CAPITOLO IV.

Discordie tra Alfonso, e la Regina Giovanna, la quale rivoca l'adozione fattagli, e adotta Luigi per suo figliuolo.

Ma non durò guari nel Regno questa quiete, poichè nel mezzo della Primavera di quest'anno 1422 venne una peste in Napoli, che obbligò il Re e la Regina di andare a Castellamare; ma non potendo questa Città mantenere due Corti Regali, andarono amendue a Gaeta, dove appena giunti, furono visitati da Sforza, che partito da Benevento venne ad inchinarsi ad Alfonso. Fu Sforza da Alfonso accolto con grande umanità e cortesia: tanto che sorpreso da tanta gentilezza andava predicando la generosità e clemenza di un tanto Re. Ciò che diede esempio a gran numero di Baroni della parte Angioina, che facessero il medesimo; laonde molti che aveano offeso la Regina, ed il Gran Siniscalco, confidati alle parole di Sforza, andarono con grandissima fiducia ad inchinarsi ad Alfonso, e furono benignamente da lui accolti, giurandogli fedeltà, con dispiacere grandissimo della Regina.

Questa fu la cagione, che siccome sino a quel dì aveano governato ogni cosa con gran concordia, d'allora innanzi nacquero quelle sospizioni e discordie, che furono poi cagione d'infiniti danni; poichè il Gran Siniscalco, ch'era lo spirito e l'anima della Regina, non potea soffrire, che Alfonso s'avesse fatto giurare omaggio dalle Terre prese e da' Baroni ch'erano venuti a visitarlo perchè parea segno, che volesse pigliar innanzi il dì della morte della Regina la possessione del Regno contra i patti dell'adozione; e facendolo intendere alla Regina, avea venenato l'animo di lei di maggiore sospizione, ed obbligatala ad amarlo ogni dì più, vedendo la cura ch'egli tenea dello stato e della salute di lei, perchè le disse, che un dì Alfonso l'avrebbe pigliata, e mandatala in Catalogna cattiva, per occupar il Regno e con quello poi occupar tutta Italia. Per questo timore la Regina deliberò guardarsi quanto più potea, ed all'impensata si partì da Gaeta e venne a Procida: passò poi a Pozzuoli con determinazione di portarsi in Napoli, dove la peste dopo aver fatta gran strage, era cominciata a cessare. Il Re Alfonso che avea creduto, che la Regina avesse da tornare da Procida a Gaeta, quando intese che avea presa la via di Pozzuoli per andare a Napoli, portossi con pochissima compagnia a visitarla in Pozzuoli, credendosi levarle ogni sospezione; ma fu tutto il contrario, perchè la Regina timida entrò in maggior sospetto, onde subito che Alfonso fu partito da lei per andare a veder Aversa, ella se ne venne per terra a Napoli, nè volle entrare nel Castel Nuovo, ma se ne passò al castello di Capuana. Il Re trovandosi ad Aversa fu subito avvisato di questi andamenti della Regina, e conoscendo l'instabilità di costei, lo spirito, l'ambizione del G. Siniscalco, dubitando che non macchinassero qualche novità, venne subito a Napoli ed alloggiò al Castel Nuovo, e già si vedeano intermesse le visite tra lui e la Regina; onde ogni persona di giudizio era in opinione che la cosa non potrà tardare a venire in aperta rottura. Alfonso conoscendo, che quest'alterazione di mente della Regina era per suggestione del G. Siniscalco, credendo che levato di mezzo l'autore delle discordie, avrebbe ottenuto dalla Regina quanto voleva, a' 27 maggio dell'entrato anno 1423 lo fece carcerare; e poi cavalcò subito per andare a trovar le Regina, non si sa se con animo di scusarsi con lei della cattura di quello, o se andava per mettersi in mano anche la Regina, e quando vedesse di non poter piegarla a mutar vita, mandarla in Catalogna. Ma subito che il G. Siniscalco fu preso, ne fu avvisata la Regina, e vedendo il Re venire, gli fece chiudere in faccia le porte del castello; onde Alfonso rispinto sì bruttamente, ritornossene al Castel Nuovo, ed in Napoli fu gran confusione e disordine tra' Spagnuoli e Catalani da una parte, ed i Napoletani, che seguivano il partito della Regina, dall'altra.

In tanta costernazione, la Regina ristretta coi primi e più fedeli della sua Corte, consultò quello che si avea da fare, e con voto di tutti fu risoluto di mandare a chiamare Sforza, ed a pregarlo che per l'amicizia antica venisse a liberarla. Sforza che in quel tempo si trovava a Benevento molto povero, per essere stato molti mesi senza stipendio alcuno, ebbe grandissimo piacere di questo avviso, sperando gran cose, perchè si confidava o di far rivocare l'adozione fatta al Re Alfonso e di far chiamare all'adozione Re Luigi suo amico; o avere in arbitrio suo la Regina e 'l Regno per quanto ubbidiva a lei; e senza indugio alcuno, adunati i suoi veterani, a' quali erano arrugginite l'arme e smagriti i cavalli, con quelli si pose in via verso Napoli. Alfonso intendendo che Sforza veniva, inviò Bernardo Centiglia ad incontrarlo con tutti i Baroni catalani e siciliani e con tutti i soldati dell'armata; e fattosi un fatto d'armi vicino le mura di Napoli, Sforza ruppe l'esercito d'Alfonso, ed entrato dentro la città, assediò Alfonso dentro il Castel Nuovo; e dopo aver visitata la Regina, che l'accolse con grandi onori, chiamandolo suo liberatore, partì da Napoli ed andò ad assediare Aversa.

Alfonso trovandosi dopo questa rovina così solo e senza danari da poter fare nuovo esercito, stava in grandissima angoscia; due speranze però lo confortavano, l'una per aver egli molti mesi innanzi comandato, che si facesse un'altra armata in Catalogna, perchè non voleva, non ostante l'impresa del Regno, abbandonar quella di Corsica, ond'ora inviò subito a sollecitarla, che venisse a soccorrerlo: l'altra era nell'esercito di Braccio, che stava all'assedio dell'Aquila; ma in questo facea poco fondamento, sì per l'avidità di Braccio di pigliar l'Aquila, come ancora perchè non sperava che i soldati Bracceschi senza nuove paghe si movessero per soccorrerlo; con tutto ciò mandò a chiamarlo, e ne seguì quello che avea pensato. Ma quindici dì dopo la rotta, essendo arrivato in Gaeta Giovanni di Cardona Capitan Generale dell'armata, che consisteva in diece galee e sei navi grosse, avendo inteso in che stato stava il suo Re, venne subito verso Napoli. Furono molti che dissero che quest'armata era ordinata venisse, per lo disegno che avea fatto il Re, se gli riusciva, di pigliar la Regina per mandarnela cattiva in Catalogna; ed era da credere, poichè trovandosi a quel tempo il Regno quieto senza guerra, non bisognava che venisse armata.

Giunta l'armata vicino al molo di Napoli, il Re comandò, che i soldati smontassero; e trovandosi nella città gran parte dell'esercito di Sforza, che teneano assediato Castel Nuovo, s'accese dentro le mura di quella una crudele ed ostinata Guerra, che pose in iscompiglio e sconvolgimenti la città con miserabili saccheggi ed incendii, cotanto ben descritti dal Costanzo. La Regina, scorgendo nella città tante revoluzioni, entrò in tanto timore che le pareva essere ad ora in ora legata da' Catalani; onde spesso si raccomandava a molti Cavalieri, ch'erano concorsi al castello di Capuana, che avessero cura della guardia della sua persona e mandò subito a Sforza che stava ad Aversa a pregarlo, che venisse tosto a liberarla da quel pericolo assai maggiore dell'altro. Venne Sforza in Napoli, liberò la Regina e la condusse in Nola; e poi pigliata Aversa, la condusse là, dove fu maneggiata una nuova adozione, che valse a far perpetui e continui li travagli e sconvolgimenti di questo Reame.

Dall'altra parte le forze del Re Alfonso tuttavia crescevano; perocchè, essendosi alle sue truppe aggiunte quelle di Braccio, pensò Sforza di accrescere il partito della Regina, per potergli fare un più vigoroso contrasto; onde operò con la Regina che si dovesse valere delle forze degli Angioini; ed avendogli con solenne istromento a primo luglio di quest'anno 1423 fatto rivocare l'adozione prima fatta ad Alfonso, per cagion d'ingratitudine, che diceva averle usato quel Re, la persuase, che adottasse Re Luigi; e poichè la Regina si vedeva molto sola, e molti beneficati da lei, per invidia che aveano al G. Siniscalco, seguivano la parte del Re Alfonso o in secreto, o scovertamente, non solo s'inchinò a chiamare Re Luigi, ma fece ripatriare tutti gli Angioini, rendendo alla maggior parte di loro le cose, che aveano perdute.

Ma come la Regina compiacque a Sforza di accettar questo suo consiglio, così ancora Sforza che conoscea ch'ella ardea di desiderio di ricovrare il Gran Siniscalco, permise che trattasse lo scambio di lui con alcuni de' Baroni catalani ed aragonesi. La Regina, che non desiderava altro, ogni dì mandava a trattar il cambio con Alfonso: il quale conoscendo la sua pazzia, che senza vergogna alcuna avria riscosso il Gran Siniscalco, con togliersi anche la corona di testa, quando altramente non avesse potuto: mandò a dirle che non bastavano nè uno nè due, ma bisognavano darsi tutti i prigioni catalani ed aragonesi per Sergianni. La Regina donando molte terre a Sforza pigliò da lui tutti i prigioni che teneva che furono questi: Bernardo Centiglia, il qual fu Capitan Generale, Raimondo Periglios, Giovanni di Moncada, Mossen Baldassen, Mossen Coreglia, Raimondo di Moncada, Federico Vintimiglia, il Conte Enrique ed il Conte Giovanni Ventimiglia e gli mandò al Re in cambio del Gran Siniscalco, il quale fu liberato, e come fu giunto in Aversa, ricordevole delle cose passate tra lui e Sforza, cercò di farselo benevolo e stringerlo per via di parentado, facendo opera che Sforza desse Chiara Attendola sua sorella a Marino Caracciolo suo fratello. Sergianni ch'era entrato ora in maggior grazia della Regina che fosse mai, lodò la rivocazione dell'adozione fatta di Re Alfonso sotto titolo d'ingratitudine, ed insisteva anch'egli che s'adottasse Re Luigi d'Angiò, il quale si trovava ancora in Roma presso il Pontefice Martino; poichè come Cavaliere prudente pensava, che introducendosi un Re d'un sangue reale, avesse estinta l'invidia e tolta la calunnia che gli davano ch'egli volesse farsi Re; perciò furono mandati Ambasciadori in Roma a trattare col Re Luigi l'adozione, i quali trovarono tutta la facilità, e non solo conchiusero col Re l'adozione con que' patti che essi vollero; ma tirarono ancora Papa Martino a pigliare la protezione della Regina contra Re Alfonso, ed ebbero poca fatica a farlo, perchè il Papa, oltre di riputarsi gravemente offeso da Alfonso che sosteneva ancora, benchè secretamente, il partito di Benedetto XIII, desideroso di ponere la Chiesa nello stato e riputazione antica, desiderava che il Regno restasse più tosto in potere del Re Luigi ch'era più debole di forza, e che avrebbe avuto sempre bisogno de' Pontefici romani, che vederlo caduto in mano d'Alfonso Re potentissimo per tanti altri Regni che possedea, per li quali era atto a dar legge a tutta Italia, non solo a' Pontefici romani. Conchiusa dunque l'adozione, senza dilazione di tempo condussero gli Ambasciadori con esso loro Re Luigi, con capitolazione che avesse da tener solo il titolo di Re, poichè avea da competere e da contrastare con un altro Re: ma in effetto fosse sol Duca di Calabria co' medesimi patti ch'erano stati fermati nell'adozione del Re Alfonso.

Questa adozione fornì la Casa del Duca d'Angiò di questa seconda razza di doppio titolo, e doppia ragione sopra questo Reame; poichè a quello della Regina Giovanna I, dalla quale fu chiamato al Regno Luigi I d'Angiò avo del presente, s'aggiunse quest'altro della Regina Giovanna II, donde da poi i Re di Francia, a' quali furon trasfusi questi diritti, pretesero appartener loro il Reame per doppia ragione. Quindi sursero le tante ed ostinate guerre che i due Luigi, Carlo VIII e Francesco I mossero agli Aragonesi ed agli Austriaci, le quali miseramente per più secoli l'afflissero.

Re Luigi giunto ad Aversa, fu dalla Regina ricevuto con grande onore e dimostrazione d'amorevolezza, e dopo molte feste la Regina fece pagare un gran numero di denari a Sforza, perchè ponesse in ordine le sue genti per potere attendere alla recuperazione di Napoli. Il Papa mandò Luigi Colonna Capo delle genti ecclesiastiche, e molti altri condottieri minori in favor della Regina; e da poi proccurò ancora che Filippo Visconti Duca di Milano, (il quale a quel tempo era formidabile a tutta l'Italia, e ch'era entrato in sospetto della troppa potenza d'Alfonso) s'unisse con lui in difesa della Regina.

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