CAPITOLO I L'ESECUTIVO CHE NON AGISCE

Come potrebbe il vostro paralitico Esecutivo Nazionale esser messo «in azione» in una maniera o in un'altra con un Venti Giugno come questo? Proprio al contrario: una grande simpatia per la Maestà così insultata sorge dappertutto; manifestandosi con Indirizzi, Petizioni, «la Petizione dei Ventimila abitanti di Parigi», e simili, da parte di tutti gl'individui costituzionali: un deciso rannodamento intorno al trono.

Dal quale rannodamento si credeva che Re Luigi avrebbe tratto un qualche partito. Senonchè, egli non sa che farsi di ciò, nè cerca di ricavarne qualche cosa; poichè veramente i suoi pensieri poggiano tutti, al di là di questa simpatia e di questo concentramento interno, su Coblenz principalmente. Nè questa simpatia è poi gran cosa in sè stessa. È la simpatia delle persone che credono ancora che la Costituzione possa camminare. Onde l'antica discordia e il fermento, della simpatia dei Feuillants per la Regalità e della simpatia dei Giacobini per la Patria, che agiscono gli uni contro gli altri all'interno; e, all'esterno, il terrore di Coblenz e di Brunswick: – questa discordia, questo fermento debbono avere il loro corso, fin che deve maturare e sopraggiungere la catastrofe. Si crederebbe, tanto più che Brunswick è sul punto di mettersi in marcia, che tale catastrofe non debba essere lontana. All'opera, o Venticinque Milioni di Francesi, o Potentati stranieri, o Emigrati minacciosi, o Sergenti istruttori Tedeschi; compia ognuno ciò che gli vien fatto di compiere! E tu, Lettore, a questa secura distanza, vedrai come si svolgeranno le cose in mezzo a loro.

Considerate perciò questo pietoso Venti Giugno come una futilità; non una catastrofe, ma piuttosto una catastasi o accrescimento. Questi Pantaloni Neri non volteggiano nella Immaginazione Storica, come una malinconica bandiera del dolore, implorante un aiuto che nessun mortale può dare? Implorante una pietà; e tu hai il cuor duro, se non l'accordi francamente, a ciascuno e a tutti! Altre simili bandiere, o quelle che son dette Evenienze e simbolici Fenomeni foschi e chiari, aleggeranno a traverso l'Immaginazione Storica; questi fenomeni, l'un dopo l'altro, verremo notando con estrema brevità.

Il primo fenomeno è quello di Lafayette alla Sbarra dell'Assemblea, otto giorni dopo. Avuto appena sentore di quello scandaloso Venti Giugno, Lafayette ha lasciato il suo Comando della Frontiera del Nord in buono o in cattivo ordine, e il 28 è rientrato a Parigi, per reprimere i Giacobini; e non per lettera ormai; ma svolgendo oralmente petizioni, con la forza del carattere, faccia a faccia. L'Augusta Assemblea trova discutibile questo procedere; intanto gli concede l'onore di prender parte alla seduta. Altro onore o vantaggio può dirsi che sventuratamente non vi fu; le Gallerie grugnivano; il fiero Isnard era tetro; il tagliente Guadet non parco di sarcasmi.

All'esterno, quando è finita la seduta, il Sieur Resson, padrone del Caffè Patriottico di quel quartiere, sente un gran tumulto in istrada, e vien fuori per guardare insieme ai Patrioti suoi avventori: è la carrozza di Lafayette con una scorta tumultuosa di Granatieri bleus, Cannonieri, Ufficiali di Linea anche, che applaudono e caracollano intorno. Essi si fermano rimpetto alla porta del Sieur Resson; gli agitano in viso i loro pennacchi; anzi gli mostrano i pugni e gridano: A bas les Jacobins; ma, fortunatamente, passano via senza venire alle mani. Passano via, per piantare un Mai innanzi alla porta del Generale, facendo rodomontate d'ogni genere. Il Sieur Resson non può far altro che riferire con dolore tutto l'accaduto alla Società Madre quella sera. Ma tanto il Sieur Resson che la Società Madre non possono far altro che indovinare quanto segue: che un Concilio di Feuillants altolocati, ond'è formato lo Stato Maggiore della Guardia non ancora abolito e che ha il suo statuto e la sua forza, si trova proprio in questo momento privatamente riunito in casa del Generale, per vedere se non si potrebbero debellare i Giacobini con la forza. Il giorno seguente sarà tenuta una Rivista nel Giardino delle Tuileries, di quelli che vorranno presentarsi e provare. Ohimè, dice Toulongeon, appena un centinaio si presentarono. Rinviata la cosa alla dimane, che è sabato, ne risultano «una trentina», che si allontanano stringendosi nelle spalle! Immediatamente Lafayette rimonta in vettura, e ritorna meditando su molte cose.

La polvere di Parigi è appena lontana dalle sue ruote, la Domenica d'Estate è appena sorta, quando i Cordeliers riuniti in deputazione strappano quel suo Mai: prima del tramonto i Patrioti lo hanno bruciato in effigie. I dubbi più forti s'elevano nella Sezione e nell'Assemblea Nazionale, sulla legalità della non richiesta visita Antigiacobina da parte d'un Generale: un dubbio che si gonfia e si espande per tutta la Francia, per sei settimane circa; con un parlare senza fine intorno ai soldati usurpatori, all'Inglese Monk, a Cromwell addirittura: O tu, povero Grandison-Cromwell! – A che serve? Lo stesso Re Luigi guardava freddamente l'impresa; il colossale Eroe dei due Mondi, essendosi pesato nella bilancia, si ritrova un Colosso minuscolo, capace di muovere solo trenta uomini.

Nello stesso senso e con lo stesso risultamento lavora il nostro Direttorio Dipartimentale qui a Parigi; che, il 6 Luglio, delibera di sospendere il Maire Pétion e il Procuratore Manuel da ogni funzione civica, per la loro condotta, piena, come si allega, d'omissioni e commissioni in quel grazioso Venti Giugno. Il virtuoso Pétion si considera come un martire o pseudo-martire, minacciato di molte cose; pronunzia la sua debita lamentazione eroica, alla quale Parigi Patriottica e la Patriottica Legislativa rispondono a tono. Il Re Luigi e il Maire Pétion hanno già avuta un'intervista e un dialogo che si distingue per la sua franchezza da ambo le parti, e finisce da parte di Re Luigi con le parole: «Taisez vous, state zitto».

D'altra parte, questa di sospendere il nostro Maire, sembra una misura inopportuna. Per mala fortuna essa venne fuori precisamente il giorno del famoso Baiser de l'amourette, o miracoloso bacio di Dalila della conciliazione, di cui parlammo tempo addietro; il quale bacio di Dalila fu quindi addirittura privo d'effetto. Poichè ora Sua Maestà deve scrivere, quasi quella stessa sera, chiedendo consiglio all'Assemblea riconciliata! Ma l'Assemblea riconciliata non vuol consigliare; non vuole interessarsene. Il Re conferma la sospensione; allora forse, non prima d'allora, l'Assemblea interverrà; il tumulto di Parigi Patriottica diventa più forte. Onde il vostro bacio di Dalila, tale era il destino del Primo Parlamento, diviene una battaglia di Filistei!

Inoltre corre voce che una trentina dei nostri Senatori capi Patrioti debbano esser messi in prigione a seguito di atto d'accusa e di mandato d'arresto di Giudici Feuillants, Juges de Paix; i quali qui in Parigi erano capaci d'una tal cosa. Fu soltanto lo scorso Maggio che il Juge-de-Paix Larivière, su doglianza di Bertrand-Moleville relativa a quel Comitato Austriaco, ebbe l'audacia di lanciare un mandato di comparizione contro tre capi della Montagna, i Deputati Bazire, Chabot e Merlin, la triade dei Cordeliers; intimando loro di comparire innanzi a lui e indicargli dove fosse quel Comitato Austriaco, altrimenti ne avrebbero subìte le conseguenze. La Triade, a sua volta, ebbe l'audacia di buttare nel fuoco il mandato di comparizione, facendo valere coraggiosamente il privilegio del Parlamento. Onde pel suo zelo mancante di scienza, il povero Giudice Larivière si trova attualmente nella prigione d'Orléans, in attesa d'esser giudicato dalla Haute Cour. Questo esempio non può a meno di sgomentare altri Giudici avventati; e così questa voce dei Trenta arresti continuerà ad essere nient'altro che una voce.

Ma, dopo tutto, quantunque Lafayette fosse stato così leggero e avesse visto divelto il Mai, il Feuillantismo Officiale non trepida affatto; anzi tien alta la testa, forte della Lettera della Legge. I Feuillants sono dappertutto: un Direttorio Feuillant d'uomini eminenti, col Duca di La Rochefoucauld per Presidente – cosa che può divenire pericolosa per lui! Oscura è ormai l'Anglomania un tempo brillante di quei Nobili così ammirati. Il Duca di Liancourt offre, dalla Normandia ov'è Luogotenente generale, non solo di ricevere Sua Maestà, pensando ad una fuga in quel luogo, ma di prestargli danaro in quantità enorme. Sire, non è una Rivolta, è una Rivoluzione; e veramente una Rivoluzione non all'acqua di rose! Nobili più degni di quei due non v'erano nè in Francia nè in Europa: ma il Tempo è pieno di storture, soggetto a rapidi mutamenti, perverso; quale sarà dunque, in esso, il più retto sentiero che guiderà a una mèta?

Un'altra fase vogliamo notare: in quel principio di Luglio alcuni avanzi di Volontarî Nazionali Federati si dirigevano alla volta di Parigi da varî punti, per organizzare una nuova Festa della Federazione, o Festa delle Picche, il giorno Quattordici. Ciò aveva desiderato l'Assemblea Nazionale, ciò aveva voluto la Nazione. In questo modo, forse, possiamo ancora avere il nostro Campo Patriottico, malgrado il Veto. Poichè, non possono questi Federati dopo aver celebrata la loro Festa delle Picche, marciare su Soissons, e compiute le debite istruzioni e reggimentati, correre alle Frontiere e dove ci aggrada? In questo modo si verrebbero abilmente a eludere uno dei Veti!

Poichè, a dir vero, l'altro Veto, quello relativo ai Preti, può dirsi quasi eluso; e senza grande abilità. Le Assemblee Provinciali, nel Calvados per esempio, procedono con le proprie forze nel giudicare e bandire i Preti Antinazionali. O ancor peggio, non le Assemblee Provinciali, ma un Popolo disperato, come a Bordeaux, ne «impicca due alla Lanterna», senza previo giudizio. Miserando Veto, che è pronunziato e non può essere messo in atto!

È vero che qualche fantasma d'un Ministro della Guerra o d'un Ministro dell'Interno, come vuole il tempo, un fantasma che noi non nomineremo, scrive alle Municipalità e ai Comandanti del Re, che essi debbono, con ogni metodo concepibile, impedire quelle Federazioni, e anche annientare i Federati con la forza delle armi; messaggio che ingenera soltanto dubbio, che paralizza, che confonde, e finisce coll'irritare la povera Legislativa e col ridurre i Federati ai minimi termini. Ma quando si domanda a questo e agli altri Fantasmi: che cosa dopo tutto si propongono di salvare il paese, – essi rispondono che non possono dirlo; che, quanto a loro, hanno dato le loro dimissioni in massa quel mattino; ora non fanno altro che prender congedo rispettosamente, abbandonando completamente il timone. Con queste parole escono bruscamente dall'Aula, sortent brusquement de la Salle, mentre le «Gallerie applaudono fragorosamente», e la povera Legislativa resta «per un buon pezzo in silenzio!» Così fanno i Ministri, in casi estremi: si mettono in isciopero; uno dei più strani auspicî. Non vi sarà un altro Gabinetto di Ministri completo; ma solo frammenti, soggetti a cambiarsi, che mai si completeranno; Apparizioni spettrali che non possono far altro che apparire! Il Re Luigi scrive che egli ormai vede di buon occhio questa Festa della Federazione, e che vi prenderà parte in persona.

E così quei residui di Fédérés vengono alla volta di Parigi, a traverso una Francia paralitica. Residui magri e torvi; non più quelle spesse file giubilanti come nella prima Festa delle Picche! No: questi poveri Federati marciano ora incontro all'Austria e al Comitato Austriaco, incontro al pericolo e alla speranza perduta; uomini dall'avversa fortuna, di dura tempra, non ricchi di beni terrestri. Le Municipalità, paralizzate dal Ministro della Guerra, sono peritose nell'offrire quattrini; è proprio così, i vostri poveri Federati non si possono mettere in marcia, fin che la Società Filiale del luogo non apra la borsa e sottoscriva. Non ne saranno arrivati che Tremila in tutto, quel giorno stabilito. Eppure, magri e deboli come sembrano, questi avanzi di Federati, sono la sola cosa che si vede muovere con chiarezza d'intento in quella scena strana. Un ronzio e un sussurro astioso; un ribollimento in questa vasta Francia che geme e s'agita, tutta incantata, ammaliata da una Costituzione che non cammina, in uno spaventevole Sogno Magnetico, conscio e inconscio; spaventevole Sogno Magnetico che dovrà convertirsi in una di queste due cose: la Morte o la Follia! La più parte dei Fédérés recano nelle loro tasche qualche invocazione ardente, qualche Petizione, perchè «l'Esecutivo possa agire»; o perchè si faccia qualche passo in questo senso, ottenendo la Déchéance del Re, o almeno la sua sospensione. Essi saranno i benvenuti alla Legislativa, alla Madre del Patriottismo; e Parigi provvederà ai loro alloggi.

La Déchéance, nientemeno; e che cos'altro poi? Una Francia libera per incanto, una Rivoluzione salvata; e tutto quel che segue! Così rispondono il torvo Danton e i Patrioti a oltranza, dal fondo della loro regione sotterranea del Complotto, ove sono ora immersi. La Déchéance, risponde Brissot coi più moderati; e se poi fosse coronato il piccolo Principe Reale, dandosi luogo ad una Reggenza di Girondini e al ritorno d'un Ministero Patriottico da cui dipendesse? Ohimè, povero Brissot, che pensa, come fa sempre il povero, alla prossima dimane come alla sua pacifica terra promessa, decidendo di ciò che dovrà durare sino alla fine del mondo con un colpo d'occhio che non va oltre la lunghezza del proprio naso! Più savî sono i Patrioti a oltranza dei Sotterranei, che, con un lume per l'ora presente, lasciano il resto agli dèi.

E non potrebbe darsi che nella presente condizione di cose la più probabile conclusione fosse che Brunswick, il quale sta raccogliendo a Coblenz le sue forze smisurate, potesse arrivar prima, tagliando corto alla Déchéance e al teorizzare che si fa su di essa? Brunswick è alla vigilia di mettersi in marcia, con ottantamila uomini, si dice: feroci Prussiani, feroci Assiani ed Emigrati più feroci ancora: un Generale del Gran Federico, con tale Esercito. E i nostri Eserciti? E i nostri Generali? Quanto a Lafayette, la sua recente visita occupa un Comitato, e tutta la Francia discute e censura; ed egli sembra più disposto a combattere noi che Brunswick. Luckner e Lafayette fanno le viste di scambiare i corpi ed eseguono dei movimenti che il Patriottismo non può comprendere. Questo solo è molto chiaro, che i loro corpi fanno delle marce innanzi e indietro nell'interno del paese; molto più vicino a Parigi che per lo innanzi! Luckner ha ordinato a Dumouriez di scendere dove è lui, lasciando Maulde e il Campo fortificato. Al quale ordine il Dumouriez dai molti consigli, incalzato strettamente dagli Austriaci, tutto intento ad addestrare alcune migliaia d'uomini a resistere al fuoco e ad essere soldati, dichiara che, avvenga quel che si vuole, non può obbedire. Sancirà la povera Legislativa l'operato di Dumouriez, il quale fa appello ad essa, «non sapendo che vi è un Ministero della Guerra?» O approverà i movimenti di Luckner e di Lafayette?

La povera Legislativa non sa che fare. Essa decreta, frattanto, che lo Stato Maggiore della Guardia di Parigi e tutti gli Stati Maggiori, essendo Feuillants per la più parte, debbono essere sciolti e sostituiti. Essa decreta con ardore, nella maniera in cui si può mostrare, che il Paese è in Pericolo. E, finalmente l'11 Luglio, la dimane di quel giorno in cui il Ministero si pose in isciopero, essa decreta che il Paese debba essere, in gran fretta, dichiarato in Pericolo. Su che sancisca pure il Re, prenda le sue misure la Municipalità: se tale Dichiarazione può essere utile, non deve mancare.

In Pericolo; sì, più che mai in Pericolo! Sorgi, o Paese; o sarai ignominiosamente calpestato e precipiterai nella rovina! Ma non vi sono novantanove probabilità su cento che nessun sollevamento possa salvarlo; mentre Brunswick, gli Emigrati e l'Europa Feudale lo stringono da presso?

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