dove il suo precetto potesse estendersi, in tale materia, senza perturbare le nozioni essenziali delle due società e delle varie maniere dell’attività umana.

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