SCENA TERZA

Vittoria in abito di gala, e detti.

VITTORIA:        Una parola, signor Leonardo.

LEONARDO:        Ditela presto, ch'io non ho tempo da trattenermi.

VITTORIA:        Voleva dirvi se volevate venir con me dalla signora Giacinta.

LEONARDO:        Ci verrei volentieri, ma presentemente non posso. Andateci voi. Sappiatemi dire come sta, come vi riceve, come parla di me, e in quale disposizione si trovi rispetto ai nostri sponsali.

VITTORIA:        Voi non l'avete ancora veduta?

LEONARDO:        No, non l'ho potuta ancora vedere.

FULGENZIO:        (Sollecitatevi, signor Leonardo).

LEONARDO:        Eccomi. (A Fulgenzio.)

VITTORIA:        Caro fratello, se principiate a diminuire le attenzioni per lei, sapete com'ella è, vi resta pochissimo da sperare.

LEONARDO:        Signor Fulgenzio, mezz'ora prima o mezz'ora dopo, mi pare sia lo stesso.

FULGENZIO:        (Vostro zio va a pranzo per tempo, e dopo pranzo è solito di dormire). (A Leonardo.)

LEONARDO:        (Non perdiamo tempo dunque). (A Fulgenzio.)

VITTORIA:        S'ella mi domanda di voi, s'ella si lamenta che non mostrate premura di rivederla, che cosa volete ch'io le dica per iscusarvi?

LEONARDO:        (Non si potrebbe differire a andar dallo zio dopo desinare.). (A Fulgenzio.)

FULGENZIO:        (Volete un'altra volta vedervi la casa piena di creditori?).

LEONARDO:        (Cospetto! sarebbe per me una nuova disperazione).

FULGENZIO:        (Andiamo. Liberatevi da quest'affanno di cuore).

VITTORIA:        Stupisco, signor fratello, che dopo quel che è accaduto in villa usiate tanta freddezza in una cosa che vi dovrebbe interessare all'estremo.

LEONARDO:        (Ah! sì: Vittoria non dice male. È pericolosa l'indifferenza. Giacinta non mostra per me grand'amore, e tutto le potrebbe servir di pretesto).

FULGENZIO:        (O venite, o vi pianto). (A Leonardo.)

LEONARDO:        (Un momento per carità). (A Fulgenzio.)

VITTORIA:        (Ehi! Ricordatevi di quella visita che ha fatto la signora Giacinta alla gastalda di Montenero). (A Leonardo.)

LEONARDO:        (Oh malizioso rimprovero che mi trafigge!). Signor Fulgenzio, non potreste andar voi dallo zio Bernardino, e parlargli, ed intendere...

FULGENZIO:        Ho capito! buon giorno a vossignoria. (In atto di partire.)

LEONARDO:        No, trattenetevi; verrò con voi. (Dovunque mi volga, non ravviso che scogli, che tempeste, che precipizi). Andate, dite alla signora Giacinta... non so che risolvere... ditele quel che vi pare. Andiamo. (A Fulgenzio.) Son fuori di me; non so quel che mi voglia. S'accrescono i miei timori, le mie angustie, le mie crudeli disperazioni. (Parte con Fulgenzio.)

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