Scena II

Dalancour, Geronte e Dorval, e poi Piccardo.

Dalancour:        (entra per la porta di mezzo, vede suo zio, lo ascolta in passando, va verso il suo appartamento, ma resta alla porta per ascoltarlo)

Geronte:        Questo è il giorno più felice della mia vita.

Dorval:        Caro amico, quanto siete adorabile!

Geronte:        Io men vo a casa del mio notaro. Dentr'oggi sarà fatto tutto. Piccardo? (chiama)

Piccardo:        (viene)

Geronte:        La mia canna, il mio cappello.

Piccardo:        (parte, e poi torna)

Dorval:        Frattanto me n'andrò a casa.

Piccardo:        (dà al suo padrone la canna, il cappello, e parte)

Geronte:        No, no; dovete aspettarmi qui. Torno subito. Pranzerete meco.

Dorval:        Ho da scrivere. Fa d'uopo ch'io faccia venire il mio intendente, che è una lega lontano da Parigi.

Geronte:        Andate nella mia camera, scrivete; inviate la lettera per Piccardo. Sì, Piccardo andrà a portarla in persona. Piccardo è un giovane dabbene, savio, fedele. Talvolta lo sgrido, ma gli voglio bene.

Dorval:        Via, dacchè volete assolutamente così; scriverò nella vostra camera.

Geronte:        Anche questa è fatta.

Dorval:        Sì, siamo convenuti.

Geronte:        (prendendolo per la mano) In parola d'onore?

Dorval:        (dandogli la mano) In parola d'onore.

Geronte:        Mio caro nipote! (parte)

Dalancour:        (all'ultima parola mostra gioia)

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