SCENA III

Carlo e Roberto

Roberto – (appare molto abbattuto. Abiti in disordine. Negligenza nella persona tutta, sguardo obliquo. È come nel secondo atto ma il suo abbattimento rivela una reazione non più di violenza ma di insidia) Scusate, professore. Non mi accusate di importunità... Non ci si decide mai a morire.

Carlo – (che non nasconde un certo malessere alla presenza di Trezzi) Non diciamo delle parole fatali... Morire! Non dite altro da qualche giorno... Troppo grosse queste parole, troppo... E poi voi siete ben lontano dalla morte...

Roberto – (ha un sorriso di sopportazione) Se vi importuno la colpa non è tutta mia. È anche di questi due francesi che mi seguono come due ombre e mi incalzano come due speroni.

Carlo – Sono qui?

Roberto – No, ma sono poco lontani di qui... Anch’essi non si decidono...

Carlo – A morire?

Roberto – Magari! No... a partire... Pare che pensino di partire questa sera. E poichè il signor Clement lo vuole assolutamente, l’altro finirà per obbedire...

Carlo – Il signor Clement ha giudizio.

Roberto – E dopo non se ne parlerà più... e non so quello che sarà di me...

Carlo – Mi duole, Trezzi, di vedervi così... Non credevo possibile che un uomo potesse avvilirsi a questo punto, sia pure di fronte ad un dissesto economico del quale poi, in fin delle cose non uscite affatto disperato...

Roberto – Chi ve l’ha detto?

Carlo – Maurizio stesso che conosce bene la vostra posizione.

Roberto – (con un sorriso) Conosceva, conosceva... (energicamente) Adesso basta...

Carlo – E perchè... Che è accaduto?

Roberto – Niente, niente... È qui Maurizio?

Carlo – No, dopo il colloquio di ieri che fu cattivo e violento se ne è andato... Non l’ho più riveduto... Non lo voglio rivedere più... Del resto, egli stesso si guarderà bene dal ritornare...

Roberto – (con un gesto vago) Dopo tutto non m’importa più di nulla. Se i francesi non sono riusciti...

Carlo – Ah, via! Non sono certo i ragionamenti dei vostri due francesi che mi possono persuadere a una resipiscenza...

Roberto – Ma no... ma no... non si tratta di condurvi ad una resipiscenza... no... permettete che vi parli francamente, professore. È la prima volta che riesco ad essere solo con voi. Non si tratta di condurvi ad una resipiscenza... Per l’amor di Dio. Per fare questo bisognerebbe essere sullo stesso terreno, sulla stessa base... qui invece siamo in Babilonia... Io parlo un linguaggio e voi un altro. Non ci capiamo. Già vi do la mia parola d’onore che quando ho saputo quello che era accaduto nella testa vostra...

Carlo – Vi prego... tanto è inutile...

Roberto – Lasciatemi dire... Ecco, allora io sono quasi diventato matto... Adesso mi sono un poco equilibrato, ma anche mentre vi parlo vi assicuro che mi sembra sempre di essere vittima di un’allucinazione, di uno scherzo... Ti dico io che bisogna vivere per vederne delle carine! Là! Se mi aveste detto... Caro mio, ho fatto un buco nell’acqua... Ecco io sarei stato rovinato lo stesso... va bene, ma è un altro paio di maniche... sento invece che siete riuscito... No, no... ci vuol poco a capirlo. In tutte le vostre discussioni non avete voluto dire nemmeno una volta: ho sbagliato! Ed era la cosa più semplice...

Carlo – Appunto perchè era semplice mi pareva che...

Roberto – No, no... lasciatemi dire... Dunque persuadervi? Come? Discutere? Già, discutere con un uomo che sa di filosofia vuol dire non venire a capo di nulla. Più discutete più diventate matto voi e più si persuade lui di avere ragione... Ma che resipiscenza! Ci vuole un colpo... Un colpo secco... Tac... tutto rovesciato... A me non è capitato lo stesso? Tutto andava bene... Poi, non so nemmeno io perchè, tutto andava male. M’attacco a voi... Tac... un colpo secco. La rovina... vi giuro che fino a ieri ho battuto l’aria come a vuoto, senza un piano fisso, senza una meta, senza niente... così... alla cieca... sperando fermamente che avrei dato di piglio a qualche cosa: chi sa, un colpo secco. È come una roulette! Se va, va... se no... E vi ho spiato intorno così... e sono qui per la medesima ragione...

Carlo – Dovrò dunque andarmene io per farvi sicuro...

Roberto – No... ormai ho perso tutte le speranze... tutte... Sono qui come un automa... Faccio il mio dovere... Mi difendo fino all’ultimo sangue... Per non rimproverarmi nulla poi... (cambiando tono) Ma guardatemi. Ricordate il vostro passato, la vostra carriera faticosa. Voi potete salvarmi.

Carlo – Insomma, Roberto, vi volete convincere che nessuno può strapparmi il mio segreto nemmeno con la forza?

Roberto – No, un colpo secco... Chi sa? (dopo una breve pausa) No, no, avete ragione. Ormai non c’è più nulla da sperare... Vi dico solo una cosa: voi avreste il dovere di ricordare quando veniste da me la prima volta. Eravate un disgraziato dottoretto, che aveva una donnina da condurre all’altare e un rocchetto di correnti indotte da mettere in commercio...

Carlo – Io non disconosco quello che vi debbo e se la mia modesta sostanza vi serve...

Roberto – Ma io con quei pochi soldi vi diedi la vita... Non è più questione di quattrini... Potrà sembrare strano ma non è più questione di quattrini...

Carlo – Roberto... Sentite... come debbo dirvi? La vostra sventura mi commuove, credetemi, mi turba profondamente. Vorrei pure fare qualche cosa per salvarvi... Ma sono certo che voi non sareste venuto da me a domandarmi nè un furto nè un omicidio. Io non ho il diritto, sia pure per salvare un amico come voi siete, di commettere un delitto... per lo meno una cosa che io ritengo delittuosa. No, assolutamente...

Roberto – (si alza) Vi ripeto che non voglio discutere con voi... sono un povero diavolo che era riuscito a forza di lavorare di buona volontà, di tenacia, a crearsi un benessere che non era solo per sè stesso...

Carlo – Ma non disperatevi... i francesi si sono mostrati molto generosi in fondo, e hanno ceduto alle mie preghiere...

Roberto – Va bene... vedete? Adesso preferirei che essi avessero rifiutato ogni dilazione e che la mia rovina mi stesse piombando addosso da un momento all’altro... Cinque minuti... tutto fatto... Adesso per tre mesi attenderò così... senza poter far niente...

Carlo – Ma questo non è vero... ricomincerete da capo. Con la vostra buona volontà, con la vostra attività...

Roberto – Ma di guerre, caro professore, non se ne faranno più per anni...

Carlo – Per sempre...

Roberto – Non lo credo. Comunque è certo per molto tempo. E poi non si può rifare così una vita distrutta. Oltrepassato il termine lecito per rifabbricare...

Carlo – Ma in ogni caso vi resta di che vivere agiatamente... Molto più tranquillamente, anche, credetemi... e molto più amato...

Roberto – E da chi? Dalla gente? Credete che m’importi molto di non essere amato dalla gente? Credete che mi offenda la truce parola pescecane? Proprio niente... Il pescecane è in tutti noi, in tutti. Domani non lo sarò più e... lo sarò ugualmente. Che cosa ho fatto? Ho raccolto molto denaro... Ho rischiato molto denaro... guadagnato e perduto molto denaro! Mi sono creato un piccolo regno... ma tutti cerchiamo un piccolo regno! L’arte, la politica, la scienza, tutti piccoli regni, tutto mare per i pescecani. I nostri nemici maggiori sono i pretendenti al trono. Ecco! Io abdico. Credete che la gente mi amerà di più? Scaglierà il suo odio contro il re che mi succederà, ma non mi amerà, la gente: mi coprirà di scherno e di disprezzo. La gente! E allora da chi? Di quale amore mi andate parlando, professore?...

Carlo – (incerto) Ma... non saprei...

Roberto – Ditelo, ditelo, professore... L’amore della moglie, eh?

Carlo – Sicuro. Di vostra moglie... Molte volte si cerca il benessere la felicità altrove e si ignora, stupidamente, di avere tutto un regno, tutta una felicità molto vicina a noi... Vedete, anch’io... Sì, Roberto, noi due siamo assai più vicini di quello che non sembri...

Roberto – (ironico) Lo credo bene...

Carlo – Sì, tutti e due, per ragioni diverse, dobbiamo abbandonare, mutare, trasformare la nostra vita... Credete voi che io potrei compiere questo sacrificio il quale se per voi è l’ineluttabile come fatalità, per me è l’ineluttabile come dovere, o almeno come necessità consequenziale, credete voi che io potrei compierlo se non avessi il mio rifugio?

Roberto – Dove avete il rifugio?

Carlo – Mia moglie...

Roberto – Ah! E ne siete ben sicuro? (a un gesto di Carlo) Per lo meno vi basta?

Carlo – Che cosa intendete di dire?

Roberto – Niente... Io, per esempio, non sono sicuro di mia moglie.

Carlo – Oh, via... nessuno è sicuro...

Roberto – Anzi, sono sicuro che non mi ama... Lo sapete anche voi... lo sanno tutti... lo so perfino io! Da pochissimi giorni, da quando sono ritornato... No, no! Risparmiate qualunque parola su questo argomento... non ho bisogno di conforto. Pensa il nostro Maurizio a confortarmi...

Carlo – Maurizio?!

Roberto – Sì, so io, so io... Mia moglie è una disgraziata... non le ho perdonato... non l’ho ammazzata... ho altro da pensare. Maurizio ha tradito la mia amicizia... non l’ho ammazzato. Ho altro da pensare. Voi che direste? Voi che siete molto più in alto di me? A Maurizio Moldeno che valica la soglia della vostra casa per corrodere il vostro più intimo amore, non direste che una parola: Vattene! Non voglio vederti più! Non mi seccare! Prima risolvo questo importante problema che è la mia ragione d’essere, poi penserò, se mi avanza tempo, che sei un traditore... Ma non ho avuto bisogno di dire nemmeno questo... ho saputo la cosa quando era finita a casa mia... È una cosa che finisce in una casa per ricominciare in un’altra... gli ho domandato di pagare il suo debito. Gli ho detto: va dal professore, convincilo e ruba! Sì... non mi vergogno... gli ho detto questo...

Carlo – Ma è enorme...

Roberto – Perchè?

Carlo – È immorale...

Roberto – Io non so. Fermiamoci ai fatti. Maurizio Moldeno rubando mi ha privato per sempre di una intima gioia alla quale tenevo come alla mia stessa fortuna... No... no... non crediate che io mi stia inclinando al sentimento... Non avrei mai creduto di amare mia moglie... nessuno lo avrebbe creduto. Affari, viaggi, denari... pescecane... già... il resto non importa... e adesso che mia moglie... mio Dio, una cosa molto naturale che, un giorno o l’altro, e sempre a causa di un marito impossibile, capita a tutti gli uomini, anche ai più possibili... La donna... è niente la donna... Diventa una cosa immensa soltanto quando non c’è... e mi accorgo che lavoravo per lei... altro colpo secco... una cosa da niente... in venti giorni il mio meccanismo ha cambiato due volte il movimento... e se mi ostino così con voi, qui a chiacchierare di cose inutili, a darvi degli insegnamenti che potrebbero esservi utili... se mi ostino così è proprio perchè mi piacerebbe vedermela ancora qui ai piedi... Quella è una donna che si prende con l’oro...

Carlo – Eh! Ma via!... Siete cinico.

Roberto – È il suo tallone di Achille... L’hanno tutte... L’oro, l’ambizione, il piacere, la vanità ed altre coserelle... Ma, con tutto il rispetto, credete che anche vostra moglie non abbia le sue debolezze? Saranno innocue... Ma via... Dicevo? Ah, Maurizio, rubando, mi ha privato di un bene a cui tenevo, ecco... Doveva rubare anche a voi quello che non volevate cedere spontaneamente. Quell’uomo moralmente avrebbe continuato a camminare sui suoi binari naturali... No, tutto in una volta quell’uomo cambia etichetta e mi dice... già, le stesse parole che voi avete detto a me poco fa: «Non puoi chiedermi un furto, non puoi chiedermi un omicidio». Io non ho mai pensato a quello che posso chiedere, ma a quello che posso ottenere...

Carlo – Ma tutto questo è privo assolutamente di senso comune. Io non vi conoscevo.

Roberto – Non importa. Il fatto è questo: non ho potuto rispondergli se non prendendo per il collo la sua onestà mascherata. Ma è un vigliacco. Non è riuscito a dirvi che delle parole vuote; quando si tratta di agire seriamente... ecco... scompare. Fino a un certo punto, credete, perchè non deve essere molto lontano da voi... Ma scompare... E va bene. Ma allora, come combattere, professore? Vorrei prendere ora la vostra bontà a schiaffi, ma anche questo sarebbe inutile. A ciascuno l’ora sua.

Carlo – Roberto, voi avete delle strane parole... spiegatevi. Io non capisco. Dove volete arrivare? Mi avete parlato confusamente di voi, di Maurizio, di vostra moglie... di cose recenti e antiche... Dove volete arrivare?

Roberto – (con un sorriso maligno) Così, continuo a battere l’aria con le mani, alla cieca... Non vedo perchè vi dobbiate agitare così... (pausa) Io, prima di andare a casa vorrei parlare a quell’individuo... A Maurizio... A quest’ora dovrebbe essere a cena... Se mi permettete gli telefono... Forse è anche nel vostro interesse...

Carlo – Nel mio interesse?

Roberto – Ho un’idea... Permettete? (va al telefono e chiama) 1435. Pronto? Chi parla? Ah, va bene... il dottor Moldeno è venuto a cena? Come? Sì, no... Forse non viene... Certo (scoppia in una grassa risata). Avete ragione... le donne fanno perdere l’appetito... Va bene, va bene... Allora ditegli che questa sera ho assolutamente bisogno di vederlo, a qualunque ora venga... (depone il ricevitore) Sapete che questi camerieri mancano assolutamente di discrezione? Parlano delle avventure dei loro clienti con troppa leggerezza. Fortunatamente sono immunizzato... Ma un marito qualunque avrebbe nei miei panni tutto il diritto di preoccuparsi... di preoccuparsi... Dunque?

Carlo – (con uno sguardo torvo) Io non ho altro da dirvi... E se voi credete di avermi detto tutto... sì tutto...

Roberto – Sì, tutto... Me ne vado... Soltanto vorrei ossequiare, se si può, la signora...

Carlo – La signora è uscita, tarderà poco.

Roberto – Anche lei? Allora buona notte. (a sè) Se l’ha capita, l’ha capita, se no... (via).

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