Capitolo VIII I GIACOBINI

Eppure il Patriottismo non deve disperare. Non abbiamo forse, a Parigi almeno, un virtuoso Pétion e tutta una Municipalità Patriottica? Il virtuoso Pétion fin dal Novembre, è Maire di Parigi; nel nostro Municipio, il Pubblico, giacchè il Pubblico vi è ormai ammesso, può notare un energico Danton; poi un epigrammatico Manuel, lento, ma sicuro; un risoluto e impenitente Billaud-Varennes, della scuola dei Gesuiti; Tallien, abile editore: niente altro che Patrioti, migliori o peggiori. Così risultarono le Elezioni di Novembre; formando il contento della più parte dei cittadini; anzi la Corte medesima appoggiava Pétion anzichè Lafayette. E così Bailly e i suoi Feuillants, dopo un lungo scemare al pari della luna, dovettero ritirarsi, – dopo aver fatti penosi atti di sommessione, per sparire nel nulla – o peggio, invero, in una lurida semioscurità, amareggiati dall'ombra di quella loro bandiera rossa, e dal ricordo dello Champ-de-Mars. Come è rapido il progresso di uomini e cose! Non più Lafayette, come il giorno della Federazione, nella sua ora meridiana, «punta con mano ferma la spada sull'Altare della Patria», e giura in cospetto della Francia; ah no, egli è andato diminuendosi, tramontando, fin da quel momento, ed ora pende in atto di tramontare all'estremo dell'orizzonte, comandando uno di quei Tre eserciti, che paiono stuoli di Gru al tempo della muta, nella maniera più sospetta, più infruttuosa, più disadatta.

Ma, alla peggio, non può il Patriottismo, forte di tante migliaia d'uomini in quella Metropoli dell'Universo, aiutarsi? Non ha esso buone mani, e picche? La fabbricazione delle picche, che non fu proibita dal Sindaco Bailly, è stata sancita dal Sindaco Pétion, sancita dall'Assemblea Legislativa. E perchè no; quando la cosiddetta Guardia Nazionale del Re «fabbricava cartucce segretamente»? Il cambiamento è necessario per la stessa Guardia Nazionale; tutto quello Stato Maggiore di Guardia Feuillant-aristocratico deve essere sbandato. Inoltre, i cittadini senza uniforme possono di certo far parte della Guardia, le picche accanto ai moschetti; il cittadino «attivo» come quello passivo, che possono combattere per noi, non sono forse entrambi i benvenuti? – O amici Patrioti, certamente Sì! Ma la verità è questa: ovunque, il Patriottismo, foss'anche il più elegante, il più logico, il più rispettabile, deve, o abbracciare con coraggio il Sanculottismo fosco, senza fondo; o perdersi nella più orrida maniera, nel Limbo! Alcuni torcendo il naso, fiuteranno il Sanculottismo disdegnandolo; altri si appoggeranno ad esso con coraggio; altri ancora vi si appoggeranno per paura: tre categorie, ad ognuna delle quali corrisponderà il suo destino.

Sotto un tal punto di vista, frattanto, non abbiamo forse al presente un'Alleata Volontaria, più forte d'ogni altra cosa, la Fame? La Fame; quale corrente di Terror Panico apporta la Fame congiunta a tant'altre miserie! Poichè il Sanculottismo s'alimenta di ciò che dà la morte ad altre cose. Quello sciocco di Pietro Baille fece quasi un epigramma, benchè inconsciamente, quando scrisse: «Tout va bien ici, le pain manque, tutto va bene qui, manca il pane»; e il mondo Patriottico rise, non dell'epigramma, ma di chi scriveva.

Nè, lo sapete, vi è Patriottismo senza la sua Costituzione che può camminare; senza il suo Parlamento non impotente, o chiamatelo pure Concilio Ecumenico o Assemblea Generale delle chiese di Jean Jacques: senza la SOCIETÀ MADRE, specialmente! La Società Madre con le sue piccole Nipoti che cominciano a muovere i primi passi in ogni villaggio della Francia, nel numero, crede Burke, di centinaia di migliaia. Questa è la vera Costituzione; fatta, non da Milleduecento Augusti Senatori, ma dalla stessa Natura; ed è sorta, inconsapevole, dai bisogni, dagli sforzi di Venticinque Milioni di uomini. «Sono Padroni degli Articoli» i nostri Giacobini; provocano dibattimenti alla Legislativa, discutono di Pace e di Guerra, stabiliscono in precedenza ciò che deve fare la Legislativa: con grande scandalo dei Filosofi e di molti Storici, – che in questo giudicano naturalmente, eppure non saviamente. Un Potere Governante deve esistere: gli altri vostri poteri qui sono simulacri; e questo potere è veramente governante.

La Società Madre è grande: essa ha avuto l'onore d'essere denunziata dall'austriaco Kaunitz; ed è divenuta più cara al Patriottismo. Con la fortuna e col valore ha potuto estinguere lo stesso Feuillantismo, o almeno il Club dei Feuillants. Quest'ultimo, che procedeva in altro tempo a testa alta, essa ebbe la soddisfazione di vederlo, il 18 Febbraio, chiuso, estinto; essendovisi i Patrioti introdotti tumultuosamente, per metterlo fuori coi fischi. La Società Madre ha ampiati i suoi locali e si estende ora su tutta la navata della Chiesa. Spingiamo lo sguardo in essa col degno Toulongeon, il nostro antico amico Ex Costituente, che, fortunatamente, ha occhi per vedere. «La navata della Chiesa dei Giacobini», egli dice, «s'è mutata in un vasto Circo, di cui i sedili risalgono circolarmente come un anfiteatro fino alla sommità del tetto della cupola. Un'alta Piramide di marmo nero, costruita contro una delle pareti, che era in origine un monumento sepolcrale, è solo rimasta in piedi, e serve ora da Bureau degli impiegati. Qui, su un'elevata piattaforma, siedono il Presidente e i Segretari; più in alto, alle loro spalle sono i bianchi busti di Mirabeau, di Franklin e di vari altri, e finalmente quello di Marat. Di faccia è la Tribuna che si solleva giusto a metà tra il pavimento e il tetto della cupola, in modo che la voce dell'oratore parta dal centro. Di là tuonano le voci che scuotono tutta Europa: giù, in silenzio, è la fucina dei fulmini e dei marchi infocati. Nel penetrare in quel vasto circuito, ove tutto è smisurato, gigantesco, la mente non può reprimere un moto di terrore e di meraviglia; l'immaginazione si riporta a quei terribili templi, che la poesia delle antiche età ha consacrati alle Deità Vendicatrici».

Nè mancano scene in quest'Anfiteatro Giacobino; – se la Storia avesse tempo di occuparsene. Le bandiere dei «Tre Popoli Liberi dell'Universo», bandiere della fratellanza trina dell'Inghilterra, dell'America, della Francia, hanno sventolato quivi all'unisono, mediante una Deputazione di Londra di Whigs o Wighs e il loro Club, da un lato; e di giovani Citoyennes francesi dall'altro. Cittadine belle, dalla parola dolce, che con tutta solennità distribuiscono saluti e fanno atti di fratellanza; protendono la bandiera tricolore cucita con le loro mani, e alfine spargono Spighe di Grano, mentre tutto il duomo risuona d'un grido che parte da tutte le gole: Vivent les trois peuples libres! – una scena delle più drammatiche. La Demoiselle Théroigne narra da quella Tribuna, sospesa in aria, le sue persecuzioni in Austria. Ella viene appoggiata al braccio di Joseph Chénier, il Poeta Chénier, a chiedere la libertà per gli sventurati Svizzeri dello Château-Vieux. Sperate, voi quaranta Svizzeri; mentre lavorate di remo a tutto potere nelle acque di Brest; non dimenticati.

Il Deputato Brissot perora da quella Tribuna; Desmoulins, il nostro empio Camillo, interrompe dal basso con la parola «Coquin!». Qui, quantunque meno frequentemente che fra i Cordeliers, risuona la voce leonina di Danton; vi è l'arcigno Billaud-Varennes; Collot d'Herbois perora pei quaranta Svizzeri, eccitandosi fino al parossismo. L'apoftegmatico Manuel conchiude con queste forti parole: «Un Ministro deve perire!», cui l'anfiteatro risponde: «Tous, tous, Tutti, tutti!» Ma il gran Sacerdote, il Presidente di quel luogo, come dicemmo, è Robespierre, l'uomo di lunga lena, l'incorruttibile. Quale spirito di Patriottismo era in quegli uomini a quei tempi, sta a dimostrarlo, secondo noi, questo solo fatto: millecinquecento creature umane cui non correva nessun obbligo, sedevano tranquille ascoltando l'oratoria di Robespierre; ascoltavano, magari di notte, per ore ed ore, plaudenti, a bocca spalancata, quasi per ricevere la parola della vita. Individuo più insopportabile, si può dirlo, raramente aprì la bocca in una Tribuna. Acre, implacabile per la sua stessa impotenza, uggioso da generare il sonno, sterile come il vento Harmattan. Egli, con un discorso interminabile e d'una futile insistenza, parla contro la guerra immediata, contro i Bonnets Rouges, contro tante cose; ed è il Trismegistus, il Dalai-Lama dei Patrioti. Pure, un ometto dalla voce stridula, ma dagli occhi belli, dalla bella fronte larga protesa, s'alza rispettosamente per contradirlo; egli è, dicono i Giornali, «il Signor Louvet, autore del grazioso romanzo Faublas». Giudizio, o Patrioti! Non create ancora due correnti; con una Francia tremante di terror panico nei Distretti Rurali, e un'Europa Cimmeria che v'incalza turbinando!

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