SCENA VII.

Maurizio e detti

Maurizio – (entrando) Maestro, una parola sola.

Carlo – Che c’è, mio Dio, qualche nuova seccatura?

Maurizio – L’ultima.

Carlo – L’ultima? Sentiamo.

Maurizio – (calcando sulla prima parola) Devo parlarvi.

Elena – Disturbo?

Carlo – No, resta.

Maurizio – (incerto) Ma, la signora sa?

Carlo – Tutto... ormai...

Maurizio – (con un sorriso impercettibile) Va bene, ecco. Poco fa, in un momento di ebbrezza, di confusione, di pietà per voi che mi avete parlato con tanta franchezza, con tanta umiltà, ho potuto tacere... fuggendo...

Carlo – (alzandosi accigliato) Ed ora?

Maurizio – Ora non posso più fuggire... ho pensato che il mio dovere, verso il mondo, verso di me, verso di voi stesso, era un altro. Ho pensato che bisognava superare anche la pietà della vostra tristezza, del vostro tormento... Maestro... Badate a quello che fate. Pensate...

Carlo – Dico... Maurizio... (con sdegno) Ah, via, via! (calmato da un cenno di Elena) Ma quante volte devo ripetere: no... no... no?

Maurizio – Questo monosillabo è criminoso.

Elena – (con meraviglia e rimprovero) Maurizio!

Carlo – (facendo tacere con un cenno sua moglie) Dove hai trovato in questi pochi minuti codesto tono? Chi ti permette di giudicarmi così mentre domando un’ora di pace, di riposo, al mio cervello? Chi mi ti manda incontro come un nemico?

Maurizio – Non come un nemico: come una coscienza che ha trovato la sua strada...

Carlo – Non dire delle belle parole per nascondere una volgarità... Chi te l’ha insegnata la strada della coscienza? Trezzi?...

Maurizio – Questo non è degno di voi...

Carlo – Perchè ho compreso gli uomini e ne subisco il contatto...

Maurizio – Avete forse compreso le passioni degli uomini. Ma non vi siete reso conto affatto dei loro bisogni e dei loro diritti. D’altra parte non è degli uomini o di un uomo che vi voglio parlare... Voi dite di servire un’idea. Ebbene, anch’io ho un’idea da servire: la civiltà...

Carlo – (ha un gesto di noia impaziente) Rettorica...

Elena – Ascoltalo, Carlo, perchè non vuoi ascoltarlo?

Carlo – Avanti, avanti... Finisci!...

Maurizio – (con tono dimesso ma energico) Prima di compiere quello che avete in animo di fare interrogate la vostra coscienza, non misurate soltanto il grado delle vostre responsabilità e del vostro tormento... guardatevi intorno. Miseria, miseria, inquietudine, desiderio febbrile di ricostruire, di fare! Tutto è utile al lavoro dell’uomo oggi, tutto è utile alla sua rinascita dopo una guerra come è stata la nostra... noi dobbiamo prodigarci, senza stanchezza, senza incertezza, senza miserevoli calcoli personali e senza pregiudizi... La storia, che giudicherà coloro che hanno staccato l’operaio dal suo lavoro, che l’hanno reso nemico del suo lavoro, giudicheranno anche voi...

Carlo – (mentre il discepolo parla si è assorto e pare non ascolti).

Elena – (interrompendo Maurizio) Carlo, Carlo...

Maurizio – Non rispondete? Lo so: non è facile rispondere a questo... ma bisogna almeno riconoscere di non poter rispondere...

Elena – Carlo...

Carlo – (stanchissimo) Avevo domandato un istante di tregua... Ho qui nelle mani un miracolo... e voi mi venite accanto con un’insistenza crudele ad infiggermi nel fianco il pungolo di un imperativo perchè. L’uomo non ha dunque il diritto di ribellarsi all’assurda legge che domina la civiltà?... Dare, dare, dare... Così, senza sapere se è bene o se è male... senza coscienza, senza un esame sia pure sommario, che valga a dargli il senso, il peso, il valore di ciò che dà... Tutto, tutto giù in questo grande crogiuolo... E perchè? No, no, l’umanità non aveva affatto bisogno di questa civiltà pratica. Tutto questo la perde, la perde nel parossismo vertiginoso dei più disparati pensieri. L’umanità aveva bisogno di una civiltà interiore che risolvesse la ragione intima della vita! Ma che macchina a vapore, ma che prodigi della forza meccanica! Tutto questo conduce... ecco, conduce... dove siamo noi, in questo momento! Ma basta! Voi avete dunque perduto il senso della parola guerra.

Maurizio – La guerra è un destino.

Carlo – E allora perchè avete detronizzato le religioni, se dovevate crearne un’altra incompiuta arida che non sopisce, ma che esaspera i tormenti? Perchè avete scritto a caratteri d’oro le parole: «ragione, volontà, pensiero» se dovevate cancellarle colla parola «destino»? No, destino! Follia! Basta! Gli uomini si sono arrampicati per secoli e secoli su per la muraglia della curiosità per vedere, sapere, sapere, sapere qualche cosa di più di tutti i giorni. Al di là deve essere il bene, al di là deve essere la verità... Niente! Trenta secoli di tormenti non hanno risolto un problema, uno solo... il pensiero ha compiuto intorno alle inconoscibili verità un giro circolare come quello degli astri... Ed è rimasto sempre alla stessa distanza dalla luce... Civiltà, civiltà! Tu dici civiltà! Ma questo vuol dire imprimere al moto circolare del pensiero umano una massima velocità. Niente altro! Gli uomini sono presi tutti come te da questa follia che li assomiglia alle falene... E l’umanità correva, inorgogliva, e l’umanità fatta ricca e superba della propria ricchezza congestionava nelle sue vene mortali un sangue denso di libidine, un sangue pesante di veleno, finchè le vene mortali, mortali, mortali, sono scoppiate e tutta la terra si è fatta rossa di sangue... la guerra... la guerra... il sangue... le vittime... il dolore... (pausa) Sei tu ora che non mi rispondi. È difficile rispondere a chi come me trema guardando alla propria coscienza e dice paurosamente, paurosamente: basta, basta! Un poco di pace! Un poco di riposo! Non sentisti? I popoli gridano disperatamente dalle loro ferite e inconsci cercano nella inquietudine che li travaglia di esaurire la loro disperazione... Essi gridano, gridano... Contro chi? La borghesia? Gli intellettuali? I ricchi? Eh, sì!!! I popoli hanno sempre bisogno di fantasmi da bestemmiare... Essi gridano alla stanchezza e il loro nemico è il pensiero, il loro nemico è il progresso! Hanno bisogno di pace! Hanno bisogno di dormire... Non soffrono più la vertigine che li travolge inconsapevoli, insieme ai fantasmi che bestemmiano, verso una meta ignota, lontana, lontana, lontana, come a tutti... È inutile! C’è al di sopra di questa vertigine qualcheduno terribilmente immobile!

Maurizio – Siamo dunque al conflitto medioevale fra la religione e la scienza!

Carlo – Non so se siamo a questo... In materia di pensiero e di amore non v’è nulla di medioevale, mai. Non c’è nulla di superato, mai. Sono le transazioni, le crisi dei tempi forti che ritornano quando i nervi dei tempi deboli offrono una maggiore sensibilità. Si ritorna... quando si è stanchi si ritorna... E questo dimostra ancora una volta il moto circolare del pensiero umano...

Maurizio – Voi saltate di paradosso in paradosso... Se non credessi alla vertigine di cui parlate, ma che non mi fa paura, mi basterebbe, per ricredermi, di guardarvi negli occhi. Mi basterebbero le vostre parole...

Elena – (che è rimasta raccolta in disparte durante la discussione, temendo un alterco) Maurizio, Carlo... per carità...

Carlo – Lascialo dire. Si batte. Male, ma si batte...

Maurizio – Mi batto come posso fino all’ultimo... Potrei ricominciare le argomentazioni attaccandomi alle parole che mi rampollano dal cuore prepotentemente. Patria! Che voi rinnegate.

Carlo – (scattando) Che dici? Chi ti dà il diritto di pensare queste enormità? Patria!... Patria... Mamma... (frenando la commozione) ma fate che mi chiamino ancora con la loro voce che implora ed io risponderò come ieri, sempre... Ho dato alla Patria cinque anni d’amore e di sacrificio e oggi le consacro anche questo mio grande tormento come un mutilato il suo tronco... Ma non si tratta di ciò... Io sono attanagliato da un immenso problema morale, ecco... ecco: non bisogna sferzare questa povera umanità perchè cammini più in fretta... Un poco di pace, ti dico, un poco di riposo, ti dico... Mi intendi o no?

Elena – Carlo, non ti esaltare così, dopo tutto...

Maurizio – Ecco una parola saggia... Non ti esaltare così...

Carlo – Come volete! Io credo...

Maurizio – Ma voi commettete un delitto...

Carlo – Credo e basta...

Maurizio – Ma anch’io credo! Per salire con voi nel mondo delle parole e delle vacuità filosofiche dirò che anch’io credo. Credo nella fatalità di questa corsa umana verso l’ignoto... È nel nostro destino... nel nostro istinto... Bisogna camminare, così come bisogna procreare, come bisogna non morire. Siamo nati per obbedire. Voi volete dominare... Avete col vostro genio dato a voi stesso una grande prova della onnipotenza umana e ne subite ad un tempo la vertigine, che è umiltà, e la superbia... Che cosa volete fare? Che cosa potete fare?

Carlo – Maledetta la sferza!

Maurizio – No, no, Maestro, voi volete guardare troppo lontano, troppo lontano...

Carlo – E tu sei miope!

Maurizio – Ma la vostra è una conquista di pace...

Carlo – Non è vero! Ecco l’errore fondamentale di tutte le vostre dottrine... Non c’è che una sola opera di pace ed è quella di colui che lavora la terra! La terra è saggia madre. I nostri pensieri, invece, le nostre astuzie, le nostre false verità, le nostre macchine infine che ci sottraggono al dolore e alla fatica, sono la causa della nostra stanchezza e delle nostre passioni. Torniamo indietro! E allora non senti tu che ridurre i raggi del sole a forza motrice è un progetto pazzesco e ripugnante?

Maurizio – Volete guardare troppo lontano e non avete il diritto! Fermatevi un momento qui con noi, nella nostra realtà, e allora vedrete...

Carlo – Allora vedrò Roberto Trezzi, il pescecane, avventarsi sul mio progetto e diventare più che mai ingordo di ricchezza!

Maurizio – Adesso volete guardare troppo vicino!

Carlo – Vicino o lontano, io non vedo che una sferza sanguigna che brucia nelle mie mani!... E la getto!...

Maurizio – E sia: la raccoglierò io!

Elena – (con tono entusiastico) Maurizio!

Carlo – Che intendi dire?

Maurizio – Io so tutto... o quasi... quello che non so ve lo ruberò, dovessi penetrare qui dentro, di notte, come un ladro volgare... guardingo come quando voi studiavate...

Carlo – Maurizio... sei tu? Sei tu che parli così?... Ma come?

Maurizio – Credo e basta!

Carlo – Ah, miserabile! (fa per scagliarsi contro il discepolo ma è trattenuto a tempo da un grido di Elena che s’avanza in mezzo a loro).

Elena – Ma basta, basta per carità! Non avete un po’ di compassione un po’ di rispetto per me... Siete come pazzi... Avete negli occhi dei lampi di ferocia come se vi disputaste una preda, una donna...

Carlo – Ma non hai sentito, non hai capito...

Elena – Sì, ho capito, ho sentito...

Carlo – E allora, come non comprendi l’insulto che egli mi ha fatto, come non comprendi la sua perfidia? (a Maurizio) Ah... e tu sei il mio discepolo, l’uomo che ho amato di più... come un figlio...

Elena – (interrompendolo) Carlo, Carlo, abbi pietà di me...

Carlo – Pietà?! (dopo un attimo di perplessità, vivacemente) ma perchè di te? Non si tratta di te, si tratta di lui. Maurizio, (come cercando la calma ma accendendosi invece a poco a poco, man mano che esplorando gli si fa evidente il campo della verità) Maurizio, tu mi hai detto delle parole cattive. Mi hai lanciato una ignobile sfida... Non so... In questo momento mi sembra di vedere in te qualche cosa di più o qualche cosa di meno di un uomo, di una coscienza... Non so dire... Non voglio... Tu no, non saresti disceso così in basso soltanto per... Comprendimi bene... C’è qualche cosa in te che non ha niente a che vedere col nostro problema morale, con la nostra vita spirituale... Lasciami dire... Ha detto bene Elena... Come se ci disputassimo una donna... Sì, è vero, c’è una disperazione passionale, nelle tue parole, nelle tue ostinazioni e nelle mie anche, come se stessi per perdere qualche cosa che non so, non so... Ora basta.

Elena – Ma...

Carlo – Basta! (guarda un po’ l’uno e un po’ l’altro dei due che non osano più levare gli occhi su di lui come se fossero veramente colpevoli. Quindi è preso da un nuovo assalto di collera) Ecco, ragazzo mio, ecco... (corre al cassetto, ne trae la carta che aveva fatto vedere in principio d’atto, poi ritorna al proscenio) È questo, di’? È questo che vuoi? È questo che ti manca... Tu sai tutto... Solo questo ti manca... E tu aspettavi che te ne facessi dono generosamente, vero? (lacera la carta. Al gesto Elena si abbandona piangendo su una poltrona) Ecco... il mio segreto è chiuso qui dentro, dentro al mio povero cervello al quale non avete voluto dare un’ora di pace. È qui... E adesso vattene, con tutto quello che sai... Cammina... Dovrai logararti sui libri, dovrai studiare sotto la rabbia del sole e soffrire come ho sofferto io per trovare la via... E se giungerai, allora, allora capirai che cosa vuol dire il dolore di una conquista... allora non giudicherai con anima di parassita... Saprai che cosa vuol dire essere in alto, in alto, e vedere gli uomini, laggiù, con tutte le loro miserie in preda al tuo cenno... Allora misurerai il peso delle passioni e vedrai in faccia il destino... Oh, miserabile... Un agguato... Ti sei servito di tutto... Anche delle sue lacrime (accenna alla moglie) come Trezzi si è servito di te e dei tuoi pensieri e della tua coscienza, come gli stranieri si servono della sua miseria e della sua rovina... Tutti, tutti contro di me. (col pianto nella gola) Contro di me... (con uno scatto verso la moglie) Elena, Elena... (si ricompone subito e volgendosi al discepolo con voce secca) Vattene... Cammina (il sipario cala mentre, uscito Maurizio, Carlo si volge e va verso la moglie, che piange ancora, tendendole le braccia).

CALA LA TELA

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