EGISTO ed ANNA dal fondo. Detti.
Cesar. (ad Egisto). ― Il babbo, che non piange mai, piange!
Agnese. ― Sì, il suo cuore scoppia di dolore, non per quello che ha perduto, ma per la malvagità altrui. Ma andiamo, Carlo... (porge il braccio al marito: questi, vacillante, sta per cadere; Agnese lo sostiene, dicendo agli altri accorsi:) Basto io: sono sua moglie. Con me, Cesarino... (esce con Carlo e Cesarino dalla destra, per ritornare a suo tempo)
Anna. ― Carlo piange ed Agnese mi dà uno sguardo che mi fa rabbrividire?
Egisto. ― Oh Dio buono, sta a vedere che ora ci sono degli altri guai più gravi! (Agnese dalla destra, mettendo in tasca la rivoltella di Carlo. Va subito ad aprire la cassa e ne trae un portafoglio in cui racchiude carte e lettere) Ma che è stato dunque?
Anna. ― Si può sapere una volta perchè Carlo piange?
Egisto. ― Si può di grazia sapere che cosa abbia perduto?
Agnese. ― Che importa a te di Carlo!
Egisto. ― Se non per Carlo, per te...
Agnese (reprimendo un movimento). ― Ah per me!..... Ma c'è mia madre, e non dirò una parola che possa parerle meno rispettosa.
Anna. ― Ed io ti comando anzi di parlare. Sta a me il giudicare se hai ragione di trattarci a questo modo.
Agnese. ― Dio sa se io ti rispetti; ma l'essermi madre, ma [136]l'amarmi fino all'idolatria... Ma no; non debbo e non voglio dir altro.
Anna. ― Vieni qui per l'appunto, che io voglio saper tutto e subito.
Egisto. ― Sicuro, a meno che il nostro affetto ti pesi!
Agnese. ― Ebbene, sì, mi pesa perchè si concentra tutto su di me, dimenticando che anch'io ho doveri e diritti verso quelli che mi appartengono.
Anna. ― Non è mia figlia che parla così!
Egisto. ― A tua madre? A tuo zio?
Agnese. ― A te, non parlo che a te, che non staresti un'ora lontano da me senza sentirti strappare le viscere; a te che mi ami tanto, che vorresti che non amassi che te, e per questo ti auguri giorno e notte che Carlo veda cadere in rovina tutto l'edificio dei suoi studii e delle sue imprese, e vorresti per giunta che io assistessi col sorriso sulle labbra al martirio dell'uomo che amo, per l'eccellente ragione che egli non pensa come te! Ma se mio marito fosse un uomo da nulla od un uomo cattivo, io non l'abbandonerei; mi farei anzi più sua per difenderlo o ricondurlo all'amore del bene; pensa adunque se moglie di un uomo intelligente ed onesto come lui, io possa associarmi a te in questa tua guerra non so se più stupida o feroce!
Anna. ― Ma sogno o questa è la mia Agnese?
Egisto. ― Qui c'è un equivoco evidente, un grosso sbaglio!
Agnese. ― Sì, il tuo: sbaglio di date. Tu credi ch'io sia sempre l'Agnese uscita dalla scuola; io invece da anni sono moglie e madre e sviscerata quanto ogni altra; eppure del cuore me ne resta sempre tanto da essere figlia e nipote riconoscente e rispettosa; ma quando mi accorgo che colla riuscita delle tue macchinazioni fai strazio di mio marito, io non maledico il tuo trionfo perchè già nè so, nè posso maledire; ma, per non correre un dì il pericolo di dimenticarmi che sei mio zio, piglio l'unica via che mi resta, e me ne vado.
Egisto. ― Se ne va? E dove se ne va? A Firenze?
Anna. ― Senza di noi a Firenze?
Agnese. ― Non a Firenze; con mio marito a Marsiglia.
[137] Anna.― Dio!
Egisto. ― A Marsiglia? Fino a Marsiglia?
Agnese. ― Sì, perchè i Richard, che credono all'intelligenza di Carlo, gli offrono una onorevole e lucrosa posizione. Voi non ci credete? Rimanete! Io che ci credo, l'accompagno. (va a ripigliare il portafoglio che lasciò sullo scrittoio, per andarsene)
Anna. ― Agnese, questo è troppo!
Egisto. ― Mi vuoi vedere a piangere? Dillo che mi vuoi vedere a piangere!
Agnese. ― Tu piangi? Ma che cos'è il tuo dolore a petto del suo? Ha perduto l'officina, gli hanno rubato la sua invenzione, e a capo di questa infernale congiura sta quel Faustini cui tu impresti il capitale che avrebbe potuto salvarlo! E lui parla di piangere perchè la sua Agnese, la sua bambola, se ne va, perchè le sue abitudini di ozioso e di egoista stanno per essere troncate, mica per altro!
Egisto. ― Agnese! tu bestemmi: vada per ozioso; ma io non ho amore per te? Io sono un egoista?
Agnese. ― Se il tuo fosse vero amore, avrebbe sentito la necessità del sacrifizio, e non si contenterebbe di questo tuo pianto puerile e sterile. (via dalla destra)
Egisto. ― Puerile a me! E anche sterile!
Anna (piangendo). ― Ma è possibile che mia figlia ci calunnii tutti e due a questo modo?
Egisto. ― No, sorella, che non ci calunnia!... Ha ragione, sterili tutti e due! E ha ragione anche Carlo, perchè, se lo vogliono gli stranieri, bisogna confessare che noi soli non lo abbiamo saputo stimare, poichè, da buoni italiani, invece di aiutarlo, gli abbiamo fatto la guerra!..... Ma ora come se n'esce?
Anna (fuori di sè dal dolore). ― Dividermi da mia figlia, non vederla mai più? Piuttosto mille volte la morte!
Egisto. ― Ma neanche una, sorella! Sono più vecchio di te; ma di morire, per quanto ce ne sia l'uso, non ne ho punto voglia..... piuttosto faccio anch'io l'Italia! Andiamo ad impedire che quei matti partano. Finchè si trattava di Belmonte, si era sempre in Toscana..... ma Marsiglia? No; sono dei Vespucci, ma non per scoprire altro... Oh! gli operai adesso! [138]Non ci mancherebbe altro che volessero far ballare anche te... Andiamo subito... ma con dignità... senza dar a vedere che si ha paura... (esce rapidamente dalla destra con Anna al braccio)