SCENA SETTIMA

Costanza, Rosina, poi Giacinta.

COSTANZA:        Sentite, se continua così, io non lo soffro assolutamente. (A Rosina.)

ROSINA:        Compatitelo, è ancor ragazzo.

COSTANZA:        Ehi! sì, scusatelo.

ROSINA:        Ma, signora, se è mio marito, convien ben ch'io lo scusi. Finalmente me l'avete dato voi, ed io l'ho preso per consiglio vostro.

COSTANZA:        Ecco la signora Giacinta. (Mi sta bene, merito peggio).

ROSINA:        Se non sa più di così, è inutile di rimproverarlo.

GIACINTA:        Serva, signora Costanza.

COSTANZA:        Serva umilissima.

ROSINA:        Serva divota.

GIACINTA:        Riverisco la signora Rosina.

COSTANZA:        Si è voluta incomodare la signora Giacinta.

GIACINTA:        Anzi son venuta a fare il mio debito.

COSTANZA:        Mi spiace infinitamente ch'ella mi trova qui colla casa sì malandata, che propriamente mi fa arrossire.

GIACINTA:        Oh! sta benissimo. Non ha da far con me queste ceremonie.

COSTANZA:        È poco tempo ch'io sono venuta a star qui, e poi sono andata in campagna, e tutte le cose sono ancora alla peggio. Favorisca d'accomodarsi. Compatisca se la seggiola non è propria.

GIACINTA:        Anzi è proprissima. (Tanto sfarzo in campagna, e sta qui in un porcile). (Da sé.)

ROSINA:        (Che dite eh? Si è messa in magnificenza). (A Costanza.)

COSTANZA:        (Eh! in quanto a questo, se è venuta per farmi visita, non doveva venire in succinto).

GIACINTA:        Che nuove mi portano di mia zia?

ROSINA:        Oh! la povera signora Sabina è travagliatissima. Sono stata a farle una visita prima di partire, e mi ha dato una lettera per il signor Ferdinando.

GIACINTA:        Oh! quanto volentieri sentirei quello che gli scrive.

ROSINA:        Io credo che il signor Ferdinando non avrà difficoltà di mostrarla.

GIACINTA:        (Cerco ogni strada per divertirmi; ma ho una spina nel core che mi tormenta).

COSTANZA:        Come sta il signor Leonardo, signora Giacinta?

GIACINTA:        Sta bene.

ROSINA:        E la signora Vittoria?

GIACINTA:        Benissimo.

COSTANZA:        E il signor Guglielmo?...

GIACINTA:        È egli vero che il signor Tognino è venuto a Livorno con loro?

COSTANZA:        Sì, signora, ci è venuto per qualche giorno.

ROSINA:        Perché deve passare a Pisa.

COSTANZA:        Per istudiare.

ROSINA:        Per addottorarsi.

GIACINTA:        Sì, sì, è venuto per andare a Pisa, e le male lingue dicevano che aveva sposato la signora Rosina.

ROSINA:        Le male lingue dicevano?

GIACINTA:        Io ho sempre detto, ch'ella non avrebbe mai fatta questa bestialità.

ROSINA:        Sarebbe una bestialità veramente?

COSTANZA:        Favorisca, le di lei nozze si faranno presto?

GIACINTA:        Non lo so ancora. Io dipenderò da mio padre.

ROSINA:        E quelle della signora Vittoria col signor Guglielmo?

GIACINTA:        Che vuol dire che sono anch'esse ritornate quest'anno prima del solito?

COSTANZA:        Non c'era più nessuno in campagna. Il signor Leonardo e la signora Vittoria hanno sconcertato il divertimento.

ROSINA:        Ma quando si marita la signora Vittoria? (A Giacinta.)

GIACINTA:        Io non lo so, signora, lo domandi a lei.

ROSINA:        Per quel ch'io vedo, anche il matrimonio della signora Vittoria a lei deve parere un'altra bestialità. (A Giacinta.)

GIACINTA:        Con permissione. Le voglio levar l'incomodo. (Si alza.)

COSTANZA:        Favorisca, aspetti, che prenderemo il caffè.

GIACINTA:        No, le sono obbligata.

COSTANZA:        Eccolo, eccolo. Mi faccia questa finezza.

GIACINTA:        Per non ricusar le sue grazie. (Siedono. Portano il caffè.) (Pare che lo facciano apposta per tormentarmi).

COSTANZA:        Si serva. (Dà il caffè a Giacinta.)

ROSINA:        Con permissione. (Vuol portare il caffè a Tognino; lo dà al Servitore, e ritorna subito.) Visite, signora zia; abbiamo dell'altre visite.

COSTANZA:        E chi viene?

ROSINA:        La signora Vittoria, il signor Ferdinando e il signor Guglielmo.

GIACINTA:        (Oh povera me!)

ROSINA:        Guardi, guardi, che ha versato il caffè sull'andriene.

GIACINTA:        (Maladetto sia chi mi ha obbligato a restare). (Si pulisce.)

ROSINA:        Vuole dell'acqua fresca?

GIACINTA:        Eh! Non s'incomodi, non importa. (Con dispetto.)

ROSINA:        Eccoli, eccoli.

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