Scena I

Geronte e Dorval.

Geronte:        Andiamo a giocare, e non me ne parlate più.

Dorval:        Ma si tratta di un nipote...

Geronte:        (vivamente) Di uno sciocco, d'un vigliacco ch'è lo schiavo di sua moglie, e la vittima della sua vanità.

Dorval:        Meno collera, mio caro amico, meno collera.

Geronte:        Eh, voi con la vostra flemma mi fareste arrabbiare.

Dorval:        Io parlo per bene.

Geronte:        Prendete una sedia. (siede)

Dorval:        (d'un tuono compassionevole, mentre accosta la sedia) Povero giovane!

Geronte:        Vediamo, questo punto di ieri.

Dorval:        (sempre di un tuono) Voi lo perderete.

Geronte:        Forse che no. Vediamo.

Dorval:        Vi dico che lo perderete.

Geronte:        No, ne sono sicuro.

Dorval:        Se voi non lo soccorrerete, lo perderete assolutamente.

Geronte:        Chi?

Dorval:        Vostro nipote.

Geronte:        (con ardore) Eh, ch'io parlo del giuoco. Sedete.

Dorval:        Io giuocherò volentieri:        ma prima, ascoltatemi.

Geronte:        Mi parlerete tuttavia di Dalancour?

Dorval:        Potrebbe essere.

Geronte:        Non vi ascolto.

Dorval:        Dunque voi l'odiate?

Geronte:        No, signore. Io non odio nessuno.

Dorval:        Ma se non volete...

Geronte:        Finitela; giuocate. Giuochiamo, o ch'io me ne vo.

Dorval:        Una parola sola, ed ho finito.

Geronte:        Che pazienza!

Dorval:        Voi avete delle facoltà.

Geronte:        Sì, grazie al Cielo!

Dorval:        Più del vostro bisogno.

Geronte:        Sì; ne ho ancora per servire i miei amici.

Dorval:        E non volete dar nulla a vostro nipote?

Geronte:        Neppure un quattrino.

Dorval:        In conseguenza...

Geronte:        In conseguenza?....

Dorval:        Voi l'odiate.

Geronte:        In conseguenza voi non sapete ciò che vi dite. Io odio, detesto la sua maniera di pensare, la sua cattiva condotta. Il dargli del danaro non servirebbe che a fomentare la sua vanità, la sua prodigalità, le sue follie. Ch'egli cangi sistema, io lo cangerò parimente con lui. Io voglio che il pentimento meriti il beneficio, e non che il beneficio impedisca il pentimento.

Dorval:        (dopo un momento di silenzio, sembra convinto, e dice con molta dolcezza) Giuochiamo, giuochiamo.

Geronte:        Giuochiamo..

Dorval:        (giuocando) Io ne sono afflitto.

Geronte:        (giuocando) Scacco al re.

Dorval:        (giuocando) E quella povera ragazza!

Geronte:        Chi?

Dorval:        Angelica.

Geronte:        (lascia il giuoco) Ah! per lei!... Questa è un'altra cosa... Parlatemi di lei.

Dorval:        Ella dee ben soffrire frattanto.

Geronte:        Ci ho pensato, ci ho provveduto. La mariterò.

Dorval:        Bravissimo! Lo merita bene.

Geronte:        Non è una giovanetta di molta buona grazia?

Dorval:        Sì.

Geronte:        (riflette un momento, indi chiama) Fortunato quello che l'avrà! Dorval?

Dorval:        Amico?

Geronte:        Udite.

Dorval:        Che C'è?

Geronte:        Voi siete mio amico.

Dorval:        Ne dubitate?

Geronte:        Se la volete, io ve l'accordo.

Dorval:        Chi?

Geronte:        Sì, mia nipote.

Dorval:        Come?

Geronte:        Come, come! siete sordo? Non m'intendete? (vivamente) Io parlo chiara. Se la volete, ve l'accordo.

Dorval:        Ah! ah!

Geronte:        E se la sposate, oltre la sua dote, le donerò cento mila lire del mio. Eh?... Che ne dite?...

Dorval:        Mio caro amico, voi mi onorate.

Geronte:        So chi siete. Sono sicuro di formare in questa guisa la felicità di mia nipote.

Dorval:        Ma...

Geronte:        Che?

Dorval:        Suo fratello...

Geronte:        Suo fratello! Suo fratello non c'entra... A me tocca a disporre di lei; la legge, il testamento di mio fratello... Io ne sono il padrone. Orsù, sbrigatevi, decidete sul fatto.

Dorval:        Ciò che mi proponete, non è cosa da risolversi su due piedi. Voi siete troppo impetuoso.

Geronte:        Io non ci veggo alcuna difficoltà. Se l'amate, se la stimate, se ella vi conviene, è fatto tutto.

Dorval:        Ma...

Geronte:        Ma, ma!... Udiamo il vostro ma.

Dorval:        Vi par poco la sproporzione da sedici a quarantacinque anni?

Geronte:        Niente affatto. Voi siete ancora giovane, ed io conosco Angelica; non è una testa sventata.

Dorval:        Ella potrebbe avere qualche altra inclinazione.

Geronte:        Non ne ha alcuna.

Dorval:        Ne siete ben sicuro?

Geronte:        Sicurissimo. Presto, concludiamo. Io vado a casa del mio notaro, gli fo stendere il contratto. Ella è vostra.

Dorval:        Adagio, mio amico, adagio.

Geronte:        (riscaldato) Ebbene? Come! volete ancora inquietarmi, tormentarmi, annoiarmi con la vostra lentezza, col vostro sangue freddo?

Dorval:        Dunque vorreste?...

Geronte:        Sì, darvi una figlia saggia, onesta, virtuosa, con cento mila scudi di dote, e cento mila lire di regalo alle sue nozze. Forse vi fo un affronto?

Dorval:        No; anzi mi fate un onore, che non merito.

Geronte:        (con ardore) La vostra modestia in questo momento mi farebbe dare al diavolo.

Dorval:        Non vi adirate. Volete ch'io l'accetti?

Geronte:        Sì.

Dorval:        Ebbene, io l'accetto...

Geronte:        (con gioia) Davvero?

Dorval:        Ma a condizione...

Geronte:        Di che?

Dorval:        Che Angelica v'acconsentirà.

Geronte:        Non avete altra difficoltà?

Dorval:        Questa sola.

Geronte:        Voi mi consolate, io m'impegno per lei.

Dorval:        Tanto meglio, se ciò è vero.

Geronte:        Verissimo, sicurissimo. Abbracciatemi, mio caro nipote.

Dorval:        Abbracciamoci pure, mio caro zio.

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