Mentre una confusione indicibile ferve nell'interno e, a traverso tanti crepacci della superficie, vien fuori un fumo sulfureo, sorge la domanda: per quale dei crepacci dovrà farsi strada la grande esplosione? Per quale dei vecchi crateri o fumaiuoli? O vorrà essa stessa formare un nuovo cratere? In ogni Società vi sono di questi fumaiuoli, vi sono Istituzioni che funzionano come tali. Anche Costantinopoli non manca delle sue valvole di sicurezza: anche ivi lo Scontento trova il suo sfogo in un fuoco materiale; di guisa che il Potere Regnante legge i segni dei tempi nel numero degli incendi notturni e delle impiccagioni dei fornai, e muta indirizzo a seconda di queste manifestazioni.
Noi possiamo affermare che questa Esplosione Francese vorrà tentare senz'altro come via d'uscita, prima, tutte le vecchie Istituzioni; perchè tra queste e le profondità interne vi è o vi fu qualche comunicazione, senza di che non sarebbero Istituzioni nazionali. Anche se esse fossero divenute Istituzioni personali, sviate, per così dire, dal loro primitivo intento, l'ostacolo sarebbe più debole che altrove. Ma a traverso quale di esse avverrà l'uscita? Un osservatore potrebbe averlo indovinato: a traverso i Parlamenti Giudiziari e sopratutto a traverso il Parlamento di Parigi.
Gli uomini, siano pur sovraccarichi d'ogni grado di dignità, non sono mai inaccessibili all'influenza dei loro tempi, e specialmente quei che dedicano la loro vita agli affari ed hanno per ciò mille occasioni di venire a contatto col contemporaneo movimento sociale, foss'anche dai loro seggi di giudici. Il Consigliere del Parlamento, lo stesso Presidente, che ha comperato il suo posto con bei quattrini per essere da più dei suoi simili, come potrebbe emergere e nei trattenimenti filosofici e nei saloni d'una cultura elegante, se mostrasse d'essere un Seguace dell'Oscurantismo? Fra le Notabilità Togate di Parigi può esservi più d'un patriottico Malesherbes che si lascia guidare dalla propria coscienza e dall'intento del pubblico bene; e v'è di certo più d'un d'Espréménil dal cervello esaltato, che nella confusione delle sue idee, giudica gloriosa qualunque impresa alla Bruto, atta a menar rumore. I Lepelletier, i Lamoignon hanno titoli e ricchezze; ma a Corte non figurano che come «Nobiltà della Toga». Abbiamo dei Duport dalle idee profonde; dei Fréteau, dei Sabatier dalla lingua incontinente; tutti più o meno nutriti del latte del «Contrat Social». E d'altra parte non è forse questa patriottica opposizione in sè stessa una battaglia data dall'intero Corpo? Svegliati dunque, o Parlamento di Parigi, e ricomincia la tua lunga lotta! Non fu abolito il Parlamento Maupeou coperto d'ignominia? Nè ora tu hai più a temere un Luigi XIV e lo schioccar della sua frusta e il suo olimpico sguardo; nè un Richelieu, nè la Bastiglia: più nessuno; e tutta la Nazione ti vien dietro. Anche tu (oh cielo!) puoi divenire un Potere Politico; e allora, come scuoterai la tua parrucca di crini, qual novello Giove dalla chioma d'ambrosia, tremeranno Principati e Dinastie!
Il leggero vecchio M. de Marurepas, dalla fine del 1781, è stato colpito dal gelo della morte: «Mai più,» disse il buon Luigi, «udrò i suoi passi, di sopra, nella sua camera»; il suo leggero motteggiare, le sue barzellette sono omai spenti. Non più la realtà importuna può esser dissimulata dalla facezia, nè il male dell'oggi rimandato alla dimane. La dimane è giunta alla sua volta, ed ora siede a quel posto un flemmatico e positivo M. de Vergennes, che valuta gli eventi dal lato pratico con la puntualità grossolana d'un semplice scrivano (qual fu in origine), e ammette ciò che non si può negare, venga poi il rimedio donde che sia. Il rimedio non è in lui: egli intende «a sbrigar gli affari» secondo il loro turno, burocraticamente. Il povero Re, il quale ha ora più anni ma non più esperienza, è costretto a governare da sè, benchè vi sia così poco atto, coadiuvato dalla sua Regina. Brillante Regina, dallo sguardo rapido e limpido, impulsiva negli atti, franca e nobile anche, ma in tutto troppo superficiale, troppo veemente nelle cose frivole per essere all'altezza d'un tal còmpito! Se prima era un problema governare la Francia, ora è divenuto difficile perfino il governo dell'Œil-de-Bœuf. Poichè se un Popolo disgraziato ha il suo lamento, una Corte immiserita ne ha uno più alto ancora. L'Œil-de-Bœuf non riesce a concepire come in una Francia che ha in sè risorse inesauribili siasi potuto essiccare quel Corno dell'Abbondanza: non soleva esso fluire senza posa? Eppure Necker, col suo governo di parsimonia, aveva «soppresso seicento posti all'incirca» prima che i Cortigiani lo sbalzassero; poichè egli era un finanziere parsimonoioso e pedante. Un altro pedante militare, il Saint-Germain, con le sue manovre prussiane e con le sue nozioni prussiane, come se le promozioni dovessero dipendere non dal blasone ma dal merito, ha disgustati i militari. I Moschettieri sono stati soppressi insieme a tante altre cose da questo vostro amputatore, che col suo continuo innovare e distruggere non ha fatto che creare imbarazzi all'Œil-de-Bœuf. I lamenti, la scarsezza, l'ansia abbondano: è un tutt'altro Œil-de-Bœuf. Besenval dice: «Già in quegli anni (s'era nel 1781) dominava tale malinconia (tale tristesse) nella Corte, che il confronto coi primi tempi riusciva addirittura sconfortante».
D'altronde, che l'Œil-de-Bœuf cada in malinconia, non è a meravigliare, quando voi sopprimete i suoi posti! Nessun posto può esser soppresso senza che qualche borsa sia alleggerita e più d'un cuore sia ingrossato: perchè non impiegava esso anche le classi lavoratrici, fabbricanti, maschi e femmine, di merletti, di essenze, di oggetti di Piacere in generale e chiunque fosse, a produrre il Piacere? Economie meschine, e niente sentite dai Venticinque Milioni! Ma, nondimeno, sono misure che vengono adottate, e che non si fermeranno qui. Altri pochi anni e vedremo soppresse le mute per la Caccia al lupo e quelle per la Caccia all'orso, nonchè l'Allevamento dei falconi: cadranno gli uffici, fitti, come cadono le foglie autunnali. Il Duca di Polignac dimostra come la sua carica non può essere abolita e riduce al silenzio la logica ministeriale; ma poi galantemente volgendosi alla Regina le presenta le sue dimissioni, giacchè Sua Maestà lo desidera. (Meno cavalleresco fu il Duca di Coigny, ma non per questo più fortunato. «Noi litigammo sul serio, Coigny ed io», disse Re Luigi, «e qualora egli m'avesse percosso, io non avrei potuto biasimarlo». In siffatte materie l'opinione non può essere che una. Il Barone Besenval, con quella franchezza di linguaggio che caratterizza l'uomo indipendente, dichiara schiettamente a Sua Maestà che la condizione è spaventevole (affreuse): «Voi andate a letto la sera, e non siete sicuro di non levarvi povero la dimane; tanto varrebbe trovarsi in Turchia». È proprio una vita da cani.
Strana questa continua penuria del tesoro reale! Eppure, per quanto incredibile, il fatto è innegabile. È una cosa tristamente vera, una pietra d'inciampo in cui tutti i Ministri l'un dopo l'altro urtano e cadono. Sia per mancanza di «genio fiscale», sia per difetto d'altro, sussiste la più palpabile differenza fra l'Entrata e l'Uscita; un Deficit nell'Entrata che bisogna colmare (combler) o esso v'ingoierà! Questo è il problema difficile, disperato come quello della quadratura del circolo. Il Controllore Joly de Fleury, che successe a Necker, neppur vi riuscì, e non fece che proporre prestiti, che furono poi tardivamente colmati, e imporre nuove tasse, produttive non di danaro, ma di clamori e di scontento. Nè potette il Controllore D'Ormesson far di meglio, chè anzi fece anche meno; perchè, mentre il Joly tenne il potere per oltre un anno e un giorno, il D'Ormesson non contò che pochi mesi; e quando il Re comperò Rambouillet senza consultarlo, egli comprese e si ritirò. E così, verso la fine del 1783, le cose minacciano un ristagno. L'opera umana sembra ormai vana, e vani sono tutti gli sforzi del nostro «Consiglio delle Finanze» di recente istituito, dei nostri Intendenti delle Finanze, del Controllore Generale delle Finanze; perchè, malauguratamente, non vi sono più Finanze da controllare. Una paralisi fatale invade il movimento sociale; nuvole di cecità o di tenebre ci avvolgono: siamo dunque sul punto di precipitare nei neri orrori della BANCAROTTA NAZIONALE?
La Bancarotta è grande, è un golfo immenso, senza fondo, in cui si sommergono e scompaiono tutte le Menzogne pubbliche e private, là dove erano destinate dalla loro prima origine. Poichè la Natura è vera e non bugiarda; e quella bugia che voi dite o create verrà fuori dopo un periodo più o meno lungo, come una Cambiale tratta sulla Realtà della Natura, che, presentata pel pagamento, farà rispondere: Non si sconta. È deplorevole per altro che spesso debba avere una così lunga circolazione e che il falsario che la creò sia raramente quello che ne paghi il fio! Le bugie e il fardello di mali che traggono seco, vanno innanzi sballottati da individuo a individuo, da classe a classe, e s'arrestano a quelle classi infime e mute, che legate alla zappa e alla vanga, col cuore angosciato e con lo saccocce vuote, sono in quotidiano contatto con la realtà, e non possono rimettere in circolazione l'inganno.
Osservate intanto come, per una giusta legge di compensazione, nel turbinare confuso della Società, la bugia col suo fardello di mali discende verso i suoi strati inferiori, e, in cambio, il disagio che ne deriva sale, sale senza posa. Onde accade che dopo il lungo penare e l'inedia di quei Venticinque Milioni, un Duca di Coigny e la Maestà regale arrivano ad avere «una vera contesa». Tale è la legge della provvida Natura, la quale, sia pure a lunghi intervalli, sia pure col solo mezzo della Bancarotta, riporta le cose al loro punto di partenza.
Ma con una Borsa di Fortunatus in saccoccia, per quant'altro mai sussisterebbe il Falso! La vostra Società, la vostra Casa, il vostro Ambiente materiale e spirituale, tutto è falso, ingiusto, iniquo all'occhio di Dio e dell'uomo. Eppure il focolare è caldo, la dispensa è ben fornita: gl'innumerevoli Svizzeri del Cielo, che stanno intorno con una specie di lealtà naturale, proveranno con la penna e a colpi di moschetto che quella è la verità; e se non proprio la Verità pura (impossibile sulla terra) una sua forma attenuata, salutare (come il vento per gli agnelli tosati), che opera il bene. Ma, qual cambiamento quando la borsa e la dispensa si vanno sempre più vuotando! Si dirà allora: se il vostro ordinamento fosse così vero, così conforme alle leggi di Natura, come mai la Natura, nella sua infinita bontà, vi lascerebbe patire la fame? E così tutti gli uomini, tutte le donne, tutti i fanciulli non dubiteranno che le vostre Forme di vita eran false. Onore alla Bancarotta, sempre giusta nel complesso, per quanto crudele nei suoi particolari! Essa lavora di continuo a scavar mine sotto il Falso; e nessuna Falsità – raggiungesse pur l'altezza del cielo e coprisse tutto il mondo – potrebbe sfuggire alla Bancarotta, che un giorno la spazzerà via, e ce ne libererà alla fine.