CAPITOLO V.

Divorzio del Re Ladislao colla Regina Costanza, e suoi progressi nell'impresa del Regno, che finalmente ritorna sotto il suo dominio.

Il Regno stette alquanti mesi quieto, concedendogli pace, dall'una parte la povertà del Re Ladislao, dall'altra la natura pacifica del Re Luigi. Ma in questo tempo nell'isola di Sicilia succedettero gran movimenti, perchè mancata la linea maschile, per la morte di Federico III, quel Regno era venuto in mano di Maria picciola fanciulla del morto Re d'Aragona, la quale nell'anno 1386 fu da' Baroni Siciliani collocata in matrimonio a Martino figliuolo del Duca di Monblanco, ch'era fratello di Giovanni Re d'Aragona e fu chiamato Re Martino. Questi venendo nell'anno 1390 insieme col padre in Sicilia con una buona armata, e giungendo a quel punto, che morì Manfredi di Chiaramonte, agevolmente ricovrò Palermo, e tutte l'altre Terre occupate da Manfredi; e nacque fama, che 'l Duca di Monblanco padre del Re avesse pratica amorosa con la vedova moglie di Manfredi. La Regina Margarita in Gaeta, o mossa da questa fama per istudio d'onore, o per avere speranza, dando altra moglie al Re suo figliuolo, di aver danari per rinovar la guerra, persuase al medesimo, ch'essendo cosa indegna del sangue e del grado suo, aver per moglie la figlia della concubina d'un Catalano, andasse al Papa, e cercasse d'ottener dispensa di separar il matrimonio; poichè prendendo altra moglie potrebbe aver dote e favore. Il Re per la poca età più inclinato all'ubbidienza della madre, che all'amor della moglie, cavalcò a Roma, dove fu onorevolmente, e con molte dimostrazioni d'amore ricevuto da Papa Bonifacio, ed ottenne non solo la dispensa del divorzio, ma ajuto di buona quantità di danari, per poter rinovar la guerra. Il Papa con nuovo esempio mandò con lui il Vescovo di Gaeta, che celebrasse l'atto del divorzio; e la prima domenica, che seguì dopo il ritorno del Re nel Vescovado di Gaeta, quando il Re fu venuto con la moglie, la quale credea di venir solamente al sacrificio della messa; il Vescovo avanti a tutt'il popolo lesse la Bolla della dispensa, e mosso dall'altare andò a pigliar l'anello della fede dalla Regina Costanza, e lo restituì al Re: e l'infelice Regina fu condotta con una donna vecchia e due donzelle ad una casa privata, posta in ordine a quest'effetto, ove per modo di limosina le veniva dalla Corte il mangiare per lei e per quelle che la servivano; nè fu in Gaeta, nè per lo Regno persona tanto affezionata alla Regina Margarita, che non biasimasse un atto tanto crudele ed inumano, e misto di viltà e d'ingratitudine, che avendola con sommissione cercata al padre pochi anni prima, in tempo della necessità loro, ed avutane tanta dote, l'avesse poi il Re ingiustamente ripudiata, a tempo che la casa e' parenti di lei eran caduti in tanta calamità, che si dovea credere, ch'ella più tosto come Regina potesse ricevergli e sollevargli, che ritornarsene a loro priva della corona e della dote; ma molto maggior odio si concitò contro Papa Bonifacio, per aver dispensato a tal divorzio per ambizione e particolari suoi disegni.

Fatto questo, il Re Ladislao comandò, che la seguente primavera tutti i Baroni si trovassero al piano di Trajetto, perchè essendo già in età di armarsi volea proceder contro a' nemici; ma per la rotta avuta l'anno avanti, stavano tutti i Baroni così mal provveduti, che passò tutt'il mese di giugno innanzi che fossero in ordine, ed appena al fin di luglio si trovarono tutti sotto Trajetto, accampati alla riva del Garigliano: e lasciate ivi le genti, i Baroni vennero in Gaeta a trovare il Re, con cui avendo tenuto parlamento di quello, che fosse da farsi, dopo molti discorsi fu conchiuso che a questa cavalcata non si facesse altra impresa che andare sopra l'Aquila, la quale sola tra le Terre d'Apruzzo mantenea pertinacemente la bandiera angioina; perchè da quella città, ch'era assai ricca, s'avrebbe potuto cavar tanto che nell'anno seguente accrescendo l'esercito, si sarebbero potuto mettere ad impresa maggiore, giacchè non trovavasi allora il Re avere più che 300 cavalli e 1600 fanti. Con questa deliberazione all'ultimo di luglio di quest'anno 1393 il giovine Re armato tutto fuor che la testa, scese insieme colla Regina Margarita al Vescovado alla Messa; e come l'ebbe udita, baciate le mani alla madre che lo benedisse, e con molte lagrime lo raccomandò a' Baroni, cavalcò arditamente sopra un cavallo di guerra bardato, e Cecco del Borgo Marchese di Pescara andò a porgergli il bastone, e gli disse: Serenissimo Re, pigli V. M. il bastone che indegnamente ho tenuto in suo nome molti anni, e priego Iddio che come oggi glielo rendo, così possa ponergli in mano tutti i ribelli ed avversarj suoi. Il Re prese il bastone, e licenziatosi un'altra volta dalla madre, salutando tutti i circostanti, si partì assai desideroso di gloria, tutto disposto a magnanime imprese, tra mille benedizioni del Popolo, che ad alta voce pregava Iddio che gli desse vita e vittoria. Giunto al Campo, la mattina seguente cavalcò con tutto l'esercito, contra il Conte di Sora, e 'l Conte d'Avito amendue di casa Cantelmo, togliendo lo Stato all'uno ed all'altro, perchè non aveano ubbidito all'ordine del Re, ed erano sospetti di tener pratica di passar, dalla parte di Re Luigi. Poi per lo Contado di Celano entrò in Apruzzo, ove fu gran concorso di genti che correan per vederlo e presentarlo, e fuvvi un gran numero di giovani paesani che invaghiti della presenza del Re, si posero a seguir l'esercito a piede ed a cavallo come avventurieri. Gli Aquilani avendo inteso che il Re verrebbe contro di loro, aveano ancora mandato al Re Luigi per soccorso, il quale, benchè avesse promesso di mandarlo, non potea però essere a tempo, perchè bisognava raunar le genti de' Sanseverineschi, ch'erano disperse per più province; onde accomodarono i fatti loro, come poterono il meglio, e pagando quattromila ducati per vietare il sacco ed altre ostilità militari, si rendettero a Ladislao. Avendo questo Principe pigliato spirito per questi primi successi, andò contra Rinaldo Ursino Conte di Manupello, il quale in pochi dì con tutto lo Stato venne in mano del Re. I Caldori si salvarono tutti nel castello di Palena, ed il Re non volendo perder tempo ad espugnargli, se ne scese per la strada dal Contado di Molise, e se ne ritornò a Gaeta, ricco di molte prede e di gran quantità di danari, avuti parte in dono, parte di taglie dalle Terre e da' Baroni contumaci, e diede licenza a tutti i Baroni che ritornassero al loro paese, dicendo loro che stessero in punto per la seguente Primavera. Ma la grave infermità che sopravvenne a Ladislao, mentre già posto in ordine in questo seguente anno 1394 erasi avviato verso Napoli, frastornò i suoi disegni: poichè come fu giunto a Capoa, s'ammalò sì gravemente che per tutto il Regno si sparse fama che fosse morto, e fosse stato avvelenato: pure con grandissimi rimedi guarì, ma restò per tutto il tempo della sua vita balbuziente, onde si differì l'impresa di Napoli e tornossene a Gaeta. Vi fu intanto qualche trattato di pace fra lui e 'l Re Luigi, ma niente fu conchiuso; poichè fu fama che alla poca volontà di Ladislao si aggiungesse anche il consiglio di Papa Bonifacio, perchè non la facesse. Fu perciò con maggiore ardore rinovata la guerra; dal Re Luigi fu investita Aversa, che si teneva per Ladislao, ma la fede degli Aversani, ed il pronto soccorso di Ladislao renderon vani gli sforzi di Luigi: Ladislao liberato dall'obbligo di soccorrere Aversa, andò in Roma a trovar il Papa, da cui sperava d'esser sovvenuto per l'anno avvenire. Fu da Bonifacio onorato e caramente accolto, e molto più ben veduto questa seconda volta: si trattò del modo che si avea da tener in proseguir la guerra; e fu conchiuso che il Papa dasse al Re venticinquemila fiorini, ed il Re all'incontro donò a' fratelli il Contado di Sora e di Alvito, del quale avea spogliato i Cantelmi e la Baronia di Montefuscolo, e molte altre buone Terre, con molta soddisfazione e contentezza di Bonifacio: perchè benchè due anni innanzi Ladislao gli avesse donato il Ducato d'Amalfi e la Baronia d'Angri e di Gragnano, non aveano però potuto averne il possesso, perchè il Ducato era stato occupato da' Sanseverineschi e la Baronia, dopo la morte di Pietro della Corona, Re Luigi l'avea conceduta a Giacomo Zurlo. Con questo esempio alcuni Cardinali più ricchi sovvennero il Re di danari, volendo promesse di terre e di castella per loro parenti, che allora erano possedute da' nemici ed il Re ne fece loro l'investiture. Con questi denari, e con larghe promesse del Papa, Ladislao partì di Roma, ed a' 19 novembre di quest'anno 1394 tornò a Gaeta con gran riputazione, perchè coloro ch'erano stati con lui avean divulgato che i danari che il Re avea avuti dal Papa, fossero assai più di quelli che erano in effetto.

Dall'altra parte il Re Luigi, subito ch'ebbe avviso di questi apparati, mandò Bernabò Sanseverino in Avignone a Papa Clemente a dirgli i grandi aiuti che dava Bonifacio al Re Ladislao, ed a cercargli soccorso, già che per la primavera seguente aspettava guerra gagliardissima per terra e per mare. Ottenne per allora Bernabò da Clemente, che soldasse sei galee e di più una quantità di danari. E questi furono gli ultimi soccorsi che potè dargli; imperocchè questo Papa essendosi impegnato di parola col Re di Francia, il quale studiavasi di toglier lo scisma, di voler entrare in qualche trattato, per proccurare anch'egli la pace della Chiesa; ed avendo l'Università di Parigi dato il suo parere sopra i mezzi più acconci per farlo cessare e proposta la via di un compromesso, quella della cessione de' due contendenti e la convocazione di un general Concilio: Clemente restò molto sorpreso da cotali proposizioni, e tanto più quando seppe, che i suoi Cardinali le riputavano giuste; ciocchè gli cagionò tanta afflizione che ne morì il dì 16 settembre di questo istesso anno 1394. Ma non perciò finì lo scisma: i Cardinali, ch'erano in Avignone, tosto vennero mal grado del Re di Francia all'elezione del nuovo Papa, ed elessero il dì 28 dello stesso mese Pietro di Luna Aragonese Cardinal Diacono del titolo di S. Maria, che fu nomato Benedetto XIII. Questi non meno che 'l suo predecessore, mostrò subito grandissima inclinazione d'aiutare il Re Luigi; e perchè il Governadore di Provenza avea spedite a questo Principe tre galee di nuovo armate con alcuni denari, mandò esso ancora quindicimila altri ducati. Fu per tanto con maggior contenzione da amendue i Re, invigoriti da questi soccorsi d'amendue i Papi, rinovata la guerra, che Ladislao avea portata insino alle porte di Napoli. Ma il valore di questo Principe, ed il favore di Papa Bonifacio, che come in quella interessato insieme co' suoi fratelli non cessava di dargli continui e validi aiuti; ed all'incontro l'animo del Re Luigi più atto agli studi della pace, che all'esercizio della guerra; i rari e piccioli soccorsi, che gli venivano dalla Francia e la poca speranza d'averne maggiori, fecero, che il G. Contestabile del Regno Tommaso Sanseverino riflettesse al pericolo del Re Luigi, e per conseguenza alla irreparabile sua ruina e di tutta la famiglia, se non vi dava provvedimento, persuase perciò al Re, che poichè non potevano secondo si conveniva fortificar la parte loro, volessero fare ogni opera d'indebolire quella degli avversari, aggiungendo, che avea pensato di alienare il Duca di Sessa dal Re Ladislao; il che credea che venisse fatto, quando ci si disponesse di mandar a chiedere per moglie la figlia del Duca, perchè credea, che il Duca avrebbe anteposto un tanto splendor di casa sua, facendo la figlia Regina, all'amor che portava al Re Ladislao. Il Re perch'era di natura pieghevole, lodò il pensiero, e col parere di tutto il Consiglio mandò Ugo Sanseverino a trattar il matrimonio, il quale in pochi dì, parte coll'autorità sua ch'era grande, parte coll'aiuto della Duchessa, ch'era di casa Sanseverina, ambiziosissima, e desiderava farsi madre di Regina, e parte perchè il Duca si era ancor egli lasciato trasportare dal vento di tanta ambizione, conchiuse il matrimonio, e se ne ritornò in Napoli; e Luigi mandò subito Monsignor di Mongioia con doni reali a visitar la sposa, chiamandola nelle lettere Regina Maria. Papa Bonifacio, che con molto dispiacere avea intesa questa parentela ed alienazione del Duca, mandò Giovanni Tomacello suo fratello a tentare di farlo ritornare alla divozione del Re Ladislao: ma frapostovi molti impedimenti, non si potè allora far niente, dando il Duca sole parole, senza vedersene alcuno effetto: finalmente il Re Ladislao, vedendo la freddezza del Re Luigi, cavalcò contro il Duca di Sessa; ma Papa Bonifacio, che desiderava questa riunione, la quale avrebbe potuto più prestamente ridurre il Regno tutto alla divozione di Ladislao, mandò di nuovo Giovanni a trattar la pace, ed a persuadere al Re, che la facesse, siccome dopo cinque mesi fu fatta, con patto, che il Re ricevesse in grazia il Duca ed il fratello, e che gli rendesse le Terre tolte, e che quelli assicurati dal Papa andassero a giurar di nuovo al Re omaggio. Con questo trattato e riconciliamento furon anche disturbate le nozze di sua figliuola Maria, le quali rimasero senza effetto; e benchè poi si maritasse con altri, sempre però volle ritenere il titolo di Regina datole da Luigi, quando la mandò a presentare.

In questi tempi Re Ladislao mosso (non si sa, se da proprio spirito, o da ricordo della madre o d'altri) a pietade di Costanza di Chiaramonte già sua consorte, che con grandissima laude di pazienza, di modestia e di pudicizia, avea in bassa fortuna menata sua vita dal dì del repudio; la diede per moglie ad Andrea di Capua primogenito del Conte di Altavilla, coetaneo e creato suo assai diletto, e furon fatte le nozze molto onoratamente; ma non per questo restò quella gran donna di mostrare la grandezza dell'animo suo dignissimo della prima fortuna; imperocchè quel dì, che il marito la volle condurre a Capua, essendo posta a cavallo per partirsi, in presenza di molti Baroni e Cavalieri, ch'erano adunati per accompagnarla, e di gran moltitudine di Popolo, disse al marito: Andrea di Capua, tu puoi tenerti il più avventurato Cavaliere del Regno, poichè avrai per concubina la moglie legittima del Re Ladislao tuo Signore. Queste parole diedero pietà ed ammirazione a chi la intese; e quando furono riferite al Re, non l'intese senza rimordimento e scorno.

Intanto stringendo Ladislao l'assedio di Napoli per mare e per terra, fu consigliato Re Luigi ad uscire dalla città ed andare a Taranto. I Napoletani fastiditi da così lunga guerra, dopo vari trattati descritti così bene ed a minuto da Angelo di Costanzo, finalmente resero la città a Ladislao, il quale avendo loro accordati molti capitoli e patti, che volevano, entrato in Napoli per tener placati gli animi di tutti, fece molte più grazie di quelle, che avea promesse alla città; e diede agli eletti quella giurisdizione, che oggi hanno sopra coloro, che ministrano le cose necessarie al vivere.

Giunto l'avviso a Taranto al Re Luigi della resa di Napoli, ne intese estremo cordoglio, e disperando di riacquistarla, e tenendo per perdute anche l'altre parti del Regno, che restavano alla sua ubbidienza, deliberò partirsi ed andare in Provenza. Ramondello Orsino non bastò a fargli mutar proponimento, quantunque efficacemente ne 'l persuadesse, mostrandogli, che benchè Napoli si fosse resa, pur erano all'ubbidienza di sua Corona le due parti del Regno con tanti Baroni a lei divoti; che coll'armata, che avea allora per soccorso di Napoli mandata Papa Benedetto, e con unire di là a pochi mesi le forze di terra, era agevol cosa di riacquistar tutto il Regno; e ch'era gran vergogna, che la regina Margarita con Gaeta sola non si fosse disperata, senz'altro aiuto, di ricovrar il Regno al figlio, ed egli con tante Terre maggiori di Gaeta, e con tanto Stato in Francia, si partisse abbandonando tanto dominio. Ma il Re o fosse sdegnato di lui, che mai non volle moversi colle sue genti, e congiungerle con quelle del Gran Contestabile o fosse fastidito di questi andamenti, s'imbarcò nell'armata, e con lui se n'andò la maggior parte de' Cavalieri napoletani pensionari; ed avendo girata la Calabria, passò per la marina di Napoli, mirandola con gran dolore, e di là mandò a patteggiare col Re Ladislao, che facesse uscire di Castel Nuovo Carlo d'Angiò suo fratello, co' Franzesi e con tutte le suppellettili, ed a lui il castello si rendesse. Tutto ciò gli fu agevolmente accordato; onde avendo mandate le galee a levare gli usciti di castello, se ne andò in Provenza, lasciando grandissimo desiderio di se, e gran dolore a tutti coloro del suo partito. Così in quest'anno 1400 Napoli, e quasi tutto il Regno passò sotto la dominazione del Re Ladislao; e sotto le bandiere del Re Luigi rimase sol Taranto, che si mantenne lungo tempo nella sua fede.

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