Donna Eleonora , poi Don Flaminio
ELE. Potrebbe anche essere ch'ella fosse innocente; ma in ogni modo deve partire. L'orgoglio con cui mio marito mi tratta, merita ch'io ne faccia un risentimento. Sia amore, sia pietà che lo mova, agisce sempre male, se pretende di agire a mio dispetto. Se io non mi vendico da me stessa, poco conto far posso de' miei parenti. Se fosse qui Don Federico, son certa che molto farebbe valere la sua amicizia per me! È un anno ch'ei partì da Pavia. Doveva ritornare dopo sei mesi... (guardando fra le scene) Ma che vuole il mio signor figliastro? Degna prole del mio graziosissimo sposo!
FLA. Signora, con sua permissione, si potrebbe sapere che cosa ha con Zelinda?
ELE. Ho io da render conto a vossignoria di quello che passa fra me e la mia cameriera?
FLA. Ma che ha Zelinda che piange?
ELE. Domandatelo a lei.
FLA. Oh bene, senza ch'io lo domandi, contentatevi che vi dica che so ogni cosa; che ho sentito tutto da quella camera; che voi, signora, con vostra permissione, non potete licenziare Zelinda senza il consentimento di mio padre, ch'è il padrone di questa casa.
ELE. Voi mi fareste ridere, se ne avessi voglia: che dice il padrone di questa casa? Si oppone egli alla mia risoluzione?
FLA. Non lo so, non è in casa, e quando ritornerà...
ELE. Tanto meglio se non è in casa; che Zelinda sen vada, e quando ritornerà...
FLA. Signora, non isperate che ciò succeda. Zelinda non sortirà certamente.
ELE. Siete voi che vi opponete?
FLA. Sì, signora, son io che, dopo mio padre...
ELE. Sì, tocca a voi dopo il padre ad usarmi le impertinenze.