SCENA NONA

Ferdinando, Tognino e detti; poi il Servitore.

FERDINANDO:        Venite qui, gioia mia, dolcezza mia, amabilissimo il mio Tognino.

VITTORIA:        (Oh bello!).

COSTANZA:        (L'ho detto!).

ROSINA:        (Grand'impertinente è quel signor Ferdinando!).

TOGNINO:        Padroni. Servitor suo.

COSTANZA:        Andate via di qua. (A Tognino.)

FERDINANDO:        Lasciatelo stare, signora, e portategli rispetto, che è maritato.

COSTANZA:        Chi ve l'ha detto che è maritato?

FERDINANDO:        Mi è stato detto da lui.

COSTANZA:        Non è vero niente. (A Ferdinando.)

FERDINANDO:        Non è vero niente? (A Tognino.)

TOGNINO:        Non è vero niente. (A Ferdinando, mortificato.)

FERDINANDO:        Oh! bene dunque se non è vero, ci ho gusto. Se non siete sposato colla signora Rosina, sappiate che io ci pretendo, e che voi non l'avrete, e la sposerò io.

TOGNINO:        Cu cu! (Fa il verso del cucco, burlandosi di lui.)

FERDINANDO:        Cu, cu? Che cosa vuol dire questo cu, cu?

TOGNINO:        Corpo di bacco! Vuol dire che la Rosina...

ROSINA:        Tacete voi. Dite al signor Ferdinando che vada a sposare la signora Sabina. Ecco una sua lettera che viene a lui.

FERDINANDO:        Una lettera della mia cara Sabina?

ROSINA:        Sì, signore, me l'ha consegnata questa mattina.

FERDINANDO:        Oh! cara la mia gioietta! La leggerò col maggior piacere del mondo.

VITTORIA:        La vogliamo sentire anche noi.

COSTANZA:        Sì, certo, anche noi.

GUGLIELMO:        Ricordatevi che alle lettere si risponde. (A Ferdinando.)

GIACINTA:        Quando meritino d'aver risposta. (A Ferdinando.)

FERDINANDO:        Benissimo, ci s'intende.

VITTORIA:        Leggete forte, che tutti sentano.

FERDINANDO:        Vi prometto di non lasciar fuori una virgola. (Apre la lettera.)

SERVITORE:        Signora, il signor Filippo, il signor Leonardo e il signor Fulgenzio, che bramano riverirla. (A Costanza.)

COSTANZA:        Dite loro che son padroni, che restino serviti. Portate qui delle seggiole. (Al Servitore.)

SERVITORE:        (Se ce ne fossero; ma non ce ne sono tante che bastino). (Parte.)

VITTORIA:        Mi dispiace ora quest'interrompimento. Vorrei sentir quella lettera. Date qui, non l'avete da leggere senza di noi. (Leva la lettera di mano a Ferdinando.)

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