CAPITOLO IV LA PATRIA IN PERICOLO

O piuttosto diremo: duri a lungo la guerra parlamentare; si sballottino, si strozzino i Partiti sopprimendosi, soffocandosi a vicenda nella solita incruenta maniera parlamentare; ma ad una condizione: che la Francia sia messa in grado di esistere intanto. Ma questo Popolo Sovrano ha una facoltà digestiva, e non può fare a meno del pane. Inoltre, siamo in guerra, e dobbiamo avere la vittoria; in guerra con l'Europa, col Destino e con la Fame: ed ecco che nella primavera dell'anno ogni vittoria ci abbandona.

Dumouriez aveva estesi i suoi avamposti fino ad Aix-la-Chapelle, e formulato il più bel piano per piombare sull'Olanda, con lo strattagemma, coi battelli a fondo piano e con la rapida intrepidezza; e v'era riuscito fino a quel punto; ma sfortunatamente non potè riuscire ancora. Aix-la-Chapelle è perduta; Maestricht non si arrenderà al semplice fumo e al rumore; i battelli a fondo piano debbono lanciarsi di nuovo per rifare la via che hanno fatta. Siate fermi ora, siate rapidi, o uomini intrepidi e ritiratevi con fermezza come i Parti! Ohimè, fosse colpa del Generale Miranda; fosse colpa del Ministro della Guerra; fosse colpa di Dumouriez e della Fortuna; basta, non v'è altro che ritirarsi, – e magari non si dovesse fuggire; chè già le coorti e i soldati sbandati, in preda al terrore, si precipitano, senza aspettare gli ordini. Flutto disastroso di diecimila uomini, che non si arrestano fin che non rivedono la Francia. E v'è di peggio: lo stesso Dumouriez diviene forse segretamente un traditore? È molto acre il tono con cui egli scrive ai nostri Comitati. I Commissarî e i Predicatori Giacobini hanno prodotto questo danno incalcolabile; Hassenfratz non manda nè cartucce nè abiti; abbiamo in apparenza le scarpe, ma «hanno la suola di legno e di cartone». Insomma, niente è in regola. Quando furono Commissarî Danton e Lacroix ebbero bisogno d'unire il Belgio alla Francia; – del quale, Dumouriez avrebbe potuto fare il più grazioso Ducato a suo segreto profitto! Tutte queste cose hanno fatto andare in collera il Generale, che ci scrive aspramente. Chi sa mai che sta meditando questo piccolo Generale così ardente? Dumouriez Duca del Belgio o di Brabant, e il più giovane Égalité Re di Francia: sarebbe la fine per la nostra Rivoluzione! – Il Comitato della Difesa osserva e scuote la testa. Chi, eccettuato Danton, alieno dal sospetto, potrebbe ancora sforzarsi ad aver fiducia?

E il Generale Custine torna dalle contrade del Reno; la conquistata Magonza sarà riconquistata; i Prussiani la circondano per bombardarla con le palle e le bombe. Magonza può resistere. Il Commissario Merlin de Thionville «può fare delle sortite alla testa degli assediati»; – resistere fino alla morte; ma non oltre di questa. Qual triste rovescio per Magonza! Il bravo Forster, il bravo Lux piantarono gli Alberi della Libertà, al suono del ça-ira, fra la neve dello scorso inverno; e istituirono Società Giacobine, e incorporarono quel territorio alla Francia; poi vennero in Parigi, come Deputati o Delegati, ed ora hanno i loro diciotto franchi al giorno; ma ecco che prima che l'Albero della Libertà sia tutto coperto di foglie, Magonza si muta in un cratere esplodente, che vomita fuoco, che è invaso dal fuoco!

Nessuno di quegli uomini rivedrà Magonza; vi sono venuti nient'altro che per morire. Forster ha fatto il giro del mondo; egli vide perire Cook sotto le clave ad Hawai; ma come questa Parigi non ha niente veduto o sofferto. La povertà lo accompagna: niente gli può giungere da casa, tranne che le novelle di Giobbe; i diciotto franchi al giorno, che «percepiamo» qui con difficoltà come Deputati o Delegati, sono in assegnati, il cui valore decade rapidamente. La povertà, la delusione, l'inazione, la censura spezzano a poco a poco quel cuore generoso. Tale è la sorte di Forster. Del resto, la Demoiselle Théroigne vi sorride nelle Soirée: «un bel volto dai riccioli bruni», un carattere esaltato; ella trova il modo di tenere carrozza. Il Prussiano Trenck, il povero Barone sotterraneo, parla in gergo e si bisticcia in una maniera non melodiosa. La faccia di Tommaso Paine è arrossata dalle pustole, «ma gli occhi brillano straordinariamente». I Deputati della Convenzione v'invitano a pranzo molto cortesemente, e tutti giuochiamo a plumpsack . È «l'Esplosione, la Nuova creazione d'un Mondo», dice Forster, «e i suoi attori, esseri piccoli, meschini, vi ronzano intorno come un pugno di mosche».

Inoltre vi è guerra con la Spagna. La Spagna s'avanza fra le gole dei Pirenei, col fruscio delle bandiere borboniche; minacciosa, con la sua artiglieria risonante. L'Inghilterra ha indossato l'abito rosso, e marcia con l'Altezza Regale di York, – che si voleva una volta invitare ad essere il nostro Re. Ora s'è cambiato pensiero; e sempre più si va cambiando; fin che niente sarà più odioso sulla Terra d'un cittadino di quell'Isola tirannica; e Pitt sarà dichiarato e decretato con effervescenza, «l'ennemi du genre humain, il nemico del genere umano»; e, quel ch'è più strano, è l'ordine che nessun Soldato della Libertà dia quartiere a un Inglese. Al quale ordine, per altro, il Soldato della Libertà obbedisce solo in parte. Noi dunque non faremo prigionieri, dicono i Soldati della Libertà; quelli che prenderemo dovranno essere tutti «disertori». È un ordine insensato, soggetto a molti inconvenienti poichè è naturale, se voi non date quartiere, vien di conseguenza che neppur voi ne abbiate; e così la cosa prenderà delle proporzioni immense. – Il nostro reclutamento di Trecentomila uomini, «forza decretata per quest'anno», probabilmente avrà sulle braccia molto lavoro.

Tanti nemici vengono avanti circondandoci: penetrano attraverso le gole dei monti, veleggiano sul mare salato, verso ogni punto del nostro territorio; agitando le catene contro di noi. Inoltre, peggiore di tutti v'è un nemico proprio nell'interno del nostro territorio. Nei primi di Marzo i Sacchi postali di Nantes non arrivano; in loro vece arrivano Congetture, Apprensioni, Presagi di Rumore. E i presagi si appalesano veri. Quella Gente fanatica della Vandea non vuole più sopportare il giogo: il fuoco dell'insurrezione, finora dissipato con difficoltà, divampa un'altra volta, dopo la Morte del Re, come una vasta conflagrazione: non è la rivolta, è la guerra civile. I vostri Cathelineau, i vostri Stoffet, i vostri Charrette sono tutt'altri uomini che non si credeva: guardate come i loro Contadini vestiti dei loro abiti rustici, con armi rustiche, grossolanamente abbigliati, in preda alla loro fantastica frenesia gaelica, con un selvaggio grido di battaglia di Dio e il Re, si scagliano su di noi come un turbine fosco, e generando il panico nei nostri Nazionali meglio disciplinati, li riducono al Sauve-qui-peut! Guadagnano terreno di volta in volta; chissà dove si andrà a finire! Il Comandante Santerre è mandato colà; ma senza niun effetto; sarebbe valso lo stesso che fosse tornato a manipolare la birra.

È divenuto perentoriamente necessario che una Convenzione Nazionale cessi di discutere, e cominci ad agire. Ceda un Partito all'altro, e faccia presto. Non si tratta più di previdenza teorica; ma d'una rovina certa, imminente, cui bisogna riparare oggi stesso.

Fu l'8 Marzo di Venerdì che questo terribile messaggio di Dumouriez, preceduto e scortato da un'infinità di altri tristi messaggi, giunse alla Convenzione Nazionale. La più parte dei volti impallidiscono. Poco monta che i nostri Settembrizzatori siano puniti o vadano impuniti, se Pitt e Coburg s'avanzano, per venire a punire noi tutti; nulla v'è ora tra Parigi e il tiranno tranne che l'infido Dumouriez, e degli eserciti che si ritirano rumorosamente, all'impazzata! – Il Titano Danton si leva in quest'ora, come sempre nell'ora del bisogno. Grande è la sua voce che risuona nelle volte: – Cittadini Rappresentanti, in questa crisi fatale, non metteremo noi da parte la discordia? La reputazione: oh, che cosa è mai la reputazione di questo o quell'uomo? «Que mon nom soit fiétri; que la France soit libre: Sia infamato il mio nome; ma sia libera la Francia!» È mestieri che la Francia risorga, per una vendetta pronta, col suo milione di braccia, col suo cuore, come un sol uomo. Sia istantaneo il reclutamento in Parigi; che ogni Sezione di Parigi fornisca le sue migliaia d'uomini; ogni Sezione della Francia! Novantasei Commissarî presi dal nostro seno, due per ogni Sezione delle Quarantotto, debbono partire incontanente e dire a Parigi ciò che il Paese le richiede. Altri Ottanta di noi vadano in gran fretta per tutta la Francia a spandervi la croce di fuoco, a fare appello alla forza degli uomini. Che gli Ottanta partano prima che finisca questa seduta. Vadano, rendendosi ben conto della loro missione. Occorre prontamente un campo di Cinquantamila uomini tra Parigi e la frontiera del Nord; perchè Parigi l'inonderà dei suoi volontari! Spalla contro spalla; una sfida mortale, universale e forte, sorga ed echeggi, e noi ricacceremo indietro questi Figli della Notte; e la Francia sarà libera, a dispetto del Mondo! – Così risuona la voce del Titano: in tutte le sedi delle Sezioni, in tutti i cuori di Francia. Le Sezioni siedono a permanenza pel reclutamento e l'arruolamento quella stessa notte. I Commissari della Convenzione, su rapide ruote, trasportano la croce di fuoco di città in città fin che tutta la Francia sia infiammata.

E così sul palazzo civico sventola la bandiera della Patria in Pericolo, alla sommità della Cattedrale Notre-Dame è la Bandiera Nera; vi è proclamazione, eloquenza ardente; Parigi si scaglia impetuosa per abbattere i suoi nemici. Che in queste emergenze Parigi non fosse di dolce umore, è facile immaginarlo. Le vie sono in fermento, specie intorno la Salle de Manège! La Terrazza dei Feuillants si popola di Cittadini adirati e di Cittadine più adirate ancora; Varlet va in giro con una sedia portatile: escandescenze senza misura contro i perfidi Hommes d'État tutti parolai, amici di Dumouriez, amici segreti di Pitt e di Coburg, prorompono dai cuori e dalle labbra degli uomini. Combattere il nemico? Sì, e anche «ghiacciarlo di terrore, le glacer d'effroi»: ma prima ottenere che i Traditori domestici siano puniti! Chi sono coloro che facendo da critici e bisticciandosi, nella loro gesuitica maniera da ultra-moderati, cercano d'inceppare il movimento patriottico? coloro che dividono la Francia contro Parigi, e avvelenano la pubblica opinione nei Dipartimenti? coloro che, quando chiediamo il pane e la tassazione d'un prezzo massimo, ci minacciano con conferenze sul Libero Commercio dei grani? Può lo stomaco umano soddisfarsi con le conferenze sul Libero Commercio, e dobbiamo noi combattere gli Austriaci con la moderazione o con la violenza? Questa Convenzione dev'essere purgata.

«Istituite un Tribunale esecutivo pei traditori, un Maximum pei Grani», dicono con energia i volontari patrioti, mentre sfilano attraverso l'Aula della Convenzione, volando verso le frontiere; – perorando con quella loro vena eroica come tanti Cambise; fra gli applausi delle Gallerie e della Montagna, e il mormorio della Destra e della Pianura. Nè mancano i prodigi: ohibò! Mentre un Capitano della Sezione Poissonnière perora con veemenza su Dumouriez, sul Maximum e sui Traditori Crypto-Realisti e la sua truppa gli fa coro, con la Bandiera che ondeggia sulle loro teste, l'occhio d'un Deputato discerne in quella stessa Bandiera, che le sue cravates o pennoncelli hanno il giglio regale! Il Capitano della Sezione si pone ad urlare; urla la sua truppa presa d'orrore, e la «Bandiera è calpestata sotto i piedi». È forse l'opera d'un complotto Crypto-realista? È molto probabile; ma chi sa poi che non sia quella una vecchia Bandiera della Sezione, manifatturata prima del Dieci Agosto, quando quei pennoncelli andavano così fatti?

La Storia, esaminando le Memorie dei Girondini, ansiosa di districare la verità dal viluppo di fatti convulsivi, trova che quei giorni di Marzo, e specialmente quella domenica del Dieci Marzo, rappresentano una gran parte. Complotti, sempre complotti; un complotto per assassinare i Deputati Girondini; gli Anarchici e i Realisti segreti complottano, con un concerto infernale, per questo scopo! E tutto ciò, in massima parte, è isterismo. Ciò che troviamo incontestabile è che Louvet e alcuni Girondini, immaginando di poter essere assassinati il Sabato, non andarono alla seduta della sera; ma, consigliandosi a vicenda, ciascuno incitava l'altro a prendere una risoluzione e finirla con questi Anarchici; per tutta risposta Pétion aprì la finestra, ed osservando che la notte era piovosa, non fece che dire: «Ils ne feront rien», e, ripreso tranquillamente il suo violino, dice Louvet, con una dolce melodia lidia si distraeva dai pensieri che lo divoravano. Louvet si credeva esposto ad essere ucciso; e parecchi Girondini andarono a dormire fuori di casa, credendo di poter essere uccisi; ma ciò non avvenne. In seguito, a dir vero, il Giornalista Deputato Gorsas, avvelenatore dei Dipartimenti, e il suo Editore ebbero le loro case invase dai Patrioti tumultuanti, fra cui Varlet dal berretto rosso e l'Americano Fournier s'intravedono nell'oscurità, sotto la pioggia, nel tumulto. La moglie di Gorsas e quella del tipografo si dettero in preda allo spavento; le macchine, i caratteri e gli altri oggetti furono distrutti; mentre nessuna delle Autorità interveniva a tempo, e Gorsas fuggiva con la pistola in mano su pel ciglione del muro di dietro. La dimane, Domenica, le strade erano più che mai agitate, non essendo giorno di lavoro. Preparano dunque un nuovo Settembre questi Anarchici? Eppure nessun Settembre si ripetette – mentre la nervosità, naturale del resto, aveva raggiunto il colmo.

Vergniaud denunzia e deplora, con periodi ben torniti. La Sezione Bonconseil, cosidetta Buon-consiglio, non Mauconseil o Mal-consiglio, com'era detta un tempo. – fa una cosa anche più notevole: chiede che Vergniaud, Brissot, Guadet e altri denunzianti Girondini bei parlatori, nel numero di Ventidue, siano dichiarati in arresto! La Sezione del Buon-consiglio, così chiamata dal Dieci di Agosto, è aspramente rimbeccata, come una Sezione del Mal-Consiglio: ma la sua parola è detta, e non andrà perduta.

Infatti, una cosa ci colpisce di questi poveri Girondini: la loro fatale vista corta; anzi la loro fatale povertà di carattere, poichè questa ne è la causa. Essi sono come stranieri pel Popolo che vorrebbero governare; per la cosa onde sono venuti a prestare la loro opera. Formule, Filosofia, Rispettabilità, tutto ciò che è stato scritto nei Libri, e accettato dalle Classi colte: questo Schema inadeguato dell'opera della Natura è tutto ciò che la Natura, bene o male, può rivelare a quegli uomini. Così essi perorano e meditano, e fanno appello agli Amici della Legge quando la questione non è la Legge o la mancanza della Legge, ma è questione di Vita o di Morte. Sono i Pedanti della Rivoluzione, se non i suoi Gesuiti. Il loro Formalismo è grande; grande è anche il loro Egoismo. La sollevazione della Francia per combattere l'Austria ha avuto origine soltanto dal complotto del Dieci Marzo per uccidere Ventidue di loro! Questa Rivoluzione Prodigio, che assume statura e articolazioni terrorizzanti, per le sue proprie leggi e quelle della Natura, non per le leggi di una Formula, è divenuta inintelligibile, incredibile come un'impossibilità, il «vasto caos d'un Sogno». Una Repubblica fondata su quella che essi chiamano Virtù, e noi chiamiamo Decenza e Rispettabilità: questo essi vogliono, nient'altro che questo. Qualunque altra Repubblica manderà la Natura o la Realtà, sarà considerata come non mandata; come una specie d'Incubo, di visione Notturna, come una cosa che non esiste; sconfessata dalle Leggi della Natura e dalla Formula. Ohimè! fosca pei migliori occhi è questa Realtà; e quanto a questi uomini, essi non vorranno vederla cogli occhi, ma solo «attraverso il prisma» della Pedanteria, della Vanità ferita, che producono lo spettro più portentosamente fallace. Accusando e lamentandosi sempre di Complotti e d'Anarchia, faranno una sola cosa: daranno la prova della dimostrazione che la Realtà non si può tradurre nella loro Formula; che essi e la Formula sono incompatibili con la Realtà; e che nel suo impeto tenebroso, la Realtà estinguerà questa e quelli! Tutto ciò che un uomo percepisce può fare. Ma il principio della condanna d'un uomo avviene quando la facoltà di vedere gli è tolta, quando egli non vede la realtà, ma un falso spettro della realtà; e, seguendo questo, s'avanza nel buio, con più o meno velocità, giù nelle Tenebre più profonde; verso la Ruina che è il gran Mare delle Tenebre, ove tutte le falsità per vie dirette e indirette affluiscono di continuo!

Questo Dieci di Marzo possiamo segnarlo come un'epoca nei destini dei Girondini; tanto la collera s'è esasperata; tanto i loro malintesi si sono addensati. Molti disertano i seggi: molti vi giungono armati. Un onorevole Deputato, uscendo di casa dopo colazione, deve ora, prima di prendere le sue Note, vedere se la sua Pistola è in ordine.

Frattanto, per Dumouriez, nel Belgio, le cose vanno di male in peggio. Fosse ancora per colpa del Generale Miranda o di qualche altro, non v'è più dubbio, – la «Battaglia di Nerwinden» è stata perduta il 18 Marzo; e la nostra rapida ritirata è divenuta anche troppo rapida. Il vittorioso Coburgo, coi suoi Cacciatori a cavallo austriaci, pende come una fosca nube sulla nostra retroguardia. Dumouriez non smonta da cavallo nè giorno nè notte; combattimento ogni tre ore; il nostro Esercito preda alla rabbia, al sospetto, e sauve-qui-peut! E, quanto a Dumouriez, quali possono essere i suoi intenti? Malvagi, presumibilmente, e non caritatevoli! I suoi dispacci al Comitato denunziano apertamente una Convenzione faziosa, alla quale attribuisce i guai della Francia e i suoi. E nei suoi discorsi – poichè il Generale non ha reticenze! – questo Dumouriez chiama l'esecuzione del Tiranno, l'Omicidio del Re. Danton e Lacroix, che piombano colà come Commissarî ancora una volta, ne ritornano assai dubbiosi; anche Danton comincia a dubitare.

Tre Emissarî Giacobini, Proly, Dubuisson, Pereyra, si sono spinti sul luogo, spediti dalla vigilante Società-Madre; e sono rimasti muti dallo stupore nel sentir parlare il Generale. La Convenzione, a parere di questo Generale, consta di Trecento birbanti e Quattrocento imbecilli. La Francia non può fare a meno d'un Re. «Ma noi abbiamo giustiziato il nostro Re». «E che m'importa», si affretta a dichiarare Dumouriez, il Generale senza reticenze, «che il suo nome sia Ludovicus o Jacobus?». «O Philippus?», aggiunge Proly; – e si affretta a recare le nuove. Tale è la speranza alle Frontiere.

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