Capitolo X. Esiglio.

Se quel calcio al caduto — fosse stato dato da un vile, da un debole — pazienza! Ma da un rapresentante dell'Inghilterra — terra d'asilo universale! Ciò mi colpì sensibilmente!

Bisognò sgombrare — però — anche che avessi dovuto gettarmi in mare — e dal consiglio d'alcuni amici io mi decisi di passar lo stretto — e cercare un rifugio in Africa, dal Sig. G. Batta Carpeneto — console Sardo a Tanger — che mi accolse e mi ospitò in casa sua per sei mesi — coi miei due compagni ufficiali Leggiero e Coccelli -

A Modigliana io avevo trovato un prete benefico -

A Tanger vi trovai un console regio, generoso ed onestissimo — Ad ambi io sono debitore della maggior gratitudine — E ciò prova bene: esser giusto il vecchio proverbio «l'abito non fa il monaco» — E ciò prova pure: esser l'esclusivismo, professato da certa gente, un'errore — ed [239] esser ben difficile di trovare la perfezione nell'umana famiglia — Procuriamo d'esser buoni — inculchiamo, quanto è possibile, le massime del giusto e del vero — nelle moltitudini — combattiamo ad oltranza la teocrazia e la tirannide sotto qualunque forza — perchè rappresentanti della menzogna e del male; ma..... siamo indulgenti con questa nostra ferina razza — che fra gli altri titoli a benemerenza, ha pur quello di generar sempre una metà di sè stessa — composta d'imperatori, re, birri di tante denominazioni — e preti — che sembrano proprio tagliati con tutti i più scelti attributi di scorticatori — per maggior gloria, e benefizio del resto -

A Tanger col generoso mio ospite Carpeneto — io passai vita tranquilla e felice — quanto lo può esser quella d'un esule Italiano, lontano da' suoi cari, e dalla patria sua — Almeno due volte la settimana, si andava a caccia, e si cacciava abondantemente — Poi, un amico mise un guzzetto (piccola barca) a mia disposizione — e si fecero anche delle partite di pesca — abondante pure in quelle coste -

L'ospitalità gentile ricevuta in casa del Sig. Murray, Vice-console Inglese — mi toglieva qualche volta dalla solitaria e selvaggia mia consuetudine -

Sei mesi dunque — passarono in quella vita — che mi sembrò tanto più fortunata — quanto era stato terribile il periodo anteriore -

Nella mia relegazione, però, non ero dimenticato da tutti i miei amici Italiani — Carpanetto Francesco — a cui dovevo, sino dal principio del mio arrivo in Italia in 48, un'infinità di favori, e gentilezze — aveva ideato di raccogliere, per mezzo de' miei conosciuti, e suoi, una somma sufficiente da costruire un bastimento, destinato ad esser comandato da me per guadagnar la vita -

Tale progetto mi sorrideva: Nulla potendo fare per l'adempimento della politica mia missione; mi sarei almeno occupato, lavorando mercantilmente, d'acquistare un'esistenza indipendente — e non più star a carico dell'uomo generoso che mi avea ospitato -

Io accettai immediatamente il progetto dell'amico mio Francesco — e mi disposi a partire per gli Stati Uniti ove doveva effetuarsi la compra del legno — Verso giugno del 1850, m'imbarcai per Gibilterra, di là a Liverpool, e da Liverpool a New-York -

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Nella traversata per l'America, fui assalito da dolori reumatici, che mi tormentarono durante gran parte del viaggio — e fui finalmente sbarcato com'un baule — non potendo movermi — a Staten Island — nel porto di New York -

I dolori mi durarono un par di mesi, passati parte in Staten Island, e parte nella città stessa di New York, in casa del mio caro e prezioso amico Michele Pastacaldi, ove godevo l'amabile compagnia dell'illustre Foresti — uno dei martiri dello Spielberg -

Il progetto del Carpanetto, non poteva intanto attuarsi per mancanza di contribuenti — Egli avea raccolto tre azioni di dieci milla lire ognuna, dai fratelli Camozzi di Bergamo — e da Piazzoni; ma che bastimento si poteva comprare in America con trenta milla lire? Un piccolo barco per il cabotaggio — ma non essendo io cittadino Americano, sarei stato obligato di prendere un Capitano di codesta nazione — e non conveniva -

Infine, qualche cosa bisognava fare — Un mio amico, Antonio Meucci, Fiorentino — e brav'uomo — si decide a stabilire una fabrica di candelle, e mi offre di ajutarlo nello stabilimento -

Detto, fatto — Interessarmi nella speculazione, non lo potevo — per ragione di mancare i fondi; (giacchè le trenta milla lire suddette, non essendo state sufficienti per la compra del legno — erano rimaste in Italia) mi addatai quindi al lavoro colla condizione: di fare quanto potevo -

Lavorai per alcuni mesi, con Meucci — che, benchè lavorante suo, mi trattò come della famiglia, e con molta amorevolezza -

Un giorno però, stanco di far candele — e spinto forse da irrequietezza naturale ed abituale — uscï di casa, col proposito di mutar mestiere -

Mi rammentavo d'esser stato marino — conoscevo qualche parola d'inglese — e mi avviai sul littorale dell'isola, ove scorgevo alcuni barchi di cabotaggio occupati a caricare e scaricar merci -

Giunsi al primo, e chiesi d'esser imbarcato come marinaio — Apena mi diedero retta — tutti quanti scorgevo sul bastimento — e continuarono i loro lavori — Feci lo stesso, avvicinando un secondo legno — Medesima risposta — Infine ad un altro, ove si stava lavorando a scaricare — e dimando: mi si permetta di ajutare al lavoro — e n'ebbi in risposta che non ne abbisognavano — «Ma non [241] vi chiedo mercede» io insisteva: e nulla. «Voglio lavorare per passare il freddo» (vi era veramente la neve) meno ancora. Io rimasi mortificato!

Riandavo col pensiero a quei tempi ov'ebbi l'onore di comandar la squadra di Montevideo — di comandarne il bellicoso ed immortale esercito! A che serviva tuttociò — non mi volevano!

Rintuzai infine la mortificazione, e tornai al lavoro del sego — Fortuna ch'io non avevo palesato la mia risoluzione all'eccellente Meucci — e quindi concentrato in me stesso, il dispetto fu minore — Devo confessar di più: non esser il contegno del mio buon principale verso di me, che mi avesse obligato alla intempestiva mia risoluzione — egli mi era prodigo di benevolenza e d'amicizia — siccome lo era la Signora Ester di lui sposa -

La mia condizione non era dunque deplorabile — in casa di Meucci — e fu proprio un'accesso di malinconia, che m'avea spinto ad allontanarmi da quella casa — In essa, io ero liberissimo: potevo lavorare se mi piaceva — e preferivo naturalmente il lavoro utile a qualunque altra occupazione — ma potevo andare a caccia qualche volta — e spesso si andava anche a pesca, collo stesso principale, e con vari altri amici di Staten Island, e di New York, che spesso ci favorivano colle loro visite -

In casa poi, non v'era lusso — ma nulla mancava delle principali necessità della vita — tanto per l'alogio che per il vito -

Io devo qui menzionare il maggiore Bovi — il mutilato alla difesa di Roma — e che fu mio fratello d'armi in varie campagne — Egli m'avea raggiunto a Tanger in casa del Sig. Carpeneto — nell'ultimo tempo da me passato in quella casa d'asilo — e quando mi decisi di passare in America — non permettendo i miei mezzi di condurre meco tutti i miei compagni, lasciai Leggiero e Coccelli a Tanger raccomandati — e scelsi per accompagnarmi Bovi, incapace di lavoro perchè mancante della mano destra -

Coccelli! Perchè non accennerò io ad un ricordo di cotesto mio giovine, bello, e valoroso compagno?

Coccelli era entrato bambino nella legione di Montevideo, e con molta propensione alla musica, egli suona la tromba a chiave nella superba banda della legione — e la tromba di guerra, nelle famose cariche, con cui quel valoroso corpo fece rispettatto il nome Italiano in America -

[242]

Coccelli seguì la Legione in tutte le sue campagne — e seguì la spedizione nostra del 48 in Italia — Fece con onore — come ufficiale le campagne della Lombardia e di Roma — e venne meco, quando proscritto dal governo sardo nel 49 — mi recai a Tanger -

Alla mia partenza da Tanger per l'America — io lasciai a Coccelli il mio fucile, ed ogni mio attrezzo da caccia — Egli morì, ben giovane ancora, colpito dal sole Africano nella testa -

Il mio cane da caccia, Castore, fui pure obligato di lasciarlo in Tanger al mio amico Sig. Murray — e quel mio fedele compagno, ne morì di disgusto!

Finalmente giunse l'amico mio Francesco Carpanetto — a New York — Egli avea da Genova, iniziato una specolazione in grande per l'America centrale — Il S. Giorgio, nave a lui appartenente — era partita da Genova, con parte del carico — e lui stesso era passato in Inghilterra, a preparare il resto, ed inviarlo in Gibilterra ove la nave doveva prenderlo -

Si decise: ch'io l'accompagnerei nell'America centrale — e fecimo i preparativi di partenza — e nel 51 dunque con Carpanetto effetuai un viaggio per Chagres, con un vapore Americano — capitano Johnson -

Da Chagres passammo in un Jacht della stessa nazione in S. Juan del Nord — e di là presimo una piragua — rimontando lo stesso fiume di S. Juan, sino al lago di Nicaragua — Traversammo il lago, e giunsimo finalmente a Granada, porto e paese più commerciale del lago.

In Granada stettimo pochi giorni — e vi fummo accolti gentilmente da alcuni Italiani ivi stabiliti -

In Granada principiarono le operazioni commerciali dell'amico Carpanetto — e di là visitammo allo stesso oggetto, molte parti dell'America centrale, traversando varie volte l'Istmo di Panama -

Io accompagnavo il mio amico in quelle escursioni, più come compagno di viaggio, che come collaboratore di commercio — in cui mi confesso novizio — ma tale non era Carpanetto — ed io ammiravo l'attività, e l'intelligenza con cui egli maneggiava ogni negozio, che poteva produrre dei vantaggi -

Viaggiavo in quell'epoca sotto il nome di Giuseppe Pane, che già avevo assunto nel 34 — per scansare curiosi, e molestie poliziesche -

[243]

Alle combinazioni commerciali del Carpanetto serviva di base, l'arrivo della nave S. Giorgio a Lima — ed egli avea progettatto di recarsi in detta città per aspettarla — Tornammo quindi a S. Juan, del Nord, ripassammo a Chagres, e di lì rimontammo il fiume Cruz, per giungere a Panama -

In codesto ultimo viaggio, io fui assalito dalle terribili febbri endemiche in quel clima ed in quel paese seminato da paludi — Esse mi colpirono come un fulmine e mi prostrarono — Io, non fui mai, così abatutto dal male come in quell'epoca — e se non avessi avuto la fortuna di trovare degli eccellenti Italiani — tra cui due fratelli Monti — a Panama — e vari buoni Americani — io credo non mi sarei liberato dal morbo -

Il mio caro Carpanetto, poi in quella pericolosa circostanza, ebbe per me delle cure fraterne -

M'imbarcai a Panama col vapore Inglese — che doveva condurci a Lima — L'aria del mare fu per me un balsamo — e ne fui sommamente rinfrancato.

Nella traversata passammo a Guayaquil da dove cercai invano di scoprire la cima del Cimboraço — quasi sempre nascosto dalle nubi — A Païta sbarcammo, ci fermammo un giorno — e vi fui ospiziato in casa d'una generosa Signora del paese — che trovavasi in letto da anni — essendo stata colpita da un'attacco apopletico nelle gambe — Passai parte di quella giornata, accanto al letto della Signora — Io sopra un sofà — e benchè alquanto migliorato in salute, ero obligato di rimanermi sdrajato e senza moto -

Doña Manuelita di Saenz, era la più graziosa, e gentile matrona, ch'io m'abbia veduto — Essa era stata l'amica di Bolivar, e conosceva le più minute circostanze della vita, del grande Liberatore dell'America centrale — la di cui vita intiera, consacrata all'emancipazione del suo paese, e le virtù somme che lo adornavano, non valsero a sottrarlo al veleno della lingua mordace dell'invidia, e del gesuitismo, che ne amareggiarono gli ultimi giorni -

E sembra la storia di Socrate, di Cristo, di Colombo!

Ed il mondo rimane sempre preda delle miserabili nullità che lo sanno ingannare!

Dopo quella giornata ch'io chiamerò deliziosa — dopo tante angosciose — passata nella cara compagnia dell'interessante invalida — io la lasciai veramente commosso — Ambi cogli occhi umidi — pressentendo senza dubbio: esser cotesto — per ambi — l'estremo addio su questa terra — M'imbarcai [244] nuovamente col vapore — e giunsi a Lima lunghesso la bellissima costa del Pacifico -

Ho detto bellissima, parlando del littorale occidentale dell'America, da Panama a Lima — ed avrei dovuto dire pittoresca — giacchè quella costa se eccetuati i punti di Panama, Guayaquil, Païta e Lima — offre nella maggior sua estensione, dei tratti che somigliano alle aride arene dell'Africa — Comunque la parte verde, somiglia agli Oasis — e cosa stupenda: in quel paese ove rarissime sono le pioggie ed insignificanti — l'acqua dolce zampilla vicinissima all'Oceano — e basta dovunque cavar pochi palmi, per trovarla abondantissima — Le Ande veri giganti della terra — poco distanti dal littorale, sono il serbatojo di quelle acque purissime tesoro del paese — forse più prezioso dei ricchi metalli che vi abbondano tanto -

Io mi aspettavo di trovare — in quel versante della grande catena Americana — più animata vegetazione — e meno desolanti deserti di sabbia — e me lo era ideato più bello assai il paese alle falde delle alte Cordigliere — Nato io stesso alle faldi delle Alpi, cercavo, invano, dal mare, una vallata deliziosa, da poter paragonare a quella della bella mia Nizza!

Comunque, assai pittoresca, è quell'interessante costa — non tutta bella — ma con pezzi bellissimi — come Lima — e la Valle del Paradiso — Valparaiso!

A Lima ove trovammo il S. Giorgio — io ebbi splendida accoglienza da cotesta ricca e generosa colonia Italiana — e massime dalle famiglie Sciutto, Denegri, e Malagrida — Il Sig. Pietro Denegri mi diede il comando della Carmen, barca di 400 tonnellate, e mi preparai per un viaggio in China -

Il mio amico Carpanetto partì da Lima col S. Giorgio per recarsi nell'America centrale — a prendervi il carico da lui preparato — Io non dovevo più rivedere quel carissimo uomo — a cui io andavo debitore di tanto affetto, tante gentilezze, e forse della vita — Egli moriva alcuni anni dopo di cholera, senza aver potuto ultimare le spedizioni che avea iniziato con tanta speranza e tanta sagacia — e che non fruttarono che amare delusioni, e la morte — in contrade tanto lontane dall'Italia sua ch'egli idolatrava -

Mi successe a Lima un fatto dispiacevole — prima d'imprendere viaggio — Io abitava nel principio del mio soggiorno [245] a Lima in casa del Malagrida — ove convalescente ancora dalle febbri, io ebbi una cura ed assistenza veramente gentili da lui, e dalla cortese sua signora — In quella casa giungeva qualche volta uno di quei Francesi che professano il chauvinisme — Io, poco accostevole di natura — e scorgendo cotesto individuo molto propenso a parlare — scansavo di legar conversazione con lui — quanto possibile — Un giorno però giunse a pigliarmi — e mi portò mio malgrado sul tema della spedizione Romana eseguita dall'esercito Bonapartesco — Tale argomento mi riusciva naturalmente tedioso — e procuravo di cambiarlo — ma inutilmente — ed egli non solamente si ostinò a continuarlo — ma straripò in termini poco decorosi agli Italiani — Io risposi con parole un po' aspre — trattenendomi nei limiti della decenza convenevole alla casa in cui io mi trovavo, e lì finì l'incidente -

Pochi giorni dopo — trovandomi al Callao — porto di Lima — a bordo della Carmen, occupato ai preparativi del mio viaggio — mi giunse un giornale di Lima in cui quel Chauvin m'insultava -

Non feci parola — ma alla sera del Sabbato, in cui terminavano i miei lavori — me ne andai a Lima, cercai della casa sua — era un gran magazzeno — vi entrai — chiesi a lui se mi conosceva — ed alla sua risposta affermativa li diedi quattro bastonate con una canna leggiera che portavo di solito — siccome nel calore della cosa però, non mi ero curato s'egli fosse accompagnato o solo — mi trovai ad aver da fare con due antagonisti più robusti di me — Il nuovo arrivato vedendomi impegnato col suo compagno, mi amministrò una bastonata per di dietro sulla testa che mi coprì il volto di sangue, e nello stesso tempo cercava di ferirmi con uno stocco da tergo -

Io vacillai per un pezzo — stordito — e fui sul punto di cadere — cadendo io ero morto — ed i miei avversari erano giustificati dall'atto mio d'averli assaliti in casa propria.

Non cadetti per fortuna! E riscaldato dal sangue mio che m'inondava il volto — diventai furente — disarmai uno dei due — il più forte avversario — l'altro cominciò a fuggire nell'interno — certo più spaventato dello stato mio d'eccittamento — che dalla mia forza — e subito fu seguito dal secondo — Io rimasi padrone del campo di battaglia — in uno spazioso magazzeno di merci che non mi appartenevano — e cercai ricovero altrove -

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Degno di menzione, è l'amore dei miei concittadini, manifestatosi in tale circostanza — verso di me. La polizia di Lima eccitata da un furibondo console Francese — voleva violentemente arrestarmi ma il contegno degli Italiani le tolse tale voglia — Essi si mantennero dignitosi — ma v'eran tutti — e Lima li contava a migliaja — tutta gente forte, e ben disposta — Tutti vennero alla riscossa — e dissero rispettosamente al commissario di polizia che non m'arrestasse — Il commissario fece molto schiamazzo, ma non mi arrestò — attorniato com'era, da quella folla d'uomini — tranquilli, ma risoluti nel loro proposito -

Il console Francese esigette da principio, una soddisfazione dal governo Peruano — che si formolava nientemeno: che in una multa, ed in parole di scusa da parte mia — Il console sardo Canevarro, era l'intermediario di quelle trattative — e non mancò d'interessarsi a me — Infine si conchiuse la cosa, senza multa, e senza parole di scusa -

Quando io penso alle nostre colonie Italiane dell'America meridionale — vi è veramente da andarne superbi — Quei nostri conterranei sulla terra libera di quelle Republiche — mi sembrano, valer più assai che nelle nostre contrade — Il prete sotto codesto cielo benedetto — striscia da rettile, come dovunque — ma sui nostri non ha dominio — e pochissimo sui figli di quel paese prediletto — I governi, non sempre son buoni — ma interessati come sono a fomentare l'immigrazione straniera — la proteggono, massime d'Italiani, che tanta affinità hanno colla razza Iberica -

Nell'America meridionale l'Italiano è generalmente laborioso ed onesto — quando qualche perverso si presenta, i nostri lo tengan d'occhio — e se fallisce non son tranquilli — finchè non sia cacciato dal loro consorzio -

La parte marina poi, di codesta nostra emigrazione, è poco conosciuta, massime dal governo Italiano — ma certo, essa si compone della frazione più energica dell'immensa marina nazionale — massime Ligure — di cui detto governo non ha saputo trar partito sin'ora — e che in nessun tempo — dev'essere inferiore alle marine mercantili o da guerra dei nostri vicini -

Veleggiai poco dopo, colla Carmen — verso le isole di Cincia, a mezzogiorno di Lima — ove si caricò guano — destinato per la China — e tornai al Callao per le ultime disposizioni del lungo viaggio -

[247]

Il 10 gennaio 1852 salpai dal Callao per Canton -

Impiegammo circa 93 giorni nel viaggio — sempre con vento favorevole — Passammo alla vista delle Isole di Sandwich — ed entrammo nel mare di China tra Luzon e Formosa nelle Filipine -

Giunto a Canton, il mio consegnatario mi mandò a Amoy — non trovandosi a vendere il carico guano nella prima piazza -

Da Amoy tornai a Canton — e non essendo pronto il carico di ritorno — caricai per Manilla differenti generi -

Da Manilla tornai a Canton — ove si cambiarono gli alberi della Carmen, trovati guasti — ed il rame. Pronto il carico — lasciammo Canton per Lima -

Dagli studi fatti dei venti regnanti — sulle due linee da percorrere per tornare a Lima — l'una al nord in cerca dei venti variabili di quell'emisfero — l'altro al sud, passando fuori dell'Australia — io scelsi la seconda -

Nella zona torrida, che sarebbe di 46° 56′ coll'equatore in mezzo — e che più generalmente si può calcolare sino a 60° — poichè le brezze per lo più si estendono a 30° di latitudine d'ogni lato dell'equatore -

Nella zona torrida dico — ove le brezze soffiando da levante a ponente, con eterna costanza — chi tentasse di traversare diritto da Canton a Lima — non ultimerebbe il viaggio nemmen se fosse carico di viveri, poichè avrebbe sempre contrari, venti e maree -

Allontanandosi invece da cotesta zona verso i poli, si va colla quasi certezza di trovarvi dei venti variabili — e che generalmente soffiano da ponente a levante — massime se si oltrepassano i 50° gradi di latitudine in un emisfero o nell'altro -

Veleggiammo verso il mare d'India — ed uscimmo dall'arcipelago Indiano per lo stretto di Lombok — dopo d'aver bordeggiato con alcune difficoltà in quelli stretti, avendo trovato la Monsoon del Sud Ouest, ancora attiva -

Nel mare Indiano — fuori di quello stretto, trovammo le brezze costanti da levante — a pochi gradi di distanza — Presimo le mura a sinistra, e continuammo così, sino [248] verso i 40° gradi di latitudine meridionale — ove trovati i venti da ponente, seguimmo per lo stretto di Bass — tra l'Australia e Van-Diemen — In codesto stretto, aprodammo in una delle Hunter Islands, per avere dell'acqua.

Vi trovammo uno stabilimento, lasciato di fresco da un Inglese colla moglie — per motivo d'esservi morto il compagno — notizia, che ci diede una tavola eretta sulla di lui tomba — ed ove era scritta sommariamente la storia della colonia — «I conjughi» diceva la iscrizione; «intimoriti di trovarsi soli in quell'isola deserta, l'abbandonavano per passare a Vandiemen» -

Il più importante dello stabilimento era una casetta rozza — ma comoda — d'un piano — industriosamente costrutta, ove si trovavano tavole, letti, sedie, ecc., non di lusso certamente, ma con quell'impronta d'agiatezza, così naturale agl'inglesi -

Un orto, per noi, il più utile ritrovato — poichè, vi trovammo delle patate fresche — ed altra ortaglia, di cui fecimo abbondante provvista -

Isola deserta dell'Hunter Islands — quante volte tu m'hai deliziosamente solleticato l'immaginazione — quando stuffo di questa civilizzata società — sì ben fregiata da preti e da birri — io mi trasportavo coll'idea verso quel tuo grazioso seno — ove aprodando per la prima volta fui ricevuto da uno stormo di bellissime pernici — ed ove tra secolari piante d'alto fusto — mormorava il più limpido, e più poetico ruscello — in cui ci dissettammo piacevolmente — e con abbondanza fecimo la necessaria provvista d'acqua per il viaggio -

Dallo stretto di Bass, veleggiammo tra la nuova Zelanda, e Lord Aukland land, mettendosi poi a cavaliere del 52º di latitudine meridionale, e su cui spinti da forti venti da ponente, ci dirigemmo verso la costa occidentale dell'America -

Avvicinando quindi detta costa — dopo molti giorni di prospera navigazione — obliquammo a sinistra verso la zona torrida, cercando i venti generali, che soffiano eternamente dal Sud-Est — e che ci condussero a Lima, dopo una traversata di circa 100 giorni -

Negli ultimi giorni si scarseggiò di viveri, per cui si mise la gente alla razione per previdenza — Si sbarcò il carico a Lima, e si partì in zavorra per Valparaiso — ove giungendo, si noleggiò la Carmen per un viaggio dal Chilì a [249] Boston con rame. Aprodammo in vari porti della costa di Chilì: Coquimbo, Guasco, Herradura — e si terminò il carico con lana sopra il Rame, a Islay (Perù).

Partimmo da Islay, veleggiammo a mezzogiorno per il capo di Horn, e dopo una traversata molto tempestosa nelle alte latitudini giunsimo a Boston — Da Boston ebbi ordine di andare a New York — ove giunto ricevetti una lettera, con alcuni rimproveri dal proprietario della Carmen — che mi sembrò, non meritare — e per cui lasciai il comando di detto legno -

Io devo agiungere, sul conto di D.n Pedro Denegri padrone della Carmen: esserne stato trattatto con molta gentilezza, in tutto il tempo ch'ebbi la fortuna di servirlo — Ma un Tersito — parasita, che s'era introdotto in casa sua, era pervenuto a mettermi in sospetto col principale.

Rimasi alcuni giorni ancora a New York, godendo la cara compagnia dei miei preziosi amici Foresti, Avezzana, e Pastacaldi — ed in quel mentre, essendo giunto nel porto, il Capitano Figari, con intenzione di comprare un bastimento — mi propose di comandarlo per condurlo in Europa -

Io accettai, e fummo col Capitano Figari a Baltimore, ove si acquistò la nave Commonwealth — si caricò di farina e grano — e veleggiai per Londra, ove giunsi in Febbraio del 54 -

Da Londra andai a Newcastle ove caricammo carbon fossile per Genova — e giunsimo in quest'ultimo porto il 10 Maggio dello stesso anno -

Giunto a Genova ammalato di reumatismi, fui trasportato in casa del mio amico, Capitano G. Paolo Augier — ove ricevetti ospitalità gentile per 15 giorni — Da Genova passai a Nizza, ove ebbi finalmente la fortuna di stringere al seno i miei figli — dopo un esiglio di cinque anni -

Il periodo decorso, dal mio arrivo a Genova in Maggio del 54 — sino alla mia partenza da Caprera in Febbrajo 1859 — è di nessun interesse — Io lo passai: parte navigando — e parte coltivando un piccolo possesso — da me acquistato nell'isola di Caprera –

[250]

2º Periodo.

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