Guglielmo III Re di Sicilia succede al padre Tancredi. L'Imperador Errico gli muove guerra, gli toglie il Regno e lo fa suo prigione.
Succeduto adunque al morto padre il figliuol Guglielmo, III di questo nome nell'ordine de' Re normanni, che dopo la morte di Ruggiero suo fratello avea Tancredi in sua vita fatto incoronare Re di Sicilia, e pervenuta di ciò la novella in Alemagna, mosse immantenente Errico a calar di nuovo in Italia per conquistar il Regno, giudicando (morto Tancredi) non aver altro ostacolo per recare a fine il suo intendimento. Inviata adunque l'armata nelle maremme del Reame, egli vi venne per lo cammino di S. Germano, ed andossene a Monte Cassino, ove fu a grande onor accolto dall'Abate Roffredo, essendo parimente stato incontrato sino a' confini dello Stato della Chiesa da' suoi Tedeschi, e dal Conte di Fondi, e da molti altri Baroni regnicoli suoi partigiani.
Passato in Campagna, ed avute in balia tutte le terre circonvicine, fuor che Atina, Rocca Guglielmo, Capua ed Aversa, le quali nè si resero, nè furono assalite, n'andò sopra Napoli. Avea questa città, prima che vi giungesse Errico, patteggiato co' Pisani, che con buona armata Errico v'avea mandati, di rendersi, onde appena vi sopraggiunse Errico, che subitamente gli aprì le porte.
Indi campeggiò Salerno, che si volle difendere, temendo della ira di Cesare, che sdegnato per la prigionia di Costanza, non la distruggesse: ma non potendo resistere a tante forze, fu da Errico presa e crudelmente saccheggiata; e degli abitatori alcuni uccise, altri fece porre in cruda prigione, ed altri mandò in esilio, lasciando in cotal guisa desolata quella nobil città in vendetta dell'ingiuria a lui fatta. Così delle città più magnifiche di questo Regno, Benevento, essendo pervenuta in poter della Chiesa romana, perdè tutto il suo lustro, e cadde dal suo antico splendore; e quando prima era capo d'un vasto Principato, da poi il suo territorio non si stese più che poche miglia fuori delle sue mura. Bari per l'indignazione di Guglielmo I abbattuta: Salerno ora va in desolazione; e Capua tuttavia scadendo, avea perduta la sua antica magnificenza. Non dovrà dunque parere strano, se per la declinazione di quelle illustri città, qui a poco vedremo Napoli sorgere sopra tutte le altre del Regno, che col favore di Federico II e più per Carlo I d'Angiò si rese capo e metropoli di sì vasto e nobil Reame.
Così Errico, trionfando felicemente in queste province, con non minor felicità entrò nella Puglia, la quale, senza trovar alcun contrasto, soggiogò tutta; indi spedì in Sicilia l'Abate Roffredo suo fedelissimo, dandogli autorità di poter ricevere in suo nome tutti i luoghi, che se gli volessero dare. Questi passando per la Calabria, a gara tutte le città e castelli di quella regione gli aprirono le porte, e valicato il Faro, se gli diedero anche Messina, Palermo, e quasi tutte le altre terre di quell'isola senza trovar alcuno, che se gli opponesse.
La Reina Sibilia veggendo l'infedeltà de' Siciliani e temendo di se stessa, e de' suoi figliuoli, uscita dal regal palagio, si ricovrò nel castel di Calatabellotta luogo fortissimo, ed atto a far lunga difesa; ed intanto i Palermitani prestamente invitarono l'Imperadore, che in questo mentre era passato anch'egli in Sicilia, ad entrar nella loro città. Ma Errico non volendo perder tempo in combatter Calatabellotta, si dispose di voler con frode ottener il suo intendimento; onde inviati suoi Messi alla Regina, patteggiò con lei che cedendogli ella le ragioni del Regno, egli a lei darebbe il Contado di Lecce, ed al figliuolo Guglielmo il Principato di Taranto; la quale, vedendosi abbandonata da ciascuno, si contentò di tale accordo; ed essendo Cesare entrato con gran pompa in Palermo, non guari da poi venne a' suoi piedi l'infelice Guglielmo a cedergli la Corona di Sicilia, come appunto scrivono la Cronaca che si conserva in Monte Cassino, e Riccardo da S. Germano.
Ecco come questi Regni da' Normanni passarono ai Svevi, non per conquista, come passarono da' Greci e da' Longobardi a' Normanni, ma per successione, per la persona di Costanza ultima del legnaggio legittimo de' Normanni. Egli è vero, che niente avrebbe giovato ad Errico questa ragione, se non l'avesse sostenuta colle armi; ma non potrà negarsi, che Federico suo figliuolo, non per altro titolo, che per quello, sovente nelle sue Costituzioni si dichiara esserne egli padrone. Perciò il Regno di Sicilia lo chiama suo Regno ereditario ; ed altrove eredità sua preziosa.
Errico avendo trionfato de' suoi nemici, e posto in cotal guisa sotto la sua dominazione i Regni di Puglia e di Sicilia, con imprudente consiglio si volse, per meglio stabilirsi in quelli, alla crudeltà ed al rigore; poichè avendo prima rimunerato l'Abate Roffredo con donar al suo monastero il castel di Malveto, e concedergli di nuovo Atino, e la Rocca di Guglielmo, congregò nel giorno di Natale nel regal palagio di Palermo una general Assemblea, ove avendo a coloro, che ivi s'erano ragunati, esposto, che per lettere di Pietro Conte di Celano, era stato avvertito d'una congiura, che si meditava contro di lui, contro il tenor dell'accordo, e della fede data, fece prigionieri il giovanetto Guglielmo, la Reina Sibilia, e le sue figliuole, Niccolò Arcivescovo di Salerno, con Riccardo Conte d'Ajello, e Ruggiero suoi fratelli, tutti e tre figliuoli di Matteo Gran Cancelliero, da lui fieramente odiato, per essere stato cagione, come si disse che fosse da' Siciliani creato lor Re Tancredi; ma ritrovandosi Matteo già di questa vita passato, il mal talento, che contro il padre avea conceputo, volle sfogarlo co' suoi figliuoli. Prese parimente i Vescovi di Ostuni e di Trani con altri molti Prelati, Conti e Baroni. E vie più infierendo; con crudeltà barbara fece molti di loro abbruciare, ed altri impiccar per la gola, e fece abbacinare, e tagliare i testicoli all'infelice Guglielmo. Ebbe Papa Celestino notizia di queste crudeltà, e gli spedì un Legato appostolico, affinchè si trattenesse di tante crudeltà, a preghiere anche di Eleonora Reina d'Inghilterra, madre della nostra vedova Regina Giovanna, che scrisse all'istesso Celestino; ma l'Imperadore dispregiò questi avvisi; ed aggiunge Ruggiero ne' suoi Annali, che non bastandogli l'aver co' vivi sfogata la sua barbarie, non volle nemmeno perdonare a' morti; poichè fece trar di sotterra i cadaveri del Re Tancredi, e del figliuolo Ruggiero, e fece lor torre le corone reali, con le quali erano stati sepolti, dicendo che l'avean prese illegittimamente. Non difformi sentimenti ebbe l'Imperador Federico suo figliuolo, il quale per ciò annullò tutti gli atti, privilegi, concessioni, ed ogni altro contratto fatto sotto nome di questi Principi, riputandogli per Tiranni, ed invasori del Regno, non già per Principi legittimi, come all'incontro ebbe Ruggiero, ed i due Guglielmi, i quali soli perciò chiama sempre suoi predecessori.
Ma mentre in quest'anno 1195 tal cose s'adoperavano da Errico in Sicilia, Costanza, che da Alemagna era partita per trovar suo marito, per essergli consorte anche nel Regno, eredità sua paterna, giunta in Italia e propriamente in Esi città posta nella Marca d'Ancona, partorì un figliuol maschio, al quale per presagio forse di quel che dovea riuscire, ovvero per maggior stimolo di virtù, posero due nomi de' suoi grand'avi, e lo chiamarono Federico Ruggiero, ed altri Ruggiero Federico. Nacque quest'Eroe in quest'anno 1195, ed in questa oscura città della Marca anconitana, come scrivono la Cronaca, che si conserva in Monte Cassino, Riccardo da S. Germano, ed Alberto Abate di Stada; ed in ciò fu eguale il destino del luogo della nascita, a quello della morte, che fu Fiorentino, città parimente oscura della Puglia. Inveges come che per tutti i versi lo vuol nato nel suo Palermo, ha voluto seguitar l'opinione de' moderni contro l'autorità di Riccardo da S. Germano, e de' più antichi Scrittori; e sopra un falso supposto, che Costanza insieme con Errico fossero stati incoronati in Palermo l'anno 1194 gli par incredibile, che avesse di questo parto potuto sgravarsi in Esi nell'anno seguente. E certamente direbbe vero; ma Costanza non passò in Sicilia, se non in questo anno 1195 come questi antichi Autori rapportano. Egli nacque mentre Costanza sua madre non avea che 37 o al più 39 anni; e nato tra gl'incomodi del viaggio, per non esporlo a maggiori perigli, fu dalla madre dato ad allevare alla Duchessa di Spoleti, e lasciato sotto la cura della medesima, e d'Alberto, da altri chiamato Corrado, Duca di Spoleti e Conte d'Assisi suo marito, il quale tre anni da poi lo fece battezzare solennemente nella città d'Assisi in presenza di quindici Vescovi, e di molti Cardinali, e fu nominato Federico Ruggiero, in memoria de' suoi grand'avoli. E questa celebrità così tardi usata nel suo battesimo con tanto concorso di Cardinali e di altri Prelati, e la voce che vanamente era insorta nel volgo, che vi fosse stata frode nel parto, e che fosse stato supposto, diede cagione alla favola scritta dal Cranzio nel libro composto da lui della metropoli di Sassonia, e seguitato poi da altri moderni Scrittori, che per la vecchiezza dell'Imperadrice, non essendo atta a generar figliuoli, per essere, secondo ch'egli scrisse, di 55 anni, o come altri han detto di sessanta, quando generò Federico, partorisse in mezzo la piazza entro un padiglione, in presenza di tutte le donne della terra, che vi vollero intervenire, e ch'ella poi per la città di Palermo, per tor via ogni sospetto, andasse con le mammelle nude e discoverte distillando latte, come non si è ritenuto di scrivere l'Autor della prefazione de' Capitoli del Regno di Sicilia. Per togliere tra il volgo questo sospetto d'essere il parto supposto, bisognò, che il Pontefice Celestino, prima d'investir Federico del Regno di Sicilia, ricercasse da Costanza, ch'ella giurasse, che l'avea procreato dal suo marito Errico; e la cagion di questo giuramento non fu perchè non era riputata allora abile per vecchiezza a generar figliuoli, ma per torre tra il volgo la fama disseminata di supposizion di parto; e quando Malcovaldo da Menuder, guerregiando contro Federico in Sicilia, scrisse perciò a Papa Innocenzio, a Celestino succeduto, che volea tal frode far chiaramente provare: il buon Pontefice, che giudicò pruova bastante il giuramento della madre, non volle far mettere tal cosa in giudicio, e rifiutò l'offerta di Marcovaldo. E quindi ebbe poscia origine la novella, che Costanza era d'età canuta, e non atta a generare quando partorì Federico, e che per essere stata, mentr'era fanciulla, ne' primi anni, educata nel monastero delle Monache greche Basiliane di Palermo, fosse stata Monaca sacrata, con altre favole, che abbiam riprovate di sopra.
Intanto l'Imperador Errico avendo investito del Contado di Molise Mosca in Cervello, che tolto avea a Ruggiero Mandra, il quale scacciato dal Reame poco da poi se ne morì, volendo tornarsene in Alemagna, giunto in Puglia fece ivi convocar un'Assemblea, ove anche intervenne Costanza, la quale poco da poi passò in Sicilia, ed Errico prese il cammino per Alemagna, conducendo seco Guglielmo, e tutti gli altri prigionieri nomati di sopra, per la cui liberazione s'era adoperato indarno il Pontefice Celestino. Portossi ancor seco tutto l'oro e le gemme che potè raccogliere; avendo rapiti i tesori ed il mobile della casa regale consistente in vasi d'oro e d'argento purissimo, e panche e lettiere e tavole dell'istesso metallo, e panni intessuti di porpora e d'oro, ragunati in molti anni dalla magnificenza de' passati Re; de' quali caricò centocinquanta somieri con grave rammarico de' Siciliani, che vedeano in cotal guisa condur via le spoglie del soggiogato Reame da genti nemiche e rapaci nella lor terra straniera. Questi mali de' Siciliani, ed altri maggiori, che poscia gli avvennero per opera de' Tedeschi e d'Errico lor Signore, ben a lungo descrisse e compianse Ugone Falcando nel proemio della sua istoria, che indirizzò a Pietro Arcivescovo di Messina.
Partito che si fu Errico per Alemagna, Riccardo di Medania Conte della Cerra, cognato del morto Re Tancredi, volendo passar in Campagna di Roma per campar dalla crudeltà di lui, fu in cammino per tradimento d'un Frate fatto prigione da Diepoldo Alemanno, il quale, fattolo custodire strettamente nella Rocca d'Arce, attendeva il ritorno dell'Imperadore in Italia per darlo in poter del medesimo. Aveva intanto Errico mandato nel Regno per suo Legato il Vescovo di Vormazia, il quale venuto in Napoli con l'Abate Roffredo, e con molti soldati regnicoli e tedeschi fece abbattere a terra le sue mura, ed il simigliante fece alla città di Capua, siccome scrive Riccardo da S. Germano. E ragunata poi Cesare una grande e poderosa oste in Alemagna di Svevi, Bavari e Franconi, e di altre Nazioni, di ben sessantamila soldati, sotto pretesto d'inviargli all'impresa d'oltre mare, ma in effetto, secondo che dice Arnoldo Lubecense, per isterminare tutti i Normanni, e particolarmente quelli, che avean favoreggiato contro di lui il Re Tancredi, se ne calò in Italia; e dimorato alcuni giorni a Ferentino, ne andò poi a Capua, dove essendo ragunati tutti i Baroni regnicoli per celebrare una generale Assemblea, gli fu dato in balìa da Diepoldo Alemanno il Conte Riccardo, il quale egli fece obbrobriosamente legare alla coda d'un cavallo, e strascinare per tutte le strade più fangose, ed alla fine impiccar per i piedi; nel qual tormento vivuto il Conte due giorni, gli fu per ordine dell'Imperadore da un suo buffon tedesco legato al collo una fune, da cui pendeva una grossa pietra, ed in cotal guisa fu iniquamente strangolato. Celebrato poi il Parlamento, impose una taglia a tutti i Popoli del Reame, e creò Diepoldo Alemanno Conte della Cerra, ed inviò Oddo fratello di Diepoldo ad espugnar Roccasecca, ove si eran ricoverati Rinaldo e Landolfo due fratelli della famiglia Aquino per difendersi da così crudo nemico, ed egli se ne passò in Sicilia, ove fece aspramente morire con inaudite maniere di morte, non perdonando nè anche a' fanciulli di tenera età, tutti i Normanni, e que' particolarmente ch'eran di più stima, e di real sangue, ad alcuni de' quali, in vendetta, che avean fatto coronar Re Tancredi, fece porre una corona in testa, e conficcarla con chiodi di ferro acutissimi, privandogli in cotal guisa acerbamente di vita. Fece anche imprigionare Margaritone famoso Capitano, Duca di Durazzo, Principe di Taranto, e Grand'Ammiraglio, e gli fece cavar gli occhi, e tagliare i testicoli.
L'Imperadrice Costanza, veggendo le cattività barbare usato dal marito contro i suoi Normanni, ed il suo mal talento di voler estinguere il suo real legnaggio, non potendo più cotal malvagità soffrire, se gli rivolse contro; e collegatasi co' Grandi del Regno, se n'andò a Palermo, e posto mano a' tesori reali ragunò soldati contro di lui, onde divenuti perciò più animosi i Baroni suoi partigiani, fatta scoverta rivoltura uccisero tutti i Tedeschi, che lor capitarono alle mani; e sarebbe stato anche l'Imperadore ucciso, se fuggendo non si fosse salvato in una forte Rocca. Ma volendo di là girsene in un luogo più sicuro, fu di maniera da tutti i lati cinto d'assedio da' Siciliani, che non potendo in guisa alcuna campare, gli convenne, per torsi da quel pericolo, ricever le condizioni, che sua moglie dar gli volle; che furono, che egli uscendo libero, posta dall'un de' lati la marital concordia, ne gisse via prestamente in Alemagna. Ma non volendo poi con la guerra intestina impedir l'imprese straniere, ch'egli intendea di fare, s'adoperò in guisa tale, che alla fine si racchetò con sua moglie e co' sollevati Baroni; onde imbarcato il suo grande esercito sopra molti navili per passar in Soria, pose grandissimo timore ad Alessio Angelo, il quale avendo tolta la Signoria ad Isaac, era divenuto Imperador di Costantinopoli; perciocchè fattogli dire da' suoi Ambasciatori, che voleva che gli desse tutte le terre, che avea già conquistate in Grecia il Re Guglielmo, che contenevano da Epidauro a Tessalonica, ovvero gli pagasse un tributo che gli voleva imporre, il Principe greco non osando rifiutar, per tema della sua potenza, la condizione offertagli, pregò solo moderarsegli la grossezza del pagamento chiestogli per ciascun anno; ed inviò per tutto il suo Imperio uomini sagacissimi per ragunare tutto l'oro, che aver potessero, togliendolo non solo da' particolari uomini, ma anche da vasi sacri delle chiese e da' sepolcri de' morti, ove secondo l'uso di que' tempi non piccola somma in onor di coloro che vi giacevano, si soleva riporre; e questo per mettere insieme sedici talenti, che tanti ne volea Errico per tributo.
E mentre tal cosa si trattava in Grecia partì da Messina l'armata imperiale verso Oriente, essendo suo General Capitano Corrado Vescovo d'Idelma, e Cancelliere dell'Imperio, il quale in assenza di Cesare avea governata la Sicilia; e con felice navigazione giunse in Palestina, e prese porto in Accone.
Nel medesimo tempo andò l'Imperadore a campeggiare Castel Giovanni, il quale con Guglielmo Monaco, che l'avea in governo, se gli era ribellato, e colà gravemente infermato si ritirò a Messina, ove se gli aggravò di modo il male, che poco stante, e propriamente a' 29 di settembre dell'anno 1197 passò di questa vita, liberando con la sua morte dal gravissimo timore, che s'aveva della sua crudeltà, non solamente l'Imperador di Costantinopoli, ma anche tutti i Popoli di Sicilia e di Puglia.
Morì Errico VI nel 1197 non senza sospetto, che la Regina Costanza sua moglie lo avesse fatto avvelenare, siccome narrano Giovanni Vito Durano Chron. pag. 5 ed Alberico ad An. 1197. Ma Corrado Wespergense pagin. 318 ciò rifiuta, dicendo: Quod tamen non est verisimile. Et qui cum ipso eo tempora erant familiarissimi hoc inficiabantur. Audivi ego idipsum a Domino Chunrado, qui postmodum fuit Abbas Praemonstratensis, et tunc in seculari constitutus, in camera Imperatoris extitit familiarissimus. Vedasi Struvio . In questo anno si rapporta da Goldasto una Costituzione del medesimo tratta da Giovanni Monaco, per la quale unì all'Imperio la Sicilia e la Puglia; ed ottenne da alcuni Principi assenso, che l'Imperio fosse ereditario, come la Sicilia e la Puglia, e si deferisse per successione; ma ripugnando i Principi della Sassonia, non ebbe tal Costituzione alcun effetto, talchè l'istesso Errico assolvè que' Principi, che gliene avean dato consenso, e gli sciolse dal giuramento, come rapporta Gobelino Persona riferito da Struvio . E Lunig rapporta un Diploma de' Principi di Germania, dato in Francfort nell'anno 1220 col quale dichiarano, che il Regno di Sicilia non fu mai annesso all'Imperio: Ita quod Imperium nihil cum dicto Regno habeat unionis, vel alicujus jurisdictionis in illo: come sono le parole del Diploma, che si legge Tom. 2 Cod. Ital. Diplom. pag. 814.
Fu Errico, secondo che scrive Goffredo da Viterbo, di vago e signoril sembiante; ma per quel che dalle sue laide opere si vede, di costumi oltre modo biasmevoli e crudeli, spergiuro, e senza fede, ed avidissimo di moneta, e sopra tutto nemico de' romani Pontefici, da' quali scomunicato per la presura di Riccardo Re d'Inghilterra, e per la moneta tolta dal medesimo per riporlo in libertà, e per la presura di Niccolò d'Ajello Arcivescovo di Salerno, e morto perciò in contumacia della Chiesa, non si voleva dar sepoltura in terra sacra. Ma dal testamento che poi si trovò di lui, e dall'aver egli subito che cominciò ad ammalarsi inviato il Vescovo di Bettane al Re Riccardo a portargli la ricompensa de' denari, che gli aveva pagati, si rese da poi manifesto, ch'esso si pentisse de' passati misfatti.
L'Imperatrice Costanza, morto suo marito, inviò subito l'Arcivescovo di Messina al Pontefice, a chiedergli, che avesse data licenza, che si fosse potuto sotterrare il suo cadavero in chiesa; e di più, che avesse fatto tor l'assedio d'attorno a Marcovaldo da Menuder tedesco, e Gran Giustiziero dell'Imperio, il quale era stato strettamente assediato da' Romani in una terra detta la Marca di Guarniero; e che avesse fatto parimente coronar il figliuolo Federico Re di Sicilia, con dimandargli la solita investitura. Alla primiera delle quali domande rispose il Papa, che non fosse data sepoltura al corpo dell'Imperadore insino a tanto, che si fosse accomodato il tutto col Re d'Inghilterra. Alla seconda, rispose, che non potea far liberar Marcovaldo senza il voler de' Romani; ed alla terza, ch'egli avrebbe fatto coronar Federico Re di Sicilia, purchè i suoi fratelli Cardinali vi avesser parimente dato il lor consentimento; i quali non ripugnando, fu l'incoronazione accordata con pagar mille marche d'argento per servigio de' Cardinali; e volle di più il Pontefice, che giurasse Costanza sopra i Santi Evangelj, che Federico era nato di legittimo matrimonio contratto tra lei ed Errico.
Fece l'Imperadore prima del suo morire testamento, parte del quale pone ne' suoi Annali il Cardinal Baronio; il quale dice averlo cavato dalla vita di Papa Innocenzio inviatagli dal Cardinal Carlo de' Conti, da lui ritrovata nell'Archivio d'Avignone, mentr'era colà Legato, scritta da antichissimi tempi, nella quale scrittura si narra, che nella fuga di Marcovaldo, in una rotta che da' Romani gli fu data, non già nella Marca d'Ancona, ma in una battaglia, della quale avremo occasione di favellare nel libro che siegue, tra gli arredi suoi fu tal testamento trovato. È questo testamento molto pio; e' mostra pentirsi delle passate sue colpe, le quali non potendo ricompensar d'altra maniera in quell'estremo di sua vita, mostra volontà, che almeno fossero emendate dal suo erede. In virtù del qual testamento fu, dopo sua morte, restituita da sua moglie Costanza alla Chiesa, siccome scrive Ruggiero ne' suoi Annali d'Inghilterra, la maggior parte di Toscana, la quale egli, ed i passati Imperadori le avean tolta, cioè Acquapendente, Santa Crispina, Monte dei Falisci, Radicofano e S. Quirico con tutti i lor Contadi, e più altri luoghi appartenenti alla giurisdizione del Pontefice.
Narra ancora Matteo Paris, che Errico lasciò ai Frati del Monastero Cisterciense tremila marche d'argento de' denari pagati dal Re Riccardo per farsene incensieri del medesimo metallo per tutto il lor Ordine; ma che l'Abate di quel luogo rifiutasse tal dono, come di moneta acquistata con cattivo modo.
E finalmente avendo il Papa data licenza, per essersi composti gli affari d'Inghilterra, che si desse sepoltura al cadavere di lui, fu trasportato al Duomo di Palermo, ed ivi riposto in un ricco avello di porfido, il qual sinora si vede: e la sua gente, ch'era non guari prima del suo morire giunta in Soria sotto la condotta del Vescovo Corrado, avendo avuta contezza, ch'egli era morto, e ch'era giunto in Palestina contro di loro il figliuolo del Saladino, smarriti per sì cattive novelle, si posero tutti i Principi dell'oste vergognosamente in fuga, non ostante, che i lor soldati fosser disposti a valorosamente combattere, rimanendo soli fermi nel campo i Vescovi di Verdun e di Magonza; de' quali poscia quel di Magonza n'andò d'ordine del Pontefice a coronar il Re d'Armenia, che avea tal cosa instantemente richiesta.
Ma ecco, che dopo questi avvenimenti Papa Celestino, che sette anni avea governata la Chiesa, si morì in Roma l'ottavo giorno di gennajo dell'anno 1198, ed in suo luogo fu eletto Giovanni Lotario Cardinal di S. Sergio e Bacco, di nobilissima stirpe, giovane di non più che trenta anni, ma di grande avvedimento, ed il maggior Letterato, e Giureconsulto di que' tempi, che Innocenzo III nomossi.