SCENA DECIMA

Giacinta, poi Brigida.

GIACINTA:        Son fuor di me. Non so in che mondo mi sia.

BRIGIDA:        Signora padrona, come va la macchina?

GIACINTA:        Taci, per carità. Non cimentarti con barzellette a provocare la mia sofferenza.

BRIGIDA:        Signora, avrei una cosa da dirvi; ma non vorrei che vi metteste in maggior ardenza.

GIACINTA:        E che cosa vorresti dirmi?

BRIGIDA:        Se non vi calmate, non ve la dico.

GIACINTA:        Via, compatiscimi, che merito di essere compatita. Parlami, che ti ascolterò senza sdegno.

BRIGIDA:        Nell'atto che scendeva le scale la signora Vittoria, servita dal signor Ferdinando...

GIACINTA:        Non la serviva Guglielmo? Era servita da Ferdinando?

BRIGIDA:        Sì, signora, il signor Ferdinando le dava braccio.

GIACINTA:        (L'ho sempre detto. Guglielmo non la può soffrire).

BRIGIDA:        Nell'atto dunque ch'essi scendevano, restò indietro il signor Guglielmo. Mi chiamò sottovoce...

GIACINTA:        E che cosa ti ha detto quel temerario?

BRIGIDA:        Se andate in collera, non vi dico altro.

GIACINTA:        No, non sono in collera. Ti ascolto placidamente. Che cosa ti ha detto?

BRIGIDA:        Aveva in mano una lettera...

GIACINTA:        Per chi una lettera?

BRIGIDA:        Per voi.

GIACINTA:        Per me una lettera? Hai tu avuto l'imprudenza di prenderla?

BRIGIDA:        Signora no, signora no; non l'ho presa. (Se le dico di averla presa, mi salta agli occhi).

GIACINTA:        (A me una lettera? Che mai avrebbe egli ardito di scrivermi?).

BRIGIDA:        (Non la voleva; me l'ha voluta dare per forza).

GIACINTA:        (Per altro mi avrebbe potuto giovar moltissimo sentir com'egli pensa presentemente).

BRIGIDA:        (Faccio conto di gettarla nel foco).

GIACINTA:        Ti ha detto nulla nel volerti dare la lettera?

BRIGIDA:        Niente affatto, signora.

GIACINTA:        Come hai fatto a capire che ti voleva dare una lettera?

BRIGIDA:        Mi ha chiamato. Ho veduto ch'egli aveva la carta in mano.

GIACINTA:        E come sapesti che quella carta veniva a me?

BRIGIDA:        Me l'ha detto.

GIACINTA:        Dunque ti ha parlato.

BRIGIDA:        Due parole si dicon presto.

GIACINTA:        E perché hai tu ricusato di pigliar quella lettera?

BRIGIDA:        Perché è un impertinente, che non vuol finire d'importunarvi.

GIACINTA:        Gran disgrazia è la mia, che tu abbia sempre da fare il peggio. Sono in un'estrema curiosità. Pagherei quanto ho al mondo, a poter veder quella lettera che tu hai ricusato di prendere.

BRIGIDA:        Ma io, signora...

GIACINTA:        Tu vuoi far sempre la sufficiente, la politica, la dottoressa.

BRIGIDA:        Eh! vi conosco, signora, voi dite così per assicurarvi s'io l'ho presa, o s'io non l'ho presa.

GIACINTA:        Brigida, l'hai tu pigliata la lettera? (Dolcemente.)

BRIGIDA:        E se l'avessi pigliata, mi dareste voi delle bastonate?

GIACINTA:        No, cara, ti ringrazierei, ti benedirei, ti farei un regalo che ne resteresti contenta.

BRIGIDA:        (Io non so se mi possa fidare).

GIACINTA:        Brigida, l'hai tu presa? (Dolcemente.)

BRIGIDA:        Se devo dirvi la verità, dubitando ch'egli la desse a qualchedun altro, ho creduto meglio di prenderla.

GIACINTA:        Ah! dammela. Non mi far morire.

BRIGIDA:        Eccola. Ho fatto male a pigliarla?

GIACINTA:        No, che tu sia benedetta. Lasciala un po' vedere.

BRIGIDA:        Tenete.

GIACINTA:        Oh cieli! Mi trema il core, mi trema la mano. Ah! che questa lettera potrebbe essere la mia rovina.

BRIGIDA:        Fate a modo mio, signora, abbruciatela, non la leggete.

GIACINTA:        Va via. Lasciami sola.

BRIGIDA:        Oh! no, compatitemi, non vi lascio sola.

GIACINTA:        Va via, dico, non m'inquietare. (Sdegnata.)

BRIGIDA:        Sì, signora, come comanda. (Eh! già il mio regalo ha da consistere in ingiurie, in rimproveri; già me l'aspetto). (Parte.)

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