In complesso si può dire che i Girondini vengano meno in tutto ciò che dipende dalla loro buona volontà. Essi pungono assiduamente la Montagna nei punti più vulnerabili, per principio ed anche per Gesuitismo.
Oltre Settembre, da cui ormai v'è poco da cavare tranne effervescenza, discerniamo due piaghe che affliggono la Montagna: Marat e Orléans Égalité. Lo squallido Marat, per proprio conto e per la Montagna, è spesso assalito e additato alla Francia come un lercio e sanguinario portento, che incita al saccheggio delle botteghe; a onore e gloria della Montagna! La Montagna mormora, messa nell'imbarazzo; questo «Maximum del Patriottismo», deve essa riconoscerlo o sconfessarlo? Quanto a Marat personalmente, dominato dalla sua idea fissa, resta invulnerabile a tali cose; anzi l'Amico del Popolo evidentemente cresce d'importanza a misura che il suo protetto, il Popolo, si eleva. Non più grida ora quando egli si reca a parlare; ma piuttosto degli applausi di tratto in tratto, progresso che genera fiducia. Il giorno in cui i Girondini proposero di «decretare la sua messa in accusa» (decreté d'accusation, è la loro espressione), per quel Paragrafo di Febbraio «circa l'impiccagione di qualche Incettatore agli architravi delle porte», Marat propone che siano essi «decretati dementi» e nel discendere dalla Tribuna, lo si ode pronunciare queste parole punto parlamentari: «Les cochons, les imbéciles! Porci, idioti!» Spesso egli gracida un aspro sarcasmo, perchè la sua lingua è invero rozza e pungente, ed ha un profondo disprezzo per ogni apparenza gentile; una o due volte ride anche, o «scoppia a ridere, rit aux éclats», delle arie gentili e raffinate di questi «uomini politici» Girondini, con le loro pedanterie, le loro plausibilità e le loro pusillanimità: «sono due anni», egli dice, «che voi non fate che lamentarvi di attacchi, di complotti, di pericoli da Parigi, e non avete per conto vostro neppure una graffiatura da mostrare». – Danton lo riprende aspramente di tratto in tratto; ma egli è un Maximum del Patriottismo che non si può nè confessare nè sconfessare!
E la seconda piaga della Montagna è questo anomalo Monseigneur Uguaglianza Principe d'Orléans. Guardateli questi uomini, dice la Gironda; hanno un antico Principe Borbone in mezzo a loro: sono creature della Fazione dei d'Orléans, che vogliono creare Re Filippo; s'è appena ghigliottinato un Re e già un altro si mette al suo posto! I Girondini hanno fatto questa mozione, e Buzot l'ha fatta da tempo, per principio ed anche per gesuitismo, perchè tutta la razza dei Borboni sia scacciata dal suolo di Francia, con questo Principe Egalité alla retroguardia. Mozioni che potrebbero produrre un certo effetto sul pubblico; – di cui la Montagna, messa nell'imbarazzo, non sa che farsi.
E il povero d'Orléans Égalité, giacchè si comincia ad aver compassione anche di lui, come deve regolarsi in questo caso? Sconfessato da tutti i partiti, rigettato e sballottato qua e là, verso quale angolo della Natura galleggerà con profitto? A lui non resta nessuna speranza realizzabile; non altro che una speranza chimerica può ancora affacciarsi in un barlume pallido e incerto, una speranza confusa che non è fatta per allietare o illuminare, – dal lato di Dumouriez; e, se non Orléans Égalité, logoro dal tempo, non potrebbe forse il giovane e fresco Chartres Égalité innalzarsi e diventare qualche cosa come un Re? Al riparo, se riparo può dirsi, nei crepacci della Montagna, il povero Égalité attenderà: un rifugio nel Giacobinismo, un altro in Dumouriez e nella contro-rivoluzione, se non queste due probabilità? Intanto il suo sguardo, dice la signora Genlis, è divenuto cupo; triste a vedersi. Anche Sillery, il marito della Genlis, che aleggia intorno alla Montagna, non su di essa, è a mal partito. La signora Genlis è tornata a Raincy dall'Inghilterra, lasciando Bury St.-Edmuud, pochi giorni sono, con la giovane Mademoiselle Égalité a lei affidata; richiamata da Égalité – affinchè Mademoiselle non fosse annoverata fra gli Emigrati e sottoposta allo stesso trattamento. Ma l'affare s'imbroglia. Genlis e la fanciulla debbono ritirarsi nei Paesi Bassi, aspettando alla frontiera per qualche settimana, fin che Monseigneur con l'aiuto dei Giacobini non venga a districarle. «Il mattino seguente», dice la signora Genlis, «Monseigneur, più fosco che mai, mi dette il braccio per accompagnarmi alla carrozza. Io era assai turbata; Mademoiselle scoppiò in lagrime; suo padre era pallido e tremante. Dopo che io ebbi preso posto, egli rimase immobile allo sportello della carrozza, con lo sguardo fisso su di me: uno sguardo mesto e pensoso che pareva implorasse pietà. – «Adieu, Madame!» egli disse. Il suono alterato della sua voce mi scombussolò tutta, senza essere in grado di pronunziare una parola; gli tesi la mano; egli la strinse forte; poi si volse, e dirigendosi bruscamente verso i postiglioni, fece loro un cenno, e partimmo».
Non mancano i Manipolatori della pace e ne citeremo due: l'uno fermo sulla corona della Montagna, l'altro non ancora fisso in un posto determinato: Danton e Barrère. L'ingegnoso Barrère, antico Costituente ed Editore venuto dai declivî dei Pirenei, è nel suo genere uno degli uomini più utili di questa Convenzione. La verità può essere in ambo le parti, in ogni parte, o in nessuna delle parti; amici miei, voi dovete dare e prendere, e dopo tutto, fortuna arrida alla parte che vincerà! Questo è il motto di Barrère. Ingegnoso, quasi geniale, chiaroveggente, arrendevole, grazioso, è uomo che farà fortuna. Belial nella riunione del Pandemonio appena riusciva più plausibile all'occhio e all'orecchio. Uomo indispensabile, che si dice non abbia l'uguale nella grande Arte del Verniciatore. Avviene un'esplosione, come ne avvengono tante, una confusione amorfa, che nessuna lingua può dire, nessun occhio può vedere: affidatela a Barrère, Barrère sarà relatore della Commissione; voi la vedrete allora mutarsi in una cosa regolare, divenir bella col progressivo miglioramento che le conviene. Senza un tal uomo, diciamo noi, come fa l'esagerato Mercier, «il più grande bugiardo della Francia»: anzi si può supporre che non vi sia in lui tanto di verità da formare una vera bugia. Chiamatelo, con Burke, l'Anacreonte della Ghigliottina, e un uomo utile a questa Convenzione.
L'altro Manipolatore della pace di cui facciamo parola è Danton. La pace, la pace tra noi! esclama spesso Danton: non siamo noi soli contro il mondo? non siamo noi una piccola schiera di fratelli? Il largo Danton è amato da tutta la Montagna; ma è ritenuto troppo semplice e alieno dal sospetto; egli s'è frapposto tra Dumouriez e la censura, ponendo ogni cura a non esasperare il nostro solo Generale; nell'acuto tumulto, la voce forte di Danton si ripercuote per l'unione e per la pace. Vi sono riunioni, pranzi coi Girondini; l'unione è urgentemente necessaria. Senonchè, i Girondini sono alteri e rispettabili; questo Titano Danton non è uomo di Formule, e ancora è su lui un'ombra di Settembre. «I vostri Girondini non hanno fiducia in me»; questa è la risposta che fa al conciliante Meillan; e ad ogni argomento, ad ogni esortazione di questo conciliante Meillan, egli ripete: «Ils n'ont point de confiance». – Il tumulto diverrà sempre più acuto, la rabbia va divenendo livida.
Infatti, quale angoscia pel cuore di un Girondino al primo affacciarsi della probabilità che quell'abbietta Montagna, sprovvista d'ogni spirito filosofico, anarchica, possa, dopo tutto trionfare! Dei brutali Settembrizzatori, un Tallien da quinto piano, «un Robespierre senza un'idea nella testa, senza un sentimento nel cuore», come dice Condorcet: intanto noi, il fiore della Francia, non possiamo star loro di contro; ecco che lo scettro ci abbandona; ci abbandona per passare a loro! L'Eloquenza, il Filosofismo, la Rispettabilità non valgono nulla: «contro la Stupidaggine anche gli Dei combattono inutilmente:
«Mit der Dummheit kämpfen Götter selbst vergebens!»
Louvet leva acuti lamenti; tutta la sua fragile esistenza è acidificata dalla rabbia, dall'intuizione soprannaturale del sospetto. Il giovane Barbaroux è adirato e sprezzante. Silenziosa come una regina con l'aspide in seno, sta la moglie di Roland; i conti di Roland non vengono mai esaminati, e il suo nome diviene proverbiale. Tale è la fortuna della guerra, e specialmente della Rivoluzione. Il grande abisso di Tophet, e il 10 Agosto, si schiusero per la magia della vostra voce eloquente; ed ecco che ora la vostra voce non basta a chiuderli! È cosa pericolosa questa magia. Il Famulo del Mago s'impadronì del Libro proibito e invocò un fantasma: Plaît-il? che volete? disse il fantasma. Il Famulo, alquanto turbato, gli ordinò di recare acqua: lo spirito celere ne recò, avendo una secchia in ciascuna delle mani; ma oibò, non volle più smettere! Il Famulo, disperato, lo sgrida, lo percuote, lo taglia in due; oibò, due spiriti apportatori d'acqua sono all'opera; e la casa galleggerà nel Diluvio di Deucalione.