SCENA UNDICESIMA

GIACINTA        (sola): Non gli basta tormentarmi con delle visite, vuole ancora insolentire con lettere. Ma dica tutto quel che sa dire, è tutt'uno. La massima è già fissata. Gli risponderò in un modo che lo farà arrossire, che lo farà desistere e disperare. Se si è scordato ciò che ho avuto il coraggio di dirgli nel boschetto di Montenero, potrò, scrivendo, farglielo risovvenire. Veggiamo ciò ch'egli ha l'ardire di scrivermi. (Apre la lettera e siede.) Madamigella. Sono venuto questa mattina per riverirvi. Non mi è stato permesso. La cameriera vostra mi ha trattato alquanto villanamente... Brigida qualche volta è una ragazza arditissima, petulante. Perché trattar male colle persone? S'io non voleva ricevere il signor Guglielmo, non aveva ella per questo da prendersi la libertà di rispondergli con impertinenza.

        Sopraggiunto il vostro futuro sposo, quello che avrà la felicita di possedere la vostra mano ed il vostro cuore... Ah! non so, il cuore, non so. Con maniere anch'egli non meno aspre e insultanti, mi ha costretto ad allontanarmi... Come! In casa mia? Principia a far da padrone? Vuol comandare prima del tempo? Oh! questo poi non lo vo' soffrire. Ma, povero Leonardo, non ha egli forse motivo di sospettare? Amandomi com'egli mi ama, non sono compatibili i suoi trasporti? Dovendo essere mio consorte, non ha egli da vedere mal volentieri chi gli fa ombra, chi lo inquieta, chi lo conturba? Sì, Leonardo ha ragione. Guglielmo ha il torto. Non so quand'io potrò avere la fortuna di rivedervi. Volesse il cielo ch'io non lo vedessi mai più! Onde mi sono preso l'ardire di scrivervi quest'umilissimo foglio per due ragioni. La prima si è per farvi noto ch'io non ho mancato al mio debito... Non si può dire ch'egli non sia civile e cortese. E assicurarvi che dal canto mio non soffrirete inquietudini, promettendovi sull'onor mio che, a costo ancor di morire, sfuggirò ogn'incontro d'importunarvi. Questa virtuosa rassegnazione ha un grado di merito che non è indifferente. Ah! se prima avessi conosciuto il pregio del suo bel cuore... Ma non vi è più rimedio. Vuol così il mio decoro, il mio impegno, il mio nemico destino.

        La seconda ragione che mi muove ad importunarvi con questa lettera, assicuratevi non procedere in me da mal animo, ma da cuor sincero e leale. Si dice pubblicamente, e si sa di certo, essere in tale sconcerto ed in tale rovina il signor Leonardo, che egli non potrà assolutamente supplire ai pesi di un maritaggio, né vostro padre vorrà vedervi precipitata. Oh cieli! che colpo è questo! Che sconvolgimento d'affari! Che novità inaspettata!

        Seguite ad amare colui che deve essere vostro sposo. Ma se mai tal non fosse, se mai, senza colpa vostra, vi trovaste disobbligata, permettetemi ch'io vi dica ch'io sono libero tuttavia, che non ho ancora firmata la scritta, e che non m'indurrò mai a sottoscriverla, se non quando vi vedrò maritata. Di più non ardisco dirvi. Compatitemi, e sono col maggior rispetto, e colla più sincera rassegnazione, vostro umilissimo servitore...

        Ah! non vi voleva di più per mettermi nella maggiore agitazione del mondo. Poss'io credere a questo foglio? Ma ei non ardirebbe inventare una falsità che si ha ben tosto a verificare; e se Leonardo è in rovina, sono io per questo in libertà di lasciarlo? Ciò dee dipendere da mio padre. E se mio padre fosse debole a segno di volermi sagrificare, sarei io obbligata ad acconsentire alla mia rovina? No, non sarei obbligata. Ogni ragione mi scioglierebbe daun tale impegno. E sciolta ch'io fossi dal vincolo di tali sponsali, potrei dar la mano liberamente a Guglielmo? Che dice il cuore? La ragion che dic'ella? Ah! la ragione ed il cuore mi parlano con due diversi linguaggi. Questo mi stimola a lusingarmi, quella mi anima ai più giusti, ai più virtuosi riflessi. Che cosa mi ha trattenuto finora dal recedere da un impegno che non è indissolubile, e preferire ad uno sposo, sì poco amato, un oggetto amabile agli occhi miei? Non altro che il mio decoro, il giusto timore di essere criticata; qualunque trista avventura dell'infelice Leonardo non metterebbe al coperto la mia debolezza. L'aver io stessa procurato gli sponsali fra Vittoria e Guglielmo, mi vieta assolutamente di farmi io stessa l'origine del loro discioglimento. Guglielmo con questa lettera viene a tentare la mia virtù. Si ha da resistere ad ogni costo. Si ha da lasciar Leonardo, s'ei non mi merita; ma non si ha da rapire alla di lui germana il consorte. Si ha da penare, si ha da morire. Ma si ha da vincere, e da trionfare. (Parte.)

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