SCENA VI.

CESARINO dal giardino che giuoca al volante colla racchetta, ed AGNESE che ricama. Agnese rimane in fondo intenta al suo lavoro.

Cesar. ― Babbo! babbo! vieni anche tu a giuocare.

Agnese. ― Ancora qui, Carlo?

Carlo (senza guardarli). ― Andate in casa, lasciatemi...

Cesar. ― Vieni a giuocare un pochino, babbo...

Agnese. ― Andiamo via, Cesarino, o ti farai sgridare...

Cesar. ― È vero che tu mi sgridi, babbo?

Carlo. ― (Che strazio!) No... ma va.

Agnese. ― Via, dàgli un bacio, e poi si va via subito.

Carlo. ― Ma andate, vi ripeto! (No, che l'ultima parola non sia un comando...) Ve ne prego, lasciatemi solo...

Agnese (scesa presso il marito). ― Tu respingi tuo figlio e non mi guardi?

Carlo. ― Io... ti guardo...

Agnese (atterrita dall'aspetto di lui e buttando il ricamo sullo scrittoio). ― Carlo! Ma che cosa avvenne? Che si fa nell'officina? Faustini? Ah! io lo leggo sul tuo volto; tutto è perduto!

Carlo. ― No... faccio anzi un affare eccellente...

Agnese. ― E la tua invenzione?

Carlo. ― Non ne ha bisogno; ne hanno inventata un'altra quasi eguale... Oggi s'inventa tutti!... Ma l'affare è buono: egli corbella un pochino me ed io moltissimo lui... Che scrupoli! Chi non inganna non guadagna.

Agnese. ― Tu mi fai paura: perchè tu possa parlare così dinanzi a tuo figlio, bisogna che una grande sventura ti abbia colpito. Ma se l'hai già venduta, qui non resta a far nulla. Se puoi ancora salvarti, se la mia dote può esserti utile, so che ne posso disporre, ritorniamo subito in città, vieni...

Carlo. ― A che?

Agnese. ― A che? Ed è un uomo del tuo carattere che me lo chiede?

Carlo. ― Non lo sono più... Tutto è finito per me!

[135] Agnese.― Ma questo pensiero è un delitto!

Carlo. ― E sarà minor delitto che questa vita!

Agnese (preso Cesarino, glielo butta disperata fra le braccia). ― E sei padre?

Cesar. (abbracciandolo). ― Babbo! babbo!

Carlo (con uno scoppio di pianto). ― Basta, Agnese, basta!

Share on Twitter Share on Facebook