CAPITOLO I.

Ferdinando II è discacciato dal Regno da Carlo Re di Francia. Entrata di questo Re in Napoli, a cui il Regno si sottomette.

Ferdinando, il quale dopo la partita di Roma si era ritirato ne' confini del Regno, essendo stato per la fuga del padre richiamato in Napoli, da poi ch'ebbe assunto l'autorità ed il titolo regale raccolse il suo esercito, e s'accampò a S. Germano per proibire, che i nemici non passassero più innanzi. Ma avanti che il Re di Francia giungesse a S. Germano, Ferdinando con grandissimo disordine abbandonò la Terra ed il passo; ond'entrato il Re in S. Germano, Ferdinando si ritirò a Capua, dov'entrò accompagnato con poca gente, non avendovi i terrazzani voluto introdurre alcuna banda de' suoi soldati. Quivi fermatosi poche ore, e pregata quella città a mantenersi a sua divozione, promettendole di ritornare il dì seguente, se n'andò a Napoli, temendo di quello che gli avvenne, cioè di ribellione. L'esercito lo dovea aspettare a Capua; ma quando egli vi tornò il giorno seguente non trovò nessuno. Intanto Re Carlo da S. Germano era giunto a Tiano, ed alloggiò a Calvi vicino due miglia a Capua. I Capuani tosto l'introdussero nella loro città con tutto il suo esercito; indi passato in Aversa, i Napoletani seguendo l'esempio di Capua, trattavano di mandargli Ambasciadori ad incontrarlo e rendersi a lui, sotto condizione, che gli fossero conservati gli antichi privilegi.

Allora fu, che Ferdinando, veduti tali andamenti, e che il Popolo e la Nobiltà era in manifesta ribellione, e con l'armi alla mano, vedendo di non poter ripugnare all'impeto cotanto repentino della sua fortuna, deliberò uscire della città, e convocati in su la piazza del Castel Nuovo molti gentiluomini e popolani, gli disciolse dal giuramento ed omaggio, che pochi dì avanti gli avean dato, e gli diede licenza di mandare a prendere accordo col Re di Francia, con sentimenti cotanto compassionevoli ed affettuosi, che espresse in quella sua orazione, cotanto ben descritta dal Guicciardino, che udita con compassione a molti commosse le lagrime. Ma era tanto l'odio in tutto il popolo, e quasi in tutta la nobiltà, del Re suo padre, e tanto il desiderio de' Franzesi, che per questo non si fermò il tumulto, anzi sfacciatamente alla sua presenza il popolo cominciò a saccheggiar le sue stalle, onde uscito dal castello per la porta del Soccorso, montò su le galee sottili, che l'aspettavano nel Porto, e con lui s'imbarcò anche D. Federico suo zio e la Regina vecchia moglie dell'avolo, con Giovanna sua figliuola; e seguitato da pochi de' suoi navigò all'isola d'Ischia, detta dagli antichi Enaria, replicando spesso con alte voci, mentre che aveva innanzi agli occhi il prospetto di Napoli, il versetto del Salmo di Davide: Nisi Dominus custodierit Civitatem, frustra vigilat qui custodit eam.

Per la partita di Ferdinando da Napoli ciascuno cedeva per tutto, come ad uno impetuosissimo torrente, alla fama sola de' vincitori; ed intanto gli Ambasciadori napoletani trovato Carlo in Aversa, gli resero la città, avendo egli conceduto alla medesima con somma liberalità molti privilegi ed esenzioni. Entrò Carlo in Napoli, secondo il Guicciardino, il dì vigesimo primo di febbrajo di quest'anno 1495, ricevuto con tanto applauso ed allegrezza da ogn'uno, che vanamente si tenterebbe esprimere, concorrendo con festeggiamento incredibile, ogni sesso, ogni età, ogni condizione, ogni qualità, ogni fazione d'uomini, come se fosse stato padre e fondatore di quella città. E ciò che fu più di stupore, quegli stessi o i loro maggiori ch'erano stati esaltati o beneficati dalla casa d'Aragona, non mostrarono minor giubilo degli altri, e Gioviano Pontano istesso, che partito Alfonso era stato da Ferdinando rifatto suo Segretario, nell'Orazione che gli fece, quando fu incoronato Re nel Duomo di Napoli, non si ritenne di distendersi soverchio nella vituperazione dei Re di Casa d'Aragona, da' quali era stato sì grandemente esaltato.

Fu Carlo condotto ad alloggiare in Castel Capuano, poichè Castel Nuovo si teneva per Ferdinando dal Marchese di Pescara; e si videro in breve tempo tutte le province del Regno passare sotto la dominazione de' Franzesi. Toltone Ischia e Gaeta, tutta Terra di Lavoro fu sottomessa. La Calabria tosto si diede a Carlo, dove furono mandati Monsignor d'Aubignì, e Perone del Baschie senz'esercito. L'Apruzzo si rivoltò da se stesso e la prima fu la città dell'Aquila, che fu sempre di fazione franzese. La Puglia fece il simigliante, eccetto il Castello di Brindisi e Gallipoli, che fu conservata dal presidio che v'era dentro, altrimenti il popolo si sarìa sollevato. Nella Calabria tre luoghi solamente si mantennero alla divozione di Ferdinando. I due primi furono Amantea e Tropea antichi Angioini, i quali avendo innalzate le bandiere di Carlo, vedutisi poi esser donati a Monsignor di Persì, tosto le tolsero e vi riposero l'insegna d'Aragona: il terzo fu Reggio, che sempre si stette costante al suo Principe. E narra il Signor d'Argentone, che tutto ciò che rimase in fede, fu per difetto di mandarvi gente, poichè in Puglia ed in Calabria non ne andò pur tanta, che fosse stata bastante a guardare una sola terra. La città di Taranto s'arrese insieme colla fortezza. Il medesimo fecero Otranto, Monopoli, Trani, Manfredonia, Barletta e tutto 'l rimanente. Venivano le città ad incontrare i Franzesi tre giornate lontane per darsi al Re Carlo, e poi ciascuna mandava a Napoli i loro Sindici a renderle.

Tutti i Signori e Baroni del Regno concorsero a Napoli per fargli omaggio: toltone il Marchese di Pescara, lasciato da Ferdinando alla guardia del Castel Nuovo, anche i suoi fratelli e nipoti v'andarono. Il Conte d'Acri ed il Marchese di Squillace fuggirono in Sicilia; perchè il Re Carlo avea donato lo Stato loro a Monsignor d'Aubignì: si trovarono anche in Napoli il Principe di Salerno, il Principe di Bisignano suo fratello co' figliuoli, il Duca di Melfi, quel di Gravina ed il vecchio Duca di Sora, il Conte di Montorio, il Conte di Fondi, il Conte della Tripalda, quel di Celano, il Conte di Troja il giovane, nodrito in Francia e nato in Scozia, ed il Conte di Popoli, che fu trovato prigioniere in Napoli: il Principe di Rossano, dopo essere stato lungo tempo in carcere col padre, era stato liberato, e se n'andò o volentieri, o forzato con Ferdinando. Vi si trovarono eziandio il Marchese di Venafro e tutti i Caldoreschi: il Conte di Metallina ed il Conte di Marigliano, ancorchè questi ed i loro predecessori avessero servito sempre la casa d'Aragona. In brieve vi furono in Napoli a dar ubbidienza al Re Carlo tutti i Signori del Regno, salvo que' tre di sopra nominati.

Ecco, come saviamente ponderò il Guicciardino, che per le discordie domestiche, per le quali era abbagliata la sapienza tanto famosa de' nostri Principi italiani, e per la leggerezza e pazzo amore alla novità de' Napoletani, si alienò con sommo vituperio e derisione loro e della milizia italiana, e con grandissimo pericolo ed ignominia di tutti, una preclara e potente parte d'Italia, dall'Imperio degli Italiani all'Imperio di gente oltramontana trapassando; perchè Ferdinando il vecchio, se ben nato in Ispagna, nondimeno perchè insino dalla prima gioventù era stato o Re o figliuolo di Re continuamente in Italia, e perchè non avea altro Principato in altra provincia, ed i figliuoli e nipoti tutti nati e nutriti a Napoli, erano meritamente riputati italiani. E quantunque la dominazione dei Franzesi sparisse come un baleno, non fu però, che il Regno stabilmente ritornasse di nuovo sotto Ferdinando o Federico suo zio, buono e savio Principe, che avrebbe potuto cancellare ogni memoria dell'odio, che portavano i popoli ad Alfonso; poichè vedutisi questi da dura necessità costretti di ricorrere agli aiuti e soccorsi di Ferdinando il Cattolico Re di Spagna, se sottrassero il Regno dalla dominazione de' Franzesi, lo videro poi con estremo lor cordoglio cadere sotto l'imperio degli Spagnuoli, e riconoscere non più Principi nazionali ma stranieri, che da rimotissime parti amministrandolo per mezzo de' loro Ministri, quanto perdè di dignità reale e di decoro, altrettanto si vide malmenato ed abbietto.

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