AL DETTO SIG. GALILEI DEL SIG. FRANCESCO STELLUTI

ACCADEMICO LINCEO.

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Infra tutti i viuenti,

Ergansi in aria à volo,

Guizzin per l'onde algenti,

O stampin l'orme in sul terreno suolo,

L'huom sol discorre; e solo

Sà, vale, intende, e vede

Sì, ch'agli Angeli appena altero ei cede.

Emulo di Natura,

Ciò ch'ella mai produce

Fingerlo anch'ei procura,

E lo fa sì, che merauiglia adduce;

L'intelletto ha per Duce,

Ed alto a la sua destra

Somministra valor l'arte mæstra.

S'à fera, od à sè forma

Imago somigliante,

Trouar ei sà la norma

Onde gli occhi, e le man muoua, e le piante.

Fe' per l'aria volante

Vna Colomba Archita

Di legno, e pur senso hauer parue, e vita

E quel saggio, che grande

Dal suo valor s'appella,

Diè con arti ammirande

La voce à finto labro, e la fauella.

Forma destra nouella

Simulato Augelletto,

E fa che tragga alta armonia dal petto.

Di puro vetro, e terso

Altri à compor s'accinse

Vn picciolo vniuerso;

E poi che di più Cieli intorno il cinse

Le stelle entro vi finse;

E lor diè moto, e giro

Pari à quel, ch'i sublimi Astri sortiro.

Lassù gli aperti, ed ampi

Spazij del ciel, sonori

Strali di foco, e lampi

Scorron talor con tema alta de cori.

Forma volanti ardori

L'huom anco, e con rimbombo

Sà fulminar da cauo ferro il piombo.

A i confini d'Alcide

Sicuro altri le spalle

Riuolge, e senza guide

Su cauo legno per l'ignoto calle

Della lubrica valle

Del Ocean profondo

Vassene, e aggiunge vn nouo Mondo al Mondo.

E più di questi audace

Oltre l'human costume,

Con la sua man sagace

Ali Dedal si fa di lieui piume;

E cotanto presume,

Ch'à volo s'erge, e quale

Veloce Augel per l'aria poggia, e sale.

E tu, s'io ben riguardo

Vigoroso, ed altero

Ti festi in guisa il guardo,

Che trapassa il mirar d'human pensiero,

Onde Talpa il Ceruiero

Appo te, GALILEO,

Fora, & argo senz'occhi, orbo Lincèo.

Nè sol de la tua fronte

I fortunati rai

Quelle virtù sì conte,

Han, ch'a lor tu co' tuoi cristalli dai:

Ma quel bel lume, c'hai

Dentro la mente accolto,

Quell'anco vince ogni veder di molto.

Onde ciò, ch'altrui cela

Natura entro nel seno,

Aperto si riuela

A l'vno, e l'altro tuo sguardo sereno.

Altri si crede appieno

Col saggio di stagira

Mirarlo ancor, ma vn'ombra sol ne mira.

Quello c'hor tu n'insegni,

Non da le carte antiche,

Non da i moderni ingegni

L'auesti nò, non da le stelle amiche;

Le tue lunghe fatiche,

Le proue tue, gli studi

Fur, che tante destaro in te Virtudi.

Qualunque i sensi adopra,

Se da te non l'apprende.

Come l'odor si scopra,

E man tocca, occhio mira, orecchio intende

Aperto ei nol comprende,

E non ben sà la lingua

Altrui ridir com'i sapor distingua.

Nè sà ben come il gelo,

Com'il caldo altri senta,

Come produca il Cielo

Ciò che più di stupor sù n'appresenta;

Tù v'hai sì l'alma intenta,

Ch'o vicino, o remoto

Oggetto alcun non miri à te mal noto.

Quei, che cercò là presso

A la Calcidia riua

Perche l'onda sì spesso

Colà d'Euripo à Variar veniua,

Se la cagion n'vdiua

Da te, cui non s'asconde,

Sommerso non si fora entro quell'onde.

E quei di te pria nati

Dotti Hipparchi, ed Atlanti,

S'intenti rimirati

Teco hauesser quei seggi alti stellanti,

Non detto haurian, quei tanti

Lumi, ch'in Cielo han loco,

Passar di mille il numero di poco;

Nè dato hauriano il dorso

Adeguato, e polito,

Nè dal ver lunge il corso,

Nè il numero di sette stabilito,

Nè concesso quel sito

Che non hanno, o confine,

A quei ch'erran lassù con aureo crine.

Altri erranti aggiungesti

A quegli tù sù doue

Per quei vani celesti

Và con rai sì benigni errando Gioue.

E vedi in forme noue

Chi sù men pronto suole

Mouersi in giro, e chi precorre il Sole.

E di quei rai sù fissi

Tanti gir ne mirasti

Per quegli immensi abissi,

Ch'occhio non v'è ch'a numerargli basti.

In quei confin sì vasti

Tanti il Ciel ne contiene,

Che pon del mar quasi adeguar l'arene.

Cedanti pure il vanto

Quei noui Tifi arditi,

Che glorioso han tanto

Perchè scoprir mari nouelli, e liti:

Poiche tu non additi

Terre quaggiù nouelle,

Ma nel sublime Ciel lucenti Stelle.

Nouelli solo à noi

Quei discopriro Imperi,

Non già noui àgli Eoi,

Che là per gli ondeggianti lor sentieri

Giunti v'eran primieri:

Ma scopri tù più scaltro,

Orbi à ciascun nouelli, e pria d'ogn'altro.

Molto a te l'huom, per tali

Trouati obietti, deue;

Ei co' tuoi vetri frali

Sen và fin presso al Ciel, spedito, e lieue;

Molto il Ciel, che riceue

Da te beltà più chiare,

Più nel sen luci, e in maggior forma appare.

E s'à spiar la via

Non giuan gli occhi tui

Del alto Ciel, qual pria

Ei fora ancor: tu sei, ch'i globi sui

Celati prima à nui,

Orni con auree chiome,

E lor dai moto, e loco, e vanto, e nome.

Onde se da la vista

De le tue luci accorte

Tante 'l Ciel pompe acquista,

Ei non permetterà, ch'vnqua t'apporte

Il fosco oblìo la morte;

Ma fin che gira intorno

Splenderai tu d'illustre gloria adorno.

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