Che la Francia esasperata abbia ottenuto con questa sua Assemblea Nazionale qualche cosa, anzi qualche cosa di grande, d'importante, d'indispensabile, non v'ha dubbio; senonchè resta sempre la domanda: che cosa specialmente? Quesito difficile a risolversi anche da spettatori calmi e a questa distanza di tempo; addirittura poi insolubile dagli attori che vi ebbero parte. Gli Stati Generali creati e condotti a termine dallo sforzo passionato di tutta la Nazione, sono una cosa grande, suprema. La speranza, in giubilo, grida alto che essi simboleggiano un miracoloso Serpente di bronzo nel Deserto; su cui chiunque fisserà il suo sguardo con fede e obbedienza sarà risanato di tutti i suoi mali, di tutte le sue morsicature di serpenti.
Noi rispondiamo che essi potranno significare almeno una simbolica Bandiera, intorno a cui i Venticinque Milioni di esasperati e di gementi, altrimenti isolati e senza forza, potranno riunirsi e compiere quell'opera – che è in loro di compiere. Se tale opera sarà la battaglia, come non si può a meno di aspettarsi, la bandiera sarà di battaglia (cioè un Gonfalone italiano nel suo antico Carroccio repubblicano); e sventolerà alta quella bandiera trasportata nel carro, radiosa nel vento; e con lingua di ferro farà echeggiare lontano più d'un segnale. Una cosa di prima necessità, la quale, all'avanguardia o nel contro, conduttrice, condotta o trasportata, deve rendere alle moltitudini combattenti servigi incalcolabili. Per un tempo, mentr'essa fluttuerà alla testa, anzi mentre starà immota e solitaria aspettando che la forza le si riunisca dintorno, questo stesso Carroccio nazionale e lo scampanio del segnale che farà risonare saranno per noi un fatto di grande importanza.
Il presagio dei «cappelli molli calcati sulla testa» dimostra che i Deputati del Terzo Stato sono ben determinati ad una cosa: che nè la Nobiltà nè il Clero debbano avere la precedenza su di loro, e appena appena Sua Maestà. A questo punto ci hanno condotti il Contrat Social e la forza della pubblica opinione. Poichè, che cos'altro è Sua Maestà, se non il Delegato della Nazione? Delegato, impegnato (piuttosto strettamente) in un genere d'affari ben singolare, di cui Jean Jacques non ha fissata la scadenza.
Entrando adunque nella loro Aula, la dimane, una massa inorganica di Seicento Individui, questi Deputati dei Comuni scorgono, senza terrore, che vi si trovano soltanto essi. La loro Aula è anche l'Aula Magna o Generale dei Tre Ordini. Ma la Nobiltà e il Clero, a quel che pare, si sono ritirati nei loro due Appartamenti separati, o Aule; e son là intenti a «verificare i loro poteri», non in comune, ma separatamente. Vogliono forse costituire due Ordini separati con voto separato? Par quasi che la Nobiltà e il Clero abbiano tacitamente già presupposta questa separazione! Due Ordini contro uno; così il Terzo Ordine non vien lasciato in una perpetua minoranza?
Molte cose possono rimanere indecise, ma l'opposizione ad una tal cosa è già decisa: è decisa nelle teste dai cappelli molli, è decisa nella testa della Nazione Francese. Nel caso contrario, la doppia rappresentanza e quant'altro s'è guadagnato finora diverrebbe inutile, nullo. Senza dubbio «i poteri debbono essere verificati»; senza dubbio la commissione, i documenti elettorali del vostro Deputato debbono essere controllati dai Deputati suoi confratelli e trovati validi; questo è il preliminare di tutto. Nè la questione del farlo separatamente o in comune è una questione vitale; ma, e se diverrà poi tale?
Bisogna resistere; savia era la massima: Resistere al principio! E poi, quand'anche non fosse consigliabile la resistenza, e fosse anzi pericolosa, la tregua è ben naturale; la tregua, con Venticinque Milioni d'individui alle vostre spalle, può divenire una valevole resistenza. La massa inorganica dei Deputati dei Comuni si limiterà a un «sistema d'inerzia», rimanendo inorganica per ora.
Questo metodo, giovevole alla sagacia e alla timidezza, viene adottato dai Deputati dei Comuni; e non senza destrezza, e con tenacia sempre crescente vi persistono di giorno in giorno, di settimana in settimana. Per sei settimane la loro storia è di quel genere chiamato sterile, ma che invero, come la Filosofia insegna, è spesso più d'ogni altro fecondo. Furon quelli i loro giorni di creazione calma, fu quello il periodo della incubazione! Infatti, ciò che essi fecero allora fu di non far nulla – nella maniera più savia. Tutti i giorni il corpo inorganico si riunisce; lamenta che gli manca l'organizzazione, «che non può verificare collettivamente i poteri» e dar principio alla rigenerazione della Francia. Si potrebbero fare delle mozioni violente, ma andrebbero incontro ad esser represse; l'inerzia soltanto sfugge alla repressione e nello stesso tempo è inespugnabile.
All'astuzia deve far fronte l'astuzia; alle pretese orgogliose l'inerzia e un dolore patriottico dall'espressione mite, ma inguaribile, inalterabile. Prudenti come serpenti, innocui come colombe: quale spettacolo per la Francia! Seicento individui inorganici, necessari alla sua rigenerazione, alla sua salvezza, son là sui loro banchi ellittici, anelanti con tutta la passione alla vita, in una penosa prigione, come anime in attesa di nascere. Si fanno discorsi eloquenti, udibili dentro e fuori: è tutto un agitarsi del pensiero contro il pensiero; la Nazione osserva con un interesse sempre crescente. È così che i Deputati dei Comuni attraversano il loro periodo d'incubazione.
Abbiamo conclavi privati, cene, consulti e un Club Bretone, Club di Viroflay; molti clubs in embrione. Tutto un elemento fatto d'un rumore confuso, d'un calore fosco, acre; in cui, nondimeno, l'uovo di Eros, tenuto alla debita temperatura, può ondeggiare con sicurezza, senza rompersi, fin che non schiuda. I vostri Mounier, Malouet, Lechapelier posseggono abbastanza scienza per sopperirvi; i vostri Barnave e i vostri Rabaut abbastanza fervore. A volte verrà un'ispirazione dal regale Mirabeau, che non è in alcun modo riconosciuto ancora come regale; anzi vi fu un «mormorio di disapprovazione» quando il suo nome fu prima menzionato; ma egli lotta per farsi riconoscere.
Nel corso della settimana, avendo i Comuni chiamato alla presidenza il più Anziano di loro, dandogli come assistenti dei giovani dai polmoni più forti, – possono esprimersi articolatamente; e, con parola udibile e querula, dichiarano come abbiam detto, che essi sono un corpo inorganico che anela a divenire organico. Arrivano lettere; ma un corpo inorganico non può aprire le lettere, ed esse giacciono chiuse sulla tavola. Il più Anziano può procurarsi per proprio conto qualche specie di Lista o Elenco dei votanti per fare il computo dei voti, aspettando quel che avverrà. La Nobiltà e il Clero sono altrove; intanto un pubblico impetuoso s'affolla in tutte le gallerie, in ogni posto vuoto; ciò che è in qualche modo confortante. Con molti sforzi si viene alla conclusione che si debba mandare, non una deputazione – come potrebbe un corpo inorganico mandar deputazioni? –; ma che alcuni individui Membri del Terzo debbano trovarsi, così come per caso, nella Camera del Clero e poi in quella della Nobiltà, e colà fare intendere, come per sentita dire, che i Comuni, a quel che pare, si trovino adunati, aspettandoli, per verificare i loro poteri. Questo è il metodo più savio!
Il Clero, nel quale v'è una moltitudine di non Dignitarii, di semplici rappresentanti dei Comuni in veste di Curati, manda subito a rispondere rispettosamente che esso è e sarà d'ora innanzi più che mai profondamente occupato appunto di tale questione. Al contrario la Nobiltà, assumendo attitudine cavalleresca, replica dopo quattro giorni che, quanto a loro, sono tutti verificati e costituiti, nel qual modo avendo sperato che si trovassero i Comuni; essendo questa verificazione separata evidentemente quel metodo preciso, savio e costituzionale che adottavano gli avi – il che la Nobiltà sarà ben lieta di dimostrare per mezzo di una Commissione del suo Ordine, se i Comuni vorranno incontrarsi con essa, Commissione contro Commissione! Immediatamente segue una deputazione del Clero, che ripete alla sua maniera insidiosamente conciliante, la stessa preposta. La questione è complessa: che cosa risponderanno i savî Comuni?
Con cautela, con inerzia, i savî Comuni, considerando che essi sono, se non un Terzo Stato Francese, almeno un Aggregato d'individui che pretendono un titolo di questo genere, decidono, dopo aver discusso per cinque giorni, di nominare una tale Commissione, col proposito, per altro, di non lasciarsi convincere; un sesto giorno è impiegato nel nominare tale Commissione; un settimo e un ottavo trascorrono nello stabilire le forme dell'incontro, il luogo, l'ora e simili: onde non prima della sera del 23 maggio la Commissione della Nobiltà e quella dei Comuni s'incontrano, con la mediazione del Clero che fa da Conciliatore, accingendosi all'impossibile còmpito di convincere quest'ultima. Un altro incontro, il 25, mette fine alla cosa: i Comuni sono inconvincibili; la Nobiltà e il Clero irrefragabilmente convincenti; le Commissioni si ritirano, persistendo ciascun Ordine nelle primitive pretese.
Così sono trascorse tre settimane. Per tre settimane il Carroccio del Terzo Stato, col Gonfalone che si scorge di lontano, è rimasto immobile sfidando i venti, in attesa di quelle forze che verranno a raccogliersi intorno ad esso.
La fantasia può immaginare i sentimenti della Corte, il succedersi ivi d'uno a un altro consiglio e quella sua inanità altisonante travolta nel vortice caotico, ove la saggezza non può albergare. La vostra macchina delle imposte, abilmente architettata, è stata messa insieme, organizzata con incredibile lavoro, ed è là coi suoi tre pezzi in contatto: le due ruote bilanciere della Nobiltà e del Clero, la immensa ruota motrice del Terzo Stato. Le due ruote bilanciere girano dolcemente; ma, prodigioso a vedersi, la ruota principale resta immota, si rifiuta ad andare innanzi! I più abili meccanici si veggono disorientati. Come opererà essa quando si metterà in moto? Spaventosamente, Amici miei; e in molti sensi; ma, quanto a levare imposte o a macinare la farina per la Corte, vi si può contare, ciò non sarà mai. Magari si fosse potuto continuare a riscuotere le tasse a mano! I Messeigneurs d'Artois, Conti, Condé (che venivano chiamati il Triumvirato della Corte), quei dell'antidemocratico «Mémoire au Roi» hanno forse presagita la verità? Costoro possono a loro piacimento scuotere l'alta testa in segno di disapprovazione e stillarsi il povero cervello; ma i più abili meccanici non sono in grado di far nulla. Lo stesso Necker, anche se gli si volesse dare ascolto, comincia a guardar bieco. La sola cosa che par degna di consiglio è che si tengano pronti i soldati. Due nuovi reggimenti e un battaglione di un terzo si sono già recati a Parigi; altri si metteranno in marcia. Era bene in ogni caso avere le truppe a disposizione e il comando in mani sicure. Si nomini Broglie, il vecchio maresciallo Duca de Broglie, veterano disciplinare, dalla moralità incrollabile di sergente istruttore, uomo su cui si può contare.
Poichè, purtroppo, nè il Clero, nè la Nobiltà stessa sono quali dovrebbero e potrebbero essere nel vedersi così minacciati dal di fuori; cioè compatti, solidali tra loro. La Nobiltà, invero, ha il suo Catilina o Crispino d'Espréménil, dallo sguardo fosco, in tutto il suo ardore di rinnegato, il suo rumoroso Mirabeau-Tonneau; ma all'incontro non mancano i Lafayette, i Liancourt, i Lameth; soprattutto vi è un d'Orléans, ormai tagliato fuori per sempre dal suo ancoraggio di Corte, tutto immerso in una meditazione sonnolenta sulle alte prede di mare, sempre più alte (poichè non è anch'egli un figlio di Enrico Quarto e virtualmente in parte l'erede presuntivo?) nel suo viaggio verso il Caos. Nel Clero poi, ove tanto numerosi sono i Curati, veri disertori sono venuti fuori, formando due piccole fazioni, e il Curé Grégoire fa parte della seconda. Si dice anzi che circa centoquarantanove siano per disertare in massa, ritenuti soltanto dall'Arcivescovo di Parigi. Sembra una partita che debba perdersi.
Ma giudicate se Parigi, se la Francia se ne stiano neghittosi durante questo periodo! Indirizzi che vengono da lontano e da vicino vi affluiscono, giacchè i nostri Comuni sono divenuti organici al punto da poter aprire le lettere, o almeno da poter cavillare su di esse! Così il povero Marchese di Brézé, Usciere Supremo, Maestro delle Cerimonie, o che so altro titolo avesse, scrivendo a quel tempo su cose riguardanti il cerimoniale, non vede nulla di male nel concludere la lettera con un: «Monsieur, vostro con sincero attaccamento». – «A chi è rivolto questo sincero attaccamento?» domanda Mirabeau. «Al Decano del Terzo Stato». – «Non vi è nessuno in Francia che abbia diritto di scriver questo», soggiunge egli; al che le Gallerie e il mondo non possono a meno di applaudire. Povero de Brézé! Quei Comuni hanno ancora una più antica ruggine con lui; nè la partita è ancora saldata.
In altra maniera, Mirabeau ha dovuto protestare contro la subitanea soppressione del suo giornale, «Giornale degli Stati Generali»; e ha dovuto continuarlo sotto altro nome. Gli Elettori di Parigi, tuttora affacendati nel rediger il loro Cahier, non possono a meno di prestargli man forte in questo suo atto di coraggio. Con un Indirizzo a Sua Maestà essi reclamano almeno «una provvisoria libertà di stampa»; hanno anche parlato di demolire la Bastiglia, erigendo al suo posto una statua di bronzo al Re Patriottico! Questi sono i ricchi Borghesi; figurarsi un po' che dev'essere quella miscellanea scompigliata di Oziosi, di Vagabondi, delle più strane Anomalie sociali (la Canaglia più raffinata del nostro Pianeta), che turbina incessante al Palais Royal; e che gemito infinito che presto divien mormorio parte da Saint-Antoine, e dai Venticinque Milioni nel pericolo di morire d'inedia!
La scarsezza del grano è il fatto più indiscutibile: sia magagna dell'Aristocrazia, sia magagna di d'Orléans, di quest'anno; dipenda dalla siccità e dalla grandine dell'anno precedente, nella città e nella provincia la povera gente guarda desolata la sorte che l'attende! E questi Stati Generali, che ci potrebbero dare un'età dell'oro, sono costretti a starsene neghittosi, non potendo ottenere che siano verificati i loro poteri! Ogni attività, per conseguenza, langue, tranne quella di foggiare mozioni.
Nel Palais Royal è stata eretta, per sottoscrizione, pare, una specie di Tenda in legno (en planches de bois ); cosa assai opportuna, ove il Patriottismo selezionato può redigere le sue deliberazioni, arringare, con comodo e comunque sia il tempo. È un pandemonio in attività continua! Sulla propria tavola, sulla propria sedia, in ogni café si ritrova un oratore patriottico, mentre una folla gli sta intorno nell'interno e una folla lo ascolta di fuori a bocca aperta a traverso le finestre e le porte aperte, con «applausi tonanti per ogni idea di un ardimento fuori del comune». Nella vendita di pamphlets di Monsieur Desein, proprio d'accanto, voi non potete arrivare al banco che a forza di gomiti: ogni ora produce il suo pamphlet, o meglio la sua sfornata di pamphlets; «oggi son tredici, ieri furon sedici, la settimana scorsa novantadue». Figuratevi un po': la Tirannia e la Carestia, l'Eloquenza Fervida, il Rumore, l'arte dei pamphlets; e poi la Société Publicole, il Club Breton, il Club degli Arrabbiati; – e se non può paragonarsi a un Club d'Arrabbiati ogni osteria, ogni caffè, ogni riunione sociale, ogni casuale gruppo di strada, per tutta la Francia!
I Deputati dei Comuni non possono che ascoltare tutte queste cose in una sublime inerzia di dolore, ridotti ad occuparsi «della loro polizia interna». Mai Deputati ebbero una più sicura posizione, se sapranno conservarla abilmente. Che la temperatura non raggiunga un grado troppo elevato; che l'uovo di Eros non si rompa innanzi che sia covato, fin che non si romperà da sè! Un pubblico ardente occupa tutte le gallerie, tutti gli spazî vuoti, e «non si può impedire che applaudisca!» Dei due Ordini Privilegiati, la Nobiltà, tutta verificata e costituita può guardare con quell'aria che crede, ma non senza un segreto tremore nel cuore; il Clero, che fa sempre la parte di conciliatore, cerca di tirare dalla sua le Gallerie e la loro popolarità, ma non gli vien fatto. Una Deputazione da parte sua reca dolorosi messaggi intorno al «caro dei grani», facendo rilevare la necessità di metter da banda le formalità vane per deliberare su questo. Proposta insidiosa che d'altra parte i Comuni (su mozione di quel Robespierre verdemare) astutamente accettano, come una specie di consenso, di garenzia, che il Clero presto si unirà a loro, costituirà gli Stati Generali e così porterà il buon mercato dei grani! – Alfine, il 27 Maggio, Mirabeau, stimando che il tempo sia giunto, propone che «cessi l'inerzia», e lasciando che la nobiltà perduri nel suo ostinato sistema, s'inviti il Clero «in nome del Dio della Pace», ad unirsi ai Comuni e iniziare l'opera loro. Al quale invito, se esso vorrà fare il sordo, lo vedremo! Non vi sono centoquarantanove dei suoi pronti a defezionare?
O Triunvirato di Principi, o nuovo Garde-des-Sceaux Barentin, e tu Ministro dell'Interno Breteuil, e tu Duchessa di Polignac, e tu Regina avida di ascoltare, che cosa bisogna fare? Questo Terzo Stato vuol mettersi in moto, racchiudendo in sè la forza di tutta la Francia; il meccanismo del Clero e il meccanismo della Nobiltà, che dovevano servire da bei contrappesi e da freni, saranno vergognosamente trascinati dietro di esso e prenderanno fuoco per via insieme ad esso. Che cosa bisogna fare? L'Oeil-de-Bœuf diviene più confuso che mai. Bisbiglio e contro-bisbiglio, un vero uragano di bisbigli! Dei capi di tutti e tre gli Ordini vi sono condotti clandestinamente nella notte; maghi molti di loro; ma a che vale la magìa in questo caso? Lo stesso Necker sarebbe il benvenuto, se egli potesse interporsi utilmente.
Che intervenga pure il Necker, dunque; e in nome del Re! Per fortuna, a quel messaggio incendiario del «Dio di Pace» non si è ancora risposto. I Tre Ordini avranno di nuovo conferenze; sotto questo Ministro patriottico qualche cosa potrà essere cicatrizzato, rattoppato; – frattanto noi possiamo approntare i Reggimenti Svizzeri e «cento pezzi d'artiglieria da campo». Questo è ciò che decide dal canto suo l'Oeil-de-Bœuf.
Quanto a Necker – ohimè, povero Necker, il tuo ostinato Terzo Stato non ha che una prima ed ultima parola: verificazione in comune, cioè l'impegno di votare e deliberare in comune. Alle proposte d'una via di mezzo d'un amico così sperimentato, si guardano stupiti. Le conferenze tardive sono troncate a un tratto: il Terzo Stato è ormai pronto e risoluto, poichè tutto il mondo lo spalleggia, e torna alla sua Aula dei Tre Ordini; Necker torna all'Oeil-de-Bœuf con la reputazione d'un mago sconfessato, – buono solo a ricevere il congedo.
E così i Deputati dei Comuni si sono alfine, per opera della loro forza, messi sulla via? In luogo d'un Capo o Decano, hanno ora trovato un Presidente: l'Astronomo Bailly. Si sono messi sulla via furiosamente! Con una eloquenza senza fine, rumorosa e temperata a un tempo, portata sulle ali dei Giornali in tutti i paesi, essi hanno ora, il 17 di giugno, deciso che il loro nome sia, non Terzo Stato, ma Assemblea Nazionale! Son dunque la Nazione essi? Triumvirato di Principi, Regina, Nobiltà refrattaria, Clero refrattario, che siete voi mai? Una domanda delle più profonde, cui difficilmente si potrebbe rispondere nel gergo politico attuale.
E senza tenerne alcun conto, la nostra nuova Assemblea Nazionale procede alla nomina d'un «Comitato di sussistenze», – caro alla Francia, quantunque esso possa trovare poco o niente grano. Poi, quasi perchè la nostra Assemblea Nazionale si tenesse ferma sulle sue gambe, nomina «quattro altri comitati permanenti»; indi si pone a sistemare la sicurtà del Debito Nazionale e quella della Tassazione Annuale: tutto ciò in quarantotto ore. Con tal grado di velocità essa s'incammina; i congiurati dell'Oeil-de-Bœuf possono ben domandarsi: Per dove?