Il Regno è stabilito, e riordinato con nuove leggi ed Ufficiali.
Fu in cotal guisa stabilito il Regno, e queste nostre province pria divise in più Dinastie, e a varj Principi sottoposte, ora s'uniscono in una ben ampia e nobile Monarchia sotto la dominazione d'un solo. Il Ducato di Puglia e di Calabria; il Principato di Taranto, di Capua e di Salerno; i Ducati di Bari, di Napoli, di Sorrento, di Amalfi e di Gaeta, i due Abruzzi, ed infine tutte le regioni di qua del Tebro infino allo Stretto siciliano, ecco come in forma di Regno s'uniscono.
Ma i Siciliani non senza forte ragione pretendono, che non ancora fossero queste province unite in forma di Regno per se solo, ed indipendente dal Regno loro di Sicilia. Dicono, che rimasero come membri dipendenti dalla Corona di Sicilia, ch'era il lor capo, e precisamente da Palermo, ove il Re Ruggiero avea collocata e dichiarata la sua sede regia, ed ove era la Casa regale, ed ove i più supremi Ufficiali della Corona risiedevano, de' quali era la cura ed il governo ancora di queste province.
Ed in vero se si vogliano considerare i principj di questo Regno, e la Bolla d'Anacleto, che fu il primo a fondarlo, è chiaro, che un solo Regno fu stabilito, che abbracciava come capo la Sicilia, e come membri la Calabria e la Puglia e le altre province di qua del Faro, costituendo egli per capo di sì ampio Reame la Sicilia, come sono le parole della Bolla: Et Siciliam caput Regni constituimus. Quindi ancora si vede, che prima Ruggiero ne' suoi titoli s'appellava Re di Sicilia, del Ducato di Puglia e del Principato di Capua; come se uno fosse il Regno, ma che abbracciasse così quell'isola, come queste altre province di qua del Faro. Ciò che manifestamente si vede dalle Costituzioni di Federico II compilate da Pietro delle Vigne, dove per Regno di Sicilia non pur intese la sola isola, ma tutte l'altre terre di qua del Faro; e più chiaramente si scorge dalla Costituzione Occupatis , dove Federico assegnando a ciascuna città del Regno di Sicilia un solo Giustiziero ed un Giudice, ne eccettua tre sole città, cioè Napoli, Capua e Messina, nelle quali per la loro grandezza ne stabilisce più; e Napoli e Capua le chiama città del Regno di Sicilia. Ed Andrea da Barletta, che fu coetaneo di Federico II, dicendo, che per vecchia consuetudine in Regno isto Siciliae le leggi de' Longobardi derogavano alle leggi romane, chiamò Regno di Sicilia quello, che ora diciamo Regno di Napoli, non potendo intendere dell'isola di Sicilia, dove i Longobardi non poser mai piede, e le loro leggi non furon ivi giammai osservate. Donde si convince, che i romani Pontefici non introdussero novità, prendendo il Regno di Sicilia non solo per l'isola, ma per tutte l'altre province di qua del Faro, che lo componevano; ma solamente per meglio spiegare quanto questo Regno di Sicilia abbracciasse, nell'investiture date da poi agli Angioini introdussero di dire Regnum Siciliae citra, et ultra Pharum, ed il primo che si valesse di questa formola fu Clemente IV, il quale nell'anno 1065 avendo investito del Regno di Napoli e di Sicilia Carlo d'Angiò, chiamollo Regnum Siciliae citra, et ultra Pharum. Così egli fu il primo, che per maggior chiarezza usò questa distinzione, non già che prima di lui per Regno di Sicilia non venisse inteso così l'uno, come l'altro Reame; onde è che il Fazzello, Arniseo, ed altri, malamente di ciò ne facciano Autori i romani Pontefici, quasi che contro l'antica descrizione d'Italia, e contro tutti gli Storici e Geografi antichi, dei quali il Fazzello tesse un lungo catalogo, che per Sicilia la sola isola intesero, avessero voluto trasportar anche questo nome alle altre province di qua del Faro.
Il medesimo fu da poi usato da' susseguenti Pontefici; e Gregorio XI ciò non bastandogli, avendo nell'anno 1363 conchiusa la pace tra Giovanna Regina di Napoli, e Federico III Re di Sicilia, chiamò nel suo diploma col nome di Sicilia il Regno di Napoli, e con quello di Trinacria il Regno della Sicilia. E Martino Re di Sicilia nominò pure ne' suoi diplomi il Regno napoletano Siciliam citra Pharum, ed il siciliano Siciliam ultra Pharum; e finalmente essendosi questi due Regni riuniti nella persona di Alfonso I, egli fu il primo, che usasse intitolarsi Rex utriusque Siciliae; del qual titolo poi si valsero i Re successori, i quali di amendue questi Regni furono possessori.
Fa forza ancora un'altra ragione a favor de' Siciliani, che pretendono queste province essere sotto Ruggiero rimase ancora come membri a riguardo del Regno di Sicilia, dal vedersi, che Ruggiero in Palermo stabilì la sua sede, e quivi la lor residenza aveano costituita ancora i primi Ufficiali della Corona, dai quali dipendevano tutti gli altri minori, distribuiti non solo nell'isola, ma anche in queste nostre province. In fatti si vede, che avendo questo glorioso Principe ad emulazione del Regno di Francia, da cui traea l'origine, introdotto nel suo i Grandi Contestabili, i Grandi Cancellieri, i Grandi Giustizieri, i Grandi Ammiranti, i Grandi Camerarj, i Grandi Protonotarj, e i Grandi Siniscalchi; questi supremi Ufficiali della Corona risiedevano presso la regal sua persona in Palermo, ed all'incontro in queste nostre province erano mandati i Giustizieri, i Camerarj, i Contestabili, ed i Cancellieri particolari, a ciascheduno dei quali si dava il governo d'una provincia, come alle province di Terra di Lavoro, della Puglia ed altre, i quali erano subordinati a quelli sette ch'erano nella Casa regale ed i quali perciò acquistarono il nome, prima di Maestri Giustizieri, ovvero Maestri Cancellieri, e poi lo mutarono in Grandi Giustizieri, Grandi Ammiranti, e Grandi Cancellieri; e leggiamo perciò in una carta dell'anno 1142 della Sicilia sacra, rapportata ancora da Camillo Tutini, che il celebre Giorgio Antiocheno Grand'Ammirante del Re Ruggiero, dicevasi Georgius Admiratorum Admiratus; ed il cotanto rinomato Majone di Bari Grand'Ammirante del Re Guglielmo, in una lettera scritta dal medesimo Re a Papa Adriano IV vien chiamato Majo Magnus Admiratus Admiratorum; ed egli medesimo nelle sue scritture si firmava: Majo Magnus Admiratus Admiratorum , come diremo appresso più distesamente, quando di questi Ufficiali dovremo ragionare.
Ma le ragioni, che in contrario convincono, queste province sotto Ruggiero essersi unite in un Regno separato ed independente da quello della Sicilia, non sono men forti, nè d'inferior numero delle prime. Ciò che Anacleto si facesse in quella sua Bolla, della quale l'istesso Ruggiero, fatta la pace con Innocenzio, si curò poco; egli è certo, che il Ducato di Puglia, sotto il qual nome a tempo de' Normanni si denotava tutta la cistiberina Italia, fu non altrimenti che il Contado di Sicilia eretto in Reame independente l'uno dall'altro Regno; e presso gli Scrittori di questo duodecimo secolo e de' seguenti, era per ciò chiamato il Regno di Puglia, ovvero d'Italia, non altramente che l'altro, Regno di Sicilia; ed i loro Re si appellarono non meno di Sicilia, che di Puglia, o d'Italia. Ed ebbero ancora queste nostre province la sede regia, siccome a questi tempi era Salerno; ed anche la città di Bari fu un tempo riputata Metropoli, Regiam Sedem, et totius Regionis Principem, come la qualifica Marino-Freccia. Donde nacque la favola, che in Bari si fosse introdotto il costume di coronarsi i Re di Puglia colla corona di ferro, onde il Bargeo nella sua Siriade di Bari parlando, disse:
.....primi unde insignia Regni
Sceptraque, purpureosque habitus, sacramque tiaram,
Sumere tum Reges, Siculique, Italique solebant.
ed il nostro Torquato nella sua Gerusalemme conquistata cantò pure:
E Bari, ove a' suoi Regi albergo scelse
Fortuna, e diè corone, e insegne eccelse.
Ciò che a questi Poeti, intendendo forse degli antichi Re Tarantini, o favoleggiando, è permesso, non è condonabile ad alcuni Storici, i quali si diedero a credere, che veramente i Normanni ed i Svevi Re di Puglia s'incoronassero in Bari colla corona di ferro. Scrissero perciò che l'Imperadore Errico e Costanza sua moglie s'incoronassero a Bari; e che in Bari anche si fosse incoronato il Re Manfredi. Racconti tutti favolosi, poichè siccome si vedrà nel corso di quest'Istoria, e come pruova Inveges, questi Principi in Palermo, non già in Bari si coronarono. E narra Marino Freccia (alla cui fede dovea acquietarsi il Beatillo, e non appartarsene senza ragione) che non avendo egli letto in alcuno Scrittore, che i Re di Puglia si coronassero a Bari, essendosi egli portato nell'anno 1551 in quella città, ne dimandò di questa coronazione i Baresi, i quali con maraviglia intesero la dimanda, come cosa nuova, non avendo essi tradizione alcuna, che nella loro città si fosse mai nei passati secoli praticata tal celebrità.
Ma non perchè in Bari città metropoli della Puglia, ovvero in Salerno sede regia de' Normanni, non si fossero incoronati questi Re, ma in Palermo, non perciò non amavano essi esser intitolati non meno Re di Sicilia, che di Puglia, ovvero d'Italia. Fra i monumenti delle nostre antichità ci restano ancora molte carte, nelle quali il Re Ruggiero e Guglielmo suo figliuolo così s'intitolavano. Nel tomo terzo della Sicilia Sacra se ne legge una, nella quale a Ruggiero dassi questo titolo: Rogerius Rex Apuliae etc, ed in altre rapportate dall'Ughello pur si legge lo stesso; ed Agostino Inveges, che reputò queste nostre province membri del Regno di Sicilia, dalle molte carte, ch'egli stesso rapporta, ove leggendosi titoli conformi, avrebbe potuto di ciò ricredersi; e nell'Archivio del monastero della Trinità della Cava abbiam noi veduto un diploma del Re Ruggiero spedito nel 1130 primo anno del suo Regno, che ha il suggello d'oro pendente, nel quale Ruggiero così s'intitola: Rogerius Dei Gratia Siciliae, Apuliae et Calabriae Rex, Adjutor Christianorum, et Clypeus, filius, et haeres Rogerii Magni Comitis: quindi è che nelle decretali de' romani Pontefici i nostri Re vengono chiamati Re di Puglia.
Ma merita maggior riflessione un diploma rapportato da Falcone beneventano, dove questo titolo dassi a Ruggiero: Rogerius Dei gratta Siciliae, et ITALIAE Rex, Christianorum Adjutur, et Clypeus. Nel che affin di evitar gli errori, ne' quali sono molti inciampati, è da notarsi, che la Puglia, la quale fu sempre dimostrata per quella regione d'Italia di qua di Roma, ch'è bagnata dal mare Adriatico, e che secondo la descrizione d'Italia non abbracciava più che la X provincia di quella, fu da poi secondo il solito fasto dei Greci da essi chiamata assolutamente Italia; poichè, dominando essi prima tutta l'Italia, ed avendo da poi perdute quasi tutte le province di quella, con essergli negli ultimi tempi rimasa la sola Puglia; diedero alla medesima il nome d'Italia; perchè potessero ritener almeno nel nome quel fasto di chiamarsi ancora Signori d'Italia. Così abbiam veduto, che avendo essi perduta l'antica Calabria, e ritenendo ancora il Bruzio, e parte della Lucania, perchè non si scemassero i loro titoli, continuarono ancora a creare gli Straticò di Calabria, i quali tenendo prima la loro residenza in Taranto, perduta la Calabria, gli mandarono a risedere a Reggio, e quindi amministrando il Bruzio, e quella parte della Lucania, che era lor rimasa, diedesi perciò il nome di Calabria a quelle province che ora ancora il ritengono. Per questa ragione da Lupo Protospata viene chiamato Argiro Principe e Duca d'Italia, non intendendo certamente dell'Italia, secondo la sua maggior estensione, circondata da amendue i mari e dall'Alpi; ma della sola Puglia, di cui allora era capo Bari. Parimente quest'istesso Scrittore nell'anno 1033 ed altrove, chiama Costantino Protospata Catapanus Italiae .
(Gli Antichi Scrittori però, chiamavano Italia quell'ultima punta, che dal Golfo di S. Eufemia e di Squillaci si distende sino allo Stretto siciliano, detta poi Bruzia ed ora Calabria. Ciò pruova con alcuni passi di Aristotile, di Dionisio Alicarnasseo e di Strabone, Samuel Bocarto Geogr. Sacr. in Canaam, lib. 1, c. 33).
Intorno a che ne abbiam noi un altro chiarissimo documento in un diploma greco, il quale nell'anno 1253 in tempo dell'Imperador Corrado Re di Sicilia, fu fatto tradurre in Latino, che si legge presso Ughello, nel quale non essendosi, quando fu quello instromentato, ancora queste province innalzate in Reame, il Conte Ruggiero così s'intitola: Hoc est sigillum factum a Rogerio Duce Italiae, Calabriae, et Siciliae: ove si vede chiaro che per Italia i Greci non intendevano altro che la Puglia. E nella vita del Beato Nilo, che dal greco fu tradotta in latino da Cariofilo, si legge, che Niceforo regebat utramque Provinciam, Italiam, et Calabriam nostram, non intendendo altro per Italia, se non che la Puglia, da' Greci allor posseduta; e per questa medesima ragione da' greci Scrittori, e fra gli altri da Niceforo Gregora vien sempre appellato Carlo d'Angiò Rex Italiae; il quale da' Latini, siccome allora volgarmente si parlava, era detto Rex Apuliae. Anzi questo greco idiotismo di chiamare la Puglia Italia, non solo fu ritenuto da' Scrittori di quella Nazione, ma fu usato ancora da' nostri Autori latini, siccome presso Falcone beneventano s'incontra molto spesso, dove parlando dell'espugnazione fatta da Lotario Imperadore del castello di Bari, dice, de tali tantaque victoria tota Italia, et Calabria, Siciliaque intonuit .
Così infino che la Puglia fu ritenuta da' Greci, acquistò anche il nome d'Italia, col quale non si denotava altro, che quella sola provincia; ma da poi per opra de' Normanni avvenne, che il nome di Puglia oscurò i nomi di tutte le altre province a se vicine, le quali per questa cagione sotto questo nome eran anche designate. Ciò avvenne, perchè i Normanni le loro prime gloriose imprese l'adoperarono nella Puglia; e da poi che questa Nazione ne fece acquisto con tanta loro gloria e vanto, se ne sparse la fama per tutto l'Occidente, onde risonando il nome di Puglia frequentemente per le bocche de' stranieri, rimasero quasi del tutto oscuri i nomi dell'altre congiunte regioni; e fu bene spesso, spezialmente da' forestieri, in lor cambio unicamente usurpato il nome di Puglia per tutte l'altre province adiacenti; quindi avvenne, che per la Puglia s'intendeva non solo quella provincia, ma tutta l'Italia cistiberina, e tutte quelle province, che oggi compongono il Regno di Napoli; non altrimente di ciò, che presso i Popoli orientali dell'Asia veggiamo usarsi, i quali per le gloriose gesta de' Franzesi, tutti gli occidentali, non con altro nome chiamano, se non di Franzesi; la qual gloria non è nuova di questa Nazione; poichè sin da' tempi di Ottone Frisingense, per le frequenti spedizioni di Terra Santa, onde si renderono in Oriente rinomatissimi, leggiamo presso questo Scrittore, che gli Orientali, e singolarmente i Greci, ogni uomo occidentale, lo chiamavano Franzese. Perciò intitolandosi Ruggiero Rex Apuliae, non della Puglia presa nel suo stretto e vero senso, dee intendersi, ma di tutto ciò che ora forma il nostro Regno. Per quest'istessa cagione molti Scrittori, ancorchè nominassero la sola Puglia, intendono però di tutta questa gran parte d'Italia, come presso Pietro Bibliotecario nella vita di Pascale, ed altri Autori spesso s'incontra. Quindi avvenne ancora, che comunemente presso i nostri Popoli questo Regno, prima che da' romani Pontefici così spesso se gli dasse il nome di Sicilia di qua del Faro, e che negli ultimi tempi acquistasse quello di Regno di Napoli, fossesi appellato Regno di Puglia.
Fu perciò molto facile, che siccome da' Greci era stato dato il nome d'Italia alla Puglia, che non abbracciava più che una sola provincia, si fosse quello dato da poi con maggior ragione a tutte l'altre province di qua del Tebro, che pure sotto nome di Puglia erano denotate; onde si fece che a Ruggiero riuscisse meglio chiamarsi Re d'Italia, che di Puglia, così per esser un titolo più sublime e spezioso, risorgendo nella sua persona quello de' Re d'Italia, del quale se n'erano fregiati i Goti ed i Longobardi, come anche perchè sopra la Puglia non ritrovava questo titolo di Re, siccome lo trovò sopra la Sicilia; se pure non avesse voluto ricorrere a quegli antichissimi Re de' Dauni, de' Lucani e di Taranto, de' quali Freccia tratta ben a lungo, ma pur troppo infelicemente. Reputò adunque Ruggiero intitolarsi non men Re di Sicilia, che d'Italia, per Italia non intendendo altro che la cistiberina, siccome presso gli Autori di questi tempi assolutamente per Italia intendevano questa parte; in quella guisa appunto, che avvenne, quando per le province d'Italia assolutamente erano denotate quelle sole, ch'erano sottoposte al Prefetto d'Italia, non quelle, che ubbidivano al Prefetto della città di Roma, ancorchè venissero comprese nella descrizione dell'Italia presa nella sua più larga estensione.
Si conosce da ciò chiaro, che intitolandosi Ruggiero non meno Re di Sicilia che d'Italia, ovvero di Puglia, che due Regni furono stabiliti independenti l'uno dall'altro, non un solo in guisa, che queste nostre province avessero avuto a reputarsi come membri e parte del Regno di Sicilia.
Si dimostra ciò ancora dalle leggi proprie, che ritenne, le quali non furono comuni con quelle della Sicilia, che si governava con leggi particolari; poichè queste nostre province anche da poi che furono ridotte in forma di Regno sotto Ruggiero, non riconobbero altre leggi, che le longobarde, e secondo le medesime si amministravano, le quali non ebbero autorità, nè alcun uso nella Sicilia, che non fu da' Longobardi mai acquistata, per non aver avute questa Nazione forze marittime, siccome l'ebbero i Normanni; onde il lor vigore non s'estese mai oltre il Faro. Così ciascun Regno avea leggi proprie, e secondo le medesime ciascun si regolava independentemente dall'altro; e ciascuna di queste province avea il suo Giustiziero co' suoi Tribunali, nè le cause quivi decise si portavano per appellazione in Palermo, quasi che ivi vi fosse un Tribunale superiore a tutti gli altri, ma restavano tutte in esse, come diremo più partitamente quinci a poco, quando degli ufficj della Corona farem parola.
E se tra le nostre antiche memorie non abbiamo, che Ruggiero o altro suo successor normanno avesse mandato nel Regno di Puglia alcun Vicerè, che avesse avuto il governo generale di tutto il Reame, come si praticò da poi negli ultimi tempi da' Principi d'altre Nazioni; ciò non fu per altro, se non perchè Ruggiero, e' due Guglielmi suoi successori solevano molto spesso in Salerno venire a risedere, ed anche perchè il lor costume era di creare i figliuoli della lor Casa regale, o Duchi di Puglia, o Principi di Capua o di Taranto, ed a' medesimi perciò commettere il governo de' Ducati o Principati a lor conceduti, siccome fece appunto Ruggiero, il quale ritiratosi a Palermo, lasciò il governo di queste province a' due suoi figliuoli, a Ruggiero Duca di Puglia, e ad Anfuso Principe di Capua.
Ma siccome è vero, che il Regno di Puglia fu independente da quello di Sicilia, e che avea leggi e Magistrati particolari, così ancora non può negarsi, che le leggi che Ruggiero stabilì in questo tempo, ed i supremi Ufficiali della Corona, che a somiglianza del Regno di Francia v'introdusse, furono comuni ad ambedue; essendo noto, che gli Ufficiali della Corona erano destinati così per l'uno, che per l'altro Reame; e così fu osservato finchè l'isola di Sicilia si sottrasse da' Re angioini, e si diede sotto il governo de' Re aragonesi, come vedremo nel corso di questa Istoria.