Carlo poi Maurizio
(Quando si alza la tela, alla scrivania in fondo è seduto il professor Panteo, intento a consultare libri e prendere appunti. Dopo un momento, alcuni colpi alla porticina di destra. Carlo ripone i libri, li chiude, ripone le carte, riordina tutto e va cautamente ad aprire).
Carlo – (aprendo) Sei tu, Maurizio?
Maurizio – (entrando e con sorpresa) Maestro, che vuol dire?
Carlo – (che mostra un’indifferenza che non ha) Niente. Chiudi. Ti ha visto nessuno?
Maurizio – La donna di servizio.
Carlo – Non conta. Sono venuto qui per riordinare tutto definitivamente. Credo che tu abbia dimenticato qualche cosa nella scrivania.
Maurizio – Infatti.
Carlo – Ecco, puoi sgomberare.
Maurizio – (non ancora rimessosi dallo stupore, si avvicina alla sua tavola e fa per incominciare la visita dei cassetti. Intanto Carlo passeggia nervosamente su e giù).
Carlo – Chi avrebbe pensato, Maurizio, che ci saremmo così presto trovati qui, per questo? Non ti nascondo che il pensiero di abbandonare la mia vita, le mie abitudini, la tua amicizia, mi dà un poco di malinconia...
Maurizio – E a me, Maestro...
Carlo – (cambiando improvvisamente tono) Di’ un po’, che cosa hai pensato quando sei entrato qui?
Maurizio – (confuso) Ma... niente... Perchè?
Carlo – (continuando a camminare) Niente... niente... così... (pausa, fermandosi ad un tratto innanzi al discepolo) – Senti, Maurizio...
Maurizio – (sorpreso) Maestro...
Carlo – Ammetti tu che la passione umana possa far velo alla ragione... fino alla contraddizione?
Maurizio – Mio Dio, che cosa vuol dire? Non capisco...
Carlo – È semplice, mi pare. Io conosco un antialcoolista che beve del vino.
Maurizio – Si ubbriaca?
Carlo – Non so. Forse anche si ubbriaca. Che ne pensi, tu?
Maurizio – (sorpreso) Ma... non vedo...
Carlo – Insomma...
Maurizio – Mio Dio, penso che non segue le dottrine che professa.
Carlo – Ma se suo padre le avesse almeno predicate come egli ora le predica, egli ora non berrebbe vino... Mi spiego? I suoi figli probabilmente non berranno vino... È chiaro! La utilità morale e sociale della sua dottrina non è per niente diminuita dal fatto che egli beve vino. Sarebbe giusto esporlo al pubblico disprezzo e additarlo come un argomento in contraddizione alle sue teorie? No, è vero? Ebbene, io credo che quest’uomo, sincero nelle sue convinzioni, animato dalla migliore sua buona volontà, cento e cento volte si sarà sentito costretto a far forza su sè stesso per non gridare che il vino passito è una bevanda squisita... Credo anche che in preda alla gioia carnale di un bicchiere di spumante abbia qualche volta chiamato in disparte il suo amico per decantargli piano, in un orecchio, la felicità di Bacco. Sarebbe giusto, dico, prendere quest’uomo e sputargli in viso e condannarlo alla vergogna per tutta la vita?
Maurizio – Maestro... ma io...
Carlo – O non sarebbe carità umana tacere e rispettarne il tormento?...
Maurizio – Ma perchè tutto questo? Vi confesso che sono confuso e stranamente colpito.
Carlo – No, niente, seguitavo un mio discorso. Sgombra i tuoi cassetti.
Maurizio – (ha un moto di incertezza, poi riprende a rovistare i cassetti della scrivania).
Carlo – (ricomincia a passeggiare nervosamente. Poi ancora si ferma innanzi a Maurizio) Per esempio, se io ti dicessi che, nonostante tutto quello che ho detto e scritto, tutto quello che sinceramente ho detto e scritto, io ho continuato a venire qui tutte le sere e tutte le mattine a logorarmi l’anima nella pace dei libri, nel tormento riposante di una ricerca?... No, no... dico per dire... Diavolo...
Maurizio – Maestro! Io non vi capisco... Che cosa avete, Maestro?
Carlo – Niente, niente. Pensavo a quello che avresti potuto supporre tu di me, se entrando qui, poco fa, avessi avuto il sospetto che io, non ostante i miei atteggiamenti, le mie polemiche, nel silenzio della notte, nel mistero della mia casa avessi continuato a studiare cauto e guardingo come un ladro.
Maurizio – (si alza) Maestro... (i due uomini si guardano un momento stupefatti).
Carlo – Perchè mi guardi così? Credi forse che io attenda da te una parola di assoluzione o di condanna? Ebbene sì, io ho fatto questo. E ti ho chiamato qui, quest’oggi, alla vigilia della mia scomparsa proprio per dirtelo.
Maurizio – Ma io...
Carlo – (con semplicità) Per dirti che mentre voi, con le più sottili argomentazioni, con le più sagge parole, con le più insinuanti promesse, irritavate la mia ragione, qui dentro, nel mio cuore era un vostro alleato, un mio nemico più forte di voi e di me che soffocava la mia ragione e la mia volontà, mi dominava con l’imperio di un istinto...
Maurizio – Oh, Maestro! Dovrei compiangervi, perchè penso che voi dovete molto soffrire, ma tuttavia...
Carlo – Mi condanni? Che importa!
Maurizio – No, non vi condanno, gioisco...
Carlo – Sei cattivo e mi pento di averti parlato come al mio fratello, all’unico mio fratello, che sa di me tutto...
Maurizio – Perdonatemi, Mestro. Io non dirò nulla a nessuno, tanto più...
Carlo – Che cosa?
Maurizio – Io penso ancora che voi non partiate...
Carlo – Che cosa ne sai tu?
Maurizio – Trascinato qui da una forza più grande della vostra volontà, trascinato dall’istinto della lotta, voi combatterete fino alla vittoria. Ne sono sicuro.
Carlo – (con calma fredda) Ebbene, vuoi sapere proprio tutto? Vuoi sapere tutto? Non ti domando il segreto perchè anche se tu lo violassi non faresti che aumentare il tormento della mia lotta, ma non sposteresti di un millimetro la linea della mia condotta... Vedi? Io non so perchè parlo. Mi basta vedere la faccia di un uomo, tutta solcata dalle rughe del tormento, tutta torbida di passione, tutta ingorda e insaziata, la faccia di un uomo qualunque, per rientrare in me stesso... Ecco: io potrei non parlare più, potrei non dirti più nulla... Ma ho tanto accarezzato in me stesso, nella intimità tenebrosa della mia miseria, la voluttà di dire a qualcuno che mi comprenda, di dirgli: «Ho vinto. Ho superato tutte le difficoltà; ho vinto, sono padrone della forza del sole... Ho vinto!!!»
Maurizio – (interrompendolo) Maestro... è vero?
Carlo – Sì. Mi basta questo tuo grido! Ecco! Come tacere? Perchè tacere? Ho un passato di lotta violenta, sanguinosa, ho un avvenire di silenzio... almeno questo, almeno che la mia agonia abbia un raggio di sole, l’ultimo... Maurizio, stai fermo... vienmi vicino... Senti... hai capito quello che ti ho detto? È vero sai? Per ore, ore, notti... notti... sospiri... urti interni di passioni e di volontà. Solo, solo... Ho combattuto anche faccia a faccia col sole per dominarlo... Ecco, finalmente è cosa mia, tutta mia, potrei se volessi... No, no...mi basta il tuo grido... l’esultanza della tua anima di uomo che risponde alla mia gioia segreta... Mi basta questo. Ma almeno questo, almeno questo, Maurizio... Non tremare... mi fai paura! Che cosa ho fatto? Rispondi! Che cosa ho fatto? Vedi, per un momento ho pensato che dicendoti tutto avrei potuto scavare fra me e la mia coscienza una insormontabile barriera... Dimmi che non è vero! Ho fidato nel tuo cuore di figlio, di amico... Dimmi che non è vero! Dimmi che non ho parlato ad un uomo, ma a me stesso! (col pianto in gola) Dimmi che ho fatto bene. Ho voluto godere per un momento solo e per me solo, miserabilmente, questa volontà dolorosa di dominio... o almeno perdonami... (in preda al parossismo della sua gioia trascina alla scrivania il discepolo che si china avidamente sulle carte che il Maestro gli mostra. Trae un foglio e lo spiega trionfalmente sotto gli occhi di Maurizio) Ecco... vedi? (improvvisamente pentendosi) No, questo no! (più dolcemente) Questo no! Vieni, vieni... (trascina il discepolo su per la scaletta della terrazza e insieme scompaiono).