Affrettati a portare il tuo aiuto, o Bouillé; se un pronto aiuto non viene, tutto adesso è veramente in «fiamme», e l'incendio chissà mai dove può estendersi! Molto in questi momenti dipende da Bouillé; secondo la sua azione tutto il Futuro può avere un indirizzo più che un altro. Se, per esempio, egli indugiasse dubbioso, e non venisse; o se venisse e non riuscisse nell'impresa; tutta la soldatesca della Francia si ammutinerebbe, le Guardie Nazionali andrebbero chi di qua chi di là; il Realismo sfodererebbe il suo spadone, il Sanculottismo brandirebbe la sua picca; e lo spirito del Giacobinismo, ancor giovane, con un'aureola di raggi solari, diverrebbe ad un tratto maturo, circondato dal fuoco infernale – al pari di quegli esseri umani che in una notte d'angoscia mortale hanno visto divenir grigi i loro capelli!
Il bravo Bouillé s'avanza rapidamente, con l'antica inflessibilità accrescendo il suo seguito, «sfortunatamente con una lieve affluenza» di persone che vengono dall'Est, dall'Ovest e dal Nord. Ed ora, martedì mattina, l'ultimo giorno del mese, egli, concentrando le sue forze, disgraziatamente sempre scarse, si ferma nel villaggio di Frouarde, a poche miglia di distanza. Non è al mondo figlio d'Adamo che abbia quel mattino un compito innanzi a sè più incerto di quello di lui. Tutto un mare inquieto e infiammato di dubbî e di perigli, e Bouillé che su una sola cosa poteva contare: sulla propria fermezza. Questa sola cosa peraltro ne valeva mille altre. E infatti egli con fermezza affrontò il quesito: «La sottomissione, oppure una battaglia spietata, la distruzione: ventiquattr'ore per fare la vostra scelta». Questo fu il tenore del suo Proclama, di cui mandava ieri trenta copie a Nancy, – e tutte, come sappiamo, intercettate e non impostate.
Nondimeno questa mattina alle undici e mezzo, apparentemente in risposta ad esse, si reca da lui a Frouarde una Deputazione inviata dai reggimenti ammutinati e dai membri del Municipio di Nancy, per vedere quel che si può fare. Bouillé riceve questa Deputazione «in una larga corte scoperta attigua al suo alloggio». Vi assistono il pacificato Salm ed altri che sono stati invitati, e tutti fortunatamente pacifici e ben disposti. Gli Ammutinati si esprimono in un tono così reciso, che a Bouillé sembra insolenza; e fortunatamente anche a Salm. Salm, dimentico del fatto della scala di Metz e della sciabola, chiede che quegli scellerati «siano impiccati» sul momento. Bouillé respinge l'idea dell'impiccagione; ma risponde che i soldati ammutinati non hanno che una via da seguire, una sola: liberare con sincera contrizione i signori Denoue e Malseigne; e tenersi pronti per mettersi in marcia per quel luogo che egli ordinerà; e «sottomettersi e pentirsi», come l'Assemblea Nazionale ha decretato e come egli ieri ha fatto stampare in trenta Proclami da affiggere. Queste sono le sue condizioni, inalterabili come i decreti del Destino. E poichè queste condizioni, come sembra, non saranno accettate dai deputati degli Ammutinati, sarebbe opportuno per loro scomparire da quel luogo al più presto possibile; per lui, fra pochi istanti, il motto sarà «Avanti!». I deputati degli Ammutinati scompaiono non senza sollecitudine; quelli Municipali, preoccupati oltre il dovere delle loro persone, preferiscono restare con Bouillé.
Il bravo Bouillé, quantunque guardi la cosa con occhio troppo sicuro, conosce molto bene la sua posizione. A Nancy v'è poco da fare, con soldati ribelli, con Guardie Nazionali tentennanti, con una così larga distribuzione di fucili, contro l'impeto e la furia di diecimila combattenti; mentre non è con lui che appena la terza parte di quel numero, composto per giunta di Guardie Nazionali incerte, di Reggimenti appena pacificati; che se nel momento attuale sono furenti e tumultuano anelanti di marciare, non si sa poi qual nuova forma potrebbero assumere in un prossimo momento quel loro furore e quel loro tumultuare. È come chi trovandosi sull'instabile sommità d'un maroso, fosse costretto a calmare gli altri marosi! Bouillé si deve «abbandonare alla fortuna», che qualche volta, come si dice, favorisce gli audaci. Alle dodici e mezzo, essendo scomparsi i deputati degli Ammutinati, i nostri tamburi rullano; noi marciamo alla volta di Nancy! Che Nancy pensi, dunque, ai casi suoi; poichè Bouillé ha riflettuto e deciso.
Senonchè, come mai può pensare a Nancy, se non è più una città, ma una Bedlam? Il feroce Château-Vieux è per la difesa fino alla morte, e obbliga il Municipio ad ordinare, a suon di tamburo, a tutti i cittadini che hanno pratica d'artiglieria, di mettersi all'opera prestando il loro aiuto nel maneggio del cannone. D'altro canto, l'effervescente Régiment du Roi si riunisce nel suo quartiere, ed è desolato nell'udire in qual posizione trovasi il brioso Salm, e grida dalle sue mille gole: «La loi, la loi!». Il Mestre-de-Camp strepita, con giuramenti profani, in un misto di terrore e di furore. Le Guardie Nazionali guardano di qua e di là senza sapere che fare. Che città di Bedlam! tanti piani quanti cervelli; tutti comandano e nessuno ubbidisce; nessuno è quieto tranne i morti che dormono sotto terra, dopo aver compiuta la loro battaglia.
Osservate intanto come Bouillé mantiene la parola: «alle due e mezza», gli esploratori riferiscono che egli è ad una mezza lega dalle porte; facendo gran rumore, col cannone e con tutti gli ordegni di guerra; non respirando che distruzione. Una nuova deputazione di Municipali, Ammutinati e Ufficiali gli va incontro, chiedendo istantaneamente che si accordi loro un'altra ora. Bouillé accorda l'ora. Trascorsa l'ora, non comparendo nè Denoue nè Malseigne, secondo la promessa, fa battere i tamburi e si riprende il cammino. Verso le quattro i cittadini, terrorizzati, possono ritrovarsi faccia a faccia con lui. I suoi cannoni s'avanzano con fracasso sui loro carri; la sua avanguardia è a una trentina di passi dalla Porta Stanislao. Egli s'avanza come un pianeta a intervalli determinati, per legge di natura! e poi? Ma ecco una bandiera di tregua e di armistizio; si scongiura di sostare. Malseigne e Denoue sono in istrada e vengono a questa volta; tutti i soldati sono pentiti e pronti a sottomettersi, a marciare! Lo sguardo adamantino di Bouillé non si altera; nondimeno la parola Alt è detta: momento più felice egli non vide mai. Oh gioia suprema! Malseigne e Denoue realmente escono, scortati dalle Guardie Nazionali, per le strade in preda alla frenesia, ove si grida che son venduti all'Austria e così via; ed essi illesi salutano Bouillé. Bouillé si fa da lato per parlare con loro e con altri capi della Città, dopo aver già ordinato per quali Porte e per quali Via i Reggimenti ammutinati debbano mettersi in marcia.
Questo colloquio coi due Ufficiali Generali ed altri Notabili della città era ben naturale; nondimeno si sarebbe desiderato che Bouillé lo avesse rinviato e non si fosse appartato con loro. Quelle masse tumultuose e infiammabili, che s'agitano scompigliate respingendosi reciprocamente, alcune di sottile ossido di nitro, alcune di solfureo gas infiammabile, – non sarebbe stato bene tenerle affatto separate mettendosi in mezzo finchè non si fosse vuotato lo spazio? Numerosi soldati sbandati dello Château-Vieux ed altri non hanno marciato con le loro colonne principali, che filano via dalle Porte indicate e vanno a stazionare in campo aperto. Le Guardie Nazionali sono in uno stato d'incertezza che rasenta la demenza; la plebe, armata e inerme, si accalca in preda al delirio, tradita, venduta agli Austriaci, venduta agli Aristocratici. Vi sono cannoni carichi con le micce accese fra loro, e l'avanguardia di Bouillé è a trenta passi dalla porta della città. Il comando non può allignare in quella frenetica massa infiammabile, che cova sotto la cenere e s'agita in una cieca e fumida rabbia, che si rifiuta ad aprire la porta quando le viene intimato e dice che piuttosto aprirà la gola del cannone! Non cannonate, o fratelli, a meno che non tirate a traverso il mio corpo! grida quell'eroico giovane del Desilles, Capitano nel Roi, che circonda con le sue braccia lo strumento omicida. Lo Château-Vieux Svizzero, a viva forza, con bestemmie e con minaccie, giunge a strappare l'eroico giovane; che imperterrito e fra imprecazioni sempre crescenti va a sedersi sul focone. Fra le imprecazioni e lo strepito giunti all'ultimo punto, parte un primo colpo di moschetto, poi un secondo, poi un terzo che lo colpisce e lo fa rotolare nella polvere, – e nella follia strepitosa di quel momento, prende fuoco la miccia del cannone; e una scarica di mitraglia manda in aria una cinquantina d'uomini dell'avanguardia di Bouillé.
Fatalità! Quella scintilla del primo colpo di moschetto ha prodotto una tale scarica del cannone, una tal fiamma mortale; e ora dappertutto è una massa incandescente, una conflagrazione come d'Inferno. Con una rabbia demoniaca, l'avanguardia di Bouillé si precipita dalla porta Stanislao, e con rapido fuoco fa dileguare i Rivoltosi, che cadono morti o cercano qualche rifugio nelle cantine, donde continuano a far fuoco. I Reggimenti accampati nei campi odono questo; rientrano precipitosamente per la porta più vicina; Bouillé entra galoppando, furioso, inaudito; ed ora comincia a Nancy, come nel fatale palazzo dei Nibelungi, «un massacro orrido e grande».
Miserando spettacolo! Una follia orrenda e senza scopo, quale l'ira del Cielo raramente permette fra gli uomini! Dalle cantine e dalle soffitte, di fronte, dalla strada, da ogni angolo di via, da ogni quadrivio, dappertutto lo Château-Vieux e il Patriottismo mantengono il fuoco di fila omicida contro il fuoco omicida neppur esso antipatriottico. Il vostro azzurro Capitano Nazionale, crivellato dalle palle, combattendo non si sa da qual parte, chiede d'essere adagiato sulla bandiera, per morire. La patriottica donna (di cui è sopravvissuto il fatto e s'ignora il nome) grida allo Château-Vieux che non accenda l'altro cannone, e poichè a nulla vale il gridare, vi butta su una secchia d'acqua. Tu devi batterti, tu non devi batterti; dovrai batterti con questo, devi batterti con quello! Se il tumulto potesse destare gli antichi Morti, il Borgognone Carlo il Temerario sorgerebbero di sotto la sua Rotonda; poichè mai, dacchè egli furibondo affondò nei fossati perdendo la Vita e il Diamante, fu udito in quel sito un più grande strepito.
Tremila, secondo il calcolo di alcuni, giacciono mutilati, immersi nel sangue; la metà dello Château-Vieux è stata fucilata, senza bisogno d'una Corte Marziale. La Cavalleria, sia del Mestre-de-Camp che dei suoi nemici, può fare poco o nulla. Il Régiment du Roi era stato indotto a restare in caserma ove è tuttora palpitante. Bouillé, armato del terrore della Legge e favorito dalla Fortuna, trionfa alfine. In due ore di strage egli è penetrato nelle grandi Piazze, impavido, benchè abbia perduto quaranta ufficiali e cinquecento uomini; i superstiti dello Château-Vieux, tutti sfracellati, cercano un ricovero. Il Régiment du Roi, purtroppo non più effervescente ormai, ma evaporato, offre di deporre le sue armi, e vuol «mettersi in marcia in un quarto d'ora». Anzi questo povero svaporato richiede una «scorta» che l'accompagni, e l'ottiene, quantunque siano in mille e forti ed abbiano ciascuno trenta cartucce cariche a palla! Il sole non è ancora tramontato quando si ha la Pace, una Pace sanguinosa che si sarebbe potuta ottenere senza spargimento di sangue. I Reggimenti ammutinati sono in marcia, tristemente, per le loro tre Vie; e da Nancy esalano i lamenti degli uomini e delle donne, la voce del pianto e della desolazione; la Città piange i suoi uccisi che non si desteranno mai più. Le strade sono deserte e non si veggono che pattuglie vittoriose.
Per tal modo la Fortuna, che favorisce gli audaci, ha tratto Bouillé, come egli stesso dice, fuori di questo spaventevole pericolo «afferrandolo pei capelli». Un uomo intrepido, adamantino, questo Bouillé: – se si fosse trovato egli al posto del vecchio Broglie nelle giornate della Bastiglia, le cose sarebbero andate diversamente! Egli ha distrutto l'ammutinamento e la smisurata guerra civile. Non per niente, come vediamo; ma, in ogni modo, a un prezzo che egli e il Patriottismo Costituzionale considerano a buon mercato. Anzi, quanto a Bouillé, egli, stretto dai contrasti che seguirono, dichiarava freddamente che, piuttosto contro la sua volontà e più per dovere militare, spense l'ammutinamento, – essendo ora la guerra civile a oltranza la sola, l'unica via d'uscita. E, diciamo noi, messo alle strette dai contrasti che seguirono! Invero la guerra civile è il Caos, e in ogni Caos vitale v'è un nuovo Ordine che si va plasmando; ma qual fede mai potea far credere che di tutti i nuovi Ordini capaci di uscire dal Caos, dalle Possibilità dell'Uomo e del suo Universo, Luigi XVI e la Monarchia dalle Due Camere dovessero essere proprio la forma che ne dovrebbe uscire? È come si prendesse a gettare i dadi, mettiamo, cinquecento volte di seguito ed ogni colpo dovesse essere predestinato – per Bouillé. Piuttosto ringrazia sempre la Fortuna e il Cielo, intrepido Bouillé; e lascia che le discussioni abbiano il loro corso! La guerra civile che infieriva dappertutto in Francia in quel momento, avrebbe potuto menare ad una cosa o ad un'altra; frattanto spegnere il conflitto ovunque si trovi e dove si può, è questa stata sempre la regola dell'uomo in genere, dell'Ufficiale Generale in ispecie.
Immaginate un po' che avvenne a Parigi, così agitata e divisa, quando i Messaggeri lanciati a briglia sciolta entrarono nella città con notizie così strane! Grande è la gioia; e profonda è altresì l'indignazione. Una Augusta Assemblea, con una maggioranza schiacciante, ringrazia entusiasticamente Bouillé; un autografo del Re e le voci di tutti i Leali e di tutti i Costituzionali sono improntati allo stesso tenore. Un solenne officio funebre Nazionale pei difensori della Legge uccisi a Nancy è detto e cantato al Campo di Marte; e vi assistono Bailly, Lafayette e le Guardie Nazionali, eccettuate poche che protestano. Non mancano la pompa e gli accessorî: non il Calicò episcopale dalle fasce tricolori, e l'altare della Patria dalle pire fumiganti o incensieri; il vasto Campo di Marte è tutt'intorno pavesato da drappi mortuarî; – quanto alle gramaglie e alla spesa, Marat è d'opinione che sarebbe stato meglio comprare del pane e darlo a' Patrioti vivi, affamati in quei giorni di carestia. Nello stesso tempo, il Patriottismo vivo, e Sant-Antoine, che noi abbiamo visto a chiudere rumorosamente le botteghe e far altro di simile, si riunisce ora «raggiungendo il numero di quarantamila»; e con alte grida, proprio sotto le finestre di quell'Assemblea Nazionale che inviava i suoi ringraziamenti, chiede vendetta pei fratelli trucidati, chiede che Bouillé sia messo in istato d'accusa, e che il Ministro della Guerra Latour du Pin sia immediatamente licenziato.
Nell'udire e nel vedere tali cose, non il Ministro della Guerra Latuor, ma Necker, «il Ministro adorato», trova opportuno, il 3 Settembre del 1790, di ritirarsi, quietamente, quasi in segreto, – adducendo «il motivo di volersi ristabilire in salute». Egli si reca nella nativa Svizzera; ma non allo stesso modo come ne venne; fortunato di giungervi vivo almeno! Quindici mesi addietro lo vedemmo venire scortato da cavalli, a suon di trombe e di tromboni; ed ora, ad Arcis-sur-Aube, mentre egli parte senza scorta e senza suoni, il Popolaccio e i Municipali lo trattengono come un fuggitivo, e non sarebbero alieni dal massacrarlo come un traditore; l'Assemblea Nazionale, interpellata all'uopo, gli accorda la libera uscita come a una nullità. Tale instabile «plasma del Caso» è la sostanza di questo basso mondo, per quelli che abitano le sue case d'argilla; specialmente nelle regioni e nei tempi ardenti, i più superbi edifizî da noi costruiti mettono le ali e divengono palazzi di sabbia del Sahara, con i loro pilastri presi nel turbine, e ci seppelliscono sotto la loro polvere!
Malgrado i Quarantamila, l'Assemblea Nazionale persiste nei suoi ringraziamenti, e il Realista Latour-du-Pin seguita ad essere Ministro. I Quarantamila si riuniscono il giorno seguente, più rumorosi che mai; e si precipitano verso il Palazzo di Latour; ivi trovano il cannone sotto l'atrio con la miccia accesa, e son costretti a dirigere altrove i loro passi, digerendo la loro bile, o assorbendola nel sangue.
Frattanto lassù in Lorena i caporioni della distribuzione dei fucili del Mestre-de-Camp du Roi son messi sotto accusa; – eppur non saranno mai giudicati. Più spiccio è il giudizio dello Château-Vieux. Lo Château-Vieux è, per legge svizzera, abbandonato per un giudizio immediato alla Corte Marziale dei suoi ufficiali. Questa Corte Marziale, con tutta brevità (in poche ore), ne ha impiccati ventitrè su appositi patiboli; ne ha spediti una sessantina incatenati alle Galere; e in questo modo, apparentemente, la cosa ha fine. Gli uomini impiccati scompaiono per sempre da questa Terra; ma, dopo le catene e la Galera, può esservi la resurrezione, il trionfo. La resurrezione dell'Eroe incatenato; ed anche del Ribaldo o Semiribaldo! Lo scozzese John Knox, un eroe mondiale, a nostra notizia, andava remigando, torvo e taciturno, sulla galera francese, «nelle Acque della Loira», e scagliava lontano la loro Vergine Maria, invece di baciarla, – come una tavoletta dipinta, una Vergine di legno, che naturalmente poteva galleggiare. Così, voi dello Château-Vieux, remigate pazientemente, non senza speranza!
Ma, veramente, a Nancy in generale, l'aristocrazia passeggia in carrozza con aria di trionfo, sprezzante. Bouillé è ripartito il secondo giorno, e un Municipio Aristocratico, libero della sua azione, è ora crudele per quanto è stato prima codardo. La Società Filiale, quale madre di tutto il male, è soppressa ignominiosamente; le Prigioni non possono contenere altri prigionieri; il Patriottismo atterrato mormora, non a voce alta, ma profondamente. Qui e nelle città vicine «le palle schiacciate», raccolte per le strade di Nancy, adornano le bottoniere; le palle schiacciate che davano la morte al Patriottismo sono portate indosso attaccate alle bottoniere, come eterno momento di vendetta. I riottosi disertori vanno raminghi pei boschi e sono costretti a chiedere l'elemosina col fucile spianato. Tutto è dissoluzione, reciproco rancore, tristezza e disperazione – finchè arrivano i Commisarî dell'Assemblea Nazionale, con una costante e gentil fiamma di Costituzionalismo nei loro cuori; essi con garbo rialzano gli abbattuti e con pari garbo abbassano quelli che sono saliti troppo alto; ristabiliscono la Società Filiale, richiamano gli ammutinati disertori; a grado a grado, rimettono le cose a posto; cercano per tutte le vie di ristabilire l'equilibrio, calmare e raddolcire. Così, livellando gradualmente da un lato, e con un solenne servizio funebre, e le pire, e le Corti Marziali, e i ringraziamenti nazionali dall'altro — tutto ciò che l'Officialità, poteva fare, è fatto. Le bottoniere lascieranno cadere le loro palle schiacciate; dal nero stato di cenere, in quanto è possibile, torna a spuntare il verde.
Questo è «l'«Affaire de Nancy», da alcuni chiamato il «Massacro di Nancy»; – propriamente parlando, lo spiacevole rovescio della medaglia di quella festa delle picche triplicemente gloriosa; il cui lato dritto formò uno spettacolo grato perfino agli Dei. Il diritto e il rovescio son sempre così vicini: l'uno fu in Luglio, l'altro in Agosto! I teatri, persino i teatri di Londra, sfoggiano il loro simulacro di carbone di quella «Federazione del Popolo Francese», ridotta a dramma. Questo di Nancy, possiamo dire che, quantunque non recitato in nessun teatro di cartone, si rappresentava da sè e passava anche, spettrale, – in tutte le teste francesi. Poiché la novella vola con un gran rumore per tutta la Francia, destando, nelle città e nei villaggi, nei circoli e nelle trattorie fino ai più lontani confini, delle riflessioni mimiche, delle immaginose ripetizioni del fatto, dando sempre luogo a quelle asserzioni polemiche ed amare: Fu giusto, fu ingiusto. Onde controversie e duelli, acredine e gergo vano, che affrettavano, aumentavano, intensificavano altrettante nuove esplosioni già in serbo per noi.
Frattanto, a costo d'una cosa o d'un'altra, l'ammutinamento, come dicevamo, è sedato. L'Esercito francese non proruppe nè in un simultaneo e universale delirio, nè, sbandato d'un subito, vi pose fine cominciando una vita nuova. Esso deve morire d'un male cronico, dopo anni, a poco a poco, passando attraverso rivolte parziali; come quella dei marinai di Brest e simili, che pur non osano ampliarsi; con uomini malcontenti e insubordinati; con ufficiali scontenti dai baffi realisti, che, soli, o in corpo, se ne vanno col loro cavallo oltre il Reno: da ogni parte uno scontento e un disgusto morbosi; l'Esercito moribondo, inadeguato a qualsiasi ufficio – finchè, inaspettatamente, a guisa di Fenice, dopo una lunga agonia, muore e rinasce simultaneamente; indi si leva forte, poi più forte, poi fortissimo.
Fino a questo punto era destinato che dovesse arrivare Bouillé. E con ciò lasciamo che egli si dilegui nell'oscurità, e a Metz o nei Cantoni rurali manovri assiduamente, faccia della misteriosa diplomazia, facendo seguire un progetto a un altro, aleggiando come per lo innanzi, a mo' di un languido fantasma, speranza della Regalità.