Verso mezzanotte si veggono brillare dei fuochi sul colle, sono i fuochi di Lafayette! Il rullo dei suoi tamburi viene su per l'Avenue de Versailles. È la pace o è la guerra? Pazienza, amici! Nè l'una cosa nè l'altra. Lafayette è giunto, ma l'ora della catastrofe non è giunta ancora.
Nella sua marcia egli ha fatto alto e arringato così spesso, che ha impiegato nove ore su quattro leghe di strada. A Montreuil, vicinissimo a Versailles, tutto l'esercito dovette far sosta, e con la destra levata in alto, fra le tenebre della notte, sotto il diluvio del cielo, giurare solennemente di rispettare la Dimora del Re; d'esser fedele al Re e all'Assemblea Nazionale. L'ira s'è dissipata totalmente per la lentezza della marcia; la sete di vendetta è stata affievolita dalla stanchezza e dagli abiti immollati. Il Fiandra è di nuovo sotto le armi; ma un Fiandra divenuto tanto patriottico non ha più bisogno d'«esterminio». I Battaglioni, estenuati dalla marcia, fanno alto nell'Avenue; pel momento essi non hanno altro desiderio più pressante di quello d'un ricovero e di riposo.
Il Presidente Mounier è inquieto; e così pure lo Château. Viene un messaggio dallo Château, che prega il Mounier di tornare colà con una nuova Deputazione, al più presto; così almeno si uniscono le nostre due inquietudini. Frattanto l'ansioso Mounier, di sua iniziativa, fa sapere al Generale che Sua Maestà s'è degnata di accordarci l'Accettazione pura e semplice. Il Generale, con una piccola colonna avanzata, risponde passando alcune parole vaghe, a bassa voce, al Presidente Nazionale; – non fa che dare un'occhiata a quella multiforme Assemblea Nazionale e poi procede oltre verso lo Château. Sono con lui due Municipali di Parigi, che furono scelti fra i Trecento per quella impresa. Egli è ammesso, passando pei cancelli chiusi a chiave ed a lucchetto, innanzi alle sentinelle e agli uscieri, fino agli Appartamenti Regali.
I componenti della Corte, maschi e femmine, si affollano al suo passaggio per leggere la loro sentenza sulla sua faccia, che presenta, dicono gli storici, un misto «di dolore, di zelo e di bravura», strano a vedersi. Il Re con Monsieur, coi Ministri e coi Marescialli, lo aspetta per riceverlo. Egli «è venuto», nella sua iperbolica, cavalleresca maniera, «ad offrire la sua testa per la salvezza di Sua Maestà». I due Municipali espongono il desiderio di Parigi: quattro cose d'un assai pacifico tenore. Primo, che l'onore di guardare la sua sacra persona sia conferito alla patriottica Guardia Nazionale; – cioè ai Granatieri del Centro, che come Guardie Francesi erano nel diritto di godere di questo privilegio. Secondo, che si procurino provvigioni per quanto è possibile. Terzo, che i tanti delinquenti politici che popolano le prigioni abbiano dei giudici. Quarto, che si compiaccia Sua Maestà di venire a vivere a Parigi. A tutti questi desiderati, eccettuato il quarto, Sua Maestà risponde prontamente: Sì, e si poteva prevedere che risponderebbe così. Al quarto egli può solo rispondere Sì o No; e tanto volentieri risponderebbe Sì e No!
Ma, in ogni caso, non sono i loro propositi affatto pacifici, grazie al cielo? V'è tempo a decidersi. Il forte del pericolo pare sia passato!
Lafayette e D'Estaing situano le sentinelle; ai Granatieri del Centro spetta il Corpo di Guardia, che occupavano in altro tempo come Gardes Françaises; – poichè invero le Guardie del Corpo, le ultime maleavventurate occupanti, sono andate per la maggior parte a Rambouillet. Tale è l'ordine di questa notte: bastevole per tutto il male che ne può derivare. Dopo di che Lafayette e i due Municipali, con la più spiccata cavalleria, prendono congedo.
Tanto breve è stata l'intervista, che Mounier e la sua Deputazione non ancora sono giunti. Tanto breve eppur tanto soddisfacente. S'era tolto un peso da ogni cuore. Le belle dame di Palazzo dichiarano pubblicamente che questo Lafayette, per quanto sia detestabile, è una volta almeno il loro salvatore. Anche le antiche e aspre Tantes lo ammettono: le zie del Re, l'antica Graille e sorelle, che noi da tempo conosciamo. La Regina Marie-Antoinette è stata udita parecchie volte a dire lo stesso. Ella sola, fra tutte le donne e tutti gli uomini, ha sul volto una espressione di coraggio, di nobile calma, di risolutezza, quest'oggi. Essa sola vede chiaramente ciò che vuole; la figlia di Maria Teresa osa fare ciò che vuole, anche se tutta la Francia la minaccia; rimanere dove sono i suoi figliuoli, dov'è suo marito.
Verso le tre del mattino tutto è sistemato; le sentinelle hanno preso posto, i Granatieri del Centro sono stati messi nel loro antico Corpo di Guardia; gli Svizzeri e poche Guardie del Corpo che ancora restavano, vengono arringati. I battaglioni di Parigi, stanchi del percorso, sono stati affidati «all'ospitalità di Versailles», e giacciono a dormire nei letti disponibili, nelle baracche vuote, nei caffè, nelle chiese vuote. Una delle loro compagnie, recandosi alla chiesa di Saint-Louis, sveglia il povero Weber dai suoi torbidi sogni, nella Rue Sartory. Weber ha avuto per tutta la giornata la tasca del suo panciotto piena di palle: «duecento palle e due pere di polvere!» Poichè coi panciotti d'allora non si scherzava, e avevano falde che scendevano svolazzanti fino a metà della gamba. Così tutte quelle palle egli aveva avuto indosso durante tutto il giorno; ma nessuna opportunità di servirsene; ora si volta e rivolta, esecrando i banditi sleali; fa udire qualche bestemmia e immediatamente si riaddormenta.
Finalmente l'Assemblea Nazionale è arringata; e su mozione di Mirabeau, desiste dall'occuparsi del Codice penale, e si scioglie per questa notte. Il Menadismo e il Sanculottismo si sono ricoverati nei Corpi di Guardia, nelle caserme del Fiandra, alla fiammata di fuochi allegri; e, quando tutto manca, nelle chiese, negli uffici, nelle gadette delle sentinelle, dappertutto ove la miseria può trovare un ricettacolo. Il Giorno turbolento s'è conteso il suo riposo: eppure nessuna vita s'è perduta oltre quella d'un cavallo da guerra. Il Caos insurrezionale giace sonnecchiando intorno al Palazzo, come l'Oceano intorno a un apparato da palombaro – e nessun crepaccio si mostra ancora.
Un sonno profondo è caduto promiscuamente sull'alto e sul basso, sospendendo molte cose, a cominciare dall'ira e dalla fame. L'oscurità copre la terra. Ma lontano, a Nord-Est, Parigi sprigiona il suo gran bagliore giallo, che risalta lontano nella notte umida e nera. Tutto è illuminato colà, come nelle antiche notti di Luglio; le vie sono deserte per l'allarme di guerra; tutti i Municipali sono in veglia; le Pattuglie gridano con la loro voce rauca il chi va là. Veniamo a sapere che precisamente a quell'ora vi giunge la nostra povera e delicata Louison Chabry, coi suoi poveri nervi in sussulto. Arriverà l'Uscere Maillard, fra un'ora circa, «verso le quattro del mattino». Essi portano successivamente a un Hôtel-de-Ville insonne quel conforto che è dato loro di portarvi; e questo a sua volta, allo spuntar del giorno, con larghi affissi rassicura il popolo.
Lafayette, all'Hôtel de Noailles, non lontano dallo Château, avendo finito di arringare, si sta consultando coi suoi ufficiali; alle cinque l'unanime e miglior consiglio è che un uomo così sballottato e rotto dalla fatica per ventiquattr'ore e più, si getti su di un letto, cercandovi un po' di riposo.
È finito così il primo atto dell'insurrezione delle donne. Che cosa avverrà la dimane? La dimane, come sempre, è in balia del Fato! Senonchè Sua Maestà, si può ben sperarlo, consentirà a venire onorevolmente a Parigi; dopo tutto, egli può visitare Parigi. Le antinazionali Guardie del Corpo, qui e altrove, debbono prestare il giuramento nazionale; dar soddisfazione al Tricolore; anche il Fiandra giurerà. Vi saranno molti giuramenti, molti pubblici discorsi saranno pronunziati senz'altro; e così, con le arringhe e i voti, la cosa si può comporre in un modo soddisfacente.
Ma non potrebbe, purtroppo, essere tutt'altrimenti? Se la cosa non si componesse in modo soddisfacente? Se il consenso non fosse onorevole, ma estorto, ignominioso? Il Caos illimitato dell'Insurrezione, addormentato, fa pressione intorno al Palazzo, come l'Oceano intorno a un apparecchio da palombaro, che può penetrare da ogni crepaccio. Che questa massa insurrezionale accumulata trovi solo un'entrata, e sarà come uno scroscio infinito d'acqua, o piuttosto d'un fluido igneo per sè stesso combustibile, «per esempio olio di trementina e di fosforo», – fluido conosciuto da Spinola Santerre!