De i moti dell'ottava sfera.

Ne i discorsi passati s'è trattato de i moti de gli orbi celesti, ed in particolare del moto diurno e suoi accidenti, quasi che questo fusse proprio e naturale della ottava sfera e che essa non participasse d'altri moti; e questo fu veramente creduto da i primi osservatori de i moti celesti, che furono inanzi a Iparco, i quali, non avendo osservazioni molto antiche, non poterono avvertire, l'orbe stellato, oltre al moto diurno, averne un altro, ma così lento, che per la sua inaspettabil tardità, non poteva nell'età d'un uomo nè di due manifestarsi al senso. Ma finalmente, paragonando Iparco le sue osservazioni con quelle di Timocare, e Tolomeo le sue con quelle di Iparco, si venne finalmente in cognizione, come le stelle fisse, oltre al moto diurno dall'oriente all'occidente, hanno ancora un altro moto tardissimo da occidente verso oriente, sopra i poli del zodiaco, a guisa de i pianeti.

Ed acciò che s'intenda almeno sommariamente, da quali osservazioni è stato compreso questo moto, diremo come i primi astronomi, avendo costituito e diviso il zodiaco ne i dodici segni, osservarono come nella sezione dell'equinozio della primavera si trovava una stella fissa assai conspicua, situata nella testa d'Ariete; onde, stimando loro che il zodiaco non si movesse, posero come per certo, l'equinozio della primavera farsi nell'arrivare il sole a detta stella. Ma doppo, col progresso del tempo, si è venuto in cognizione, la detta stella non esser più nel detto equinozio, ma essersi, discostandosi da esso, ritirata verso oriente: nè questo moto, per l'antichità che noi moderni abbiamo, si può più ascondere come insensibile, essendosi la detta stella mossa verso oriente, ed allontanatasi ormai dall'antico sito, circa 29 gradi, ch'è poco manco d'un segno. Similmente, avendosi memoria de i siti d'altre stelle famose, come del Cuore di Leone, della Spiga della Vergine, etc., si trova al presente in esse la medesima mutazione, e così, venirsi a fare gli equinozii ed i solstizii molto anticipati da quello che anticamente si facevano: argomento indubitato, le stelle fisse aver questo moto progressivo da occidente verso oriente. E che tal moto si faccia sopra i poli del zodiaco, e non sopra quelli dell'equinoziale, ce lo dimostra indubitatamente il non mutarsi punto le latitudini delle stelle fisse dall'eclittica, ma sì bene le loro declinazioni dall'equinoziale: che se tal moto si facesse intorno a' poli dell'equinoziale, se bene esse stelle si andassero ritirando verso oriente, non per questo le lor declinazioni dall'equinoziale si muterebbono; ma già che si mutano, e, per l'opposito, le distanze delle medesime stelle dall'eclittica, che latitudini si domandano, nè anco per un minimo punto si trovano esser variate, perciò necessariamente si conchiude, tal moto farsi sopra i poli del zodiaco. Ed essendo che convengono communemente tutti gli astrologi e filosofi insieme, che del medesimo cielo un sol moto, e non più, possa esser proprio e naturale, perciò di questi due moti, ciò è del diurno da oriente in occidente, e dell'altro tardissimo da occidente verso oriente, questo tardissimo constituì Iparco e Tolomeo come proprio della sfera stellata, e per l'altro diurno posono sopra le stelle un'altra sfera, della quale ei fusse proprio, domandandola il primo mobile.

Ma doppo un lungo progresso d'anni, altri astrologi, de i quali fu il capo il re Alfonso, da nuove osservazioni furno persuasi ad aggiunger anco il terzo moto alla sfera stellata, il quale a Tolomeo fu ignoto. Perchè, osservando questi esattamente la quantità dell'anno, conobbero i periodi annui del sole essere ineguali: il che a Iparco ed a Tolomeo fu ignoto, ancor che con esquisita diligenza tentassero d'investigare tale disugualità; ma le osservazioni di non molti anni non furono bastanti a scoprire questa piccola inegualità. Avendo dunque gli Alfonsini osservato, la quantità de gli anni essere disuguale, ed alcuni andar crescendo ed altri diminuendo, conchiusero esser necessario che i punti de gli equinozii, quali si prendono come termini dello spazio annuo, non fussero fermi e stabili, ma si movessero, ritirandosi ora verso oriente, e così slongando il ritorno del sole al medesimo equinozio, e, conseguentemente, la quantità dell'anno; ed ora ritornando verso occidente, e quasi incontrando il moto del sole, venissero a diminuire lo spazio annuo. Per ciò si andorono imaginando questo accostamento e discostamento de i punti delli equinozii dell'ottava sfera dalli equinozii della nona; e perciò s'immaginorono due piccoli cerchietti descritti intorno a gli equinozii della nona sfera, con l'intervallo di nove gradi per semidiametro, nella circonferenza de i quali cerchietti posero gli equinozii dell'ottava sfera, intorno a i quali girassero, e così venissero ad esser ora precedenti, ora conseguenti, alli equinozii della nona sfera. E perchè a tal moto ne consèguita, che soli li detti due equinozii descrivon cerchietti, e tutti gli altri punti del firmamento vadino solamente titubando e movendosi un poco, ora inanzi ed ora indietro, chiamorono tal moto trepidazione: e per questo, aggiungendo sopra la nona sfera ancora la decima, statuirono d'essa decima esser proprio il moto diurno, della nona l'altro da principio dichiarato; e questo della trepidazione attribuirono alla sfera stellata, ed in tal maniera, che li altri due moti sopradetti fussero dalle sfere superiori communicati alla sfera stellata, e da questi tre orbi conferiti e participati a tutte le sfere inferiori de i pianeti.

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