E Dumouriez col suo Esercito fuggitivo, col suo Re Ludovicus o Re Philippus? Là è la crisi; là pende il quesito: Rivoluzione-Prodigio, o Contro-Rivoluzione? – Un alto grido si spande per tutta quella regione del Nord-Est. I soldati, pieni di rabbia, di sospetto e di terrore, affluiscono qua e là. Dumouriez, l'uomo dai molteplici consigli, che mai smonta da cavallo, non conosce ormai nessun consiglio che non sia peggio che niente: come, per esempio, il consiglio di unirsi a Coburg, marciare su Parigi, estinguervi il Giacobinismo, e con un Re Ludovico o Filippo ristabilirvi la Costituzione del 1791!
La Saggezza abbandona dunque Dumouriez? L'Araldo della Fortuna lo lascia? I Principii, la fede politica o altro, oltre a una certa fede di caserma, all'onore d'ufficiale, non lo dovevano abbandonare. In ogni modo i suoi quartieri nel Borgo di Saint-Amand; i suoi quartieri generali nel Villaggio di Saint-Amand des Boues, a breve distanza – sono divenuti un Manicomio. Rappresentanti Nazionali, Missionarî Giacobini corrono a cavallo: delle «tre Città», Lille, Valenciennes e anche Condé che Dumouriez voleva prendere per proprio conto, nessuna potè esser presa; il vostro Capitano è ammesso, ma la Porta della città gli vien chiusa dietro, e poi, purtroppo, anche la porta della Prigione, e «i suoi uomini gironzano intorno ai bastioni». I Corrieri galoppano a perdifiato; gli uomini attendono o hanno l'aria di attendere il momento d'assassinare o essere assassinati; Battaglioni resi quasi frenetici dal sospetto e dalla incertezza, vanno di qua e di là gridando Vive la République e Sauve-qui-peut; – la Rovina e la Disperazione sotto le spoglie di Coburg sono accampate ivi presso.
La Dame Genlis e la sua bella Principessa d'Orléans trovano che questo Borgo di Saint-Amand non è più luogo per loro; giacchè la protezione di Dumouriez è peggio che nulla. La tenace Genlis, una delle donne più resistenti; una donna che ha per così dire nove vite in sè; che nulla vale ad abbattere, fa il suo bagaglio; di certo per fuggire in segreto. Lascierà qui la sua amata Principessa col Principe Chartres Egalité suo fratello. In un mattino freddo e grigio noi la troviamo già adagiata in una vettura da nolo sulla via di Saint-Amand; i postiglioni proprio allora facevano schioccare la frusta per partire, – quando ecco che il giovane Principe Fratello giunge trafelato, e s'affretta a chiamarla, recando la Principessa, nelle sue braccia! In un attimo egli aveva presa la giovinetta, in veste da camera come si trovava, non salvando nessuno dei suoi effetti, eccettuato l'orologio che era al capezzale: con disperazione fraterna, egli la lancia fra i bauli nella carrozza della Genlis: Non la lasciate, per carità, in nome della Pietà e del Cielo! – Scena commovente, ma di breve durata: i postiglioni fanno schioccare la frusta, e via. Ma dove vanno? Attraverso vie fuori mano, per sentieri sperduti su pei monti; costretti a cercarsi la via con le lanterne, a notte chiusa; incontro a pericoli, agli Austriaci di Coburg, a Guardie Nazionali francesi sospettose: alfine giungono in Isvizzera; salve, ma quasi senza quattrini. Il bravo giovane Égalité s'aspetta una Dimane assai terribile, ma almeno ormai è solo a doverla sopportare.
Poichè, invero, lassù in quel Villaggio chiamato dei Bagni di fango, Saint-Amand des Boues, le cose vanno sempre peggiorando. Verso le quattro pomeridiane del Martedì 2 Aprile 1793, due Corrieri vengono di galoppo, come se si trattasse della vita: Mon Général! Quattro Rappresentanti Nazionali, con alla testa il Ministro della Guerra, vengono colla vettura postale a questa volta, da Valenciennes; sono qui presso, – e con quali intenti si può indovinarlo! Mentre i Corrieri stanno ancora parlando, il Ministro della Guerra e i Rappresentanti Nazionali, col vecchio Camus l'Archivista per principale oratore giungono. Mon Général ebbe appena il tempo di ordinare al Reggimento degli Ussari di Berchigny di allinearsi ed attendere là vicino in caso d'accidente. E così entra il Ministro della Guerra Beurnonville, che lo abbraccia amichevolmente, da vecchio amico; entra l'Archivista Camus e seguono gli altri tre.
Essi gli mostrano degli Atti, che invitano il Generale alla sbarra della Convenzione, semplicemente per dare alcune spiegazioni. Il Generale trova questo inopportuno, per non dire impossibile, e che «il servizio ne soffrirebbe». Allora si viene a ragionare; la voce del vecchio Archivista si fa più forte; ma è vano far la voce grossa con questo Dumouriez; egli non fa che rispondere con delle insolenze. E così, in mezzo ad ufficiali di Stato Maggiore piumati dall'aspetto fosco, nel pericolo e nella incertezza, questi poveri messaggeri Nazionali discutono e si consultano, si ritirano e rientrano per lo spazio di circa due ore: inutilmente. Sicchè l'Archivista Camus, a voce molto alta, dichiara nel nome della Convenzione Nazionale, da cui è autorizzato, che il Generale Dumouriezè in arresto: «Volete voi obbedire al mandato Nazionale, Generale?» «Pas dans ce moment-ci. Non in questo momento», risponde il Generale anche a voce alta; poi lanciando un'occhiata dall'altra parte, pronunzia certi vocaboli sconosciuti in tono di comando: a quel che pare, una parola d'ordine in tedesco. Gli Ussari s'impadroniscono dei Quattro Rappresentanti Nazionali e di Beurnonville, il Ministro della Guerra, e li trasportano fuori dell'appartamento, fuori del Villaggio, di là dalle linee a Coburg, in due carrozze, quella stessa notte, – come ostaggi prigionieri; per andare a giacere lungamente a Maestricht e nelle fortezze austriache! Jacta est alea.
Questa notte Dumouriez stampa il suo «Proclama»; questa notte e la dimane l'Esercito di Dumouriez, nell'oscurità visibile, in preda alla rabbia, alla disperazione in cui si trova, mediterà, su quello che fa il Generale, su quello che essi medesimi stanno facendo. Giudicate se il Mercoledì fosse una giornata dolce per tutti! Però il Giovedì mattina, scorgiamo Dumouriez con una piccola scorta, con Chartres Égalité e pochi ufficiali dello Stato Maggiore, che vanno al piccolo trotto lungo la strada di Condé; forse son diretti a Condé, per cercare di persuadere la Guarnigione di quel luogo; in ogni caso vanno per una intervista con Coburg, che aspetta nel bosco, a seguito d'un appuntamento preso. Presso il Villaggio di Doumet, tre Battaglioni Nazionali, un'accolta d'uomini sempre piena di Giacobinismo, ci passa rapidamente dinanzi; marciando piuttosto alla svelta, e a quel che pare, prendendo per errore una via, il cui percorso non era stato da noi ordinato. Il Generale smonta da cavallo e si ferma in una capanna, un po' discosto dalla via per dar loro un ordine scritto. Ma ascoltate! che strano brontolìo si ode, che specie di latrati, che alte grida di «Traditori, fermatevi!». I Battaglioni Nazionali hanno girato intorno e fanno fuoco! A cavallo, Dumouriez, e via di corsa, chè ne va la vita! Dumouriez e lo Stato Maggiore danno di sprone con tutta la forza; saltano fossi, e via pei campi che poi si trovano essere paludi, si dibattono, affondano per salvarsi la vita, mentre fischiano al loro orecchio le maledizioni e le palle. Affondano fino alla cintola, con o senza cavalli, dopo che parecchi servi sono stati uccisi, sfuggono alle fucilate, rifugiandosi nei quartieri austriaci del Generale Mack. Il giorno seguente tornano a Saint-Amand e dal fedele straniero Berchigny; ma a che giova? L'Artiglieria s'è tutta rivoltata e si dirige col suo strepito verso Valenciennes; tutti si sono rivoltati, tutti si rivoltano; eccettuato lo straniero Berchigny, col meschino numero di circa millecinquecento individui, poichè nessuno vuol seguire Dumouriez contro la Francia e la Repubblica Indivisibile: Dumouriez non ha più nulla a fare.
V'è un tale istinto di Patriottismo e di Sanculottismo in quegli uomini, che non seguiranno nè Dumouriez nè Lafayette, nè alcun mortale su tale via. Si può gridare Sauve-qui-peut, ma si grida anche Vive la République. Arrivano i nuovi Rappresentanti Nazionali; il nuovo Generale Dampierre, presto ucciso in battaglia; il nuovo Generale Custine: gli Eserciti agitati si ritirano in un Campo di Famars; e tengono testa a Coburg, come possono.
Così, Dumouriez è nei quartieri austriaci; il suo dramma è finito in questa maniera piuttosto dolorosa. Un uomo così accorto, così abile; uno degli Svizzeri del Cielo; che aveva solo bisogno di lavoro. Cinquant'anni di fatiche e di valore non riconosciuti; un anno di fatiche e di valore notati e osservati da tutti i paesi e da tutti i secoli; poi trenta altri anni di oblio, passati a scrivere le Memorie con la Pensione Inglese, per fare piani e progetti di nessuna utilità. Addio, o Svizzero del Cielo, degno di miglior sorte!
Il suo Stato Maggiore prende diverse vie. Il bravo e giovane Égalité arriva in Isvizzera alla Capanna di Genlis, avendo in mano un forte bastone di melo selvatico, un forte cuore nel petto; a tale è ora ridotto il suo Principato. Égalité Padre stava giuocando il whist, nel Palazzo Égalité a Parigi il sei di quello stesso mese di Aprile, allorchè entrò uno sbirro. Il Cittadino Égalité è richiesto dal Comitato della Convenzione! Segue l'interrogatorio, poi la domanda d'arresto, finalmente l'imprigionamento con trasferimento a Marsiglia al Castello di If! La Famiglia d'Orléans è affondata nelle acque nere; il Palais Égalité, già Palazzo Reale, è sul punto di divenire Palais National.