Capitolo II. Il cinque Maggio.

O notte del 5 Maggio — rischiarata dal fuoco di mille luminari, con cui l'Onnipotente adornò lo spazio! L'Infinito!

Bella, tranquilla solenne — di quella sollennità che fa palpitare le anime generose, che si lanciano all'emancipazione degli schiavi!

Tali, erano i mille — adunati e silenziosi, sulle spiaggie dell'orientale Liguria — raccolti in gruppi, cupi — penetrati dalla grande impresa — ma fieri d'esservi caduti in sorte — succedan pure i disagi o il martirio!

Bella, la notte del gran concetto! Tu romoreggiavi nelle fibra di quei superbi — con quell'armonia indefinita, sublime, [308] con cui gli eletti sono beati contemplando, nello spazio sterminato, l'Infinito! Io l'ho sentita quell'armonia, in tutte le notti che si somigliano alla notte di Quarto — di Reggio, di Palermo, del Volturno — ¿E chi dubita della vittoria quando portato sulle ali del dovere e della coscienza — tu sei sospinto ad affrontare i perigli, la morte — siccome il bacio delizio della tua donna?

I Mille battono il piede sulla roccia — come il corsiero generoso impaziente della battaglia — ¿E dove vanno essi a battagliare in pochi — contro numerose ed aguerrite soldatesche? Han forse ricevuto l'ordine d'un sovrano — per invadere, conquistare una povera infelice popolazione — che rovinata dalle imposte di delapidatori ha rifiutato di pagarle? No! essi corrono verso la Trinacria — ove i Picciotti, insofferenti del giogo d'un tiranno — si son sollevati — ed han giurato di morire — piutosto che rimanere schiavi -

¿E chi sono i Picciotti? Con quel modestissimo titolo, essi altro non sono: che i discendenti del grandissimo popolo dei Vespri — che in un'ora sola trucidò un'intiero esercito di sgherri — senza lasciarne vestigio!

I due piroscafi giunsero sulla rada di Quarto — e l'imbarco dei Mille fu eseguito celeremente — essendo stati preventivamente preparati tutti i gozzi necessari all'uopo -

3º periodo, 1860.

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