Scena XI

Geronte, e detti.

Geronte:        (alla sua maniera con brio) Benissimo, benissimo. Coraggio. Bravi, figli miei, bravi. Sono di voi contentissimo.

Angelica:        (si ritira tutta mortificata)

Dorval:        (sorride).

Geronte:        Come? la mia presenza vi fa paura? Io non condanno premure che sono legittime. Tu hai fatto bene, Dorval, a prevenirla. Suvvia, madamigella, abbracciate il vostro sposo.

Angelica:        (costernata) (Che intendo?)

Dorval:        (da sè sorridendo) (Eccomi scoperto.)

Geronte:        (ad Angelica con ardore) Che scena è questa? Qual modestia fuori di proposito? Quando io non ci sono, t'accosti, e quando giungo t'allontani? vicinati! (a Dorval in collera) Suvvia, avvicinatevi anche voi.

Dorval:        (ridendo) Colle buone, mio caro Geronte.

Geronte:        Ah! ridete? la sentite la vostra felicità? Io voglio ben che si rida, ma non voglio che mi si faccia andar in collera; m'intendete, signor bocca ridente? Venite qui, e ascoltatemi.

Dorval:        Ma ascoltate pur voi.

Geronte:        (ad Angelica, e vuol prenderla per mano) Avvicinatevi.

Angelica:        (piangendo) Mio zio....

Geronte:        Piangi! Mi fai la bambina! Io credo che tu ti prenda giuoco di me. (la prende per mano, e la sforza ad avanzarsi in mezzo alla scena, poi si volge a Dorval e gli dice con una specie di brio) La non può scapparmi.

Dorval:        Almeno lasciatemi parlare.

Geronte:        (vivamente) Zitto!

Angelica:        Mio caro zio...

Geronte:        (vivamente) Zitto! (egli muta tuono, e dice tranquillamente) Sono stato dal mio notaro: ho disposto il tutto. Egli ha stesa la minuta in mia presenza, la porterà qui quanto prima, e noi sottoscriveremo.

Dorval:        Ma se voleste ascoltarmi...

Geronte:        Zitto. Per la dote, mio fratello ha avuto la debolezza di lasciarla fra le mani di suo figlio. Io non dubito che non ci sia per essere dal canto suo qualche ostacolo; ma ciò non m'imbarazza. Quelli che avranno affari con lui li avranno mal fatti; la dote non può perire, e in ogni caso io me ne fo mallevadore.

Angelica:        (a parte) (Non posso più.)

Dorval:        (imbarazzato) Tutto va benissimo; ma...

Geronte:        Ma che?

Dorval:        (guardando Angelica) Madamigella avrebbe a dirvi sopra di ciò qualche cosa.

Angelica:        (in fretta, e tremando) Io, signore?

Geronte:        Vorrei bene ch'ella trovasse qualche cosa a ridire sopra ciò ch'io fo, sopra ciò ch'io ordino, e sopra ciò ch'io voglio. Ciò ch'io voglio, ciò ch'io ordino e ciò ch'io fo:        lo fo, lo voglio, e l'ordino per suo bene. M'intendi?

Dorval:        Parlerò dunque io medesimo.

Geronte:        Che avete a dirmi?

Dorval:        Che mi rincresce; ma che questo matrimonio non può effettuarsi.

Geronte:        Cospetto! (Angelica s'allontana tutta spaventata. Dorval parimente dà due passi addietro) Voi mi avete data la vostra parola d'onore. (a Dorval)

Dorval:        Sì; ma con patto...

Geronte:        Sarebbe forse quest'impertinente? (volgendosi verso Angelica) S'io potessi crederlo... se ne avessi qualche dubbio... (la minaccia)

Dorval:        (seriamente) No, signore: avete torto.

Geronte:        (volgendosi verso Dorval) Siete voi dunque che mi mancate?

Angelica:        (coglie il momento e fugge)

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