CAPITOLO VIII LA COSTITUZIONE FATTA A PEZZI

Tale è il Dieci Agosto vinto e perduto. Il Patriottismo conta i suoi uccisi a migliaia e migliaia, poichè fu terribilmente mortale il fuoco che gli Svizzeri fecero dalle finestre; ma alfine si riducono a circa milleduecento. Non fu un giuoco di fanciulli; – proprio no! Alle due del pomeriggio il massacro, l'impeto, l'incendio non era finito, nè il Bedlam spalancato s'era ancora chiuso.

Come il diluvio del Sanculottismo frenetico ruggì per ogni passaggio delle Tuileries, spietato nella sua vendetta; come i valletti furono sgozzati, atterrati, e Dame Campan vide la sciabola marsigliese luccicare sul suo capo, mentre l'Uomo dalle ciglia nere le disse: «Va-t-en» e l'allontanò da sè illesa: come nelle cantine le bottiglie di vino furon rotte, le botti sfondate, e fu bevuto il vino che contenevano; e su, fino alle soffitte; da tutte le finestre capitombolavano i mobili preziosi e regali; e con gli specchi dorati, le cortine di velluto, i letti di piume e i corpi dei morti, e il Giardino delle Tuileries era come nessun Giardino sulla Terra: – tutte queste cose chi s'interessa potrà trovarle ampiamente descritte in Mercier, nell'acre Montgaillard o in Beaulieu dei Deux Amis. Centottanta corpi di Svizzeri giacciono ammucchiati e nudi, e non sono rimossi fino al giorno seguente. Il Patriottismo ha lacerato i loro abiti rossi e marcia coi loro ritagli in punta alle picche; i cadaveri squallidi e denudati giacciono ivi sotto il sole e sotto le stelle, e il più curioso dei due sessi s'affolla per guardare. Ciò che non faremo noi. Circa un centinaio di carri, colmi di Morti, vanno verso il Cimitero di Sainte-Madeleine; accompagnati dai lamenti e dal pianto; poichè tutti avevano congiunti, tutti avevano madri, se non qui, almeno là. Era uno di quei campi di carneficina, quale vi accade di leggerne col nome di «Gloriosa Vittoria», svoltasi a casa, questa volta, sulla propria porta.

Ma i Marsigliesi dalle nere ciglia hanno debellato il tiranno dello Château. Egli è caduto; molto in basso, e difficilmente potrà rialzarsi. Qual momento per un'Augusta Legislativa fu quello quando il Rappresentante Ereditario entrò, in tali condizioni; e il Granatiere che conduceva il piccolo Principe Regale, per liberarlo dalla folla, lo pose a sedere sulla tavola dell'Assemblea! Un momento, – che bisognava raddolcire con l'oratoria; aspettando ciò che il tempo porterebbe! Luigi disse poche parole: «Egli era venuto in quel luogo per impedire un gran delitto; egli si credeva più sicuro qui che in ogni altro luogo». Il Presidente Vergniaud rispose brevemente con un discorso vago circa «la difesa delle Autorità Costituite» e il morire al proprio posto. E Luigi sedette prima qui, poi altrove; poichè sorse una difficoltà, non permettendo la Costituzione di discutere mentre il Re è presente; finalmente egli prende posto con la sua famiglia nella «Loge du Logographe», nella tribuna d'un giornalista reporter, che è là dell'incantato Circuito Costituzionale, da cui lo separa una balaustra. A questa Loggia del Logographe, larga non più di dieci piedi quadrati, con un piccolo gabinetto dietro alla sua entrata, è ridotto ora il Re della vasta Francia; qui egli e la sua famiglia debbono restar rinchiusi sotto gli occhi del mondo, o ritirarsi nel loro gabinetto a intervalli; per lo spazio di sedici ore. Questo momento così speciale era toccato alla Legislativa di vedere.

Ma qual momento fu quello, dopo pochi minuti, quando i tre cannoni marsigliesi fecero udire il loro colpi, e il fuoco incessante degli Svizzeri e il tuonare universale, come lo scoppio del Destino, cominciò il suo strepito! Gli onorevoli Membri balzarono in piedi; mentre le palle fuorviate, frantumando i vetri delle finestre, entravano cantando l'epicedio. «No, questo è il nostro posto; moriamo qui!» E restarono quali Legislatori di pietra. Ma non si può forzare la Loggia del Logographe, alle spalle? Strappate la balaustra che la divide dall'incantato Circuito Costituzionale! Uscieri, strappate, tirate con forza! Anche Sua Maestà aiuta dall'interno: la balaustra cede; il Re e la Legislativa sono uniti in quel luogo, e il Destino ignoto aleggia su entrambi.

Strepito e ancora strepito, come il rumore del tuono; un messaggero dopo l'altro irrompono senza fiato, cogli occhi smarriti; l'ordine del Re agli Svizzeri fu mandato. Era un tuono spaventoso; ma, come sappiamo, esso finì. Messaggeri senza fiato, Svizzeri fuggitivi, Patrioti denunzianti, trepidazione e alfine tripudio! – Quante cose erano accadute prima delle quattro!

I Nuovi Municipali sono venuti e se ne sono andati: con tre Bandiere, Liberté, Egalité, Patrie, e il clangore degli evviva. Vergniaud, che, come Presidente, poche ore prima parlava di morire per le Autorità Costituite, ha presentata una mozione, come Relatore del Comitato, perchè il Rappresentante Ereditario sia sospeso, e una CONVENZIONE NAZIONALE si riunisca subito per vedere il da farsi! Un abile Rapporto, che il Presidente doveva aver pronto in saccoccia. Un Presidente in tali casi deve aver pronte tante cose, ed altre non pronte; e al pari di Giano, guardare innanzi e indietro.

Il Re Luigi ascolta tutto, e si ritira verso mezzanotte «in tre, piccole camere al piano di sopra»; fin che il Lussemburgo non sia preparato per lui e «la salvaguardia della Nazione». Più sicuro se Brunswick dovesse una volta essere qui! O, purtroppo, non così sicuro? O sventurate teste coronate! Il mattino la folla venne a gettare uno sguardo su di loro, alloggiati in quelle tre camere lassù. Montgaillard dice che gli augusti Captivi avevano un'aria spensierata, allegra magari; che la Regina e la Principessa di Lamballe, che l'aveva raggiunta la sera, guardavano dalla finestra aperta, «scuotevano la polvere dei loro capelli sulla gente che si trovava disotto, e ridevano». Egli è un uomo acre e strano.

Del resto, si può indovinare che la Legislativa e sopratutto la Nuovo Municipalità continuino ad essere affacendate. Dei Messaggeri, Municipali o Legislativi, e rapidi dispacci sono spediti a tutti gli angoli della Francia, pieni di trionfo, misto ad un lamento d'indignazione, poichè Milleduecento sono caduti. La Francia risponde inviando parole di plauso misto a rammarico; il Dieci Agosto sarà come il Quattordici Luglio, ma più sanguinoso e più grande. La Corte ha cospirato? Povera Corte! la Corte è stata vinta: e avrà il danno e le beffe. Come le statue del Re cadono tutte ormai! Lo stesso Enrico di Bronzo, quantunque portasse la coccarda una volta, cade fragorosamente dal Pont-Neuf ove sventola la Patrie en Danger. Luigi Decimoquarto fa di più, perchè nel cadere dalla Piace Vendôme, si rompe! Il curioso può notare, scritto sul ferro del suo cavallo: «12 Août 1692»: un Secolo e un Giorno.

Il dieci Agosto era Venerdì. La settimana non è finita, quando è richiamato il nostro antico Ministero Patriottico, o almeno ciò che di esso si può riavere: il rigido Roland, il Ginevrino Clavière; aggiungete il pesante Monge il Matematico, un tempo spaccapietre; e come Ministro della Giustizia, – Danton, «portato qui», com'egli stesso dice con una delle sue gigantesche figure, «a traverso la breccia d'un cannone patriottico!» Costoro, sotto i Comitati Legislativi, debbono regolare il naufragio come possono: in tanta confusione, con una vecchia Legislativa che fa acqua, con una muova Municipalità così ardita. Ma la Convenzione Nazionale si adunerà; e allora! Frattanto, senza por tempo in mezzo, si istituiscano una nuova Corte di Giustizia e un Tribunale Penale a Parigi, per giudicare i delitti e le cospirazioni del Dieci. L'Alta Corte di Orléans è distante, lenta: del Sangue dei Milleduecento Patrioti, checchè avvenga dell'altro sangue, bisogna chieder conto. Tremate, o Criminali, tremate, o Cospiratori; il Ministro della Giustizia è Danton! Anche Robespierre, dopo la Vittoria, fa parte della Nuova Municipalità, della «Municipalità insurrezionale, improvvisata», che si dà il nome di Consiglio generale del Comune.

Per tre giorni ormai, Luigi e la sua Famiglia hanno udito le Discussioni alla Legislativa, nella Loggia del Logographe, ritirandosi la notte nelle loro piccole camere superiori. Il Lussemburgo e la salvaguardia della Nazione non possono essere approntati; anzi, a quel che pare, il Lussemburgo ha troppe cantine e uscite, e nessuna Municipalità s'assumerebbe il còmpito di sorvegliarlo. La solida Prigione del Temple, non così elegante invero, sarebbe più sicura. Dunque al Temple! Il lunedì 13 Agosto 1792, nella carrozza del Maire Pétion, Luigi e la sua triste Famiglia s'avanzano a quella volta, mentre tutta Parigi sta a guardarli per le vie. Nell'attraversare la Piace Vendôme si trova la statua di Luigi Decimoquarto rotta al suolo. Pétion teme che lo sguardo della Regina possa apparire sprezzante e produrre provocazione; ella abbassa gli occhi e non guarda affatto. La «calca è prodigiosa», ma quieta: qua e là applaude col grido di Vive la Nation; ma per lo più guarda in silenzio. La Regalità Francese si dilegua fra i cancelli del Temple: quelle vecchie Torri puntute, come punti spegnitoi o Bonsoir, la coprono: – quelle stesse Torri da cui andarono al rogo il povero Jacques Molay e i suoi Templari per opera della Regalità Francese, cinque secoli innanzi. Queste sono le vicende del Destino quaggiù. Gli Ambasciatori stranieri, l'Inglese Lord Gower, hanno tutti chiesto i passaporti; e viaggiano indignati verso le loro rispettive case.

La Costituzione è dunque finita? Per sempre e in un giorno! È scomparsa questa meraviglia dell'Universo; il Primo Parlamento biennale, che fa acqua, aspetta solo che venga la Convenzione, e poi affonderà nelle più remote profondità. Si può indovinare la rabbia silenziosa degli antichi Costituenti, edificatori della Costituzione, dei Feuillants estinti, persone fidenti che la Costituzione potesse marciare! Lafayette s'eleva all'altezza della situazione: alla testa del suo Esercito. Commissarî Legislativi vanno incontro a lui, sulle Frontiere del Nord, per congratularsi e perorare: egli ordina alla Municipalità di Sédan di arrestare quei Commissarî e di tenerli strettamente in custodia come Ribelli, fino a nuovo suo ordine. I Municipali di Sédan obbediscono.

I Municipali di Sédan obbediscono; ma i soldati dell'Armata di Lafayette? I soldati dell'Armata di Lafayette hanno, come tutti i soldati, una specie di sentimento indistinto che anch'essi siano dei Sanculotti a cinturino di cuoio; che la vittoria del Dieci Agosto sia anche una loro vittoria. Essi non vogliono sollevarsi per seguire Lafayette a Parigi; ma piuttosto per mandar lui a Parigi! Il 18, appena il sabato seguente, Lafayette, con due o tre Officiali dello Stato Maggiore indignati, uno dei quali è l'antico Costituente Alessandro de Lameth, dopo aver messo in ordine alla meglio le sue Schiere, – monta a cavallo e varca rapidamente la frontiera diretto in Olanda. Galoppa rapido, per gettarsi, ohimè, negli artigli degli Austriaci! Dopo un lungo ondeggiare all'estremo orizzonte, s'arresta nelle Prigioni di Olmütz; e questa storia non lo rivide più. Addio, eroe dei due Mondi; l'uomo più esile, ma il più saldo nell'onorabilità! A traverso la notte aspra e lunga della cattività, a traverso altri tumulti, altri trionfi, altri mutamenti, tu sarai sempre in equilibrio, «saldamente accordato alla Formula di Washington»; e sarai l'Eroe e l'Incarnazione Perfetta foss'anche d'una idea. I Municipali di Sédan si pentono e protestano; i soldati gridano: Vive la Nation. Dumouriez Polymetis, dal suo Campo Maulde, si vede fatto Comandante in Capo.

O Brunswick! qual sorta «d'esecuzione militare» merita Parigi ora? Avanti, voi abili sterminatori; coi vostri carri d'artiglieria e tutto il bagaglio da campo che risuona lontano. Avanti, cavalleresco Re di Prussia dall'alta statura; e voi, Emigrati fanfaroni, e tu, Broglie dio della guerra; fatevi tutti avanti, «per dare qualche consolazione al genere umano», che veramente ne ha bisogno.

FINE DEL SECONDO VOLUME

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