SCENA I

Maurizio poi Roberto

Maurizio – (è seduto su una poltrona nell’atto di attendere. Ha il cappello deposto in una poltrona vicina e tra le mani il bastone col quale gioca oziosamente. Rimane molto sorpreso ed imbarazzato all’entrata improvvisa di Roberto Trezzi. I due uomini sono molto dissimili. Maurizio Moldeno è elegante e distinto nei modi. Roberto Trezzi non manca di eleganza, ma dimostra una certa grossolanità per il troppo amore all’oro, che ostenta al panciotto e alle dita, abbondantemente, pesantemente. Appare, d’altra parte, uomo pratico e positivo).

Roberto – (che è entrato violentemente) Ah, finalmente ti trovo!

Maurizio – Oh, chi si vede?! Di dove salti fuori?

Roberto – Da un letto d’ospedale. Ti ho cercato tutta mattina... Non resti più in casa alla mattina?

Maurizio – Da quando sei arrivato?

Roberto – Questa notte... Senti, ho bisogno di parlarti, ho bisogno urgente di parlarti. Andiamo di là...

Maurizio – Di là dove?

Roberto – (accennando alla porticina di destra) Dal momento che il professore non c’è... (vedendo che l’altro non si muove) Se no, in salotto, per la strada, dove vuoi, insomma pur che si possa parlare liberamente.

Maurizio – Ecco, per la strada no, perchè adesso non ho tempo; qui... mio caro, tu fingi di non sapere che io non sono più di casa.

Roberto – Come? A questo punto?

Maurizio – (assentendo) Mah!...

Roberto – E allora che cosa ci stai a fare, qui?

Maurizio – (imbarazzato) Perchè...

Roberto – (con un sospiro di sopportazione) Dimmi un po’: facciamo conto che io sia un estraneo qualunque al quale sia pur necessario dire la verità. Eccomi qui: sono all’oscuro di tutto. Non so niente di niente. Dimmi tutto, chiaro, da cima a fondo.

Maurizio – Si fa presto a dir tutto...

Roberto – Tutto quello che è cambiato dopo la mia partenza.

Maurizio – Senti, caro, ti assicuro che non ho alcuna voglia di dedicarmi alla letteratura narrativa.

Roberto – Va bene. Allora racconto io e tu rispondimi. (vedendo che l’altro si annoia) Ma ho bene il diritto di sapere io, no? Da quando correndo come un pazzo di officina in officina, da una città all’altra, da quando sono caduto e mi sono rotto l’osso del collo...

Maurizio – L’osso del collo?

Roberto – Per modo di dire. Ma intanto quindici giorni a letto me li sono dovuti godere. Dico, in tutto questo tempo, voi, tu, il professore e sua moglie, avete completamente interrotto le comunicazioni con me. Mia moglie, che mi ha raggiunto all’ospedale di Santa Margherita, non ha saputo dirmi nulla di preciso, nulla... o meglio... se parlava di voi... di te... pareva... Insomma, quello che so, lo so dai giornali che hanno fatto sulla conversione del tuo maestro un diavolio interminabile. E io dico che il tuo professore è padronissimo di scrivere tutti i libri di filosofia che vuole, è padronissimo di detestare anche il suo mestiere di scienziato, ma non ha affatto il diritto di gettare il sottoscritto come un limone spremuto. Cosa c’entro io? Dimmi cosa c’entro io, nelle sue crisi di coscienza?

Maurizio – Tu?

Roberto – Io, sì. Io sono in una posizione catastrofica. Sono al fallimento. Io non so più come fare ad alimentare le mie officine: ogni giorno che passa è un colpo terribile alla mia sostanza... capisci?

Maurizio – Ma sono io che ti domando... O meglio il professore che ti può domandare che cosa hanno a che fare le tue faccende personali con le sue idee filosofiche e politiche...

Roberto – (accendendosi) Insomma, ragazzo mio: un mese fa il tuo maestro era un inventore... aveva un brevetto nel cervello. Io ci ho contato e, nota, ci ho contato perchè voi, tu, lui, sua moglie, tutti, mi ci avete fatto sperare...

Maurizio – Ma non ci pensare nemmeno! Il professore ha veramente abbandonato gli studi, gli esperimenti...

Roberto – Ma non aveva quasi raggiunto la meta? Tu stesso, lo confidasti a mia moglie... cos’hai? Lo dicesti anche tu che era questione di ore...

Maurizio – Caro mio, le invenzioni ci possono essere, ma ci possono anche non essere...

Roberto – Dunque non c’è?

Maurizio – Non c’è più!

Roberto – È impossibile...

Maurizio – (sorridendo) Mio buon Roberto! Il professore aveva trovato il modo, teoretico, cioè sulla carta, sulle formule, di trasformare l’energia solare in energia elettrica, ma, come tutti i sognatori, ha cozzato contro la realtà. Ci sono dei misteri che la natura non vuole assolutamente svelare... stai calmo e rassegnati... È il fallimento della scienza...

Roberto – Ma perchè mi rispondi in questo tono? Una volta mi eri amico, alleato... Il professore... Sua moglie... Mia moglie... No, no, no: ci sono troppe incognite. Non è chiaro, non è chiaro. Ah, ma non finirà così... Bada: lotterò coi denti...

Maurizio – Ma insomma...

Roberto – Voglio sapere a chi debbo tutto ciò... Non è chiaro... non è chiaro... La scienza... la filosofia... Altre cose...

Maurizio – Altre cose?

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