Gli occhi di Tallien erano raggianti il mattino del Nove Termidoro, «verso le ore nove», al vedere che la Convenzione s'era effettivamente radunata. Parigi è in agitazione; ma almeno noi siamo qui riuniti in Legale Convenzione; nessuno si è impadronito di noi involandoci a gruppi, mettendoci con una Formale Espulsione alla porta. «Allons, bravi uomini della Pianura», antiche Rane del Pantano! – gridò Tallien, distribuendo strette di mano, come s'avanzava. Intanto la voce sonora di Saint-Just si fa udire dalla Tribuna: la partita delle partite s'è impegnata.
Saint-Just legge effettivamente quel suo rapporto; e la Vendetta verde sotto la forma di Robespierre veglia dappresso. Ma Saint-Just non ha letto che poche frasi, ed ecco che sorgono le interruzioni con un rapido crescendo; Tallien balza in piedi, così Billaud e tanti altri; e Tallien per la seconda volta dice: «Cittadini, iersera, ai Giacobini, io tremai per la Repubblica. Io dissi fra me: se la Convenzione non osa colpire il Tiranno, ebbene, lo oserò io; e con questo lo farò, se sarà il caso», egli aggiunse, tirando fuori un pugnale luccicante, e brandendolo: l'Acciaio di Bruto, come noi lo chiamiamo. A questo è tutto un muggire, un brandir di pugnali, un acclamare impetuoso: «Tirannia! Dittatorato! Triunvirato!» E i Membri del Salut e tutti accusano, tumultuano, acclamano impetuosamente. Saint-Just resta immoto, pallido; Couthon esclama, guardando le sue gambe paralizzate: «Triumviro!» Robespierre fa ogni sforzo per parlare, ma il Presidente Thuriot agita contro di lui il campanello, e l'aula rumoreggia contro di lui, come se fosse la caverna di Eolo. Robespierre sale e scende dalla Tribuna; va e viene soffocato dalla rabbia, dal terrore, dalla disperazione: – e l'ammutinamento è all'ordine del giorno!
O Presidente Thuriot, che fosti l'Elettore Thuriot e vedesti dai merli della Bastiglia Saint-Antoine che si sollevava come la marea dell'Oceano, e tante cose vedesti, vedesti mai alcun che di simile? Il suono del tuo campanello che tu agiti contro Robespierre è difficile udirlo nella tempesta di Bedlam, mentre gli uomini lottano per la vita. «Presidente degli Assassini», urla Robespierre, «ti domando la parola per l'ultima volta!» Ma non è possibile ottenerla. «A voi o uomini virtuosi della Pianura», grida egli, facendosi ascoltare per un momento, «a voi fo appello!» E i virtuosi della Pianura restano muti come pietre. Thuriot scampanella, l'Aula rumoreggia come l'Antro di Eolo. Le labbra schiumanti di Robespierre sono divenute «violacee»; la lingua inaridita gli si attacca al palato. «Il sangue di Danton lo soffoca», si grida. «Accusa! Decreto di Accusa!» propone Thuriot alla lesta. L'Accusa passa; l'Incorruttibile Massimiliano è posto in istato d'Accusa.
«Io chiedo di condividere la sorte di mio fratello, come ho cercato di condividere le sue virtù», grida Augustin, il più giovane dei Robespierre, e anche lui è messo sotto accusa. Così Couthon, così Saint-Just, così Lebas; tutti sono accusati e presi, non senza difficoltà, chè gli Uscieri quasi tremano nell'ubbidire. Il Triumvirato e Compagnia è cacciato nella camera del Comitato del Salut; la loro lingua s'attacca al palato. Non c'è altro da fare che citare la Municipalità, congedare il Comandante Henriot, e spiccare contro di lui un mandato di cattura; regolare le formalità e dare nelle mani di Tinville le sue vittime. È mezzodì: l'antro di Eolo ha rotto ogni freno; spira ormai vittorioso, armonico, come un irresistibile vento.
È dunque compiuta l'opera? Alcuni lo credono; eppure non è così. Purtroppo non è finito che il primo atto: altri tre o quattro atti restano ancora; e una catastrofe incerta! Una Città immensa racchiude in sè tante confusioni: settecentomila teste umane, nessuna delle quali sa ciò che fa quella del suo vicino, anzi neppure ciò che fa essa medesima. – In conseguenza, guardate: verso le tre del pomeriggio il Comandante Henriot, invece d'essere licenziato, arrestato, galoppa lungo i Quais seguito dalle Guardie Municipali, «investendo parecchie persone»! Il Municipio siede deliberando, in aperta insurrezione; le Barriere dovranno esser chiuse; nessun carceriere dovrà ammettere prigionieri quel giorno; – e Henriot galoppa alla volta delle Tuileries, per liberare Robespierre. Sul Quai de la Ferraillerie, un giovane cittadino che passeggia con sua moglie, dice a voce alta «Guardie, quell'uomo non è vostro Comandante, perchè egli è in arresto». Le Guardie accoppano il giovane cittadino col piatto delle loro sciabole.
Gli stessi Rappresentanti (come Merlin di Thionville) che si avvicinano a lui, sono dal potente Henriot gettati in caserma. Egli si lancia verso la sala del Comitato, «per parlare a Robespierre»: – con difficoltà, gli Uscieri e le Guardie delle Tuileries, perorano con ardore e mettendo fuori le sciabole, s'impadroniscono di questo Henriot; riescono a persuadere le Guardie di Henriot a non combattere, e cacciano Robespierre e Compagnia in carrozze da nolo per mandarli sotto scorta al Lussemburgo e ad altre Prigioni. È dunque la fine? Non può la esausta Convenzione aggiornarsi «alle cinque», per avere un po' di riposo e di sostentamento?
E la Convenzione esausta così fece; ed ebbe a pentirsene. La fine non era ancora venuta; quella non era altro che la fine del secondo atto. Ascoltate: mentre i Rappresentanti rifiniti prendono i loro pasti, – la campana a stormo s'ode improvvisa da tutti i campanili; si battono i tamburi nella sera d'estate; il Giudice Coffinhal galoppa con nuovi Gendarmi, per liberare Henriot, dalla sala del Comitato alle Tuileries, e lo libera! Il potente Henriot salta a cavallo, arringa i Gendarmi delle Tuileries, li corrompe, trotta con loro alla volta del Palazzo di Città. Ohimè, e Robespierre che non è ancora in prigione! Il carceriere mostrando il suo ordine municipale, non osa, pena la vita, di ammettere alcun prigioniero; la carrozza da nolo di Robespierre, in quell'altercare confuso dei Gendarmi e in tutto quel turbinìo, s'è messa in salvo, – nel Palazzo di Città! Quivi seggono Robespierre e Compagnia fra le braccia dei Municipali e dei Giacobini, e nel sacro diritto dell'Insurrezione; redigono Proclami, suonano a stormo; corrispondendo con le Sezioni e la Società-Madre. Non è questo un grazioso terzo atto d'un vero Dramma Greco, il cui scioglimento è più che mai incerto?
La Convenzione si precipita anelante nel buio sinistro della notte: il Presidente Collot, cui spetta il seggio presidenziale, entra a grandi passi, pallido in viso, calcandosi il cappello; egli dice con tono solenne: «Citoyens, degli scellerati in armi hanno assediate le stanze del Comitato e se ne sono impadroniti. È giunta l'ora di morire tutti al nostro posto!» «Oui», rispondono tutti unanimi: «Noi lo giuriamo!» Non si tratta d'una rodomontata, questa volta; è un triste fatto, una necessità: conservare i nostri posti, o veramente morire. Prontamente Robespierre, Henriot, la Municipalità sono dichiarati Ribelli; messi Hors la Loi, Fuori Legge. Meglio ancora, nominano Barras Comandante di quella forza armata che potremo avere; mandiamo dei Rappresentanti in qualità di emissarî a tutte le Sezioni, a tutti i quartieri, per perorare e raccogliere forze; soccomberemo almeno in pieno assetto.
Che confusione per la città: chi corre di qua, chi di là, a piedi e in carrozza, rapportando, spargendo voci; l'Ora evidentemente ha le doglie, – ma il fanciullo non può aver nome fin che non sia nato! I poveri Prigionieri del Lussemburgo odono il rumore e paventano un nuovo Settembre. Essi veggono delle persone che fanno loro dei segnali dagli abbaini e dai tetti, apparentemente segnali di speranza; ma non possono comprendere di che si tratti. Osserviamo intanto alla sera, secondo il solito, i Carri della Morte che vanno a Sud-Est, traverso Saint-Antoine, in direzione della loro Barrière du Trône. Le dure viscere di Saint-Antoine si raddolciscono; Saint-Antoine circonda i carri e dice: Ciò non sarà. O Cielo, e perchè dovrebbe essere? Henriot e i Gendarmi, sgombrando le strade, agitando le sciabole, ruggiscono che ciò dev'essere. Abbandonate la speranza, o poveri condannati; i carri si mettono in moto.
Ma in questa serie di Carri v'erano due cose notevoli: una persona notevole e la mancanza d'una persona notevole. La persona notevole è il Luogotenente Generale Loiserolles, nobile di nascita e di natura, che dà la sua vita per suo figlio. Nella Prigione di Saint-Lazare la notte dell'altro ieri, precipitatosi alla Grata per sentir leggere la lista della Morte, colse il nome di suo figlio. Il figlio dormiva in quel momento: «Io sono Loiserolles», gridò il vecchio. Alla sbarra di Tinville un errore nel nome di battesimo vuol dir nulla; quindi poche obbiezioni. La mancanza della persona notevole è quella del Deputato Paine! Paine si trovava al Lussemburgo fin dal Gennaio, e pareva dimenticato; ma Fouquier lo aveva colpito alfine. Il carceriere con la Lista alla mano segna col gesso l'esterno degli usci della Fournée del giorno seguente. La porta di Paine si trovava per caso aperta e volta contro il muro; il carceriere la marcò dal lato rimpetto a lui e partì in fretta; venne un altro carceriere e chiuse quella porta, onde il segno del gesso non fu più visibile, e la Fournée partì senza Paine. La vita di Paine non era là.
Il nostro quinto atto di questo Dramma Greco naturale, con le sue naturali unità, si può solo dipingere alla grossa, quasi a modo di quell'antico Pittore, che ridotto alla disperazione, fece la schiuma. Poichè in quella benedetta notte di Luglio v'era un clangore, v'era una confusione assai grande di truppe in marcia; di Sezioni che andavano di qua e di là; di Rappresentanti in missione che leggevano proclami al lume delle torcie. Il missionario Legendre, raccolte alla meglio delle forze, mette fuori i Giacobini, e getta la loro chiave sulla tavola della Convenzione: «Io ho chiusa la loro porta; la Virtù la riaprirà». Parigi, possiamo dirlo, si pone contro sè stessa, si riversa confusa, come le correnti dell'Oceano: immensa Maëlstrom che mugghia sotto la nube della notte. Di qua la Convenzione siede in permanenza; di là siede in permanenza la Municipalità. I poveri prigionieri odono la campana a stormo e il clamore, e cercano di collegarli agli apparenti segnali di speranza. Un tenue continuo Crepuscolo, che sarà l'Alba e il Mattino, ondeggia inargentando al Settentrione il confine della Notte; e il dolce chiarore s'insinua, come una profezia silente, lungo il grande Cerchio del Cielo. In maniera così quieta, eterna! E sulla Terra, ombre confuse e conflitto; la discordia, il tumulto fatto di tenebre e bagliore; e il «Destino aspetta ancora ondeggiante e scuote incerto la sua urna».
Verso le tre del mattino le Forze armate dissidenti si sono incontrate. La Forza armata di Henriot era allineata nella Place de Grève; e ora quella di Barras, da lui reclutata, arriva in quel luogo: e si pongono di fronte coi cannoni spianati contro i cannoni. Citoyens! grida la voce della Discrezione abbastanza alto; prima di venire allo spargimento del sangue, alla guerra civile senza fine, udite il Decreto della Convenzione: «Robespierre e tutti i Ribelli sono Fuori Legge!» Fuori Legge? Il terrore è in queste parole. I Cittadini inermi scompaiono diretti alle loro case. I Cannonieri Municipali, con moto rapido, si allineano ansiosi, unanimi dalla parte della Convenzione, con uno scoppio d'applausi. A tali applausi, Henriot scende dall'alto della sua camera, abbastanza ebbro, dicono alcuni; trova vuota la sua Place de Grève e la bocca dei cannoni volta contro di lui; trova insomma – che è l'ora della catastrofe!
Rientra barcollando il disgraziato Henriot, non più briaco, e esclama: «Tutto è perduto!» «Misérable, sei tu che hai tutto perduto!» essi gridano, e lo gettano, o meglio si getta da sè dalla finestra, abbastanza alta, andando a cadere fra i rottami e gli orrori d'una fogna, ove non trova la morte; ma qualche cosa di peggio. Augustin Robespierre lo segue; con la stessa sorte. Dicono che Saint-Just si rivolse a Lebas perchè lo uccidesse, ma questi non volle. Couthon si cacciò sotto una tavola, tentando di suicidarsi, ma non lo fece. – Entrando in quel sinedrio dell'Insurrezione, noi li troviamo tutti presso che estinti, disfatti, pronti a lasciarsi prendere. Robespierre, seduto su una sedia, s'era tirato un colpo di pistola non al cervello, ma alla mascella inferiore; la mano suicida aveva sbagliato il colpo. Con una grande prontezza, e non senza incomodo, raccogliamo i disgraziati Cospiratori; anche Henriot e Augustin son pescati, tutti sanguinanti e lordi, e vengono ammucchiati con molta rudezza sui carri; sicchè prima dell'alba li avremo al sicuro sotto chiave e catenacci. Tutto in mezzo ad applausi ed abbracci.
Giace Robespierre in un'anticamera della Convenzione, intanto che la scorta sia pronta per menarlo in prigione; la sua mascella frantumata è rozzamente legata con una pezzuola sanguinante; quale spettacolo per gli uomini! Egli giace disteso su una tavola con una scatola di legno per guanciale, e stringe ancora convulsamente il fodero della pistola nella mano. Lo si provoca, lo si insulta; dai suoi occhi traspare ancora l'intelligenza, ma non dice una parola. «Indossava l'abito bleu cielo che si fece fare per la Festa dell'Etre Suprême». O Lettore, può il tuo cuore indurirsi a un tale spettacolo? I suoi pantaloni erano di nanking; le calze gli erano ricadute sulle caviglie. Egli non pronunziò più una parola in questo mondo.
E così alle sei del mattino, la Convenzione trionfante si aggiorna. Un Rapporto vola su Parigi come sulle ali d'oro; penetra nelle Prigioni; irradia i visi di quelli che erano pronti a perire; i carcerieri e i moutons, decaduti dal loro alto potere, divengono muti e lividi. È il 28 di Luglio, chiamato 10 di Termidoro, dell'anno 1794.
Fouquier non doveva che identificare, essendo i suoi Prigionieri già Fuori Legge. Alle quattro del pomeriggio si videro le strade di Parigi affollate come non mai. Dal Palais de Justice alla Place de la Révolution, poichè verso quel luogo vanno questa volta i carri, è tutta una massa densa irrequieta; tutte le finestre sono piene zeppe; dai tetti, dai cornicioni pullula la Curiosità umana in preda a una gioia strana. I Carri della morte con la loro variopinta infornata di proscritti, circa ventitrè, da Massimiliano al Maire Fleuriot e Simon il calzolaio, passano via. Tutti gli occhi sono volti al carro di Robespierre, ove egli, che ha la mascella fasciata con una sudicia pezzuola, giace sfracellato insieme a suo fratello e ad Henriot mazzi morti: le loro «diciassette ore di agonia» sono presso a finire. I Gendarmi puntano le loro sciabole verso di lui per indicarlo al popolo. Una donna salta sul carro, vi si aggrappa con una mano, e agitando l'altra mano come una Sibilla, esclama: «La tua morte rallegra il mio cuore, m'énivre de joie» Robespierre aprì gli occhi: «Scélérat, va all'Inferno con le maledizioni di tutte le mogli e di tutte le madri!» – A piè del palco, lo distesero a terra fin che non venne il suo turno. Portato su, i suoi occhi si riaprono e scoprono la mannaia sanguinante. Samson gli toglie l'abito, strappa la pezzuola sudicia che tien legata la sua mascella, la mascella ricade inerte; allora egli dà un grido: – quale orrore per chi sente e chi vede! Samson, tu non farai mai abbastanza presto.
Compiuta l'opera di Samson, scoppiano ripetuti applausi. Applausi che si estendono su tutta Parigi, su tutta la Francia, su tutta l'Europa, e giungono fino a questa generazione. Meritati e anche immeritati. O disgraziato Avvocato di Arras, eri tu peggiore degli altri Avvocati? Mai uomo più rigido osservatore della sua Formola, del suo Credo, del suo Gergo di probità, più ligio alle benevolenze, ai piaceri della virtù e ad altro di simil genere, visse in quell'epoca. Un uomo che in un tempo più felicemente tranquillo sarebbe stato una di quelle incorruttibili aride Figure-Modello, e avrebbe avuto lapidi e necrologie. Il suo povero padrone di casa, l'Ebanista della Rue Saint-Honoré, lo amava; suo Fratello morì per lui. Che Iddio abbia pietà di lui, e di noi!
Questa è la fine del Regno del Terrore, nuova e gloriosa Révolution detta del Thermidor, del 9 Termidoro anno 2; che nell'antico stile della schiavitù è il 27 Luglio 1794. Il Terrore è finito, e finisce la morte nella Place de la Révolution, eseguita che sia la «Coda di Robespierre»: al che Fouquier provvede rapidamente con grandi infornate.