Capitolo I. Viaggio in Italia.

Sessantrè lasciammo le sponde del Plata per recarci sulla terra Italiana a combattere la guerra di redenzione — Giacchè non solamente v'eran molti indizi di movimenti insurrezionali nella penisola — ma, in caso contrario, si era decisi di tentare la fortuna, e procurar di promoverli, sbarcando nelle coste boschive della Toscana, o dove la nostra presenza potesse essere più accetta, ed adeguata -

Imbarcati sul brigantino Speranza, il di cui noleggiamento potemmo effetuare, grazie all'economie nostre, al generoso patriotismo di alcuni nostri conterranei, tra i quali si distinsero — G. Batta, Capurro, Gianello, Dellazoppa, Massera, G.ppe Avegno, e sopratutti l'eccellente nostro Stefano Antonini, su di cui pesò la maggior parte del nolo, e le provviste tutte, necessarie al viaggio -

Noi marciavamo al conseguimento della brama, del desiderio di tutta la vita — quell'armi, gloriosamente brandite, alla difesa d'oppressi d'altre contrade, noi, volavamo ad offrirle alla veneranda patria nostra!

Oh! quell'idea, era soverchio compenso ai pericoli, disagi, patimenti — che incontrar si potevano sulla via, d'una vita intiera di tribolazioni.

I nostri cuori battevano di sublime palpito — E se la destra incallita alle pugne di lontane contrade, fu forte in difesa altrui, che non sarà per l'Italia!

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Davanti a noi schiudevasi l'Eden della nostra immaginazione — E se l'idea di quanto rimaneva dietro a noi, non l'avesse offuscata alquanto — completta sarebbe stata la felicità nostra -

Dietro a noi rimaneva il popolo del nostro affetto — poichè un ben caro popolo è l'Orientale! — E noi avevamo diviso per tanto tempo — le poche sue gioie ed i molti dolori — Ed ora, lo lasciavamo non vinto, non abbatutto nel sublime coraggio — ma in preda al più malvagio dei concepimenti umani — alla diplomazia Francese!

Noi lasciavamo i nostri fratelli d'armi — senza aver combattutto l'ultima battaglia! Ed è ben doloroso, qualunque ne sia la cagione!

Quel popolo festante all'aspetto nostro — fiducioso e tranquillo sulla bravura dei nostri militi — dava in ogni occasione, segni manifesti del suo affetto e della sua gratitudine — E quella terra, che noi amavamo da figli, racchiudeva l'ossa di tanti nostri Italiani, generosamente caduti per redimerla!.....

Il 15 Aprile 1848, era la partenza — Usciti dal porto di Montevideo, con favorevole brezza — abbenchè minaccioso il tempo — erimo verso sera, tra la costa di Maldonado e l'isola di Lobos — Alla mattina del seguente giorno, appena le sommità della Sierra de las animas, si distinguevano — poi si sommersero e solo gli spazi dell'Atlantico — si offrivano alla vista nostra — e davanti a noi, la più bella, la più sublime delle aspirazioni: la liberazione della patria -

Sessantatre, tutti giovani, tutti fatti ai campi di battaglia — Egri due: Anzani affralita oltremodo, la salute, nelle sante crociate della causa dei popoli languiva sotto il peso di dolorosa consunzione — Sacchi, gravemente ferito nel ginocchio, aveva una gamba da spaventare — ma la fede, e le cure fraterne, valsero a depositarlo non sano, ma salvo sul lido Italiano — Anzani non doveva trovare in Italia, che una sepoltura, accanto a quella de' suoi parenti -

Fu il nostro viaggio, felicissimo e breve — Gli ozi della navigazione, si passavano per lo più in trattenimenti proficui — Gli illiterati erano insegnati da chi sapeva — e non pochi, erano i ginnastici esercizi. Un inno patrio, composto e messo in musica dal nostro Coccelli — era la preghiera di tutte le sere — Noi, lo cantavamo in crocchio sulla tolda della Speranza — Intuonato da Coccelli, era accompagnato — e ripetuto il coro, da sessanta voci, con entusiasmo sommo -

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Varcammo così l'Oceano, incerti, sulle sorti d'Italia, altro non sapendo, oltre alle riforme promesse da Pio IX — Il punto indicato da approdare in Italia era la Toscana — ove si doveva sbarcare, comunque ne fosse stata la situazione politica — incontrando amici, o dovendo combattere nemici — Un aprodo in Santa Pola, nella costa di Spagna — modificò le nostre risoluzioni — e fissò la metà nostra: Nizza -

La malattia d'Anzani aggravavasi — I pochi viveri, adeguati alla sua situazione, erano esausti — bisognava aprodare la costa per provvedersene — Giungemmo in Santa Pola — Andato in terra il Capitano Gazzolo, comandante la Speranza — ritornò celeremente a bordo con notizie tali da far impazzire uomini assai meno esaltati di noi.

Palermo, Milano, Venezia, e le cento città sorelle — avevano operato la portentosa rivoluzione — l'esercito Piemontese perseguiva l'Austriaco sbaragliato — e l'Italia tutta rispondeva all'appello all'armi come un sol uomo, e mandava i suoi contingenti di prodi alla guerra Santa -

Lascio pensare all'effetto prodotto su noi tutti — a tali notizie: era un correre sulla tolda della Speranza — abbracciandoci l'uno l'altro — fantasticando — piangendo di gioia!

Anzani balzava in piedi superando l'orrendo suo stato di distruzione — Sacchi, volea ad ogni costo esser tolto dal suo giaciglio — ed esser trasportato su coperta -

Alla vela! Alla vela! era il grido di tutti — e certamente, se non si fosse eseguito subito tal'atto, ne sarebbero risultati dei disordini — In un lampo fu salpata l'ancora — ed era il brigantino alla vela — Il vento sembrava corrispondere al nostro desiderio, all'impazienza nostra — In pochi giorni costeggiammo la Spagna, la Francia, e giungemmo alla vista dell'Italia — della terra promessa! non più proscritti — non più obligati di pugnare per scendere sul lido della patria nostra — E perciò, cambiato il divisamento di approdare in Toscana — Nizza primo porto Italiano fu scelto, e vi sbarcammo verso il 23 di Giugno 1848.

Nelle sventure, per cui avevo passato nelle mia vita tempestosa, io avevo sempre sperato in giorni migliori. Lì, a Nizza v'era un complesso di felicità per me, come a nessun [172] uomo è concesso di pretender maggiore — Troppa felicità veramente! ed ebbi un quasi pressentimento di sciagure non lontane -

Anita mia, ed i miei bimbi, partiti d'America, alcuni mesi prima, erano lì, riuniti alla vecchia mia genitrice ch'io idolatravo, e che non vedevo da quattordici anni -

Parenti cari, e preziosi amici dell'infanzia — io, riabbraciavo giubilanti di vedermi, ed in un'epoca così fortunata!

Quella popolazione di concittadini miei, sì buona sì esaltata dalla sorte sublime, che brillava sull'orizzonte dell'avvenire Italiano — e fiera del poco da me operato nel nuovo mondo!

Oh! certo — era la posizione mia invidiabile! Intenerito... io rammento quelle tante dolci emozioni! Che sì presto..... e sì dolorosamente dovean terminare! -

Non giunti ancora all'entrata del porto — già la cara mia consorte apparivami in una barchetta, tripudiando d'allegrezza — Una popolazione immensa mostravasi da tutte le parti — accorrendo al ricevimento del pugno di prodi, che disprezzando lontananza e pericoli — traversavano l'Oceano, per venir offrire il sangue loro alla patria -

Buoni, e valorosi compagni miei! Quanti di voi, dovean cadere sulla terra natale — coll'amara disperazione di non vederla redenta!

Eran pur belli, di virtù, di bravura, di gloria..... quei giovani miei compagni!..... E se degni della loro missione, lo provarono sui campi delle patrie battaglie!..... Ove le loro ossa biancheggiano, forse insepolte, e senza un sasso che ricordi a codeste nuove generazioni, che fecero indipendenti dallo straniero — tanto valore e tanto sacrificio!

Montaldi, Ramorino, Peralta, Minuto, Carbone — sullo stesso sito ove cadeste, coi vostri fratelli di gloria — il prete ha innalzato un monumento agli sgherri del Bonaparte che fuggirono davanti a voi — e che soverchianti di numero poi, vi sgozzarono sotto le benedizioni dei traditori d'Italia!

In Nizza dovevansi attendere alcune formalità di quarantina ecc. ma tutto fu ovviato dalla voce del popolo, coscienzioso allora della propria onnipotenza — E per farsi un'idea dello stato, in cui si trovavano le nostre finanze — basta dire: che non potemmo pagare il pratico — un tal Cevasco — che ci pilotò nel porto -

Ormeggiato il brigantino — provvisto allo sbarco d'Anzani, [173] e di Sacchi — scese tutta la gente nostra anelante di passeggiare sulla terra Italiana -

Io corsi ad abbracciare i miei bimbi — e colei, ch'io avevo afflitto tanto, coll'avventurosa mia vita — Povera madre! La più calda delle mie brame fu certamente quella d'abbellire, e consolare i vostri ultimi giorni — La più calda delle vostre — era, naturalmente di vedermi tranquillo accanto a voi — Ma come, si può sperare in un periodo di quiete — e goder del bene di consolarvi nella cadente, e dolorosa vecchiaja, in questa terra di preti e di ladri!

Fu festa continua, i pochi giorni passati a Nizza — ma si combatteva sul Mincio — e l'ozio era per noi delitto quando i fratelli nostri pugnavano contro lo straniero -

Partimmo per Genova — ove, non men desioso di farci amorevole accoglienza, era quel bravo popolo — Un vapore spedito di là, doveva accelerare il nostro arrivo — Non trovandoci a Nizza, detto vapore, ci cercò invano sulle coste della Liguria — Noi erimo stati spinti verso la Corsica, dalle correnti, e piccoli venti contrari.

Giunsimo infine, e con noi alcuni giovani Nizzesi, che avean voluto accompagnarci, coll'entusiasmo proprio della loro età — e della fiamma di vita che bruciava allora tutte le animose popolazioni della penisola -

Il popolo di Genova, ci accolse, palpitante di gioia e di affetto; le autorità colla freddezza di coscienza mal sicura; e preludiarono in quella serie di smorfie, e temporeggiamenti — che ci accompagnarono nel nostro paese — ovunque ritrovavansi i patteggianti addetti alle idee di mezzo — trascinati al libero reggimento, più dalla paura del popolo che dalla fede e dall'indole dell'anima per il miglioramento umano.

Anzani ch'io avevo lasciato presso mia madre — impaziente, e spinto dal proprio genio di fuoco — ci aveva preceduti in Genova, imbarcandosi col vapore; ad onta della spossatezza, e debilità, a cui lo avea ridotto la mortale sua malattia -

Qui comincia l'ostracismo, a cui mi condannarono gli amici di Mazzini (1848) — e che dura oggi — (1872), più ostinato che mai — il di cui motivo o pretesto, fu senza dubbio — per voler io marciare coi miei compagni, sul campo di battaglia, allora sul Mincio e nel Tirolo; e ciò perchè era un esercito reggio, quello che stava alle mani cogli Austriaci -

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E si osservi: che i capi allora, che tormentavano il povero moribondo Anzani, chiedendoli mi ammonisse — sono gli stessi che formano oggi la falange dei servi più fedeli alla monarchia!

Quando io intesi il mio amato fratello d'armi, di tante gloriose pugne — raccomandarmi: «di non abbandonare la causa del popolo»! io confesso: ne fui profondamente amareggiato — forse più che non lo fui in questi giorni, nell'udirmi chiedere: «di dichiararmi apertamente Republicano»!

In pochi giorni cessò di vivere quel veramente Grande Italiano, in casa dell'amico Gaetano Gallino — per cui l'Italia tutta avrebbe dovuto vestirsi a lutto — e s'egli, per fortuna nostra — fosse stato alla testa del nostro esercito — certo da molto, la penisola sarebbe sgombra da qualunque dominatore straniero — Io certo, non ho conosciuto un uomo più compito, più onesto, e più altamente militare d'Anzani -

La salma dell'illustre guerriero, traversava modestamente la Liguria e la Lombardia, per esser sepolta nella tomba dei suoi padri in Alzate, luogo della sua nascita –

2º Periodo

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