CAPITOLO VII GLI SVIZZERI

Sventurati Amici, la campana a martello suona, è già suonata! Ecco, guardate, come coi primi raggi del sole la Marea oceanica di picche e di fucili avanza, mandando bagliori dal lontano Oriente; – avanza incommensurabile; partorita dalla Notte! Marcia l'Esercito torvo: Saint-Antoine su questo lato del Fiume; Saint-Marceau sull'altro; i Marsigliesi dalle ciglie nere alla avanguardia. Con un ronzio, con un mormorare spaventoso che s'ode lontano; come la marea dell'Oceano, dicevamo; si svolge scintillante, come attratta dalla Luna, e da Influssi, su dalla grande Profondità delle Acque; non v'è Re, sia Canuto, sia Luigi, che possa costringerla a retrocedere. Correnti laterali di spettatori formano larghi vortici, di qua e di là, senz'armi, ma non senza voce: e l'esercito d'acciaio procede. Il Nuovo Comandante Santerre, invero, ha preso posto al Palazzo Civico; si riposa là, quasi a mezza strada da casa sua. L'Alsaziano Westermann, con la sciabola sguainata, non ha riposo; così le Sezioni, così i Marsigliesi, così Demoiselle Théroigne, che marciano senza posa.

Ed ora dove sono gli Squadroni di Mandat che dovevano caricare? Nessuno di quegli Squadroni si muove; o si muovono in una falsa direzione, fuori di strada: ben lieti gli ufficiali di far magari questo. Non si sa, oggi, con precisione, se lo Squadrone sul Pont-Neuf facesse un'ombra di resistenza, o nulla: basta, i Marsigliesi dal nero sopracciglio e Saint-Marceau che li segue, vi passano a traverso senza ostacolo; lo percorrono con sicura speranza ormai di Saint-Antoine e del resto; e come una fiumana, risalgono alle Tuileries, ov'è la loro meta. Le Tuileries, al loro risuonare, rispondono con un mormorio: i rossi Svizzeri tengono l'occhio sul loro focone; i Cortigiani in nero tirano fuori le loro spingarde, le loro lunghe spade, i loro pugnali, e perfino delle palette da fuoco; ognuno ha la sua arma da guerra.

Giudicate se in queste circostanze il Sindaco Roederer si trovava in comoda posizione! Non troverà il Cielo misericordioso una via di mezzo, un rifugio per un povero Sindaco che pende in fra due? Oh se Sua Maestà volesse consentire a recarsi all'Assemblea! Sua Maestà il Re, e sopratutto Sua Maestà la Regina, non possono consentire. A una tal proposta rispose la Regina con un «Fi donc?». Disse ella mai che piuttosto si sarebbe lasciata inchiodare al muro? A quanto pare, no. Si è anche scritto che ella offrisse al Re una Pistola, dicendo che ora o mai più era il momento di mostrarsi quel che si era. I testimoni oculari non videro ciò, nè possiamo vederlo noi. Videro solo che ella si comportò da Regina, quietamente; e senza disputare, senza ribellarsi all'Inesorabile, come Cesare nel Campidoglio, si avvolse nel suo mantello come tocca di fare alle Regine e alle figlie d'Adamo. Ma tu, o Luigi, di quale stoffa sei tu fatto? Non v'è in te nessuno slancio per la tua Vita e per la tua Corona? Il più stupido daino cui si dà la caccia non muore così. Sei tu il più languido dei mortali; o il più dolce? Tu sei il più sventurato.

La marea avanza; le angustie dei Sindaco Roederer e di tutti gli uomini si fanno sempre maggiori. Un clangore fremente viene dai Nazionali armati nella Corte. Dappertutto è il tumulto infinito delle voci. Qual consiglio prendere? E la marea è ormai prossima! Messaggeri e corrieri parlano affrettatamente traverso le Inferriate esterne, e a cavalcioni dei muri vi sono degli abboccamenti. Il Sindaco Roederer esce e entra. I Cannonieri gli domandano: Dobbiamo far fuoco contro il popolo? I Ministri del Re gli domandano: Sarà forzata la Casa del Re? Il Sindaco Roederer giuoca una difficile partita. Egli parla ai Cannonieri con eloquenza, con fervore, tutto quel fervore che può esservi in un uomo che deve d'un sol fiato mandar fuori il caldo e il freddo. Caldo e freddo, o Roederer? Noi, per conto nostro, non possiamo vivere e morire! I Cannonieri, per tutta risposta, gettano le loro canne da fuoco. – Pensate a questa risposta, o Re Luigi, e voi, Ministri del Re, e adottate il mezzo termine di salvezza di un povero Sindaco, che è la Salle de Manège. Il Re Luigi siede con le mani abbandonate sulle ginocchia, col corpo curvo in avanti; per un po' di tempo fissa il suo sguardo sul Sindaco Roederer; poi risponde, guardando la Regina di sopra la spalla di colui: Marchons! E così marciano: il Re Luigi, la Regina, la sorella Elisabetta, i due fanciulli regali e la governante; accompagnati dal Sindaco Roederer e da Ufficiali del Dipartimento; fra una doppia fila di Guardie Nazionali. Gli uomini con le spingarde, gli infaticabili Svizzeri rossi hanno l'aria mesta, quasi di rimprovero; ma sentono soltanto queste parole del Sindaco Roederer: «Il Re va all'Assemblea; fate largo». Tutti gli orologi hanno suonato le otto qualche minuto fa. Il Re ha lasciato le Tuileries – per sempre.

Voi, zelanti Svizzeri, voi, galanti gentiluomini in nero, per quale causa volete uccidere e andare incontro alla morte? Guardate dalle finestre ad Occidente, voi potete vedere il Re Luigi che placidamente prosegue per la sua via, mentre il povero Principe Regale, «per trastullo, spinge col piede le foglie cadute». La moltitudine fremente turbina parallelamente a lui sulla Terrazza dei Feuillants; in mezzo ad essa un uomo con una lunga pala fa grande fracasso; non ostruiranno essi la scala esterna e l'entrata di dietro della Sala quando vi giungeranno? Le Guardie del Re non possono andare oltre il fondo della scala. Ecco che la Deputazione dei Legislatori vien fuori; l'uomo dalla lunga pala è chetato dall'eloquenza. Le Guardie dell'Assemblea si uniscono alle Guardie del Re, e tutti possono montare in questo caso di necessità; la scala esterna è libera o quasi. Vedete, la Regalità ascende; un Granatiere Bleu solleva dalla stretta della folla il piccolo Principe regale; la Regalità è entrata. La Regalità è svanita per sempre dai vostri occhi. – E voi? Voi restate là fra gli abissi spalancati e il terremoto dell'Insurrezione; senza indirizzo, senza comando. Se perirete, perirete più che da martiri, come martiri ormai senza una causa. I Cortigiani neri spariscono per la più parte; per quelle uscite che meglio si offrono loro. I poveri Svizzeri non sanno che fare; un solo dovere è chiaro per loro, di rimanere al loro posto; e lo adempiono.

Ma la marea scintillante d'acciaio è giunta; essa batte ora contro le barriere dello Château e le Corti orientali; irresistibile, coi suoi marosi che strepitano nel loro dilagare; – e alfine irrompe, riempiendo la Corte del Carrousel, coi fieri Marsigliesi alla testa. Il Re Luigi è andato all'Assemblea, direte voi. Sta bene, ma se l'Assemblea pronunzia la sua decadenza, a che monta? Il nostro posto è in quello Château o in qualche sua fortezza; fino allora noi dobbiamo sostenerci. Pensate, o Svizzeri zelanti, se è bene che l'orrido assassinio cominci e che i fratelli si facciano l'un l'altro a pezzi per un edificio di pietra! – Poveri Svizzeri! essi non sanno come regolarsi: dalle finestre al Sud scagliano cartucce in segno di fratellanza; sulle scale esterne dell'Est, e nell'interno, su per le scale e pei corridoi si tengono saldamente allineati, pacifici e nello stesso tempo rifiutando di muoversi. Westermann parla loro nel tedesco dell'Alsazia; i Marsigliesi si esprimono nel caldo linguaggio provenzale e con la pantomima. È un fracasso assordante, un perorare, un minacciare senza fine: gli Svizzeri stanno saldi, pacifici eppure immobili, qual pilastro di rosso granito in quel mare immenso di sfolgorante acciaio.

Chi può impedire l'inevitabile esito: coi Marsigliesi e tutta la Francia da un lato; i Granatieri Svizzeri dall'altro? La pantomima diviene sempre più focosa; le sciabole marsigliesi son brandite per l'azione; la fronte degli Svizzeri si rannuvola, le dita corrono al cane del fucile. Ascoltate! tuonando alto sopra ogni rumore, tre cannoni marsigliesi, puntati dal Carrousel da un cattivo cannoniere, si annunziano con lo strepito di sopra i tetti! A voi, Svizzeri: Fuoco! Gli Svizzeri fanno fuoco di slancio, per plotoni, un fuoco di fila. Non pochi Marsigliesi, e fra essi un uomo d'alta statura che era più rumoroso degli altri, giacciono silenziosi, sfracellati sul pavimento; – non pochi Marsigliesi, dopo una lunga marcia polverosa, hanno fatto alt in questo luogo. Il Carrousel è vuoto, la marea infausta indietreggia; i «fuggitivi corrono fino a Saint-Antoine senza fermarsi». I Cannonieri, privi delle munizioni, hanno alla chetichella abbandonato i loro cannoni; che son presi dagli Svizzeri.

Immaginate che scarica; che si ripercuote come una voce del destino ai quattro angoli di Parigi e a traverso tutti i cuori, simile allo strepito della sferza di Bellona! I Marsigliesi dalle nere sopracciglia, riannodandosi all'istante, sono divenuti Demoni neri che affrontano impavidi la morte. Nè si arretra Brest, nè l'Alsaziano Westermann; la Demoiselle Théroigne è la Sibilla Théroigne: Vendetta, Victoire ou la mort! Da ogni artiglieria patriottica, grande e piccola; dalla Terrazza dei Feuillants, da ogni terrazza, da ogni luogo ove si spande immenso il mare dell'Insurrezione, ruggisce in risposta un turbine rosso di fiamme. I Nazionali Bleus, allineati nel Giardino, non possono trattenere i loro moschetti di spianarsi contro gli Stranieri assassini. Poichè vi è una simpatia nei moschetti, nelle folte masse d'uomini. Anzi, non sono gli uomini in complesso come corde messe all'unisono, una unità infinita abilmente concordata? Voi toccate una corda e tutte le altre risuoneranno, – in una dolce melodia di sfere, in un assordante stridore di follia! La Gendarmeria a cavallo galoppa all'impazzata; e su di essa si fa fuoco nient'altro che come su d'una cosa girante; galoppa sul Pont-Royal, non si sa per qual direzione. Il cervello di Parigi, cervello febbricitante qui nel suo centro, è divenuto demente; ha preso fuoco, come voi dite.

Mirate, il fuoco non si rallenta; nè il fuoco di fila degli Svizzeri si rallenta nell'interno. Essi hanno preso dei cannoni, come vedemmo; ed ora, dall'altra parte, ne prendono altri tre. Senonchè i cannoni sono senza miccia, nè l'acciaio e la selce potranno supplirvi, quantunque si fosse tentato. Se avessero potuto supplire! I Patrioti spettatori hanno i loro timori; un Patriota spettatore più singolare crede che se gli Svizzeri avessero un comandante, vincerebbero; nè è un uomo incapace di giudicare, poichè il suo nome è Napoleone Bonaparte. E spettatori, e donne, e fra lo spirituale Dottor Moore di Glasgow stanno a guardare verso l'altro lato del fiume; mentre il cannone si slancia rombante oltre il loro posto, arrestandosi sul Pont-Royal, ove erutta le sue viscere di ferro contro le Tuileries; e ad ogni nuova scarica gli spettatori e le spettatrici «applaudono battendo le mani». Città di tutti I diavoli! Nelle strade remote tutti fanno colazione col caffè, occupandosi dei loro affari, e hanno solo delle scosse, a quando a quando, se l'eco ripercuote un tuono più forte. E qui? I Marsigliesi cadono feriti, ma Barbaroux ha i chirurghi; Barbaroux è in quei pressi, e regola tutto, quantunque di sotto mano, copertamente. Cadono i Marsigliesi mortalmente colpiti; lasciando in eredità i loro archibugi; e specialmente le cartucce, quando ne posseggono; e muoiono mormorando: «Vendicatemi, vendicate il vostro paese!» Gli Officiali Federati di Brest, che galoppano in abiti rossi, sono scambiati per Svizzeri e presi di mira. Ma ecco che il Carrousel è in preda alle fiamme! Parigi Pandemonio! La misera Città è, come dicevamo, in un stato febbrile, convulso; una tal crisi è durata per lo spazio di circa mezz'ora.

Ma che cosa è mai quello che con l'Insegna della Legislativa s'avventura a traverso il tumulto e la grandine mortale dall'entrata di dietro del Manège, dirigendosi verso le Tuileries e gli Svizzeri? È un Ordine scritto di Sua Maestà di cessare il fuoco! O disgraziati Svizzeri, perchè non vi fu l'ordine di non cominciare il fuoco? Ben lieti sarebbero gli Svizzeri di smettere il fuoco; ma chi comanderà all'Insurrezione folle di fare altrettanto? All'Insurrezione voi non potete parlare, nè essa, dalla testa d'Idra, può udire. I morti e i morenti, a centinaia, giacciono tutt'intorno; sono trasportati sanguinanti per le vie in cerca di soccorso; e la loro vista, come una fiaccola delle Furie, accende la Follia. Parigi Patriottica ruggisce; come fa l'orsa quando è privata dei suoi nati. Orsù, Patrioti: Vendetta! Vittoria o morte! Si son visti uomini gettarsi nella mischia armati solo di bastoni da passeggio. Il Terrore e le Furie dominano l'ora presente.

Gli Svizzeri, stretti dal difuori, paralizzati all'interno, hanno cessato di sparare, ma non d'essere sparati. Che debbono fare? Il momento è disperato. Un rifugio o una morte immediata: ma come? dove? Una parte fugge per la Rue de l'Échelle; è distrutta totalmente «en entier». Un'altra parte dal lato opposto si getta nel Giardino; «precipitosamente, a traverso una scarica di fucilate»; si slancia supplicante nell'Assemblea Nazionale; trova pietà e rifugio, là, tra i banchi posteriori. Un'altra parte ancora, la più grossa, si scaglia in colonna, sono trecento uomini forti, verso gli Champs Elysées: Ah, se potessimo solo raggiungere Courbevoye ove sono gli altri Svizzeri! Maledizione! ecco che sotto quella scarica di fucilate la colonna «presto si rompe, per diversità d'opinione», in folli segmenti, che vanno qua e là; – per rifugiarsi in qualche buco, per morire combattendo di strada in strada. Il fuoco, l'uccisione non cesseranno: non ancora per molto tempo. I Portieri degli Alberghi vestiti di rosso sono sparati, sia perchè di nazionalità svizzera, o perchè Svizzeri soltanto di nome. Finanche i Pompieri che lavoravano di pompa in quel fumigante Carrousel, erano fatti segno ai colpi; perchè il Carrousel non dovrebbe bruciare? Alcuni Svizzeri si rifugiano in case private; trovano che la pietà ancora alberga nel cuore dell'uomo. I bravi Marsigliesi sono pietosi, essi, or ora furenti; e lavorano al salvataggio. Il Giornalista Gorsas perora con tutte le sue forze tra i gruppi infuriati. Il mercante di vino Clemence si avanza a stento verso la sbarra dell'Assemblea, recando per mano uno Svizzero ch'era riuscito a salvare; dice con enfasi con quanta pena e con quanto pericolo riuscì a salvarlo, e che d'ora innanzi lo sostenterà, essendo privo di figliuoli; e alfine cade svenuto abbracciandosi al collo del povero Svizzero, fra gli applausi. Ma la più parte sono sgozzati e anche fatti a brani. Cinquanta (alcuni dicono ottanta) come prigionieri venivano condotti, dalle Guardie Nazionali, all'Hôtel-de-Ville; ma il popolo furioso si slancia su di loro, nella Place-de-Grève; li massacra fino all'ultimo. «O Peuple, invidia dell'Universo!» Peuple in folle effervescenza gaelica!

Di certo poche cose nella Storia della carneficina sono più penose. Che incancellabile macchia rossa, aleggiante mesta nella memoria, è quella della povera colonna rossa degli Svizzeri, che «si rompe nella confusione delle opinioni», e si disperde nelle tenebre e nella morte! Onore a voi, bravi uomini, a voi pietà onorevole, per lungo tempo. Non martiri foste voi; ma quasi più che martiri. Non era vostro Re quel Luigi: e vi abbandonò come un Re di burattini: voi eravate venduti a lui per la meschina paga di sessanta centesimi al giorno; pure, voi dovevate lavorare pel vostro salario, mantenere l'impegno assunto. Il vostro lavoro ormai consisteva nel morire, e voi lo compiste. Onore a voi, o Fratelli, e possa l'antica Biederkeit e Tapferkeit tedesca, e possa il Valore, che è Pregio e Verità, sia Svizzero sia Sassone, giammai perire in nessuna età! Non erano bastardi, erano di schietta discendenza, quegli uomini; erano figliuoli di cittadini di Sempach e di Murten, che piegarono il ginocchio, ma non innanzi a te, o Borgogna! – Che il viaggiatore, nell'attraversare Lucerna, si fermi a guardare un po' il loro Leone monumentale; non solo per amore di Thorwaldsen. Estratta dalla viva roccia, la Figura riposa là, presso l'acque chete del Lago, cullata dal rance-des-vaches che risuona lontano, e le Montagne di granito tacitamente vegliano tutt'intorno; e quantunque inanimate, hanno il loro linguaggio.

Share on Twitter Share on Facebook