Ma, lasciando le generalità, quale strano Fatto si verifica nel lontano Sud-Ovest, ove gli occhi di tutti, ora, in questa fine d'Ottobre, sono rivolti? Una tragica combustione, che da lungo tempo covava fumigante sotto la cenere, ha ora sprigionate le sue fiamme.
Ardente è quel sangue della Provenza meridionale: purtroppo le collisioni, come fu detto una volta, debbono presentarsi nella carriera della Libertà; le diverse direzioni sono cagione di ciò, e più le diverse velocità nella stessa direzione! Su quanto accadde colà, la Storia, occupata altrove, non pose particolare attenzione: ai torbidi di Uzès, di Nîmes, Protestanti e Cattolici, Patriottici e Aristocratici; ai torbidi di Marsiglia, di Montpellier, di Arles; a quelli del Campo Aristocratico di Jalès, questa meravigliosa Entità reale e immaginaria, che ora digrada in un pallore indistinto, ora appare rosseggiante in un clamore profondo (specialmente nell'immaginazione); – cosa terribilmente magica, «quadro Aristocratico della guerra fatto naturalmente!» Tutto ciò era una combustione tragica, mortale, con complotti e rivolte, con tumulti che si ripetevano giorno e notte; eppure una combustione oscura, senza luce, non notata, che ora non si può a meno di notare.
Più che in ogni altro luogo, la buia combustione era feroce in Avignone o nel Contado Venaissin. Quella papale Avignone dal suo Castello che s'erge distinto sul fiume Rodano; bellissima Città con le sue vigne purpuree e i suoi boschetti d'aurei aranci; perchè mai fu da quel matto facitore di rime, il Réné, ultimo Sovrano di Provenza, legata al Papa, alla Tiara d'oro, e non piuttosto a quel Luigi Undecimo che portava la vergine di piombo sulla tesa del cappello? Fu un bene, fu un male! Papi e antipapi, con la loro pompa, hanno dimorato in quel castello d'Avignone che si erge distinto sul Rodano: quivi Laura de Sade venne a udire la messa, mentre il suo Petrarca cantava con voce nasale la fontana di Vaucluse là presso, di certo nella più malinconica maniera. Ciò fu negli antichi tempi.
Ed ora, in questi nuovi giorni, ecco quali cose derivano, dopo secoli, da un tratto di penna d'un folle rimatore Réné, – ecco ciò che abbiamo: Jourdan Coupetêtes, che conduce all'assedio e alla guerra un esercito di tre a quindicimila forti, chiamati i Briganti di Avignone, il qual titolo essi medesimi accettano con l'aggiunta di un epiteto: «I bravi Briganti di Avignone!» È proprio così. Jourdan, il Condottiero, fuggì colà da quell'Inchiesta dello Châtelet, da quella Insurrezione delle Donne, e messe su una tintoria; ma là omai si richiedeva ben altro che stoffe ritinte; onde Jourdan chiuse bottega e cominciò la sua ascensione, poichè egli era uomo da tanto. La barba a tegola di Jourdan è oramai rasa; la sua faccia grassa è divenuta color di rame e cosparsa di carbonchi neri; quel busto di Sileno è enfiato dal bere e dal lauto vitto; egli indossa l'uniforme nazionale, celeste, con le spalline; «porta un'enorme sciabola, due pistole incrociate nel suo cinturino, ed altre due più piccole sporgono dalle sue tasche»; si dice egli stesso Generale, ed è il tiranno degli uomini. Considera questo solo fatto, o Lettore, e qual sorta di fatti debbono averlo preceduto, quali fatti debbono accompagnarlo! Tali cose provengono dall'antico Réné, e dalla questione che è sorta, se Avignone non possa ora cessare addirittura di esser papale, e divenir libera e francese.
Per quasi venticinque mesi ha regnato la confusione: tre mesi di discussione, sette mesi di furore; alfine quindici mesi di lotta, ed anche d'impiccagioni. Già nel Febbraio 1790, gli Aristocratici papalini aveano eretto quattro forche, per un esempio; ma il popolo, in cambio, si sollevò ferocemente nel Giugno, e, costringendo l'esecutore pubblico a funzionare, impiccò quattro Aristocratici: ad ogni forca papale un Papista. Seguirono allora emigrazioni da Avignone, andandosene gli Aristocratici papalini oltre il Rodano; dimissioni del console papale, fuga, vittoria; indi la rientrata del Legato Pontificio, la tregua e i nuovi attacchi; e le varie vicende della guerra. Vi furono petizioni all'Assemblea Nazionale; Congressi dei Comuni; oltre sessanta Comuni votarono per l'annessione alla Francia e per le gioie della Libertà; mentre dodici dei più piccoli, manipolati dagli Aristocratici, votarono in senso contrario, con clamore e discordia. Comuni contro Comuni, Città contro Città. Carpentras, che nutriva contro Avignone una gelosia di lunga data, le dichiara apertamente la guerra; – e Jourdan Coupe-tête, come è ucciso il primo Generale in una rivolta, chiude la sua tintoria, e appare colà con la sua artiglieria, e sopratutto con gran chiasso e tumulto, e coi «bravi Briganti d'Avignone»; egli mantiene per due mesi in istato di assedio la Città rivale, sotto gli occhi del mondo.
Senza dubbio si svolsero fatti di lunga fama per la storia del luogo, per quanto ignoti alla Storia Universale. Vediamo rizzarsi le Forche dall'un lato e dall'altro; donde penzolano miseri scheletri, una dozzina in fila; il disgraziato Sindaco di Voison è sepolto prima di morire. I campi maturi giacciono non mietuti, le vigne sono calpestate; impera una crudeltà sanguinosa; ferve una stizza, un odio universale. La strage, l'anarchia sono ovunque; una combustione estremamente feroce, ma non lucente, e che non si può notare qui! – Finalmente, come vedemmo, il 14 Settembre decorso, l'Assemblea Nazionale Costituente, – avendo inviato dei Commissari e udito il loro rapporto, ed essendo venuta a cognizione delle Petizioni, dopo lunghi Dibattimenti durati per mesi e mesi, fino all'Agosto 1789, che «avevano occupate trenta sedute su questa materia» – solennemente decretava che Avignone e il Comtat fossero incorporati alla Francia, e che fosse data a Sua Santità il Papa una indennità ragionevole.
E così, dunque, tutto è perdonato, tutto finito? Ohimè, quando il furore dell'ira ha invaso il sangue degli uomini e le forche hanno funzionato dall'un lato o dall'altro, che potere potranno mai avere un Decreto in pergamena e un'amnistia di Lafayette? L'Oblivioso Lete non scorre sopra la terra! Aristocratici papalini, e briganti patrioti si guardano scambievolmente di malocchio; sospettati, sospettosi di tutto ciò che fanno e che non fanno. L'Augusta Assemblea Costituente è scomparsa da non più di quindici giorni, quando, il mattino del 16 Ottobre 1791, di domenica, la combustione non ancora spenta, di repente diviene luminosa. Poichè compaiono manifesti anticostituzionali e si dice che la statua della Vergine abbia versato lagrime e si sia coperta di rossore. Onde, quel mattino, il Patriota Lescuyer, uno dei nostri «sei Patrioti condottieri» consultatosi coi suoi confratelli e col Generale Jourdan, decide di recarsi in Chiesa in compagnia di qualche amico: non per ascoltare la messa, che per lui non ha valore; ma per incontrarsi quivi con tutta la massa dei papalini e precisamente con quella Vergine piangente, giacchè è quella la chiesa dei Cordeliers; e dir loro una parola d'ammonimento. Impresa arrischiata; che ha uno dei più fatali compimenti! Quali possano essere state le parole ammonitrici di Lescuyer nessuna Storia rammenta; ma la risposta fu un grido d'orrore che partì dai fedeli Aristocratici papalini tra cui erano molte donne. Mille voci urlano e minacciano; e poichè Lescuyer non fuggiva, ne seguì l'agitarsi e il percuotersi di mille mani; e poi capitomboli e gente calpestata; mille piedi allungano pedate, si tiran fuori gli stiletti e le forbici e tutti i femminili istrumenti a punta delle cucitrici. Orribile spettacolo: mentre tutt'intorno dormono gli antichi morti e la Laura Petrarchiana, e l'altar maggiore e i ceri ardenti guardano dall'alto; e la Vergine non ha punto lagrime, e conserva il suo colore naturale di pietra! – Uno o due amici di Lescuyer si precipitano fuori come i messaggeri di Giobbe, in cerca di Jourdan e della Forza Nazionale. Ma il pesante Jourdan, che vuol prima impadronirsi delle porte della città, non accorre celeremente come dovrebbe, e quando giunge alla chiesa dei Cordeliers, la trova vuota e silenziosa; solo Lescuyer vi giace immerso nel proprio sangue a piè dell'Altare maggiore, perforato dalle forbici, calpestato, massacrato; – egli emette un singhiozzo muto e esala per sempre l'ultimo anelito della sua miserevole vita.
Spettacolo da commuovere il cuore d'ogni uomo e tanto maggiormente di quei tanti uomini che si dicono Briganti d'Avignone! La salma di Lescuyer, distesa in una bara, con l'orrida testa coronata d'alloro, vien portata per le strade; accompagnata da una Nenia poco melodiosa di molteplici voci; lamento funerale profondo più che alto! La faccia color di rame di Jourdan, dell'orbato Patriottismo, è divenuta nera. La Municipalità patriottica invia a Parigi la Narrazione del fatto e le notizie officiali; ordina numerosi e innumerevoli arresti; con inchieste e perquisizioni. Aristocratici maschi e femmine sono trascinati al Castello; quivi giacciono stipati nelle prigioni sotterranee, compianti solo dal roco clamore del Rodano; tagliati fuori da ogni soccorso.
Quivi essi giacciono, in attesa dell'inchiesta e delle perquisizioni. Ohimè! Con un Carnefice Jourdan per Generalissimo, il cui volto di rame è divenuto più nero; con quei Briganti patrioti in armi che cantano la loro Nenia, l'inchiesta ha l'aria di volere esser breve. La dimane e il dì seguente, lo consenta o meno la Municipalità; una Corte marziale di Briganti si stabilisce nei sotterranei del Castello di Avignone; Briganti giustizieri, con le sciabole sguainate, attendono alla porta il verdetto d'un Brigante. Breve giudizio, senz'appello! Si tratta dell'ira e della vendetta di Briganti rinfrescati dall'acquavite. Quivi presso è la torre della Glacière, o torre di Ghiaccio, ove si perpetreranno gesta per cui il linguaggio non ha parole! L'oscurità e l'ombra d'un'orrida crudeltà avvolgono queste torri del Castello, questa torre Glacière: si sa soltanto che molti vi sono entrati, che pochi ne sono usciti. Jourdan e i Briganti dominano ormai sui Municipali, su tutte le autorità Patriottiche o Papali, regnano in Avignone sotto l'usbergo del Terrore e del Silenzio.
Come risultamento di tutto ciò, il 15 Novembre 1791 noi vediamo venire l'amico Dampmartin che comanda i suoi subalterni, ed è comandato dal Generale Choisi, con la fanteria e la cavalleria, preceduti dai relativi carri da cannoni, a bandiere spiegate, e a suon di pifferi e di tamburo, con atteggiamento deciso e formidabile, alla volta dell'erta Rocca del Castello e delle larghe porte d'Avignone; mentre tre nuovi Commissari dell'Assemblea Nazionale seguono a secura distanza nella retroguardia. Avignone, all'intimazione in nome dell'Assemblea e della Legge, spalanca le sue porte; entrano Choisi e gli altri. Dampmartin e i «Bons Enfants, Buoni ragazzi, di Baufremont», – come sogliono chiamare quei bravi Dragoni Costituzionali, che conoscono da tempo; – entrano fra applausi e getto di fiori; per compiacimento di tutti gli onesti; per terrore del carnefice Jourdan e dei Briganti. Il dì seguente vediamo lo stesso gonfio e furuncoloso Jourdan mostrare la sua faccia color di rame, con la sciabola e quattro pistole; ostentando un parlare ad alta voce, senonchè in pari tempo s'impegna di consegnare senz'altro il Castello. Onde i Granatieri di Choisi vi entrano con lui. Nel passare per quella Glacière, che esala il suo alito orribile, trasalgono e si arrestano con un misto di orrore, gridando: «Morte al carnefice!» – e Jourdan s'insinua di soppiatto in passaggi segreti, e di repente scompare.
Il mistero dell'iniquità si sveli! Centotrenta cadaveri di uomini, e specialmente di donne e di fanciulli (giacchè la madre tremante, presa all'improvviso, non potette lasciare il suo figliuolo), sono ammucchiati in quella Glacière; putrefatti sotto il putridume; orrore del mondo. S'impiegano tre lugubri giorni a rimuovere e riconoscere i cadaveri, tra gli urli e le imprecazioni di quel popolo meridionale, che ora s'inginocchia e prega, ora prorompe in escandescenze selvaggie di pietà e di rabbia; alfine vien data a quei corpi sepoltura solenne, a suon di tamburo, fra le preci religiose, fra i gemiti e le lagrime di tutto un popolo. I corpi massacrati riposano ora in suolo benedetto, sepolti in unica fossa.
E Jourdan Coupe-têtes? Anch'egli si ripresenta al nostro sguardo dopo qualche giorno: in fuga pei romantici colli petrarcheschi; dando violentemente di sprone al suo ronzino; mentre Ligonnet, gagliardo giovanotto d'Avignone, coi Dragoni di Choisi gli è alle calcagna! Con una tal massa di cavalieri, non v'è cavallo che possa avere il di sopra. Lo stanco ronzino, a forza di sproni, traversa il fiume Sorgue, ma nel mezzo di esso infossa; e resta piantato in quel chiaro fondo di Sorga; e non v'è sperone che possa rimuoverlo! Il giovane Ligonnet gli si scaglia addosso; il Viso di rame minaccia e mugghia, tira fuori la pistola e fors'anche la fa scattare; ma preso pel collare e legato stretto, coi garetti sotto la pancia del cavallo, è ricondotto così per le strade di Avignone, ove difficilmente potrà essere salvato dal massacro.
Tale è la combustione d'Avignone e del Sud-Ovest, allorchè diviene luminosa. È un lungo e clamoroso dibattimento sia nell'Augusta Legislativa, che nella Società Madre su ciò che bisogna fare. «Amnistia» gridano l'eloquente Vergniaud e tutti i Patrioti; «invochiamo il mutuo perdono e il pentimento, la restaurazione, la pace; insomma una fine, se è possibile!» Il qual voto finisce col prevalere. Così il Sud-Ovest è coperto e soffocato sotto la cenere «dell'Amnistia», o dell'Oblio; ma purtroppo non può che ricordare, poichè nessun fiume Lete scorre sopra la terra! Lo stesso Jourdan non è impiccato e riacquista la libertà, come chi non sia ancora maturo per la forca. Anzi, osserviamo di volo, a distanza, che egli è «portato in trionfo per le città del Sud». Quali cose portano in trionfo gli uomini!
Con una tale occhiata di volo a quel Portento dalla Faccia di Rame così portato per le strade del Sud, noi dobbiamo abbandonare queste regioni; – lasciando che covino sotto la cenere. Gli Aristocratici non fanno difetto: antichi Nobili alteri non ancora emigrati. Arles ha la sua «Chiffonne» come chiamano in gergo simbolico quella segreta Associazione Aristocratica; Arles ha i ciottoli delle strade ammucchiati, per servire di quando in quando da barricate aristocratiche. Contro cui Rebecqui, l'ardente e chiaro Patriota, è costretto a venire coi Marsigliesi e col cannone. La Sbarra di Ferro non è ancora tornata a galla nella Baia di Marsiglia; nè questi ardenti figli di Focesi sono ridotti a soggezione come schiavi. Con un abile maneggiarsi, con la forza dell'esempio, Rebecqui dissipa la Chiffonne senza spargimento di sangue; restaura i selciati di Arles. Questo Rebecqui veleggia in barche costiere per perlustrare le sospette torri Martello con l'occhio acuto del Patriottismo; va per terra, recando notizie, solo, o con la forza, da una città all'altra, indagando abilmente ovunque; – discute e all'occasione si batte. Molto vi è da fare colà; lo stesso Jalès appare sospetto. Onde il legislatore Fauchet, dopo lunga discussione, propone dei Commissari e un Campo nella Pianura di Beaucaire; con o senza risultamento.
Di tutto questo e di tant'altre cose, notiamo solo questa piccola circostanza: che il giovane Barbaroux, avvocato, o segretario comunale di Marsiglia, essendo incaricato di trovare una soluzione a questo stato di cose, si reca a Parigi nel Febbraio del 1792. Bello e bravo: giovane Spartano, maturo nell'energia, se non nella saviezza; sul cui nero destino aleggerà nondimeno un certo rosso fervore; strisce dalla tinta del luminoso Mezzodì, non interamente ingoiate dalla Morte! Notate anche che i Roland di Lione sono di nuovo a Parigi: per la seconda ed ultima volta. A Lione, come dappertutto, è abrogato l'Ispettorato del Re: Roland ha diritto alla sua pensione, se conseguibile; ha amici patrioti con cui comunica; e dopo tutto ha un Libro da pubblicare. Quel giovane Barbaroux e i Roland vennero insieme; lo spartano attempato Roland avea simpatia, amore anche, pel giovane Spartano, e ne era riamato, si può immaginarlo. E Madame...? Non fiatare, o spirito maligno, dalla lingua malefica! Quell'anima è incontaminata, chiara come lo specchio del mare. E che vuol dire che entrambi si guardassero negli occhi e che ognuno, nel silenzio d'una tragica rinunzia, trovasse l'altro amabile sopra ogni cosa! Honni soit! Ella lo dice «bello come Antinoo»; egli «parlerà altrove di quella donna meravigliosa». Una signora d'Udon (o qualche cosa di simile, poichè Dumont non rammenta bene) offre copiose colazioni ai Deputati Brissottini e agli Amici della Libertà, nella sua casa alla Place Vendôme; con una celerità temporanea, con la grazia e il sorriso; non senza spesa. Quivi tra un cicaleccio vuoto e un continuo tintinnare, si fa il piano del nostro Dibattito Legislativo quotidiano, e su molte cose si delibera. Vi s'incontra il rigido Roland, ma non sovente.