Ma perchè tarda Mounier, perchè non torna con la sua Deputazione? Arrivano le sei, poi le sette, e ancora Mounier non si vede, nè alcuna Accettazione pura e semplice.
Ed ecco che le Menadi sgocciolanti, non più in deputazione, ma in massa, sono penetrate nell'Assemblea, interrompendo scandalosamente la pubblica discussione e l'ordine del giorno. Nè Maillard nè il Vice-Presidente possono oltre certi limiti tenerle a freno; e solo per qualche minuto vi può riuscire la voce leonina di Mirabeau, quantunque lo applaudano: onde esse a quando a quando interrompono la rigenerazione della Francia con grida di: «Pane, non tanti discorsi! Du pain; pas tant de longs discours!» – Tanto insensibili erano queste povere creature agli scatti d'eloquenza parlamentare!
Si viene a sapere anche che le carrozze regali sono in ordine, come per una partenza per Metz. Delle carrozze infatti, regali oppur no, sono state viste agl'ingressi di dietro. Esse hanno anche prodotto o citato un ordine scritto della nostra Municipalità di Versailles – che è monarchica e non democratica. Frattanto, le Pattuglie di Versailles le hanno fatte rientrare, secondo le stringate istruzioni del vigilante Lecointre.
Un uomo che ha veramente un gran da fare in queste ore è il Maggiore Lecointre. Giacchè il Colonnello D'Estaing resta invisibile nell'Œil-de-Bœuf; invisibile, o ancora più enigmaticamente visibile a momenti; e poi una Municipalità troppo fedele richiede sorveglianza: nessun ordine civile o militare è dato intorno a migliaia di cose di questo genere! Lecointre trovasi al Palazzo Civico di Versailles; egli è alla grata della grande Corte, comunicando con gli Svizzeri e le Guardie del Corpo. Egli è tra le file del Fiandra; è qua e là: studioso d'impedire spargimento di sangue, d'impedire la fuga della Famiglia Regale a Metz; d'impedire alle Menadi di mettere a sacco Versailles.
Al cader della notte noi lo vediamo avanzarsi verso i gruppi armati di Saint-Antoine, che vanno gironzando con aria truce presso la Salle des Menus. Essi lo ricevono disposti in semicerchio; dodici oratori stanno dietro ai loro cannoni con le torcie accese in mano, con le bocche dei cannoni volte verso Lecointre; un quadro degno del pennello di Salvator! Egli domanda con linguaggio temperato ma coraggioso, che cosa vogliono con questo loro viaggio a Versailles. I dodici oratori rispondono con poche parole che racchiudono molto: «Pane, e la fine di questi affari, Du pain, et la fin des affaires» Quando les affaires finiranno, nè il Maggiore Lecointre nè alcun mortale può dirlo; ma circa il pane, egli s'informa: Quanti siete? – Apprende che sono seicento, e che una pagnotta per ciascuno sarà sufficiente; e va di galoppo al Municipio perchè gli siano date seicento pagnotte.
Le quali pagnotte, frattanto, un Municipio di principii monarchici non vuol dare; e preferisce di dare piuttosto due tonnellate di riso; chi sa mai però se cotto o crudo. Ora, quando anche questo è accettato, i Municipali sono scomparsi – mettendosi sott'acqua come fecero a Parigi i ventisei dalle lunghe toghe; e senza lasciare il più piccolo vestigio di riso, cotto o crudo, scompaiono in quel momento dalla Storia!
Il riso non viene; la speranza del cibo è delusa; come è delusa la speranza della vendetta: non s'è tratto fuori clandestinamente, come abbiam detto, il De Moucheton della Compagnia Scozzese? Mancando tutto, ecco che non resta che il cavallo ucciso di De Moucheton, che giace colà sulla spianata! Saint-Antoine, deluso, esaurito, piomba sul cavallo ucciso, lo scortica, lo arrostisce, servendosi, pel fuoco, di stecconate, di porte, di tutto il legname che gli capita sotto mano, – non senza gridi di plauso; e, alla maniera degli antichi eroi greci, essi sporsero le mani verso il delicato pasto preparato, quale si fosse. L'altra canaglia gironza per far bottino, cercando qualche cosa da divorare. Il Fiandra si ritira alle sue caserme; anche Lecointre si ritira coi suoi Versagliesi, – tutti si ritirano, meno le Pattuglie vigili, incaricate di essere doppiamente vigili.
Così, scendono le tenebre della notte fra il tumulto e la pioggia, e tutte le strade divengono sempre più buie. La più strana notte che siasi mai veduta in quelle regioni – forse a partire da quella di San Bartolomeo, quando Versailles, come scrive Bassompierre, era uno chétif château. Ci vorrebbe la lira di qualche Orfeo, per costringere, col tocco di corde melodiose, questa massa forsennata a tornare all'Ordine! Poichè qui tutto sembra caduto in pezzi in una infinita disintegrazione. Il più alto, come nel crollo precipitoso d'un mondo, è venuto in contatto del più basso: la Canaglia della Francia che assedia la Regalità della Francia; i «bastoni ferrati» sollevati intorno al diadema, non certo per proteggerlo! Insieme alle denunzie delle sanguinarie Guardie del Corpo, si odono sfavorevoli brontolii contro un nome di Regina.
La Corte è trepidante, senza potere, e il suo umore varia col variare di quello dell'Esplanade, a seconda dei differenti toni dei rumori che giungono da Parigi. Rumori che si rincalzano l'un dopo l'altro che sono, ora di pace, ora di guerra. Necker e tutti i Ministri si consultano, senza trovare una via d'uscita. L'Œil-de-Bœuf è una tempesta di bisbigli. Fuggiamo a Metz; non fuggiamo. Le carrozze Regali di nuovo si presentano all'ingresso – tanto per provare; e di nuovo son fatte rientrare dalle pattuglie di Lecointre. In sei ore niente è stato deciso; neppure l'Accettazione pura e semplice.
In sei ore? Ohimè, chi in tali circostanze non può risolversi in sei minuti, può rinunziare addirittura alla cosa: in quel caso il suo Fato ha già deciso per lui. Frattanto il Menadismo e il Sanculottismo prendono consiglio con l'Assemblea Nazionale, e il tumulto cresce vieppiù. Mounier non ritorna; l'Autorità non si mostra in nessun luogo: l'Autorità della Francia in questo momento è affidata a Lecointre e all'Usciere Maillard. È questo dunque l'abominio di quella desolazione venuta d'un subito, quantunque da molto tempo intravista come inevitabile! Infatti, pel cieco, tutte le cose sono subitanee. La miseria che per lunghe età non ha avuto la sua difesa. Parlerà da sè stessa, nel suo dialetto, uno dei più rozzi, come potrà, sarà il mezzo della sua difesa.
Alle otto ritorna all'Assemblea, non la Deputazione, ma il Dottor Guillotin, ad annunziare il ritorno, e dice che v'è speranza d'Accettazione pura e semplice. Egli stesso ha portata una lettera regale che autorizza e ordina la più libera «circolazione dei grani». La quale lettera il Menadismo applaude con tutto il cuore. Conformemente a ciò, l'Assemblea approva incontanente un Decreto, del pari accolto con entusiastici applausi dalle Menadi: – Senonchè, non poteva un'Augusta Assemblea andare più oltre, fino a «fissare il prezzo del pane a otto soldi ogni mezza pagnotta, e la carne di beccheria a sei soldi alla libbra», prezzi che sembrano buoni? Tale è la mozione, che una moltitudine di uomini e di donne, che l'Usciere Maillard non riesce a contenere, ha fatta, e l'Assemblea Nazionale dovrà udire. Lo stesso Usciere Maillard non è sempre perfettamente corretto nel suo parlare, ma quando vien ripreso, si può giustamente scusare adducendo la peculiarità delle circostanze.
E alfine, approvato questo Decreto, mentre continua il disordine, i Membri si dileguano e il Presidente Mounier non torna; che resta a fare al Vice Presidente, se non scomparire alla sua volta? Sotto questa pressione, l'Assemblea si scioglie, si dilegua; o, come si dice officialmente, s'aggiorna. Maillard è spedito a Parigi col «Decreto relativo ai grani» in saccoccia, insieme ad alcune donne, in carrozze appartenenti al Re. A quella volta s'è diretta già la delicata Louison Chabray, con quella «risposta scritta» che le dodici Deputatesse andavano di nuovo a chiedere. La delicata silfide è partita attraverso la campagna nera e fangosa: ella ha tanto da raccontare, e i suoi poveri nervi sono così scossi; viaggia, per quella strada, come a dir vero fanno tutti oggi, con estrema lentezza. Il Presidente Mounier non è più venuto, nè la Accettazione pura e semplice; quantunque sei ore con tutti i loro eventi siano trascorse; quantunque un corriere dopo l'altro annunzii l'arrivo di Lafayette. Viene egli per la guerra o per la pace? È tempo oramai che lo Château si decida per una cosa o per un'altra; che anche lo Château si faccia vivo se vuol continuare a vivere!
Vittorioso, lieto dopo una sì lunga assenza, Mounier arriva alfine, e con lui viene l'Accettazione ottenuta con tanta fatica; la quale, purtroppo, adesso ha poco valore. Figuratevi la sorpresa di Mounier nel trovare il suo Senato, che egli sperava d'entusiasmare con l'Accettazione pura e semplice, tutto partito, e in sua vece un Senato di Menadi! Poichè, come la scimmia di Erasmo imitava nella sua mimica, con un'assicella di legno, Erasmo nell'atto di radersi la barba; allo stesso modo fanno queste Amazzoni, con una grottesca maestà, la parodia confusa dell'Assemblea Nazionale. Esse presentano mozioni, pronunziano discorsi, votano leggi, produttive dopo tutto di fragorose risate. Tutte le gallerie e le panche sono occupate; una grossa Dama del Mercato è al seggio di Mounier. Non senza difficoltà, Mounier, coll'aiuto dei Mazzieri, e le parole persuasive, si apre la via fino al Presidente femminile; la grossa Dama, prima di abdicare, fa noto che sopra ogni cosa ella, e invero l'intero Senato maschile e femminile, soffrono assai la fame, poichè che cosa era mai un cavallo arrostito per tante persone?
Il pratico Mounier, in tale frangente, prende due risoluzioni: di riconvocare i Membri della sua Assemblea a suon di tamburo, e poi di procurare una provvista di alimenti. Svelti messaggeri corrono a tutti i forni, a tutte le rosticcerie; alle pasticcerie, dai venditori di vino, alle trattorie; si batte il tamburo, accompagnandolo con un bando a voce alta per tutte le strade. Essi vengono, i Membri dell'Assemblea vengono, e, ciò che più importa, le provvigioni; queste ultime su vassoi e carretti: pagnotte, vino e salami in grande quantità. I panieri con le vettovaglie circolano con grande armonia lungo le panche; nè, secondo il Padre degli Epici, ad alcuno mancò una buona porzione di vettovagl ie (δαιτὸς εἳσης, u guale porzione); la cosa più desiderata in quel momento.
A grado a grado un centinaio di Membri dell'Assemblea, o giù di lì, riescono ad introdursi, e le Menadi fanno loro un po' di largo, intorno al seggio di Mounier; essi ascoltano l'Accettazione pura e semplice; e si dà principio all'ordine della notte: la «discussione del Codice Penale». Tutte le panche sono affollate; nelle oscure gallerie, rese ancora più scure dalle teste sudice, è uno strano «balenare» di armi improvvisate. Sono oggi precisamente cinque mesi dacchè queste stesse gallerie erano piene di Bellezze dalle alte piume e coperte di gioielli, che sfoggiavano la loro brillante influenza; ed ora? Fin qui siamo giunti omai nel rigenerare la Francia. Io penso che i dolori del parto sono i più acuti! Il Menadismo non perde l'occasione di fare le sue osservazioni, e domanda: «A che serve il Codice Penale? Quello che ci abbisogna è il pane». Mirabeau si volta e con la sua voce leonina redarguisce; il Menadismo lo applaude; e poi s'è daccapo.
In tal modo si masticano i salami, e si discute il Codice Penale: la notte è orribile. Quale sarà la fine? Lafayette coi suoi trentamila uomini deve arrivare; egli non può essere lontano a quest'ora; tutti lo aspettano, come il messaggero del Destino.