CAPITOLO VI.

Nozze di Ladislao, prima con Maria sorella del Re di Cipro, e poi con la Principessa di Taranto: sua spedizione nel Regno d'Ungaria, ch'ebbe infelice successo.

Dopo aver Ladislao fugato dal Regno il suo Competitore, repressi i Sanseverineschi, e posto a fondo la casa del Duca di Sessa, ed insignoritosi de' loro dominj, gli parve tempo di godere in pace il Regno, e veder di propagarlo ne' suoi discendenti; onde cominciò a pensare di prender moglie. Papa Bonifacio se ne prese il pensiero, e mentre ciò trattavasi, vennero in Napoli gli Ambasciadori del Duca d'Austria Leopoldo a dimandare Giovanna sua sorella per moglie del lor Signore; fu contento il Re di dargliela, e mentr'era in ordine per andare ad accompagnarla fino a' confini del Ducato d'Austria, fu l'andata differita, perchè Bonifacio aveva già conchiuso il suo matrimonio con Maria sorella di Giano Re di Cipro; onde Ladislao volle prima fare le sue nozze, e mandò subito in Cipri per la sposa Gurrello di Tocco, con l'Arcivescovo di Brindisi e molti altri Cavalieri. Venne questa Principessa in brevissimo tempo accompagnata dal Signore di Lamech, e dal Signor di Barut suoi zii carnali; e fu ricevuta in Napoli dal Re e dalla Regina Margarita sua madre, con amore ed onor grande nel mese di febbraio di quest'anno 1403 ed incontanente furon le nozze con ogni magnificenza celebrate.

A questo tempo gli Ungheri ritrovandosi mal soddisfatti del loro Re Sigismondo avean in quel reame mossa sedizione, ed una parte di que' Baroni lo carcerarono, ed alzate le bandiere di Ladislao, lo gridarono Re, come figliuolo ed erede di Carlo III. Ladislao avidissimo d'accrescere la sua potenza in diversi Regni, accettò la Signoria; ma considerando l'istabilità di quella nazione, e che se non riuscisse quanto i suoi aderenti gli aveano promesso, avrebbe dovuto tornarsene in Napoli con poca sua riputazione: col pretesto di voler accompagnare sua sorella in Austria, deliberò di partire; ed avendo lasciata Vicaria del Regno la Regina Maria sua moglie, con che dovesse governarlo col consiglio dell'Arcivescovo di Consa, di Gentile de Merolinis di Sulmona, di Gurrello Origlia e di Lionardo d'Affitto suoi Consiglieri, andò con Giovanna ad imbarcarsi a Manfredonia, donde passò al Friuli; ed avendo consegnata la sorella a molti Baroni del Ducato d'Austria, che quivi l'attendevano, egli se ne passò a Zara Terra del Regno d'Ungaria, con animo di tentar l'impresa di quel Regno. Zara senza contrasto aperse le porte, e parendo, che a questo viaggio avesse fatto assai, fortificò quella città, e lasciandovi il Signor di Barut con presidio bastante, se ne tornò in Napoli. Alcuni scrissero, che Ladislao prima di tornarsene fosse stato a' 5 agosto di questo anno coronato dal Vescovo di Strigonia Re di quel Regno, con soddisfazione di tutto il popolo, e di molti Baroni ungheri e Prelati, che vennero a trovarlo a Zara. Altri, che Papa Bonifacio lo facesse incoronare dal Cardinal Fiorentino, e gli rimettesse i censi che dovea alla Chiesa romana per lo Regno di Napoli, che erano più di ottocentomila fiorini, concedendogli anche le decime per tre anni in questo Regno, per sussidio della guerra; e che Ladislao finita la coronazione mandasse in Ungaria per suo Vicerè Tommaso Sanseverino Conte di Montescaggioso con cinquecento lanze, con intenzione di volerci poi passar egli. Alcuni altri, come il Costanzo, rapportano questi avvenimenti alquanti anni da poi, cioè dopo la morte della Regina Maria, dopo la morte di Papa Bonifacio seguìta nell'anno 1404, di cui ne fu successore Innocenzio VII e dopo le nuove nozze contratte da Ladislao con la Principessa di Taranto, stabilite nell'anno 1406 per riacquistare il principato di Taranto come prosperamente avvenne. Allora fu, narra il Costanzo, che vennero gli Ambasciadori d'Ungaria a fargli intendere, ch'essendo morta la Regina Maria, gli Ungheri non potendo soffrire la tirannide del Re Sigismondo, lo aveano posto in carcere ed innalzate le sue bandiere, che perciò l'invitarono, che si ponesse tosto in ordine, ed andasse a pigliar la possessione pacifica di sì ricco Regno, e che bisognava più tosto celerità che forza. Ladislao e per cupidità di regnare, e per desiderio di prender vendetta della morte del padre, con una compagnia di gente eletta andò con gli Ambasciadori ad imbarcarsi a Manfredonia, e con vento prospero navigando arrivò in pochi dì a Zara; ed avendo inviati gli Ambasciadori innanzi per far intendere a' Principi del Regno la sua venuta, di là a pochi dì intese, che il Re Sigismondo era liberato e raccoglieva un grande esercito di Boemi, per la qual cosa ricordevole della morte di suo padre, stette alcuni dì fermo in Zara, consultando quello che avesse a fare. Ma avvenne, che un dì essendo usciti alcuni soldati dalle galee e marinari a coglier uva per le vigne, i cittadini di Zara pigliarono l'arme, e ne uccisero venti, nè bastando ciò, così armati andarono nel palazzo ov'era il Re, e con arroganza barbarica gli dissero, che se egli non volea tener in freno le sue genti, non mancavano a loro nè arme, nè animo di fargli star a segno. Il Re sdegnato di tanta insolenza, cominciò a pensare, quanto doveano essere più efferati gli altri popoli di quel Regno più vicini alla Scizia, ed a' Monti Rifei, poichè quelli di Zara prossimi all'Italia erano tali; e sopra questo sdegno, essendo venuto nuovo avviso, che il Re Sigismondo era entrato in Ungaria col suo esercito, e che quelli della sua parte aveano messo in fuga e dispersi gli altri della parte contraria, deliberò far vendetta de' Zaresi, e lasciar quella impresa pericolosa.

Trattò per tanto con Francesco Cornaro, Lionardo Mocenigo, Antonio Contarino, e Fantino Michele Ambasciadori de' Veneziani, di vendere Zara a quella Signoria, della quale i Zaresi erano acerbissimi nemici, ed essendo la novella di questo trattato giunta a Venezia, quel Senato mandò centomila ducati di oro, e tante genti, quanto bastassero per presidio di quella città, ed il Re Ladislao ne fece loro la consegna. Da poi sdegnato con gli Ungheri, come narra Bonfinio nell'Istorie d'Ungaria, scrisse al Re Sigismondo, scusandosi che non avea egli di sua elezione pigliata quell'impresa, ma da altri chiamato, e per vedere se era volontà di Dio il quale dona e toglie i Regni, ch'egli sedesse nel Trono d'Ungaria: ma avendo conosciuto il contrario, ed esperimentata la natura instabilissima di quella gente, che ogni dì cangiar vorrebbe un nuovo Re, avea deliberato di cedergli, e di offerirsegli ancora buon amico, e amorevole parente, aggiungendo, che non avrebbe potuto fargli maggior piacere, che trattar i traditori com'essi avean cercato di trattar lui; e fatto questo se ne ritornò al Regno. Non è però, che Ladislao, siccome anche dopo la sua morte la Regina Giovanna II e tutti i Re di Napoli loro successori, avessero ne' loro titoli tralasciato quello di Re d'Ungaria, ma ne' loro diplomi ed atti s'intitolavano non meno Re di Sicilia e di Gerusalemme che d'Ungaria.

§. I. Spedizione del Re Ladislao sopra Roma

La morte di Papa Bonifacio liberò Ladislao da tutte quelle promesse che gli avea fatte, e dal rispetto che gli portava, come suo gran fautore ed amico. Avrebbe questo Pontefice lasciato di se pel suo valore gran nome; ma il soverchio amore, che portava a' suoi, oscurò la di lui fama essendo arrivato, come scrive il Platina, insino a donar a' parenti le indulgenze plenarie, acciocchè le vendessero: questa impietà però ebbe poi molto vicina la punizione, perchè avendo Andrea suo fratello Duca di Spoleto e Giovanni Conte di Sora e di Alvito, fatto avere molte altre Terre a diversi altri suoi parenti, ne furono in brevissimo spazio privati, rimanendo in grandissima povertà.

Rifatto in suo luogo da' Cardinali Cosmato Migliorato da Sulmona Cardinal di Santa Croce che si fece chiamare Innocenzio VII si mostrò poco amico di Ladislao; questi all'incontro poco stimandolo, e vedendosi pacifico possessore del Regno, e non distratto in altra guerra, com'era di natura inquieto e cupido d'imperio e di gloria, deliberò d'insignorirsi di Roma. Il tempo non poteva essere più opportuno; poichè i Romani attediati per lo lungo scisma, e per l'odio che aveano portato al Pontefice Bonifacio, e portavano ad Innocenzio, per molti che ne avea fatto morire, eccitarono nel principio del suo Ponteficato gran turbolenze in Roma: poichè avendogli dimandato, che fosse loro restituita la libertà del Campidoglio e che avesse proccurato togliere lo scisma, Innocenzio sdegnato di tanta insolenza, chiamò Lodovico Marchese della Marca suo nipote, con molta gente per far de' Romani vendetta. Il Popolo si levò a rumore, e chiamò Ladislao in suo soccorso: tosto il Re venne a Roma, onde Innocenzio fu costretto uscire insieme col nipote dalla città e ricovrarsi a Viterbo. Ladislao ottenuta Roma, passò in Perugia, e l'occupò; ma i Romani in un subito rivoltatisi, richiamarono il Pontefice, e le genti del Re furono discacciate da Paolo Orsino. Intesa da Ladislao la leggerezza de' Romani, pien di stizza, lasciando ogni cosa in abbandono, ritornò nel Regno, per ordinare un poderoso esercito e prenderne vendetta; ma mentre il Re era tutto inteso a questa espedizione. Papa Innocenzio a' 6 novembre di quest'anno 1406 se ne passò a miglior vita.

(Prima di morire Innocenzio in quest'istesso anno 1406 nel mese di agosto si stabilì pace tra Ladislao ed Innocenzio; l'istromento della quale si legge presso Lunig.: anzi nell'istesso tempo Papa Innocenzio creò Ladislao difensore della Sede Appostolica e Confaloniere della Chiesa romana, il cui Breve si legge pure presso Lunig.).

Il Re di Francia, che tuttavia proseguiva nell'impegno di far cessare lo Scisma, proccurava di non far seguire nuova elezione; ma i Cardinali, che ubbidivano ad Innocenzio, trovatisi in Roma, in vece di sospendere l'elezione, immantenente a' 30 dello stesso mese elessero Angelo Cornaro Veneziano, che prese il nome di Gregorio XII. Tutti questi Cardinali prima dell'elezione aveano firmata una scrittura, colla quale s'impegnavano, che colui fra loro che fosse eletto rinunziarebbe il Pontificato, purchè dal canto suo facesse l'istesso Benedetto, e' suoi Cardinali, per proceder poi d'accordo all'elezione d'un legittimo Pontefice. Gregorio XII protestò di esser pronto a rinunziare, se lo stesso avesse fatto il suo Competitore. Il Re di Francia s'impegnò per far riuscire la rinunzia de' Contendenti, ma nè l'uno, nè l'altro aveano intenzione di farla, e la sfuggivano con finte proposizioni d'affettamento. Si convenne alla perfine dall'una, e dall'altra parte di portarsi in Savona per trattare l'unione. Vi andarono Benedetto e' suoi Cardinali, ma Gregorio ancorchè uscito di Roma per andarvi, sfuggiva con varie scuse la conferenza. Di questi imbarazzi approfittossi assai bene Ladislao, poichè quando vide in questo nuovo anno 1407 uscito di Roma il Papa, avendo intanto unito un esercito di quindicimila fanti, s'avviò verso Roma e mandò molte navi cariche di vittovaglie per l'esercito suo, con alcune Galee, che guardassero la foce del Tevere, per non farvi entrar vittovaglia in sussidio di Roma. Era allora in guardia di questa città Paolo Orsino uomo di molta autorità e molto amato e stimato da' Romani per la grande opinione, che si avea del valore suo. Costui con duemila cavalli e co' cittadini abili a maneggiar l'arme si pose a difesa della Patria, e poste ne' luoghi opportuni le guardie necessarie, tolse la speranza al Re di potervi entrare per forza; ma essendo le galee nel Tevere, ed avendo il Re pigliate tutte le castella della Teverina, e facendo con gran diligenza guardare, che per lo fiume non potesse a Roma scendere cos'alcuna da vivere, fu stretto di render se e la città al Re con onorate condizioni, e nel dì di S. Marco 25 aprile di quest'anno 1408 Ladislao entrò come Signore a Roma sotto il Baldacchino di panno d'oro portato da otto Baroni Romani, ed andò per quella sera al Campidoglio.

Il dì seguente un Fiorentino, che tenea il castello di S. Angelo per Papa Gregorio, patteggiò di renderlo, e n'ebbe Quarata, buona Terra in Puglia, e 'l Re passò ad abitar nel palazzo di S. Pietro in Vaticano. Fece Castellano Riccardo di Sangro e Senatore Giannotto Torto Barone di molte Terre in Abruzzo e stette in Roma fin a' 25 di luglio. Ecco come Ladislao si rendesse Signore di Roma. Egli fu il primo, che ai suoi titoli volle anche aggiunger questo di Re di Roma: onde è, che leggiamo ne' suoi atti, e diplomi Rex Romae, titolo che per l'addietro nè i Goti, nè i Longobardi, nè i Franzesi, ancorchè Re d'Italia, osarono di prenderlo, chi per riverenza, chi per timore degli Imperadori d'Oriente, i quali n'erano i loro Signori.

Ma Ladislao tirato forse, come dice il Costanzo, dall'amor delle donne, non volle più trattenersi in Roma e se ne ritornò in Napoli, ove si trattenne tutta l'està in piaceri e feste; e mentr'egli così lussureggiando trascurava mantenere questo nuovo acquisto, gli venne nuova che Roma era ribellata, perchè Paolo Orsino, parte sdegnato, che avesse anteposto Giannotto a lui nell'Ufficio di Senatore, parte non potendo soffrire, che Giannotto usasse molto rigore contra i Romani senza far conto di lui, indusse il Popolo romano a pigliar l'armi, ed andar al Campidoglio a far prigione il Senatore, ed egli co' suoi ruppe i Capitani del Re, che givano per soccorrer il Senatore, con morte di Francesco di Catania Nobile di Capuana, e di molt'altri buoni soldati, sicchè per tutto fu gridato: Viva la Chiesa Romana e muojano i Tiranni; essendosi le genti del Regno ritirate senza far altro contrasto. Di questa nuova sentì il Re grandissimo dispiacere; ma essendo prossimo il verno, non pensò fare per questo anno altro movimento.

§ II. Concilio convocato a Pisa per torre lo Scisma che ebbe infelice successo.

Mentre queste cose succedevano in Italia, il Re di Francia non tralasciava l'impresa di far rinunziare i due Contendenti, perchè si fosse eletto un legittimo Papa; ma Gregorio non voleva sentir parola di cessione, onde i suoi Cardinali sdegnati per la sua condotta, l'abbandonarono, si portarono in Pisa, e si appellarono delle sentenze ch'e' pronunziò contro di essi al futuro Concilio; ma non per tutto ciò astenevasi Gregorio di continuare i suoi procedimenti contro i medesimi. Dall'altra parte il Re di Francia fece dire a Benedetto che assolutamente voleva ch'e' rinunziasse ed acconsentisse all'unione, altrimenti si sarebbe sottratto dalla sua ubbidienza: ma Benedetto ostinato non men che Gregorio, stese subito una Bolla fulminante contro la sottrazione e la inviò in Francia. Vi fu mal ricevuta, e coloro che l'avevano portata furono arrestati ed ignominiosamente trattati; la Bolla fu lacerata ed in Francia fu pubblicata la neutralità. Benedetto ch'era in Avignone si ritirò in Aragona. Gregorio per dimostrare che non era per lui mancata l'unione, cominciò a discolparsi, e scrisse una lettera circolare, imputando a Benedetto la cagione perchè l'unione non fosse stata conchiusa, e convocò un Concilio in Aquileja. Benedetto che s'era ritirato in Aragona, fece la stessa protestazione, ed adunò un altro Concilio in Elba vicino a Perpignano. I Cardinali dell'uno e dell'altro partito, vedendo che per questa divisione parea che la Chiesa di Dio stesse senza Papa, perchè si faceva poco conto dell'uno e meno dell'altro, e lo Stato della Chiesa era occupato da diversi Tiranni, avuta fra loro secreta intelligenza, convocarono ancor essi un altro Concilio in Pisa. Così in quest'anno 1408 tre Concilj furon convocati il primo in Perpignano dalla Bolla di Benedetto che fu il più sollecito di tutti: il secondo in Aquileja dalla Bolla di Gregorio spedita a' 2 di luglio, per la quale s'intimava l'apertura del Concilio per la Pentecoste dell'anno seguente; ed il terzo in Pisa dalle lettere de' Cardinali d'amendue i partiti spedite in Livorno il dì 26 giugno, per le quali s'intimava l'apertura del Concilio a Pisa per lo dì 26 marzo dell'anno seguente. Benedetto fu il più sollecito, e fece cominciare il suo Concilio il primo di novembre. Vi si trovarono i Vescovi di Castiglia, di Aragona, di Navarra, e molti altri Prelati di Francia, di Guascogna e di Savoja in numero di 120 senza comprendere i quattro Arcivescovi onorati con titolo di Patriarchi. Quando si venne al punto dello scisma, i Vescovi per la maggior parte si ritirarono da Perpignano, e 'l Concilio si restrinse al numero di 18, i quali riconobbero Benedetto per legittimo Papa; lo consigliarono però di proccurare l'union della Chiesa per via di rinunzia, in caso che il Competitore rinunziasse o venisse a morte, ovvero fosse deposto; e d'inviar Legati a' Cardinali ch'erano in Pisa con piena potestà di stabilire il trattato.

Mentre ciò facevasi in Perpignano, i Cardinali dei due Collegi pensavano con serietà ad impegnar tutti i Principi a riconoscere il lor Concilio e ad approvare quanto avessero fatto. Aprirono dunque il Concilio il dì 25 marzo dell'anno 1409 giorno prefisso per l'apertura. Primieramente il Concilio citò Pietro di Luna ed Angelo Cornaro, che si dicevano Papi, e non essendo comparito alcuno, il Concilio gli dichiarò contumaci. Pronunziò, che il Collegio de' Cardinali unito avea potuto convocare il Concilio, e che il Concilio generale poteva procedere ad una sentenza diffinitiva. Comandò poi la sottrazione d'ubbidienza a' due pretesi Papi: ed infine dopo aver prese le informazioni sopra la loro condotta, gli dichiarò decaduti dal diritto che pretendevano al Pontificato, e gli depose con deffinitiva sentenza. I due Collegi de' Cardinali procedettero poi all'elezione d'un legittimo Pontefice, secondo il decreto del Concilio, ed elessero Pietro Filargio di Candia, nomato il Cardinal di Milano, dell'Ordine de' Frati Minori che prese il nome di Alessandro V , Egli presedette alle sessioni seguenti del Concilio che terminò il dì 7 agosto di quest'anno 1409. Era composto di 22 Cardinali, di 4 Patriarchi, e di 12 Arcivescovi, di 67 Vescovi in persona, di 75 Deputati, d'un grandissimo numero d'Abati, di Generali, di Procuratori d'Ordini, di Deputati de' Capitoli, e di 67 Ambasciadori di Re e d'altri Principi sovrani.

Alessandro V riputato dalla maggior parte de' Principi d'Europa per vero e legittimo Pontefice, ancorchè fosse Frate de' zoccoli, era stato molti anni Arcivescovo di Milano, e poi fatto Cardinale da Papa Innocenzio VII avea non poca esperienza delle cose del Mondo, onde presa ch'ebbe la corona voltò subito il pensiero a riporre la Sede Appostolica nel suo primiero stato e riputazione; e vedendo gli apparati del Re Ladislao, i quali eran tutti indrizzati per impadronirsi di Roma e del suo Stato, fece lega con i Fiorentini; a' quali era già resa sospetta la grandezza e l'animo di Ladislao; ed essendo favorito anche dalla Francia che lo riconobbe per vero Papa, mandò ivi a chiamar Re Luigi per opporlo a Ladislao, ed intrigarlo in una nuova guerra, acciocchè dovendo badar poi a' propri mali, non potesse pensare ad inquietare lo Stato della Chiesa romana.

Dall'altra parte Gregorio non avea mancato di aprir suo Concilio in Aquileja, ovvero in Udine, nel giorno della Festa del SS. Sacramento di quest'istesso anno 1409 ma non fu quello sì numeroso, nè vi si trovò che un picciolissimo numero di Prelati; nulladimanco vi fece dichiarare ch'egli ed i suoi predecessori erano stati canonicamente eletti, e che non solo Pietro di Luna, et quelli che l'aveano preceduto, ma eziandio Pietro di Candia nuovamente eletto, erano intrusi, e che non aveano avuto alcun diritto al Pontificato. Fece però una dichiarazione ch'era pronto a rinunziare al Papato realmente, e di fatto purchè Pietro di Luna e Pietro di Candia vi rinunziassero ancora personalmente e nel medesimo luogo. Creò nuovi Cardinali, non meno che avea fatto Benedetto: onde invece di due Papi, dopo il Concilio di Pisa se ne videro tre, da' quali miseramente era la Chiesa lacerata. Gregorio terminato il Concilio, non istimandosi sicuro in Udine, fuggì travestito in Apruzzo; onde Ladislao avendo scorti gli andamenti di Alessandro, mandò tosto Angelo Aldemarisco Gentiluomo con quattro galee a chiamarlo. Stava egli allora a Pietra Santa con due Cardinali che non aveano voluto abbandonarlo, il qual intesa la chiamata di Ladislao, scese molto volentieri ad imbarcarsi al Porto di Luna, e venne a Gaeta, ove fermò la sua residenza, ed ove il Re l'accolse con molta riverenza come a vero Pontefice, ed ordinò che per tale fosse tenuto nel Regno ed in tutti i suoi dominj. Avea Gregorio una picciolissima Corte: poichè non era riconosciuto per Papa, se non negli Stati del Re Ladislao. All'incontro Alessandro V era riconosciuto per legittimo Papa quasi in tutta la Cristianità, eccettuatene solo queste province che ubbidivano a Gregorio, ed i Regni di Aragona, di Castiglia, di Scozia, e gli Stati del Conte di Armagnac che riconoscevano Benedetto. L'Alemagna era divisa, perchè Roberto Re de' Romani ricusava che fosse riconosciuto Alessandro, per aver egli dato in molte lettere il titolo di Re de' Romani a Venceslao Re di Boemia.

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