Come a suo luogo abbiamo accennato, dagli studi «De motu» si è stimato opportuno distaccare il presente capitolo, la cui data è tanto nota, che non potevamo, senza venir meno al prefisso ordine cronologico, lasciarlo insieme con gli altri concernenti queste medesime materie. Sopra di esse tornò Galileo a più riprese in vari tempi della sua vita, di che fa fede, se non altro, la corrispondenza di lui; e finalmente nella occasione di enunciare nelle «Nuove Scienze», insieme raccolti, buona parte dei risultati ai quali era per lo innanzi pervenuto. Alcuni di tali studi, come per esempio, quelli concernenti la «proposizione dei moti fatti in tempi uguali nella medesima quarta del cerchio» alla quale sappiamo ch'egli pervenne sin dal 1602, non possiamo separarli dalle opere pubblicate dipoi, perchè con esse troppo intimamente connessi. Non abbiamo voluto tuttavia trascurare d'inserire qui, secondo la ragion de' tempi, questo capitolo, poichè siamo certi che del moto accelerato si occupò Galileo nella seconda metà dell'anno 1604, affermandolo egli stesso in una lettera a Fra Paolo Sarpi, del 16 ottobre di detto anno. E ciò facciamo tanto più volentieri, perchè l'autografo del quale ci serviamo (Mss. Gal., Par. V., T. I, car. 39-42) è da credere ci offra, con le sue cancellature e correzioni, un primo testo, modificato poi per la parziale pubblicazione fattane nelle «Nuove Scienze».
Al presente capitolo abbiamo conservato il titolo, che esso porta, di «Liber secundus», imperocchè per esso è giustificato un richiamo che si legge nelle prime linee, ed ancora perchè è posto in maggior evidenza il luogo assegnatogli, secondo un ordinamento posteriore, da Galileo, rispetto ad altri suoi studi; scrivendo egli, nella introduzione alla Giornata terza «De motu locali», che il trattato di tal materia viene diviso in tre parti, ed aggiungendo: «In prima parte consideramus ea quae spectant ad Motum aequabilem, seu uniformem. In secunda de Motu naturaliter accelerato scribimus. In tertia de Motu violento, seu de proiectis».
Nel riprodurre l'autografo sopra citato, ci siamo tenuti alle norme seguite nella stampa del «De Motu», indicando, come là e col medesimo artifizio tipografico, a pie' di pagina, oltre gli errori materiali, anche alcune frasi cancellate, e corrette poi dall'Autore. Nelle prime pagine, dove l'autografo è giunto fino a noi in condizioni pur troppo assai infelici, a togliere alcuni dubbi di lettura, abbiamo fatto più volte ricorso alla stampa delle «Nuove Scienze».