SCENA SECONDA

Cecco, poi Vittoria.

CECCO:        Ecco i deliziosi frutti della bella villeggiatura.

VITTORIA:        Dov'è mio fratello?

CECCO:        Non c'è, è andato via. (Piano.)

VITTORIA:        Perché lo dici piano, che è andato via?

CECCO:        Perché non sentino certe persone che sono in sala.

VITTORIA:        Se sono in sala, l'avranno veduto a partirsi.

CECCO:        Non signora, è andato per la porta segreta.

VITTORIA:        Questa mi pare una scioccheria, un'increanza. Ha delle visite in sala, e va via senza riceverle, e senza almen congedarle? Se sono persone di garbo, le riceverò io.

CECCO:        Le vuol ricever ella, signora?

VITTORIA:        Sì! chi son eglino?

CECCO:        Il sarto ed il calzolaro.

VITTORIA:        Di chi?

CECCO:        Del padrone.

VITTORIA:        E che cosa vogliono?

CECCO:        Niente altro che ricevere il saldo de' loro conti.

VITTORIA:        E perché mio fratello non li ha soddisfatti?

CECCO:        Io credo ch'egli presentemente non si ritrovi in grado di farlo.

VITTORIA:        (Poveri noi!). Bada bene, non lo dir a nessuno; procura anzi che non si sappia. Vedi di mandar via quella gente con delle buone parole, che non s'abbiano a lamentare e che non facciano perdere la riputazione alla casa. Mio fratello non la vuol intendere, che quando si ha da dare, bisogna pagare o pregare.

CECCO:        (Parla assai bene la mia padrona. Ma anch'ella non opera come parla).

VITTORIA:        E dove è andato il signor Leonardo?

CECCO:        A far visita alla signora Giacinta.

VITTORIA:        È ritornata?

CECCO:        Sì, signora.

VITTORIA:        Quando?

CECCO:        Questa mattina.

VITTORIA:        Ed a me non ha mandato a dir niente? (Con isdegno.)

CECCO:        Sì, signora. Ha mandato il servitore coll'imbasciata per il padrone e per lei.

VITTORIA:        E perché non dirmelo?

CECCO:        Perdoni. Sono mezzo stordito. S'ella sapesse quanti imbrogli ci sono stati questa mattina.

VITTORIA:        Mi pareva impossibile che avesse trascurato di far con me il suo dovere.

CECCO:        Sento dello strepito in sala. Con sua licenza.

VITTORIA:        Cacciate via quei bricconi.

CECCO:        (Eh! già, ci s'intende. I poveri operai, quando domandano il sangue loro, sono tutti bricconi). (Parte.)

VITTORIA:        Converrà ch'io vada a farle una visita. Come ultima ritornata, converrà ch'io sia la prima a complimentarla. Vi anderò, ma vi anderò di malanimo. Non l'ho mai potuta soffrire; ma ora poi, dopo le coserelle che nate sono in villeggiatura, quando mi viene in mente, mi si rimescola tutto il sangue. Guglielmo non ha ancora voluto firmar la scritta. Pochissimo si lascia da me vedere; sono in una agitazione grandissima.

CECCO:        Signora, è venuto il signor Fulgenzio. Ha domandato del padrone; gli ho detto che non c'è, ed ei lo vorrebbe aspettare. Se ella lo volesse ricevere...

VITTORIA:        Sì, sì, venga pure. Sono andati via coloro?

CECCO:        Parlano col signor Fulgenzio. (Parte.)

VITTORIA:        Ho piacere di parlare con questo vecchio, che ci ha fatto perdere sul più bello il piacere della campagna.

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