Capitolo VI. Nello Stato Romano, ed arrivo in Roma.

Colla morte di Rossi, capirono i governanti di Roma, che non impunemente, si calpesterebbero i diritti, e la volontà della nazione -

Chiamaronsi uomini meno impopolari al ministero — e fu concessa la permanenza nostra sul territorio Romano — Non cessò però la stessa diffidenza in cui eravamo tenuti — e quantunque annessi all'esercito Romano — tardamente si provvedeva al nostro sussidio, al destino nostro, e massime al nostro armamento, ed ai capoti, indispensabili nel forte dell'inverno già ben vicino -

In Ravenna erano giunti gli aspettatti Mantovani — Masina erasi riunito a noi, colla poca ma bella sua cavalleria — e [196] formavano un personale di circa quattrocento uomini — non complettamente armati, la maggior parte senza uniformi — e malvestiti, o pochissimo -

Il municipio di Ravenna da cui eravamo mantenuti, mi fece sentire: che sarebbe meglio, dividere tale carico con altre città, e perciò cambiare alternativamente di soggiorno — Così successe — e lasciammo, dopo una permanenza di venti giorni circa, quella simpatica e generosa popolazione -

Io testimoniai in Ravenna, nel mio breve soggiorno, uno spettacolo unico e ben consolante — ciocchè non avea veduto in nessuna delle città nostre percorse antecedentemente — Vidi, nell'antica capitale dell'Esarcato, una concordia fra le classi diverse dei cittadini — veramente incantevole — La concordia perfetta fra i ceti diversi d'una città Italiana è la Fenice! è il perno della libertà e dell'indipendenza della patria, quando estesa generalmente — ed il suo difetto, non dubito: sia l'origine delle sventure e dell'abbassamento nostro -

Essa mi sembrava, per ventura di cotesti cittadini — annidata accanto al mausoleo di Dante — sotto l'egide del collosso dei nostri grandi! Là non v'era un circolo popolare, uno Italiano — nazionale l'altro — una società di qui, ed una società di là avendo tutte e tutti, la loro chiesetta — il loro stato maggiore — interessati tutti a primeggiare, ed a non intendersi cogli altri — No! vi era un circolo solo, di tutti i cittadini composto; un'opinione sola dal nobile al plebeo — dal ricco al povero — Anelavano tutti la redenzione della patria — dallo straniero, senza occuparsi momentaneamente della forma di governo — quistione che avrebbe potuto complicare in quei giorni la situazione e distogliere l'attenzione generale dalla meta principale -

Ho sperimentato i Ravennati — esser gente di poche parole — ma di fatti — e credo possibile il fatto seguente narratomi nella loro città:

Appariva una spia in Ravenna — in pien meriggio, in mezzo alla folla, lo colpiva una fucilata — il feritore ritiravasi tranquillamente — non fuggiva, poichè altra spia non si sarebbe trovata — ed il cadavere maledetto rimaneva d'esempio alle moltitudini -

Lasciammo Ravenna e soggiornammo in varie città delle Romagne ben accolti dal popolo e mantenuti dai municipï -

[197]

In Cesena lasciai la gente, e mi diressi a Roma per abboccarmi col ministro della guerra — onde sistemare l'esistenza nostra vagabonda ed importuna -

Seppi allora la fuga del papa — e col ministro Campello, si regolò: che la legione Italiana (questo fu il nome del corpo da me comandato in America, ed in Italia), apparterrebbe all'esercito Romano — che sarebbe perciò provveduto del necessario e diretto su Roma — onde complettarsi ed ultimare la sua organizzazione — Scrissi quindi al maggiore Marrocchetti, che avevo lasciato al comando del corpo, che procedesse verso Roma, ed io marciai al suo incontro -

Dalla mia separazione dal corpo in Cesena — era successa una catastrofe nello stesso: La morte di Tommaso Risso — sensibilissima perdita — tanto più, perchè cagionata dalla discordia tra valorosi Italiani, ed eseguita dalla mano d'un fratello!

In un alterco, Risso avea battutto Ramorino di frusta — ed un duello era divenuto inevitabile — Io, certo, avrei cacciato dalla legione, l'ufficiale che si fosse lasciato battere da chicchessia — e Ramorino, non era giovane da sopportare un insulto come quello ricevuto — Conosciuto il fatto, io rimasi freddo con ambi — ma col presentimento di sciagure — Avrei cancellato col mio sangue, la vergogna del compagno valoroso, ma non era fattibile!

Partivo da Cesena per Roma — e Tommaso Risso ch'io avevo freddamente tratatto contro il mio solito — si avvicinò alla vettura e mi strinse la mano... mi sembrò di stringere la mano d'un cadavere! Il pressentimento della morte del mio amico — non mi abbandonò durante il viaggio — e quella notizia inviatami, mi addolorò, ma non mi sorprese — Si erano battutti fuori di Cesena — e Ramorino aveva ucciso Risso.

Era Tommaso Risso una di quelle nature predilette, «Fiera natura» dicea una donna Italiana, innamorata di lui: — Nella infanzia avea abbracciato la carriera della marina, e giunto nel Rio della Plata — sbarcossi in Montevideo, prese la campagna — e vi trovò dell'occupazione, in uno stabilimento, di quelle contrade chiamato Estancia, assolutamente pastorizio — ed ove l'intiera vita si passa a cavallo — Egli s'era assuefatto intieramente agli usi di quel popolo cavalleresco — e di costituzione svelta e robusta — egli domava un puledro, a pari del gauccio, e si [198] batteva con qualunque degli indigeni coltello alla mano — come il primo di loro — ed il suo nome era pronunciato con rispetto tra i forti figli delle Pampas -

Nelle guerre perenni tra i popoli del Plata, aveva Risso combattutto nelle fila dei Montevideani, e creato ufficiale per la di lui bravura — servì valorosamente nella legione Italiana — e tra i molti combattimenti sostenuti — in uno delli stessi ricevette tale ferita nel collo da ammazzare un rinoceronte — Sanò miracolosamente di quella ferita; ma dal risultato della stessa, e di tante altre di cui aveva il corpo solcato — era rimasto colle braccia, quasi paralizzate -

Poco o nulla era l'istruzione letteraria di Tommaso — ma supplivalo tale intelligenza naturale, da farlo capace di qualunque carica — Egli avea comandato i vapori sul Lago Maggiore, e disimpegnatosi a meraviglia della difficile incombenza — Gelosissimo dell'onore Italiano — egli si sarebbe battutto col diavolo, se questo lo avesse voluto macchiare — Era con tutte le qualità che fanno il capopopolo: forte, ben disposto, generoso, le moltitudini erano il suo elemento — ed era capace di quietarle — quando esaltate — o di suscitarle e condurle all'eroïsmo col gesto, ed il maschio suono della sua voce -

Fu la morte di Risso, un doloroso avvenimento per i suoi compagni, e dolorosissimo per lui, di non poter spargere il suo sangue sui campi di battaglia per l'Italia ch'egli avea idolatrato.

Serbi Cesena i resti del prode campione della libertà patria, e lo ricordino qualche volta i suoi cittadini, coll'affetto e la stima che meritava!

Giunsi a Fuligno, e vi trovai la legione — ma nello stesso tempo ricevetti ordine dal governo di marciare con essa al porto di Fermo onde guarnire quel punto — che nessuno minacciava — e ciò mi provò non cessate le diffidenze dei nuovi governanti — e la volontà di questi di tenerci lontani da Roma -

Le mie osservazioni: che la gente mancava di capotti indispensabili per ripassare gli Apennini coperti di neve — non valsero, e fu forza tornare indietro, ripassare il Colfierito, e recarsi verso Fermo.

Io mi capacitai, naturalmente dell'intenzione del governo — ed il motivo del nostro invio al punto suddetto, altro non era, che allontanarci dalla capitale, ove si temeva il [199] contatto, di gente, tenuta per essenzialmente rivoluzionaria, colla popolazione Romana allora disposta di far valere i suoi diritti — Mi corroborava in tale opinione l'ingiunzione del ministro della guerra: di non oltrepassare nella legione, il numero di 500 -

In Roma dominava sempre lo stesso spirito, che avea retto Milano, e che reggeva Firenze — l'Italia non avea bisogno di militi, ma di oratori e patteggiatori — dei quali si poteva dire, ciocchè Alfieri diceva degli aristocrati: «Or superbi, or umili, infami sempre» — e di cotesti oratori massime — il nostro povero paese, non ne difetta in nessun tempo — Ed il despotismo avea cesso, per un momento, le redini della cosa publica, ai ciarloni per uccellare, ed addormentare il popolo colla quasi certezza che cotesti papagalli faciliterebbe la via alla tremenda reazione — che si preparava in tutta la penisola -

Rivalicavasi dunque l'Apennino per la terza volta, sprovvisti i miei poveri compagni d'un capotto nel forte dell'inverno — in dicembre — 1848 — e tra i mali che infierirono contro di noi — e che ci tormentavano nel nostro povero paese — non i minori furono le calunnie della parte prete — di cui il veleno nascosto come quello del rettile, come quello mortale — s'era propagato tra le popolazioni ignoranti — e ci avea dipinti coi colori i più orribili — Secondo i negromanti, noi erimo gente capaci d'ogni specie di violenze, sulle proprietà, sulle famiglie — scapestrati senza ombra di disciplina — e perciò temuto il nostro avvicinamento, come quello dei lupi — o degli assassini -

L'impressione però era sempre cambiata alla vista della bella gioventù educata che mi accompagnava — quasi tutto elemento cittadino e culto — poichè ben si conosce: che tra i corpo volontari ch'ebbi l'onore di comandare in Italia, l'elemento contadino è mancato sempre, per cura dei reverendi ministri della menzogna — I miei militi appartenevano quasi tutti a famiglie distinte delle diverse provincie Italiane.

È vero che non mancarono tra i miei volontari, alcuni malandrini in tutte le epoche, intrusi furtivamente, o tra noi mandati dalle polizie o dai preti — per suscitarvi dei disordini e delitti — e così screditare il corpo — ma, questi difficilmente duravano — e sfuggivano al castigo che li colpiva subito — Cotesti malfattori erano svelati dagli stessi volontari — gelosi dell'onore della legione -

[200]

Nel transito della legione dalle Romagne nell'Umbria, erasi saputo che i Maceratesi, temendo il nostro passagio per la loro città, avevano significato: che chiuderebbero le porte — ma nel ritorno — cioè nella marcia per porto di Fermo — meglio informati e pentiti della loro ingiusta risoluzione — mi fecero avvertito, che bramavano una nostra visita, per provarci l'inganno in cui furono trascinati la prima volta -

Fu rigorosissimo il tempo nel nostro passaggio sull'Apennino — e molto vi sofferse la gente — ma l'accoglienza ricevuta in Macerata, fu una festa che ci risarcì dalle pene sofferte -

I Maceratesi non solo ci accolsero come fratelli — ma ci supplicarono a rimanere nella loro città — sino a nuova disposizione del governo; e siccome il nostro destino a porto di Fermo — non avea altro oggetto, che lo allontanarci da Roma — Ora che ci trovavamo coll'Apennino tra noi e la metropoli — non fu difficile al popolo di Macerata, l'ottenere la permanenza nostra in quella città.

In Macerata si trattò di vestire la gente — e grazie alla buona volontà degli abitanti, ed alle somministrazioni del ministero — vi si pervenne quasi complettamente — In quello stesso tempo, si procedette alle elezioni dei deputati alla Costituente — ed i nostri militi furono chiamati al voto -

I deputati alla Costituente!..... E fu spettacolo imponente quello dei figli di Roma, chiamati nuovamente ai Comizi — dopo tanti secoli di servaggio e di prostrazione, sotto il giogo nefando dell'impero, e del più vergognoso ancora della teocrazia papale! Senza tumulti, senza passioni, fuori di quelle per la libertà — per la patria redenta! Senza venalità — senza prefetti o birri che violentassero la libera votazione delle genti — si eseguì la sacra funzione del plebiscito — e non vi fu l'esempio nello stato di un voto compro — di un cittadino che si prostituisse al padronaggio del potente -

I discendenti del gran popolo, mostrarono il discernimento degli avi, sulla scelta dei loro rappresentanti — ed elessero tali uomini da onorare l'umanità in qualunque parte del mondo! Uomini il coraggio dei quali non cedeva a quello del senato antico — o dei moderni dell'Elvezia, e della terra di Washington! Ma l'odio, la gelosia, la paura della moderna canaglia dei potentati e dei preti, [201] non dormivano — e spaventati dal rinascimento della temibile, rossa dominatrice — essi si collegarono subito per recidere i ricomparsi germogli di lei — quando teneri ancora ed incapaci di seria resistenza -

Abbi speranza Italia! e nel periodo di afflizioni, ove codardamente t'han tenuto, e ti tengono tuffata — i prepotenti di fuori ed i ladri di dentro — non perderti di fiducia — non è tutta morta la bella gioventù che ti adornava sulle barricate di Brescia, Milano, Casale — al ponte del Mincio — sui baluardi di Venezia — di Bologna, d'Ancona, di Palermo — nelle strade di Napoli, di Messina, di Livorno — là sul Gianicolo, e nel Foro della vecchia capitale del mondo!

Essa è sparsa sulla superficie del globo — dall'uno all'altro emisfero — ma tutta palpitante d'un amore per te, che non ha uguale — e per la redenzione tua — che non capiscono, i freddi speculatori, e patteggiatori delle tue membra e del tuo sangue — e che non capiranno senonchè il giorno del lavacro delle sozzure con cui t'hanno contaminato!

Non perderti di fiducia! Essa incanutita oggi sotto il sole cocente delle battaglie — apparirà alla vanguardia della tua nuova generazione — cresciuta all'odio, ed alle fucilate del prete e dello straniero — ringagliardita dal ricordo di tanti oltraggi — e dalla vendetta dei tanti patimenti sofferti nel carcere e nell'esiglio -

L'Italiano non si alletta nel bel clima straniero — coi vezzi della gentile straniera — non si trapianta per sempre in altra terra, come i figli del Settentrione — Egli vegeta, passeggia, tetro meditabondo sulla terra altrui — ma giammai l'abbandona la brama di rivedere il suo paese bellissimo — e di combattere per redimerlo!

Nessuno sa la durata del periodo di degradazione in cui ti ravvolgi Italia! Ma tutti ben sanno: che non lontana è l'ora solenne del risorgimento!

[202]

1849.

Share on Twitter Share on Facebook