Capitolo IV La processione

Il primo sabato di maggio v'è gala a Versailles; il lunedì, giorno quattro, sarà ancora un più gran giorno. I Deputati sono già arrivati quasi tutti e hanno cercato il loro alloggio; ed ora vengono successivamente introdotti in lunghe file, per baciare la mano di Sua Maestà nello Château. Il Supremo Usciere, de Brézé, non dà la più grande soddisfazione: noi non possiamo a meno di osservare, che, nell'introdurre la Nobiltà o il Clero alla Sacra presenza, egli apre ambo le porte a due battenti; mentre, al contrario, pei membri del Terzo Stato ne apre uno soltanto! Del resto vi è posto per entrare, e Sua Maestà ha un sorriso per tutti.

Il buon Luigi accoglie i suoi Onorevoli Membri con un sorriso di speranza. Egli ha preparato per loro la sala dei Menus, la più grande di quelle vicine a lui, e spesso sorvegliava gli operai quando vi si recavano. Una sala ampia con una piattaforma elevata pel trono, per la Corte, per la Famiglia Reale; di fronte uno spazio pei seicento Deputati dei Comuni; una metà per altrettanti del Clero da un lato, ed una metà per altrettanti della Nobiltà dall'altro. Vi sono sontuose gallerie, donde le dame d'onore, sfavillanti di gaze d'or, i Diplomatici esteri e altri personaggi coperti di dorature e di bianchi merletti, nel numero di duemila, possono stare a sedere e osservare. Attraverso queste gallerie corrono larghi passaggi, e altri ve ne sono tutt'intorno al muro, all'esterno. Vi sono camere pei convitati, camere per la Guardia, spogliatoi; è veramente una nobile Aula, ove la tappezzeria, aiutata dalle belle arti decorative, ha fatto del suo meglio; nè mancano i drappi chermisi ornati di fiocchi e gli emblematicifleurs-de-lis.

L'Aula è pronta: il costume istesso, come dicevamo, è stato stabilito: i Deputati non debbono portare quell'odiato cappello a tese inclinate (chapeau clabaud), ma un cappello piatto (chapeau rabattu). Quanto al loro modo di lavorare, allorchè saranno vestiti, al loro modo di votare «per capi o per ordini» e a tutto il resto, mentre v'era forse ancora tempo per assodarlo, e fra poche ore non vi sarà più tempo, rimane indeciso, rimane dubbio nel cuore di Milleduecento uomini.

Ed ora alfine il sole del lunedì 4 maggio s'è levato, indifferentemente, quasi fosse un giorno come un altro. Eppure, come i suoi primi raggi nell'indorare la statua di Memnone sul Nilo, ne traggono un concento; quali suoni tanto penetranti, tanto tremuli, suoni di preparazione e di presagio, destava esso in ogni cuore a Versailles! Parigi immensa, in ogni specie concepibile e inconcepibile di veicoli, s'avanza come una fiumana; da ogni Città, da ogni Villaggio vengono i ruscelli affluenti. Versailles è un vero mare d'uomini. Ma sopratutto, dalla Chiesa di Saint Louis alla Chiesa di Notre-Dame è una vasta onda sospesa di Vita, che lancia i suoi spruzzi fino in cima ai comignoli! Giacchè anche alla sommità dei fumaiuoli, come sui tetti, su ogni ferro di lampione, su ogni insegna, su ogni sporgenza, a rischio di rompersi il collo, prende posto il Coraggio patriottico; ogni finestra rigurgita di patriottica Beltà; poichè i Deputati si raccolgono nella Chiesa di Saint Louis per marciare in processione alla volta di Notre-Dame e udirvi il sermone.

Sì, amici, prendete posto e guardate: materialmente o col pensiero, tutta la Francia, tutta l'Europa, possono volgere quivi i loro sguardi, perchè questo è un giorno come ve ne son pochi. Ohimè, si potrebbe piangere come Serse: – Quante file serrate si trovano appollaiate in quel punto, come creature alate, venute già dal Cielo: tutte queste e tante altre che le seguono si libreranno nell'aere, dileguandosi di nuovo nelle Profondità azzurre; e la memoria di questo giorno sarà ancora fresca. È il giorno del battesimo della Democrazia; un ammalato, il Tempo, l'ha data alla luce, trascorso il voluto termine di mesi. È il giorno dell'Estrema unzione del Feudalismo! Un sistema sociale sovraccarico d'anni, reso decrepito dalla fatica (e non ha forse fatto molto producendo voi, quel che possedete, e quello che conoscete?), che con le sue ruberie e con le sue zuffe, chiamate gloriose vittorie, col libertinaggio e colle sensualità, rimbambito e senile, è presso a morte: e così, fra l'agonia e le doglie, un nuovo sistema è nato. Quale opera! Cielo e Terra, quale opera! Battaglie e spargimento di sangue; Massacri di settembre, Ponti di Lodi; Ritirate di Mosca, Waterloo, Peterloo, Voti a dieci sterline, Carrettate, Ghigliottine; e da questa data presente, se si potesse profetizzare, circa due secoli ancora da combattere! Due secoli – difficilmente meno – prima che la Democrazia colga il suo frutto a traverso i suoi inevitabili, funesti stadi di Ciarlatanismo; prima che un mondo pestifero sia ridotto in cenere, e venga rifatto giovane e rigoglioso.

Gioite, nondimeno, moltitudini di Versailles; a voi tutto questo è nascosto, solo la gloriosa fine è visibile. In questo giorno è pronunziata la sentenza di morte del Falso; è pronunziato il giudizio di resurrezione del Vero, anche se lontano. In questo giorno è dichiarato ad alta voce, come una tromba del Destino, che una Bugia non è credibile. Credete questo, attenetevi a questo, quando altro manchi, e lasciate che le cose abbiano il loro corso. «Voi altro non potete: Dio v'aiuti!» Così parlava un grande, più grande di ognuno di voi, aprendo il suo Capitolo della Storia del Mondo.

Mirate intanto! Le porte della chiesa di St.-Louis si spalancano e la Processione delle Processioni s'avanza verso Notre-Dame! Gli applausi squarciano l'aria; è un grido che avrebbe fatto cader morti gli uccelli di Grecia. È davvero uno spettacolo magnifico, solenne. Gli eletti della Francia, poi la Corte di Francia, si sono tutti schierati e marciano a quella volta, ognuno al suo posto e col suo costume. I nostri Comuni «in mantello tutto nero e cravatta bianca»; i Nobili in mantelli di velluto ricamati in oro, dai colori vivaci; tutto un luccichio, un fruscio di galloni, un ondeggiare di piume; il Clero in rocchetto, camice, o altri più solenni pontificalibus; ultimo viene il Re in persona e i suoi Familiari, anche in tutto lo splendore della pompa, nel loro più grande splendore, lo splendore finale. Mille e quattrocento uomini all'incirca lanciati dai quattro punti cardinali, con la più grave delle missioni.

Oh sì, in quella massa che procede silenziosa, quanto Avvenire è racchiuso! Questi uomini non recano un'Arca simbolica, come gli antichi Ebrei; ma anch'essi son parte d'un'Alleanza, anch'essi presiedono a una nuova Era nella Storia degli Uomini. Tutto l'Avvenire è là, e il Destino oscuro lo cova; nei cuori, nei pensieri informi di questi uomini giace l'Avvenire inintelligibile, inevitabile. Cosa singolare: mentre essi lo hanno in loro, non essi, non i mortali, ma solo un Occhio dall'alto può leggerlo; poi si dovrà rivelare tra il fuoco e il fragore dell'assedio, dell'artiglieria da campo; mentre sventoleranno le bandiere di combattimento, e scalpiteranno gli eserciti; a traverso il chiarore delle città incendiate, nell'urlo di terrore delle nazioni sgozzate! Tali cose si nascondono bene avviluppate in questo Quattro di maggio; – o piuttosto dite che forse in un altro giorno sconosciuto vi si sono nascoste, e quest'ultimo giorno ne è il frutto, la pubblica espressione. E invero quali meraviglie sono racchiuse in ogni Giorno – se noi avessimo la facoltà visiva, che fortunatamente non abbiamo, di decifrare: poichè il Giorno più meschino non è forse «la confluenza di due Eternità»?

Frattanto, facciamo l'ipotesi, buon lettore, che entrambi noi, come ora, senza alcun miracolo, ce ne dà il modo la Musa Clio, prendessimo posto su qualche eminenza, e guardassimo per un momento questa Processione e questo mare di Vita, con occhi ben diversi da quelli degli altri – cioè con occhi profetici. Noi possiamo salire e restar là senza tema di cadere.

Quanto al mare di Vita, o alla Moltitudine sterminata fuori ogni aspettativa, su cui si posa lo sguardo, sfortunatamente è troppo indistinta. Pure, fissandola con insistenza. Figure incognite, ma che pur non saranno sempre tali, si presentano al nostro sguardo o ci fanno intuire la loro presenza! La giovane Baronessa di Staël – essa evidentemente osserva da una finestra, circondata da rispettabili donne più anziane. Suo padre è Ministro, uno dei personaggi di gala, il principale, agli occhi di lei. Giovane Amazzone intellettuale, la tua pace non è là, nè quella del tuo amato Padre: «come Malebranche vedeva tutto in Dio, del pari Necker vede tutto in Necker»: teorema che non avrà lunga durata.

Ma dov'è quella luminosa fanciulla dalle ciocche brune, dal cuore di fuoco, Madamigella Théroigne? Eloquente Bellezza bruna, che con le tue parole e i tuoi sguardi alati riuscirai a scuotere tanti rustici cuori, interi battaglioni di acciaio, e persuaderai finanche un Kaiser Austriaco; – la picca e l'elmo ti aspettano pel dovuto tempo; ed, ohimé, anche la camicia di forza e un lungo soggiorno alla Salpétrière! Meglio avresti fatto a restare nel tuo nativo Lussemburgo, per divenire la madre dei figliuoli di un qualche brav'uomo; ma non era questo il tuo compito, non era questo il tuo destino.

Del sesso meno gentile, come si può senza una lingua di ferro, senza cento lingue di ferro, enumerare le notabilità? Non ha il Marchese Valadi in tutta fretta lasciato il suo largo cappello di Quacchero, il suo Greco Pitagorico e la città di Glasgow? Morande dal suo Courrier de l'Europe, Linguet dai suoi Annales, guardarono con ardore a traverso la nebbia di Londra e divennero Ex-editori – per dare alimento alla ghigliottina e pagare il loro scotto. Louvet (di Faublas) sta in aspettativa? E Brissot, chiamato De Warville, amico dei Neri? Egli col Marchese Condorcet, e Clavière, il Ginevrino, «hanno creato o stanno per creare il giornale il Moniteur». Abili Editori debbono fare il resoconto d'un tal giorno.

Non vedi tu, distintamente, molto in basso forse e non ai posti d'onore, uno Stanislao Maillard, Usciere a cavallo (huissier à cheval) dello Châtelet, uno degli uomini più scaltri? Un Capitano Hulin di Ginevra, un Capitano Elie del Reggimento della Regina, entrambi con un'aria di pensionati? Jourdan dai mustacchi color mattone, non ancora dalla barba a tegola, non probo mercante di muli? Egli sarà fra pochi mesi il carnefice Jourdan e avrà ben altro da fare.

Di certo in qualche posto, non di onore, sta e si rizza, querulo, perchè anche a lui, dalla bassa statura, sia dato di vedere, uno dei più squallidi e cisposi mortali, dal lezzo di fuliggine e di stalla: Jean Paul Marat di Neuchâtel! O Marat, Rinnovatore dell'Umana scienza, conferenziere sull'Ottica, che fosti il più notevole Veterinario, un tempo, nelle stalle di d'Artois – mentre la tua anima cisposa guarda lontano attraverso la tua faccia arcigna e cisposa, che ha impresso il marchio della maledizione, che vede essa mai in tutto ciò? Vede forse un fievole barlume di speranza, come lo spuntare dell'alba dopo una notte di Nova Zembla? O non è forse un fuoco fatuo azzurrognolo, popolato da spettri: la desolazione, il sospetto, la vendetta senza fine?

Del merciaio Lecointre, che chiude la sua bottega di panni qui presso e va via, non c'è bisogno di parlare. E neppure di Santerre, il sonoro Birraio del Sobborgo St.-Antoine. Due altre figure, due sole, segnaliamo qui. Una figura gigantesca, tarchiata, dalle ciglia nere, dalla faccia rozza e schiacciata (figure écrasée), da cui traspare un'energia immensa, come quella d'Ercole non ancora furioso; – egli è un avvocato senza clienti, per nome Danton: notatelo. E l'altro, il suo esile camerata e compagno di mestiere, dalla lunga chioma ricciuta, dalla faccia scialba d'un miserabile gaglioffo, stranamente irradiata dal genio, quasi ardesse nel suo interno una fiaccola di bitume: questi è Camillo Desmoulins. Individuo dotato di un'arguzia infinita, d'uno spirito fine, addirittura un umorista: l'anima più svegliata, più luminosa fra tutti questi milioni d'anime. O povero Camillo, dicano di te quel che vogliono, ma è una menzogna il pretendere che quasi non ti si ami, stordito, leggero, scintillante quale fosti! Ma la Figura imponente, quantunque non furiosa ancora, è Giacomo Danton, un uomo che sarà «abbastanza conosciuto nella Rivoluzione». Egli è Presidente del distretto elettorale dei Cordeliers a Parigi, o sul punto di diventar tale, e darà la stura ai suoi polmoni d'acciaio.

Noi non restiamo più oltre fra la Moltitudine plaudente; perchè guardate, i Deputati dei Comuni sono alfine qui presso!

Chi indovinerebbe quale di questi seicento individui in semplice cravatta bianca, venuti per rigenerare la Francia, potrebbe divenire il loro re? Perchè un re o un condottiero bisogna che anch'essi l'abbiano, come ogni aggregato di persone: sia qual si voglia il loro compito, dev'esservi là un uomo che, per carattere, per intelletto, per posizione, sia più di tutti idoneo a divenir tale; quest'uomo, futuro re non ancora eletto, marcia insieme agli altri. Sarà forse quello dai folti riccioli neri? con la hure, come egli stesso sul dire, o nera testa di cignale, che par fatta apposta per essere «agitata» come un segno di senatoriato? A traverso quei sopraccigli folti e ruvidi, a traverso quella faccia coperta di cicatrici e di carbonchi, si rivelano la bruttezza naturale, il vaiolo, l'incontinenza, la frode, e nello stesso tempo la scintilla del genio, che, come la luce d'una cometa, è offuscata da tante confusioni tenebrose. Egli è Gabriel Honoré Riquetti de Mirabeau, il soggiogatore del mondo, il Deputato di Aix, guida degli uomini! Secondo la Baronessa di Staël, egli precede avanti orgoglioso, quantunque mal visto a quel posto, e scuote la sua nera chevelure, o criniera leonina, come in atto di profetizzare grandi cose.

Sì, lettore, questo è il Francese Tipo di quest'epoca, come fu Voltaire nell'epoca precedente. Egli è Francese nelle sue aspirazioni, nei suoi gusti, nelle sue virtù, nei suoi vizî: forse più Francese di qualsiasi altro Francese; – e, intrinsecamente, al tempo stesso, tutta una incarnazione di umanità. Notatelo bene. L'Assemblea Nazionale sarebbe stata una cosa affatto diversa senza questo uno; anzi, egli potrebbe dire coll'antico Despota: «L'assemblea nazionale? Sono io».

D'un clima meridionale, d'un selvaggio sangue meridionale, giacchè i Riquetti, o Arrighetti, dovettero fuggire da Firenze e dai Guelfi molti secoli addietro, venendo a stabilirsi nella Provenza; ove di generazione in generazione si erano mostrati una razza particolare: irascibili e indomabili, recisi e leali, come l'acciaio che avevano indosso, di un'intensità, d'una attività che a volte inclinava verso la pazzia senza toccarla. Un antico Riquetti, nel pazzo adempimento d'un pazzo voto, incatena due Montagne, e la catena con la sua «stella di ferro a cinque raggi» è ancora visibile. Non può un Riquetti moderno liberare dalle catene qualcosa di simile, e abbandonarla in balìa delle onde – il che anche si vedrà?

Il Destino ha un gran da fare per questa bruna e grossa testa di Mirabeau: il Destino ha vegliato su di lui, lo ha formato, lo ha condotto di lontano. Suo nonno, quel forte Col d'Argent (Collo d'argento, così chiamato), giacque sfracellato e tagliuzzato da ventisette ferite in un terribile giorno, sul Ponte di Cassano; mentre la cavalleria del Principe Eugenio passava e ripassava galoppando su lui – riparato da una marmitta da campo, che il sergente perlustratore aveva gettata su quell'amata testa; Vendôme, lasciando cadere il suo cannocchiale, gemette: «Mirabeau è morto, dunque!» Pure Mirabeau non era morto: tornò alla vita, mercè i miracoli della chirurgia; – perchè Gabriele doveva ancora venire al mondo. Col suo collare d'argento egli tenne ritto il suo collo per lunghi anni; si ammogliò e generò il rude marchese Vittorio, l'Amico degli uomini. Dal quale finalmente, nel designato anno 1749, vide la luce il tanto aspettato Gabriele Onorato, l'uomo rude e reciso; il più selvaggio leoncino che fosse mai nato da quella razza selvaggia. Il vecchio leone (poichè il nostro vecchio marchese anch'egli aveva del leone, dominatore, dal portamento da re, assai perverso) osservava meravigliato la sua prole; ed era determinato a tirarlo su come nessun leone è stato mai educato. Ma è cosa vana, o Marchese! Questo leoncino, se tu lo ammazzi, se tu lo scortichi, non imparerà a tirare il carretto dell'Economia Politica, ad essere un Amico degli uomini; egli non sarà mai Te, ma deve e vorrà essere Sè stesso, una persona tutta diversa da Te. Processi di divorzio, «tutta una famiglia meno uno in prigione, e sessanta Lettres-de-cachet» per solo tuo uso, non faranno che stupire il mondo.

Il nostro sfortunato Gabriele, contro cui si peccò e che peccò alla sua volta, è stato nell'isola di Ré, ove udiva l'Atlantico dalla sua torre; nel castello di If, ove udiva il Mediterraneo che lambiva Marsiglia. Egli è stato nella fortezza di Joux; e quarantadue mesi, coi pantaloni quasi senza fondo, nella prigione di Vincennes; e tutto questo per via delle Lettres-de-cachet del leone suo padre. Nella prigione di Pontarlier (prigioniero volontario), fu visto attraversare a guado gli estuari del Doubs mentre l'acqua era bassa, per isfuggire alla vista degli uomini. Egli ha patrocinato innanzi al Parlamento di Aix (per riavere sua moglie); il pubblico si accalcava fin sui tetti per vedere, poichè non era possibile udirne «lo sbattimento dei denti (claquedents)!, come suol dire con dispregio quell'originale del vecchio Mirabeau; il quale non trovava in quella eloquenza forense tanto ammirata, altro che due ganasce in attività, e una testa vuota, sonora, come un tamburo.

Ma, quanto a Gabriele Onorato, nei suoi strani pellegrinaggi, che cosa non ha visto, che cosa non ha tentato! Dal sergente istruttore, al primo ministro; librai del paese e librai stranieri, ogni sorta di uomini ha veduto, ogni sorta di uomini ha guadagnato a sè; giacchè in fondo ha il cuore socievole, pieno d'amore, specie con le donne indistintamente, quest'uomo selvaggio e ribelle! Dalla figlia dell'Arciere a Saintes, alla bella e giovane signora Sofia Monnier, che egli fu costretto a «rapire», e per cui fu decapitato in effigie! Poichè invero difficilmente, dacchè il Profeta Arabo cadde morto sul campo di battaglia fatto segno all'ammirazione d'Alì, fu mai visto tale un eroe in Amore, della forza di trenta uomini. In guerra ha contribuito alla conquista della Corsica; s'è battuto parecchie volte in duello e in varie scaramuccie irregolari; ha preso a scudisciate i baroni calunniatori. In letteratura, ha scritto sul Dispotismo e sulle Lettres-de-cachet; ha composto Lavori Erotici Saffico-Werteriani, Oscenità e Profanazioni; Libri sulla Monarchia Prussiana, su Cagliostro, su Calonne, sulle Compagnie delle acque a Parigi. Ognuno di questi libri può compararsi, diremo così, a un fuoco d'allarme composto di bitume, smisurato, fumigante, repentino! Il focolare, la miccia, il bitume appartenevano a lui; ma il cumulo di materia, composto di cenci, di vecchio legno e d'altri oggetti indistinti, per la combustione (perchè tutto per lui era buono ad alimentare il fuoco) veniva raccattato da rivenduglioli e da cenciaiuoli; roba di ogni genere che esiste sotto il sole. Onde, a dir vero, parecchi rivenduglioli hanno esclamato: Via di qua, il fuoco è mio!

Eppure, considerando la cosa per le generali, raramente un uomo ebbe un sì gran talento nel prendere a prestito. L'idea, la facoltà d'un altro uomo egli sapeva farle sue; poteva far suo l'uomo stesso. Tutto è riflesso ed eco (tout de reflet et de réverbère!) mormora il vecchio Mirabeau, che può vedere, ma non vuole. Bizzarro Vecchio, Amico degli uomini! È appunto il suo spirito sociale, la sua natura aggregativa, che sarà per lui la qualità delle qualità. In quarant'anni di «lotta contro il dispotismo» egli ha acquistato la facoltà suprema del sapersi aiutare da sè (self-help), e nello stesso tempo non ha perduto quel supremo dono naturale che è lo spirito di fratellanza nel ricorrere all'aiuto altrui. Raro connubio: quest'uomo potrebbe vivere bastando a sè stesso, eppure vive la vita degli altri uomini, si fa amare, ottiene che si lavori con lui; insomma è nato re degli uomini!

Ma, osservate ancora, come seguita a borbottare il vecchio Marchese, egli «ha buttato via (humé, ingoiato) ogni specie di formule»: – un fatto che, se vi ponete mente, ha un grande significato in questi tempi. Dunque, egli non è un Uomo che segua un sistema; è soltanto un uomo che segue il suo istinto, l'impulso interiore; un uomo che fisserà il suo sguardo intrepido su ogni oggetto; che saprà vedere a traverso di esso e conquistarlo; poichè egli, per intelletto, volontà e forza, è superiore agli altri uomini; un uomo che non vede con gli occhiali della logica, ma col proprio occhio! Sventuratamente però non possiede alcun Decalogo, o Codice morale, o Teorema prestabilito d'alcun genere; eppure ha in sè un'Anima forte, piena di vita e di sincerità; una Realtà, non un Artificio, non una Finzione. Per tal modo, avendo lottato per «quarant'anni contro il dispotismo», e «messe da banda tutte le formule», diverrà ora la voce d'una Nazione propensa a fare come lui. E infatti non lotta forse la Francia per mettere al bando il dispotismo, per mandar per aria le sue vecchie formule – che ha trovate cattive, logore, ben lontane dalla realtà? Essa vuol disfarsi di tali formule, e magari andar nuda, all'occorrenza, finchè non ne abbia trovate di nuove.

È verso quest'opera, in tal maniera, che marcia questo singolare Riquetti Mirabeau. Egli, dal volto focoso e rude, dalla capigliatura di Sansone sotto il cappello inclinato, procede innanzi. Massa scottante e fuligginosa, che non può essere nè soffocata nè distrutta, che riempie tutta la Francia di fumo. Ed eccola alfine in pien'aria; tutta la sua sostanza brucerà, sprigionerà tutta la sua atmosfera di fumo; la Francia intera sarà piena della sue fiamme. Strana sorte! Un fuoco che cova per quarant'anni, sprigionando un gas impuro, una quantità di vapori; poi la vittoria su tutto ciò; è tutta una montagna di fuoco che divampa alta fino al cielo. E per ventitrè mesi scintillanti, sgorga fuori in fiamme, in torrenti di fuoco liquido, tutto quanto è in lui: Faro e Oggetto di meraviglia di un'Europa stupita; – e alfine si atterra, freddo per sempre! Passa via, tu, o problematico Gabriele Onorato, il più grande di tutti loro; fra tutti i Deputati della Nazione, in tutta la Nazione, non v'ha niuno a te uguale, niuno che ti possa essere secondo.

Ora, se Mirabeau è il più grande, chi di questi Seicento può dirsi il più piccolo? Dovremo indicare quell'uomo inquieto, esile, dall'aspetto insignificante, sotto i trent'anni, cogli occhiali? I suoi occhi (visti senza occhiali) sono torbidi, circospetti; ha la faccia volta in su, quasi sia intento a fiutare il futuro incerto; ha la carnagione d'un vario colore strabiliare, di cui l'ultima gradazione è un pallido verde-mare. Quell'individuo dal colorito verdognolo (verdâtre) è un avvocato di Arras; il suo nome è Maximilien Robespierre. Figlio d'un avvocato; suo padre fondò le logge massoniche sotto Carlo Eduardo, il Principe inglese o Pretendente. Massimiliano, il maggiore dei figli, fu educato economicamente, nel Collegio di Louis le Grand, a Parigi, ov'ebbe per condiscepolo il vivace Camillo Desmoulins. Ma egli pregò il protettore, ch'era il famoso Rohan, il Cardinale dalla collana, di lasciarlo partire di là, per cedere il posto a un suo fratello più giovane. Il severo Max partì per tornare alla casa paterna di Arras, e perorò anche in un processo, non senza successo, «in favore del primo parafulmine di Franklin». Con una mente rigida e grave, con un'intelligenza limitata, ma chiara e pronta, egli venne sempre più in favore di personaggi officiali, che vedevano in lui un eccellente uomo d'affari, fortunatamente affatto privo di genio. Il Vescovo, quindi, dopo aver preso consiglio, lo nomina Giudice della sua diocesi; ed egli fedelmente rende giustizia al popolo; senonchè un giorno gli capita un accusato il cui delitto merita l'impiccagione; allora il rigido Max deve rinunziare all'ufficio, perchè la sua coscienza non gli permette di condannare a morte un qualsiasi figlio di Adamo. Uomo rigido, stringato! Un uomo non fatto per le Rivoluzioni! Una piccola anima trasparente e pura come la birra leggera; ma non potrebbe anch'essa fermentare per divenire virulento aceto di birra, ch'è origine d'ogni nuovo aceto; finchè la Francia intera non fosse tutto un ammasso d'aceto virulento? Staremo a vedere.

Fra questi due estremi di grandissimo e di piccolissimo, quanti grandi e quanti piccoli non s'avanzano mai verso i loro molteplici destini, in quella Processione! Ecco Cazalès, il giovane e colto soldato, che diverrà l'eloquente oratore del Realismo e si procaccerà l'ombra d'un nome. L'esperimentato Mounier, l'esperimentato Malouet, la cui esperienza di Presidente Parlamentare sarà travolta dal torrente delle cose. Un Pétion ha lasciato la sua toga e i suoi processi a Chartres per intraprendere più tempestosi dibattimenti, nè ha dimenticato il suo violino, da vero amatore di musica. I suoi capelli sono brizzolati, benchè sia ancora giovane: quest'uomo possiede convinzioni, principî d'una placida inalterabilità, ma sopratutto ha salda la fede in sè stesso. Un Pastore Protestante, il Rabaut-St.-Étienne; un giovane svelto ed eloquente, Barnave, contribuiranno alla rigenerazione della Francia. Vi son tanti giovani fra loro. Gli Spartani non permettevano che un uomo contraesse matrimonio prima dei trent'anni; e qui quanti mai ve ne sono al disotto che vengono a produrre, non un solo cittadino, ma tutta una nazione, tutto un mondo! I vecchi debbono rialzare le finanze, i giovani debbono spazzar via il vecchiume: – e non è forse quest'ultima l'opera più proficua?

Oscuri, indistinti a questa distanza, eppure autentici, non noti tu i Deputati di Nantes? A noi fanno l'effetto di tanti attaccapanni coi loro cappelli abbassati e i loro mantelli; essi recano in tasca un Cahier di doléances, con questa clausola singolare, e altro di simile: «che i mastri parrucchieri di Nantes non siano più molestati dai nuovi confratelli di Corporazione, essendo il numero di novantadue, attualmente esistente, più che bastevole». Il popolo di Rennes ha eletto l'Agricoltore Gérard «uomo di buon senso e di molta rettitudine, quantunque sprovvisto di cultura». Egli procede con passo fermo, unico «nel suo rustico costume di campagnuolo», che sempre indosserà, non curante dei corti mantelli e dei costumi. Il nome di Gérard, o «Père Gérard, Padre Gérard» come son lieti di chiamarlo, volerà lontano, portato in giro da un umorismo senza fine, nelle satire Realiste, negli almanacchi didattici dei Repubblicani. Quanto a Gérard, domandato dopo la prima prova che pensasse schiettamente di quest'opera parlamentare, «Io credo», rispose, «che vi siano molti furfanti in mezzo a noi». Così procede innanzi Padre Gérard, solidamente, nelle sue grosse scarpe, per qualsiasi luogo diretto.

E il degno Doctor Guillotin, che noi speravamo di mirare ancora una volta? Se il Dottore non è qui, dovrebbe esservi, e noi lo vediamo con gli occhi della profezia: poichè, invero, i Deputati Parigini sono tutti un po' in ritardo. Strano quel Guillotin, rispettabile professionista; votato da un satirico destino alla più strana gloria immortale che mai trasse uomo mortale dal suo luogo di riposo, in seno dell'oblio! Guillotin può perfezionare la ventilazione dell'Aula, può in ogni caso di polizia medica e d'hygiène trovarsi pronto a prestare l'opera sua; ma potrà produrre assai di più, la sua «Relazione sul Codice Penale», in cui rivelerà una macchina per decapitare ingegnosamente architettata, che diverrà famosa, d'una fama mondiale. Tale è il prodotto degli sforzi di Guillotin, superati non senza meditazione e letture; il quale prodotto, la gratitudine o la leggerezza popolare battezza con un derivativo femminile, quasi fosse la figliuola di lui: La Guillotine! «Con la mia macchina, signori, io vi fo saltare la testa (vaus fais sauter la tête) in un batter d'occhio, e non sentirete dolore»; tutti ridono a questa uscita. Disgraziato Dottore! Per ventidue anni egli, non ghigliottinato, non udrà parlare d'altro che di ghigliottina, non vedrà che ghigliottine; e alfine, alla sua morte, per lunghi secoli dovrà errare, fantasma sconsolato, sulla sponda peggiore dello Stige e del Lete; il suo nome corre rischio di sopravvivere a quello di Cesare.

Vedete Bailly, anch'egli di Parigi, storico di Astronomia Antica e Moderna, onorato nel suo tempo. Povero Bailly, come la tua serena e bella filosofia, con la sua dolce luce lunare, chiara e tenue, va a finire in una densa, nera confusione – di Presidenza, Sindacato, Officialità diplomatica; in una rabida trivialità, e alfine nelle fauci d'una Oscurità sempiterna! Era lunga la discesa dalla celeste Galassia al Drapeau Rouge; accanto a quel fatale mucchio di letame, in quell'ultimo giorno d'inferno, tu devi «tremare», quantunque di solo freddo, «de froid». L'indagine speculativa non ha che vedere con la pratica; non è l'esser deboli una disgrazia, ma l'esser più deboli che il nostro còmpito nella vita non consente. Maledetto sia il giorno in cui fecero, a te essere pacifico e pedestre, montare l'indomito Ippogrifo d'una Democrazia che, recalcitrante dalla terra ferma, anzi emergentesi minaccioso fino alle stelle, nessuno Astolfo che si sappia aveva potuto cavalcare!

Tra i deputati dei Comuni vi sono Mercanti, Artisti, Uomini di Lettere; trecentosettantaquattro Avvocati e finalmente un Prete, l'Abbé Sieyès. Anche lui lo manda Parigi tra i suoi venti. Osservatelo quest'uomo esile e leggero, freddo ma elastico, vibrante, animato dall'orgoglio della logica, senza passioni, ovvero con una sola passione: l'orgoglio; – se può dirsi passione quella che nella sua indipendente e concentrata grandezza pare si sia librata nel trascendentalismo; – e ora siede colà con una indifferenza, somigliante a quella d'un Dio che volge il suo sguardo dall'alto in basso sulle passioni degli uomini. Questo è l'uomo, e la saggezza morrà con lui. Questo è quel Sieyès, che sarà edificatore di Sistemi, il Generale edificatore di Costituzioni, che edificherà Costituzioni (e quante se ve vorranno) fino al cielo – le quali sfortunatamente crolleranno prima che egli ne tolga l'impalcatura. «La Politique», diceva egli a Dumont, «la politica è una scienza che io credo d'aver completata (achevée. Quali cose, o Sieyès, coi tuoi occhi chiari e vigili ti restano da vedere! E non sarebbe curioso di sapere come Sieyès, ora, in questi tempi (poichè si dice che sia ancora vivente), consideri tutto l'edifizio della Costituzione, a traverso la calma d'una estrema vecchiezza piena d'acciacchi! Dovremmo noi sperare ancora nell'antico e irrefragabile trascendentalismo? La causa vittoriosa piacque agli dei, la causa vinta piacque a Sieyès (victa Catoni).

Così, intanto, fra i vivats che squarciano l'aria, e le benedizioni che partono da ogni cuore, è passata la Processione dei Deputati dei Comuni.

Vien subito dopo la Nobiltà e poi il Clero; a proposito dei quali si può domandare: Per che cosa specialmente sono venuti? Specialmente, quantunque non vi pensino, per rispondere a questa domanda, rivolta loro con voce tonante: Che cosa fate voi nella bella Terra di Dio, del Giardino del Dovere; – ove chiunque non lavora mendica o ruba? Disgraziati, disgraziati verso sè stessi e verso tutti, se non possono che rispondere: Riscuotiamo le decime, conserviamo il bottino! Notate, frattanto, come d'Orléans affetta di camminare più avanti del proprio Ordine e di mischiarsi con quello dei Comuni. Per lui vi sono dei vivats, che scarseggiano per gli altri, quantunque tutti agitino i loro piumati «cappelli alla feudale» e abbiano la spada al fianco; quantunque fra loro si trovi d'Antraigues, il giovane gentiluomo della Linguadoca, e invero molti Pari più o meno degni di nota.

Vi sono Liancourt e La Rochefoucauld, i duchi liberali anglomaniaci. V'è Lally dalla pietà filiale; una coppia di Lameths liberali. Sopratutto, v'è un Lafayette; il cui nome sarà Cromwell-Grandison e riempirà il mondo. Questo Lafayette ha a sua volta messe al bando molte «formule», ma non tutte. Egli si attacca alla formula di Washington, e vi si terrà avvinto; si sospenderà ad essa, come dalla sicura àncora pende dondolando la nave da guerra che vi sta allacciata, e dopo tutti i cambiamenti burrascosi del cielo e del mare, si ritrova sempre così sospesa. È una fortuna per lui, sia oppur no una gloria! Solo fra tutti i Francesi egli ha una teoria del mondo, e una mente retta per conformarvisi; potrebbe divenire un eroe, un perfetto carattere, se si trattasse di essere l'eroe d'una sola idea. Notate più in là un nostro vecchio amico parlamentare, Crispin-Catiline d'Espréménil. Egli è tornato dalle isole Mediterranee, ardente realista, convertito fino alla punta delle dita; e si mostra imbarazzato; i suoi lumi, alquanto annebbiati quando era in tutto il suo splendore, ora mandano una luce fosca. Presto l'Assemblea Nazionale, per risparmiar tempo, «lo considererà in istato di demenza». Notiamo da ultimo quel globulare Mirabeau Juniore, indignato che il suo Fratello maggiore si trovi fra i Comuni: è il Visconte Mirabeau, chiamato più spesso Mirabeau Tonneau (Mirabeau barile), per via della sua rotondità e della quantità di forti liquori che contiene.

Così dunque s'avanza la nostra Nobiltà Francese: tutti nell'antica pompa cavalleresca; eppure, ohimè, quanto cambiati in confronto dell'antica posizione; sbalzati lontani della loro nativa latitudine, come montagne di ghiaccio del Polo Artico cacciate nel Mare Equatoriale, ove rapidamente si liquefano! Un tempo questi Duces cavallereschi (Duchi, come sono chiamati ancora) effettivamente guidavano il mondo, sia pure verso il bottino della battaglia, ove si trovavano allora i migliori salarî del mondo: in ogni modo, essendo i più abili Condottieri, avevano la parte del leone quei Duces, parte che niuno poteva loro contendere. Ma ora, all'epoca di tante invenzioni: telai, aratri perfezionati, macchine a vapore, lettere di cambio, ora che anche per le battaglie si assoldano Ufficiali Istruttori a trentasei soldi al giorno, che cosa rappresentano queste dorate Figure Cavalleresche, che si avanzano «in mantello di velluto nero» e cogli «alti cappelli piumati alla maniera feudale»? Canne agitate dal vento!

Giunge il Clero, coi Cahiers per l'abolizione delle pluralità, per l'obbligo di residenza dei vescovi, pel migliore pagamento delle decime. I Dignitari, possiamo osservarlo, procedono alteri, appartati dai numerosi non rivestiti di dignità, i quali altro non sono che membri del Terzo Stato in veste di Curati. Qui anche, benchè in maniera strana, il precetto si avvererà: i più grandi (con loro grande sorpresa) diverranno i più piccoli. Come esempio, fra molti, notate quel plausibile Grégoire; un giorno il Curé Grégoire sarà vescovo, allorchè i potenti di ora erreranno sbandati, come Vescovi in partibus. Sott'altro aspetto, guardate anche l'Abbé Maury, dalla faccia larga e baldanzosa, dalla bocca accuratamente composta, dagli occhi sporgenti che riflettono l'intelligenza, la falsità – quella specie di sofisticheria che si meraviglia se voi la trovate sofistica. Abilissimo rappezzatore di vecchio cuoio, che riesce a far parere nuovo; un uomo che sale sempre. Egli soleva dire a Mercier: «Vedrete, io sarò prima di voi all'Accademia». È davvero probabile, o abilissimo Maury; anzi tu avrai un cappello cardinalizio, e l'ermellino, e la gloria; ma purtroppo a lungo andare il semplice oblio – come per ogni altro mortale, e sei piedi di terra! A che serve rattoppare il cuoio rotto quando si dovrà arrivare a questo? Più gloriosa è in paragone la vita che guadagna il tuo vecchio padre, facendo scarpe, abilmente, com'è da sperare. Maury non manca d'audacia. Presto egli si armerà di pistole, e al grido di morte: «À la lanterne! al lampione!» risponderà freddamente: «Amici, ci vedrete forse meglio colà?»

Ma laggiù tu noti il Vescovo Talleyrand-Périgord, Sua Reverenza di Autun, che viene avanti zoppicando. Un ghigno sardonico appare in questa irriverenda Riverenza di Autun. Costui farà e soffrirà strane cose, e diverrà di certo egli stesso quanto di più strano si sia mai visto o pensato. Un uomo che vive nella falsità e della falsità, eppure non è ciò che voi chiamate un uomo falso: questa è la specialità del caso! Ciò sarà un enigma per l'età future, è da sperarlo; poichè un tal prodotto della Natura e dell'Arte non era possibile che in una età come questa: Età della Carta, della Combustione della Carta. Considerate il vescovo Talleyrand e il Marchese Lafayette come i prototipi delle loro due specie, e dite ancora una volta, ripensando a quel che fecero e a quel che furono: O Tempus ferax rerum!

Tutto sommato, questo sfortunato Clero non è stato trascinato dalla corrente del Tempo lontano dalla sua nativa latitudine? Una massa anomala di uomini, di cui tutto il mondo già intuisce vagamente, che non è in grado di comprender nulla. Un tempo essi erano un Sacerdozio, interpreti della Sapienza, rivelatori di quanto v'è di Santo nell'Uomo: un vero Clerus (o Eredità di Dio sulla Terra); ma ora? – Passano silenziosi; con quei cahiers, che sono riusciti a redigere; e nessuno grida: Dio li benedica!

Il Re Luigi con la sua Corte forma la retroguardia: egli si mostra lieto, in questo giorno di speranza, ed è salutato dagli applausi; ma più di lui il suo Ministro Necker. Non così la Regina, che la speranza non irraggia più. Sfortunata regina! I suoi capelli sono già grigi per le inquietudini e per gli affanni; il suo figliuolo primogenito era morente in quei giorni; nere menzogne hanno indelebilmente macchiato il suo nome, indelebilmente, per tutta questa generazione. Invece di Vive la Reine, delle voci la insultano con dei Vive d'Orléans. Della sua bellezza di regina ben poco le resta, eccettuatane la maestà; non è più graziosa, ma altèra, rigida, sofferente in silenzio. Con un misto di sentimenti disparati, in cui la gioia non entra per nulla, si rassegna a subire quel giorno che avrebbe sperato di non vedere giammai. Povera Maria Antonietta, dai nobili, rapidi sentimenti, dallo sguardo veemente, dalla visione troppo ristretta per l'opera che tu hai da compiere! Oh, per te ve ne sono di lagrime in serbo; di amarissimi gemiti, misti a delicate tenerezze femminili, quantunque tu abbia il cuore della figlia di un'imperiale Teresa. Tu sei condannata, chiudi gli occhi sul futuro!

E così, in maestosa Processione, sono passati gli Eletti della Francia, Alcuni di costoro s'avanzano verso l'onore, verso la meta rapida e ardente; i più verso il disonore; non pochi verso il massacro, la confusione, l'emigrazione, la lotta disperata: tutti poi verso l'Eternità! Tanti esseri eterogenei spinti insieme nel tino in fermentazione, ove in un complesso incalcolabile di azione, di reazione, di affinità elettive, di maturanti esplosioni, lavorano per risanare un Sistema sociale in agonia! Probabilmente il più strano insieme di uomini, se ben lo consideriamo, che mai si trovò unito sul nostro Pianeta per una tale opera. Una Società mille volte complessa, pronta a scoppiare dalle sue fondamenta; e questi uomini, suoi reggitori, suoi infermieri, senza norme di vita per sè stessi – senz'altra guida che il Vangelo secondo Jean Jacques! Pei più savî di loro, quelli che noi dobbiamo chiamare i più savî, l'uomo non è altro che un Accidente sotto il cielo. L'uomo non ha alcun Dovere da compiere, eccettuato quello di «formare una Costituzione»; egli non ha un Cielo al disopra di lui, non ha un Inferno al disotto; non ha un Dio al mondo.

Qual'altra più nuova o migliore credenza è in questi Milleduecento Uomini? La credenza negli alti cappelli piumati di forma feudale, nello scudo araldico, nel diritto divino del Re, nel diritto divino dei Distruttori di selvaggina. Credenza, o quel ch'è peggio, il gergo d'una mezza credenza, o, peggio ancora, una mera, una pretesa credenza machiavellica nelle ostie consacrate e nella divinità di un povero Vecchio Italiano! Nondimeno in questa Confusione e in questa Corruzione incommensurabili, che combattono colà così ciecamente per divenire meno confuse e meno corrotte, vi è, come dicemmo, questo solo punto saliente d'una Nuova Vita che si può discernere, cioè: la Convinzione seria d'aver messa al bando l'Impostura. Una convinzione che, coscientemente o incoscientemente, è ferma, che divien sempre più radicata, fino al punto da trascendere nel delirio, nell'idea fissa; e nel corpo organizzato che ha assunto, verrà ora rapidamente sviluppandosi, facendosi mostruosa, stupenda, indescrivibile, nuova per migliaia d'anni ancora! Come la luce del Cielo spesse volte su questa Terra si nasconde nel tuono e nei nembi elettrici, e discende come fusa nel lampo, soffocante eppure purificatrice! O non è piuttosto la stessa tenebra, la stessa afa soffocante, che genera il lampo e la luce? Il nuovo Vangelo, come era avvenuto del vecchio, doveva forse nascere dalla distruzione d'un Mondo?

I lettori possono immaginare da sè stessi come i deputati assistettero alla Messa Solenne, udirono il sermone, applaudirono il predicatore, benchè fossero in chiesa, quando egli accennò alla politica; come il dì seguente in gran pompa furono installati nella loro Salle des Menus (non più sala degli Amusements), e divennero gli Stati Generali. Il Re dalla sua estrade, sfolgorante come Salomone in tutta la sua gloria, volge intorno gli occhi per la sala maestosa, ove spiccano tante piume, rifulgono tanti sguardi ed è variopinta come un arcobaleno; nelle gallerie, nei posti riservati, ovunque la Bellezza spande intorno la sua luminosa influenza. La soddisfazione, come quella di chi dopo un lungo viaggio tocchi il porto, irradia la sua faccia semplice e larga: oh l'innocente Re! Egli si alza e pronunzia, con voce sonora, un adeguato discorso. Con questo discorso, e tanto maggiormente con quello di Necker durato due ore, e con quello del Gardedes-Sceaux durato un'ora, tutti riboccanti di patriottismo, di speranza, di fede e di deficienza di rendita, – non vogliamo stancare il lettore di queste pagine.

Vogliamo solo notare che, come Sua Maestà, nel finire il suo discorso, si pose il suo cappello piumato e la Nobiltà secondo l'uso lo limitò, molti dei nostri Deputati del Terzo Stato fecero altrettanto, non senza una cert'aria di fierezza, dando alla stessa maniera un colpetto ed anche schiacciando i loro cappelli a tesa inclinata, e aspettarono in piedi che si uscisse. Si ode allora un mormorio incessante che va dalla maggioranza alla minoranza e un ripetersi delle parole: Couvrez vous, Découvrez vous (mettetevi il cappello, toglietevi il cappello). Al che Sua Maestà mette fine, togliendosi di nuovo il suo cappello regale.

Termina la seduta senz'altri incidenti o presagi tranne questo, che per altro è abbastanza significativo, con cui la Francia ha aperto i suoi Stati Generali.

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